§ Opinioni

I serbatoi della saggezza




Enzo Giustino



Da qualche tempo, più che di "questione meridionale", si parla di "questioni" che investono il Mezzogiorno e, più in generale, l'area mediterranea, ciò che Mariano D'Antonio ha definito la Terza Europa.
Su almeno due di queste si pone maggiormente l'accento: quella dell'immigrazione, con cui si finirà con il far fronte alla carenza di manodopera nelle regioni dei Nord; quella della concorrenzialità dei Paesi comunitari, non solo quelli mediterranei, che si pongono come alternativa al Mezzogiorno d'Italia per nuovi insediamenti industriali.
Oggi però lo scenario viene improvvisamente e sostanzialmente modificato da quanto sta avvenendo nell'Est europeo. In particolare vengono alla ribalta Paesi che possono fornire ad un tempo risorse addizionali di mano d'opera e nuove opportunità per l'insediamento di unità produttive, incentivate queste ultime anche dalle ampie e interessanti prospettive di mercato che di per sé l'Est europeo rappresenta.
Si allarga quindi il fronte delle alternative e della concorrenza all'area meridionale e congiuntamente crescono le difficoltà per delineare una prospettiva di una qualche credibilità. Questi nuovi avvenimenti che modificano profondamente un quadro valido appena qualche mese la contengono tuttavia alcune potenzialità per il Mezzogiorno che, se opportunamente colte e sviluppate, potrebbero completamente ribaltare la situazione.


Discutendo di questi problemi in via informale col presidente della Federchimica, si è fatta strada una suggestiva ipotesi. Indipendentemente da ciò che verrà deciso per risolvere il complicato problema della riunificazione delle due Germanie, rimane comunque il fatto che, abbattuto ormai il fatidico muro, le due economie, soprattutto sotto il profilo industriale e produttivo, non potranno non essere indotte ad un processo di integrazione; processo che inevitabilmente si avvarrà degli standard tecnologici e qualitativi di ambedue le Germanie, delle risorse naturali di cui pure dispongono e, soprattutto, della notevole disponibilità di personale qualificato ed a basso costo.
Se ciò dovesse verificarsi, anche al di là e al di sopra delle stesse delimitazioni comunitarie, volenti o nolenti si sarebbe in presenza di un pericoloso squilibrio in ordine alla competitività all'interno dell'area comunitaria e verso l'esterno di essa. Sarebbe pertanto indispensabile, questa la considerazione del mio interlocutore, la creazione di condizioni idonee a ricercare un contrappeso, sia per motivi di concorrenzialità all'interno della Comunità sia per le proiezioni della Comunità stessa verso l'esterno.
E' a questo punto che rientra in gioco l'area mediterranea e più in particolare il Mezzogiorno d'Italia. Disponibilità di personale, qualificazione dello stesso, valorizzazione e gestione efficiente del territorio e dei servizi di pertinenza pubblica. Università, centri di ricerca, preesistenze industriali, dovrebbero essere le carte di cui il Mezzogiorno dovrebbe avvalersi in questa affascinante e difficile partita che si apre sullo scenario internazionale. Di questo, tra l'altro, si dovrebbe tener conto nel predisporre norme per disciplinare l'immigrazione.
Il discorso, comunque, ritorna alla società meridionale ed alle sue responsabilità. Realistiche o meno che siano le previsioni a cui si è fatto riferimento, rimane pur sempre la necessità, direi la convenienza, per la società meridionale di ricercare un accordo sulle "grandi questioni" per essere poi ciascuno, nell'esercizio del proprio ruolo, impegnato a soffiare nella stessa vela per mettere a frutto risorse, potenzialità ed energie.
Ciò è importante non solo sotto un profilo, potremmo dire, programmatico per l'ottenimento di tangibili risultati di natura economica e sociale; lo è anche per riscattarsi al mondo esterno come società in grado di badare a se stessa e capace di affrontare e dominare questo originale e fantastico modo di essere del nostro tempo.
Naturalmente, tutto ciò non può essere fatto che con le Istituzioni e nelle Istituzioni. Ecco perché non può sorprendere questa, anche noiosa, insistenza sulla necessitò che la riforma delle autonomie locali e dello stesso Ente Regione venga considerata prioritaria su tutto.
In questi giorni, per regolamentare i rapporti con l'Est, si discute molto di Istituzioni, così come avvenne nel dopoguerra, quando si gettarono le basi per l'Europa di oggi. Quel periodo vide come protagonista il "cittadino d'Europa" Jean Monnet, il quale definiva le Istituzioni "serbatoi della saggezza del popoli". Cosa si può fare perché anche le Istituzioni periferiche, quelle meridionali in particolare, possano assolvere compiutamente a questa alta ed indispensabile funzione?


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