§ L'inchiesta / 2

Sportello europeo




Gennaro Pistolese



Risparmio e credito stanno mutando volto ed accrescendo la loro dimensione, parallelamente all'affermazione di una nuova Europa, che si annuncia con caratterizzazioni e prospettive superiori a quelle finora delineate.
La spiegazione di tutto ciò è nella maggiore maturazione e nella più valida efficienza che si manifestano quanto al primo aspetto, e nella nuova filosofia e strategia imposte, per il secondo aspetto, da una serie di fattori che si sono susseguiti o maggiormente consolidati in questi ultimi mesi avvio alla democratizzazione nei Paesi dell'Est ed alla creazione in essi di un più ampio spazio per l'economia di mercato, soluzione del problema dell'unificazione delle due Germanie, più esplicito coinvolgimento nella nuova Europa degli Stati Uniti, maggiore e più organico attivismo giapponese e così via. L'evoluzione in atto nel nostro risparmio si caratterizza con i seguenti principali elementi di fondo:
- un valore totale del risparmio finanziario che ha toccato la quota di un milione e 635 mila miliardi di lire, con un aumento del 15% nel corso di un solo anno, avendo a riferimento un tasso inflazionistico di circa il 6,5%. Siamo così ai primissimi posti della graduatoria internazionale del risparmio in relazione al PIL.
Durante gli anni '80, il risparmio finanziario delle famiglie è cresciuto in termini reali del 3% contro il 4,9% degli anni '70. Si tratta di livelli di aumento che non trovano riscontro in altri nostri indicatori economici, anche se dalla parte dell'industria e del terziario vengono e sono venuti segni di accentuata espansione, pure sotto l'aspetto tecnologico.
- una crescente puntualizzazione degli impieghi nei titoli di Stato che, se nel 1977 rappresentavano solo il 6,2% delle attività finanziarie delle famiglie, ora ne costituiscono il 34,3% del totale, con 560 mila miliardi.
La ragione di tutto questo è costituita dal forte fabbisogno del Tesoro, e quindi dagli alti rendimenti che accompagnano la sua offerta, la quale, pur avendo come obiettivo la progressiva flessione del tassi e l'allungamento della durata media del suo debito, si deve confrontare con la reattività del mercato e con gli indirizzi e le tendenze internazionali, i quali ultimi però, con l'entrata della lira nella fascia stretta dello SME, possono essere meglio filtrati.
- un volume dei depositi bancari che è in diminuzione, essendo sceso dal 55,3% del totale del 1987 al 25,7% del 1989 con 420 mila miliardi. Questa flessione ha le causali, come si sa, nel forte richiamo dei rendimenti pubblici e nella operativa ricerca di nuovi prodotti finanziari, che costituiscono la scommessa delle banche sul piano della maggiore validità dei prodotti finanziari offerti e della sempre più funzionale efficienza dei servizi, con i tanti risvolti concernenti la mirata assistenza da garantire alla clientela.
E questo è il grosso problema del quale si parlerà meglio più innanzi, nell'ottica della scadenza del '92 - conclusione del nostro allineamento ed adeguamento comunitario - e del '93, data di inizio della nuova Europa.
- la sempre più alta dimensione assunta dalle destinazioni previdenziali, che sono giunte a quota 174.000 miliardi, con la prospettiva di più consistenti incrementi conseguenti all'offerta di nuovi prodotti ed alle sinergie in atto o possibili con altri comporti, a cominciare da quello bancario.
- lo sviluppo che si deve registrare anche nello sbocco borsistico, con un volume di azioni possedute dalle famiglie per un valore che alla fine dell'anno scorso è stato pari a 165 mila miliardi, contro i 138 mila miliardi dell'anno precedente ed i 33.857 miliardi del 1980. E' da osservare tuttavia che questi livelli sono tutt'altro che adeguati ad un'economia che è la quinta, insieme a quella britannica, delle sette più avanzate dell'Occidente e ad un sistema che sul terreno produttivo ha raggiunto la potenzialità, tecnologicamente competitiva, che viene a stimolarlo ed impegnarlo ulteriormente. Un più appropriato contesto di politica economica e finanziaria, un idoneo apparato strutturale e normativo (di cui si è sempre alla ricerca e che purtroppo non di rado viene contraddetto od ostacolato), un supporto operativo di assistenza e di richiamo di fasce sempre più larghe di risparmiatori sono altrettante condizioni per risvegliare un interesse che su questo terreno deve andare certamente oltre il contingente e oltre la partecipazione di soggetti limitati ed ora prevalentemente specializzati. Minore, invece, è il riscontro che si viene registrando per i Fondi Comuni italiani, che raggiungono i 49 mila miliardi, ai quali bisogna aggiungere gli 8 mila miliardi dei Fondi Comuni lussemburghesi, con una prospettiva per l'intero comporta che ha segnato fin qui un "rosso" persistente dopo il "roseo" di qualche anno fa e che non si annuncia per il prossimo immediato con segni nettamente migliori, e cioè tali da far ritenere iniziata un'inversione di tendenza.
- il particolare rilievo assunto dal risparmio postale, con 102 mila miliardi, che fruisce di alcuni validi fattori (capillarità estrema degli sportelli, disimpegno del servizio di conto corrente per il pagamento delle utenze, massima trasparenza dell'offerta e così via).
Questa è la fisionomia del nostro risparmio, sulla quale si deve innestare il discorso inerente la struttura creditizia italiana, nella spazialità derivante dalla nuova Europa e nel risveglio che ne deriverà anche nell'operatività dell'interesse del risparmiatore italiano oltre frontiera.
Questo, anche in conseguenza delle misure di liberalizzazione, è in crescenza, ma i punti di partenza sono ancora inadeguati, come fra l'altro è testimoniato dai soli 7 mila miliardi di obbligazioni estere posseduti dagli italiani.
I punti che sottolineano maggiormente, a questo riguardo, gli esponenti del sistema sono intanto i seguenti:

