Quattro momenti di Vittorio Beonio Brocchieri (per notizia all'amico Salvatore Masciullo)




Paolo Caccia Dominioni



Leuca, maggio 1987

1. Il Cairo, autunno 1927.
All'aeroporto di Almasa, a riceverlo in viaggio per il Sudafrica.
Non ci conosciamo. E' di modesta statura, inelegante, trasandato, ma gli basta aprir bocca per "comprare" chiunque. Ha un involto di circa 2 kg.
"Andiamo a sdoganare il bagaglio", dico. "Eccolo". dice sollevando l'involto: "la carta per gli articoli, il rasoio con sapone e spazzolino denti".
"E come fai per la biancheria?"
"Non ho certo il tempo per lavandaie e stiratrici; dove arrivo compro camicia, mutande, calze e fazzoletti, e sbatto via la roba sporca".

2. Gondar, 2.4.1936.
Abbiamo occupato l'Amhara, ogni mattino ci ha sorvolato in avanzata, buttandoci notizie, posta e doni. Ma ora vuole atterrare col piccolo aereo: a cenni, da terra, lo dirigono dove stiamo apprestando un terreno, piccolissimo e limitato da burroni e boschi. Si butto giù, non cappotta sul terreno gibboso. si infila tra gli alberi con uno schianto. Illeso, ma un'ala è sfasciata, e non è certo a Gondar che si può trovare aiuto: gli automezzi della nostra colonna sono i primi che la popolazione vede. Ma un sergente del 3° Bersaglieri compie in 3 giorni il lavoro, con fili di ferro, chiodi, legni. Vittorio, indifferente, riesce a decollare e a raggiungere l'Asmara.

3. Ankara, primavera 1938, cantiere della nuova R. Ambasciata.
Ormai viaggia col proprio minuscolo Breda 39; il precedente è in fondo all'Egeo, ma lui è salvo, va in Cina e mi vuole come 2° pilota fino a Bagdad. Ma i turchi non lo lasciano ripartire, sarebbe già in carcere senza l'aiuto dell'ambasciatore: è arrivato seguendo una rotta aerea proibitissima. Finalmente lo rilasciano. negandogli beninteso la compagnia d'un amico, anche se con passaporto diplomatico.

4. Como, febbraio 1944.
Ci incontriamo in tram: gli faccio un cenno, sono nei guai, scendiamo entrambi fingendoci non conoscenti e andiamo in un posto dove si possa parlare. "Hai combinato qualche malanno?" chiede a bassa voce. "Sì. Nelle questure c'è già il mandato di cattura, e anche la foto nella provincia di Vicenza. E tu?".
"Per me, risponde, per ora niente. Ma non può tardare. Sono già segnalato per triplice diserzione".
[come corrispondente del "Corriere", come capitano pilota richiamato, come professore di Filosofia del Diritto nell'Università di Pavia. Non si è più fatto vivo con nessuno. La moglie Laura e i quattro figli vivono nella casa di Daverio, e dicono che lui ha sconfinato in Svizzera].

Ai 4 momenti conviene aggiungerne un quinto: anche Vittorio è entrato in pieno nel movimento ribelle, ma nessuno lo ha disturbato a Daverio. Vivo da lui da un mese (giugno 1944).
E' notte, c'è un coprifuoco severo, le SS tedesche e le brigate nere di Salò hanno l'ordine di sparare senza preavviso. Siamo in un bosco con aste acuminate d'acciaio per frugare il terreno dove da mesi ha sepolto cassette di armi. Non troviamo niente e parliamo tenendo le labbra a pochi centimetri dall'orecchio. "Non pensi, Vittorio, che il popolo italiano, lui se la caverà?". "Certo. Lui ti trasforma in merda anche il granito".


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