§ Migrazioni di musicisti pugliesi

Alla corte del principe Gesualdo




Sergio Bello



Seconda metà XVI secolo. Alabarde spagnole e viceré; l'inquisizione degli asini al patibolo; e crisi economica, regresso demografico, accademismo culturale.
Questa precarietà politica, economica e culturale si proietta negli esasperati cromatismi e nelle arrischiate armonie, si manifesta nelle tortuose a-simmetrie, si riverbera incontrollatamente nelle strutture, si consuma nell'eccesso dell'assimilazione pittorica del testo madrigalistico, mentre l'accademismo culturale cui abbiamo accennato trova riscontro nell'uniformità stilistica, di cui sono affetti i numerosissimi musicisti che si cimentano in questo periodo con la forma compositiva del madrigale.
Più audace e maggiormente proteso verso sviluppi nuovi ed imprevedibili, il principe Carlo Gesualdo da Venosa rappresenta una indiscussa eccezione nell'ambito compositiva dell'epoca. Gesualdo vantava discendenze e proprietà tali, da potersi permettere di presentarsi quale "professore", e non dilettante, di musica, senza che ciò - come in tanti altri casi accadeva - potesse scalfire il suo prestigio.
E quanto fosse musicista, più che principe, è facile immaginare, come Nino Pirrotta acutamente fa notare, se pensiamo alle sue seconde nozze con Eleonora d'Este, donna di dieci anni più grande, la cui utilità trova riscontro effettivo esclusivamente da parte degli Estensi, per questioni di successione: il principe Gesualdo mira più semplicemente alla conquista della corte di Ferrara, gelosa custode di oscure pratiche musicali, inespugnabile roccaforte di arcani riti compositivi, tempio inviolato di musica reservata, oggetto di imprese di vero e proprio spionaggio condotte da accorti rivali.
Le insegne principesche non furono tuttavia utili solamente a vincere gelosie, espugnare roccaforti e violare templi, al fine di confrontarsi con nuovi, o comunque non conosciuti, stilemi compositivi: per mezzo di tali insegne, infatti, Carlo Gesualdo da Venosa ebbe modo di emulare i molti generosi mecenati dell'aristocrazia italiana, distinguendosi in ogni caso da questi, attenti più al prestigio che il mecenatismo procurava, o desiderosi di cullarsi in uno spensierato edonismo, per mezzo della propria disposizione culturale ben più elevata, circondandosi solo di "compositori, sonatori e cantori eccellentissimi".
L'identità di questi musicisti apre prospettive di indagine che ci collegano ad un fenomeno estremamente diffuso in questo periodo storico, e di grande attualità, peraltro, considerando che proprio quest'anno è stata pubblicata una raccolta di atti di convegno al riguardo, pur se limitatamente al territorio pugliese, dando ufficialmente il via ad un interessamento, se pure un poco tardivo, alla questione dell'emigrazione dei musicisti meridionali verso centri di cultura capaci di offrire maggiori garanzie di sostentamento.
E proprio scorrendo i nomi dei maggiori musicisti pugliesi che operarono nella seconda metà del 1500, ci si rende conto immediatamente del continuo ricorrere del nome del principe Gesualdo: addirittura, coloro che vengono additati quali probabili maestri di Gesualdo -da Venosa provengono in buona percentuale dall'area pugliese.
Il primo di questi presunti maestri del principe è Pomponio Nenna, un compositore originario di Bari, nato intorno al 1550. Attualmente, considerando anche l'età, non di molto superiore a quella del principe, appare più credibile la tesi secondo la quale Nenna e il principe Gesualdo siano cresciuti musicalmente pressoché insieme. I due sono comunque accomunati dal gusto per le arditezze armoniche, di cui troviamo riscontro nei madrigali di rispettiva composizione.