come punto di partenza:
le prime cinque banche italiane già si collocano nella lascia a più alta redditività, con livelli intermedi di costo operativi e quindi di efficienza gestionale. Solo Spagna e Gran Bretagna presentano margini di intermediazioni superiori, con costi operativi più sostenuti. In quest'ultimo Paese si riscontra un'elevata variabilità di situazioni aziendali con notevole diversità dei costi operativi. In Germania e nel Belgio, pur constatandosi un forte grado di dispersione, si riscontra una maggiore efficienza con costi operativi più ristretti, rilevabili anche nei margini d'intermediazione. In Francia si registra una posizione intermedia con costi operativi minori rispetto ai nostri ed una redditività notevolmente inferiore.

come punto di arrivo:
conseguimento di un mercato più concorrenziale e di una maggiore efficienza alla cui base non potrà non operare anche il rafforzamento dimensionale (il che come si sa rientra nella cronaca di questi mesi in termini di realizzazioni già effettuate e di progettualità in corso di predisposizione o di avvio). il rafforzamento dimensionale, mentre vuol dire correzione e superamento della parcellizzazione, impone un ripensamento delle strutturazioni a tutti i livelli, compresi quelli massimi, dato che - come viene riconosciuto dagli operatori non solo italiani - anche le banche più grandi sono piccole su scala europea. Il che ovviamente comporta una serie di aggiustamenti sia nelle specifiche 'orbite nazionali sia nell'ambito delle connessioni inter-europee.
Ma oltre la strutturazione, e questa è materia di più precise puntualizzazioni nelle pagine che seguono, il grosso problema da risolvere èquello del prodotto. A richiederne la soluzione èil risparmio nazionale, anche indipendentemente dal mercato unico integrato, ma è naturalmente anche l'apertura di questi orizzonti sempre più vasti, rispetto ai quali si muovono pure in Italia gli investitori esteri ed altrettanto stiamo cominciando a fare anche noi. Pacchetti interamente nuovi di prodotti e di offerta dovranno entrare in lizza con servizi finanziari articolati, polifunzionalmente come si suole dire, nel campo creditizio, assicurativo e di consulenza.

