§ Assonanze

Sei donzelle in cerca di riscatto




Sergio Bello



Per uno di quei postulati alle cui radici è difficile - se non impossibile - risalire, un esecutore che abbia adottato quale strumento di propria competenza la chitarra raramente sarà un musicista, il che presupporrebbe una stretta partecipazione a quel patrimonio storico, tecnico ed estetico di incommensurabile entità che va sotto il nome di cultura musicale: sarà semplicemente un chitarrista irrimediabilmente avvinghiato a quelle sei donzelle intente a danzare in un tondo crocicchio nelle quali García Lorca volle incarnare le corde della chitarra.
Ed è un postulato, questo, non privo di corollari; di segno negativo, com'è ovvio. Il più deleterio dei quali è senz'altro rappresentato dall'impossibilità - o incapacità - di rapportare il percorso evolutivo della chitarra a quello degli altri strumenti, con il conseguente atrofizzarsi della tecnica esecutiva e interpretativa in canoni divenuti presto obsoleti e dunque controproducenti.
In un'ottica di questo genere, finisce per diventare negativo addirittura l'influsso di personaggi-chiave della storia della chitarra: è il caso, per intenderci, di Andres Segovia. Quel che di buono - e non era per niente poco - ha realizzato Segovia, è stato cancellato dal mito di Segovia. La chitarra è rimasta ferma, nella stragrande maggioranza dei casi, ai risultati raggiunti quaranta anni fa. Quindi: tendini logorati da impostazioni assurde; anarchia interpretativa derivata da una malcelata incapacità di una corretta analisi del testo musicale; ossessiva ricerca di un fantomatico bel suono a discapito della quantità sonora.
La chitarra, si può azzardare, non è dunque strumento eletto al ruolo solista, ma vi è relegata: un caso davvero singolare di emarginazione.
Altro corollario: la ricerca storica. Il repertorio per chitarra, infatti, non solo è sistematicamente escluso - o nel migliore dei casi fatto oggetto di semplici cenni -dalla storia della musica, ma è addirittura quasi del tutto privo di studi musicologici specifici che vantino un minimo di attendibilità scientifica. Fortunatamente questa è una situazione non esente da incrinature: alcuni giovani concertisti, avendo assimilato - ma soprattutto superato - la lezione dei maestri, riescono a inserire la chitarra nella rosa dei vincitori di concorsi di musica da camera; qualche docente introduce gli allievi all'analisi formale ed armonica del testo, in aperto contrasto con le ingiustificate interpretazioni "ispirate"; e c'è anche chi si premura di rifondare la musicologia chitarristica. E' avvenuto grazie ad un'operazione editoriale condotta dalla Berben, curatrice di un "Manuale di storia della chitarra" in due volumi, affidati rispettivamente a Mario Dell'Ara e ad Angelo Gilardino.
L'operazione è perfettamente riuscita: il filo conduttore rappresentato dalla musica composta per chitarra, e non dagli interpreti, rende agevole il cammino dello studioso attraverso il tracciato storico, in precedenza labirintico, dello strumento. E il risultato più stimolante di una ricerca così condotta traspare dalla struttura stessa dell'opera: il primo volume, curato da Dell'Ara, ricompone il percorso storico della chitarra dalle origini fino all'Ottocento; il secondo, più ponderoso, è dedicato per intero alle composizioni dell'età moderna e contemporanea, della quale Angelo Gilardino è conoscitore indiscusso.
E' una vera e propria attestazione di primato del repertorio dell'ultimo secolo su quello dell'intero periodo precedente; una ulteriore conferma del rinascimento chitarristico in atto. Rinascimento che non è sancito da soli fattori quantitativi: De Falla, Petrassi, Henze - i primi nomi che vengono alla mente - hanno dotato lo strumento di un repertorio di straordinaria ricchezza e profondità. Un repertorio che pretende di essere fatto oggetto di studio di musicisti, e non di chitarristi. Condizione sufficiente e necessaria per completare un riscatto già in atto.

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