Si vuole invece maggiormente accreditata la tesi secondo la quale Giovanni Leonardo Primavera e Stefano Felis - anch'essi pugliesi, l'uno di Barletta e l'altro di Bari - per il fatto di aver frequentato la casa del padre del principe Gesualdo, don Fabrizio, siano i possibili maestri del principe. Tanto Felis quanto Primavera sono compositori; quest'ultimo ha fondato insieme con il principe e con altri musicisti una "Camerata di propaganda per l'affinamento del gusto musicale", frequentata peraltro dallo stesso Felis: è probabile che si sia trattato di un "baluardo" eretto contro chi dichiarava imminente la fine del contrappunto, tesi contrastata con decisione dal principe Gesualdo.
Altro frequentatore della "Camerata" fu Rocco Rodio, barese, poeta oltre che compositore: fu uno dei maggiori musicisti attivi a Napoli, e oltre tutto il suo trattato, dal titolo Regole di musica, edito nel 1600 e più volte ristampato, e le sue composizioni - in particolare i Ricercari - formano le basi della scuola organistica napoletana, tanto da far sospettare che le opere di questo musicista non siano rimaste ignote al Frescobaldi.
Altrettanto elevati meriti vengono riconosciuti a Muzio Effrem, il quale, essendo passato nel 1616 alla corte dei Gonzaga, a Montava, dopo esser rimasto per tredici anni al servizio di Gesualdo da Venosa, collabora con Claudio Monteverdi, con Salomone Rossi e con altri musicisti alla composizione di musiche per il dramma sacro di Giovan Battista Andreini "La Maddalena lasciva e penitente".
Il legame che unisce questi compositori al principe Gesualdo da Venosa è così singolare, specie se raffrontato con il resto delle corti e dei mecenati dell'epoca, da risultare duraturo fin dopo la morte del principe stesso. Al punto che tanto Pomponio Nenna quanto Muzio Effrem si interessano alla divulgazione di opere che il principe non volle pubblicare in vita il primo inserendo composizioni di Gesualdo nel proprio VIII libro di madrigali, il secondo con una pubblicazione interamente dedicata al principe.
La particolarità dei rapporti intercorrenti tra Gesualdo e la sua corte di musici va cercata proprio nel confronto paritario che si instaura in ambito musicale: vengono immediatamente in mente, fatte salve le evidenti differenze di tempi e situazioni storiche, la figura di Federico di Svevia e il suo atteggiamento nei confronti della propria cerchia di rimatori. Federico è quel principe che si mostra capace di tenere unita una corte di dotti non solo grazie al prestigio derivato dalla carica di cui è investito, ma soprattutto per mezzo del costante confrontarsi con essi.
E dunque è l'esser musicista, ancor prima che principe, che gioca in Gesualdo da Venosa un ruolo di primo piano, consentendogli oltre tutto una selettività rigorosa nella scelta degli artisti sconosciuta presso le altre corti. Parimenti, egli raccoglie dai musicisti della sua cerchia non più di quanto elargisce, in questo superando Federico secondo; è infatti per nulla casuale che Gesualdo da Venosa sia attualmente ricordato più che per meriti politici (e sì che non gli sono mancate occasioni per mettersi in mostra in anni di crisi, ma non di stasi), per meriti artistici di prim'ordine, essendo unanimemente considerato dalla critica musicale, accanto a Luca Marenzio, l'esponente più audace e moderno di questo ultimo periodo di dominio del contrappunto.
E questo particolare clima di collaborazione reciproca che si respira alla corte del principe di Venosa contribuisce senza dubbio a porre i compositori pugliesi di cui si circonda su di un piano superiore rispetto all'uniformità stilistica che è tipica di quest'epoca: tutti questi musicisti si sono distinti per creatività innovativa e spigliatezza compositiva, concorrendo così a quello che doveva essere un non tanto segreto intento del principe Gesualdo: vale a dire, il vincere o quanto meno contrastare l'avvento della nuova sensibilità armonico-tonale non con la riproposizione di modelli contrappuntistici cristallizzati in una tradizione compositiva già affermata, ma stravolgendo ulteriormente le strutture, avventurandosi in travagliati orditi polifonici attraverso nervose e frammentate melodiche.

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