Gli obiettivi
Passiamo a considerare gli obiettivi che il mercato europeo dei servizi finanziari si propone, anzi si responsabilizza di conseguire, nel fine immediato di potenziare e far evolvere una situazione che ha come punto di partenza, quanto a consistenza del settore dei servizi finanziari in termini di produzione, un 7% circa del prodotto interno lordo della Comunità, con punte massime del 1,4% per il Lussemburgo e minime del 4,5% per la Francia.
Quale sfondo europeo della situazione in atto si devono considerare al momento la rimozione degli ostacoli alla liberalizzazione, oggi minore per i servizi finanziari rispetto agli altri comporti economici, la presenza di filiali di molte banche europee nei principali centri finanziari della Comunità, la quotazione di numerosi titoli nelle Borse di più di un Paese membro, ecc. Colpi di accelerazione delle liberalizzazioni si vengono doverosamente registrando anche in Italia, con le misure valutarie e di circolazione dei capitali previste ed in corso di attuazione.
Il punto centrale di tutto questo discorso èquello sottolineato dagli stessi documenti ufficiali della CEE, secondo i quali i mercati finanziari mondiali evolvono rapidamente verso un sistema di operazioni non stop, attivo 24 ore su 24 e polarizzato da tre grandi zone orarie che hanno il loro centro negli Stati Uniti, in Europa ed in Estremo Oriente. Ne discende ovviamente la necessità di un mercato europeo strutturato in modo tale da poter essere concorrenziale su scala mondiale. Con quali presupposti e modi di essere, perciò? Li riassumiamo qui di seguito:
- libertà per tutti gli istituti finanziari di stabilire la propria sede e le proprie filiali in qualsiasi Paese della comunità;
- libertà per gli istituti stessi di offrire liberamente, in tutta la Comunità, servizi e prodotti;
- libertà di movimento dei capitali in tutta la Comunità.
Il tutto finalizzato alla creazione entro il 1992 di un mercato unico europeo dei servizi finanziari, dove - come dicono i documenti ufficiali CEE -una banca possa proporre la gamma completa dei suoi servizi ed aprire Agenzie con altrettanta facilità in un Paese membro diverso da quello d'origine; dove sia possibile sottoscrivere l'assicurazione più conveniente, estesa tuttavia all'insieme della Comunità; dove il mercato dei valori mobiliari e dei capitali raggiungo - come prima si diceva per quanto riguarda l'Italia - le dimensioni che gli consentano di rispondere alle esigenze dell'industria europea e di attivarvi investimenti provenienti dal mondo intero.
Per il solo settore bancario le direttrici fondamentali, risalenti tra l'altro alla fine degli anni Settanta, e poi ulteriormente estese e precisate, riguardano l'abolizione degli ostacoli alla libertà di stabilimento, la definizione ed operatività di principii comuni per il rilascio di licenze bancarie, il controllo da parte del Paese di origine, l'elencazione delle varie attività bancarie con servizi aggiuntivi rispetto a quelli tradizionali (ad esempio le transazioni su titoli), la codificazione delle norme di vigilanza relative alla gestione interna ed alla verifica dei conti. Fra l'altro si tratta di disporre di strumenti di armonizzazione del principio di solvibilità, di tutela degli interessi dei depositanti, di contenimento dei rischi assunti dagli istituti di credito, di normative riguardanti i conti annuali e l'armonizzazione dei fondi propri. il fronte da definire si estende anche al credito ipotecario, al credito al consumo, alle modalità per il pagamento elettronico, ecc.
Gli altri due importanti capitoli concernono le assicurazioni e le borse, per le quali l'unità viene intesa in termini radicali di integrazione e complementarità.
In particolare, per il settore borsistico, il finalismo e l'operatività si riassumono nell'unità del mercato per l'emissione di azioni ed obbligazioni e per la loro accettazione in borsa, nell'informazione completa su tutti gli elementi di valutazione dei rischi collegati ad un investimento, la garanzia per tutti gli Stati membri del reciproco riconoscimento delle prospezioni di offerta pubblica approvate in un altro Paese membro, il mutuo riconoscimento delle procedure per il riconoscimento degli agenti mobiliari (intermediari, esperti in transazioni mobiliari ed amministratori di fondi). I risvolti sono, da una parte, nelle implicazioni che ne deriveranno per il generale sviluppo (fra l'altro con una crescita aggiuntiva del PIL che in conseguenza del mercato unico viene ipotizzata al 5%, con un forte incremento dell'occupazione di quasi 2 milioni di unità, con migliori andamenti delle finanze pubbliche e dei conti con l'estero) e, dall'altra, nello sbocco di strutturazioni specifiche bancarie in grado di erogare una gamma completa di servizi finanziari: operazioni sui mercati monetari, leasing, attività di cambi, financial futures, options, gestione di portafogli, intervento nei sistemi di pagamento, servizi di intermediazione finanziaria e così via.

I principali differenziali
Ed ora una domanda: quali sono i potenziali e differenziali italiani di partenza? Di qualche aspetto si è detto in precedenza. Per gli altri vanno tenuti presenti i seguenti importanti dati di fatto. In particolare, per quanto attiene al risparmio, riconfermata la netta propensione ad esso delle nostre famiglie con un temperamento del consumismo - questo meno accentuato che in altri Paesi avanzati -, il fatto saliente viene a riguardare la sua più consistente allocazione nel l'assorbimento dei valori pubblici. Fra i sette principali Paesi, i titoli italiani esercitano il richiamo della loro redditività, che in termini reali è la più alta. Il nostro divario è dello 0,7% rispetto ai titoli francesi, mentre si arriva a 3 se si prendono in considerazione i titoli inglesi, ultimi in classifica. Proiettando questi nostri titoli nell'ambito internazionale notiamo tuttavia che solo il 4% del loro totale è nel portafoglio degli stranieri, come avverte uno studio della Morgan guaranty trust sul peso degli investitori non residenti nella copertura dei titoli di Stato emessi fra il 1983 ed il 1988 dagli undici maggiori Paesi industrializzati. Nondimeno dal 1983 l'Italia in questo ambito ha migliorato la propria posizione, che si attestava allora sul 2%. Nella classifica del l'assorbimento straniero delle emissioni in circolazione rispetto al totale sempre degli 11 Paesi considerati, la quota italiana nel 1988 era pari al 3% su una quota di titoli del 10%, contro il 2% della Francia e Belgio e lo zero della Spagna. Il primato in merito è detenuto dagli USA.
Quanto poi al più importante sbocco nel deposito bancario, fatti rilevanti e differenziali sono costituiti dalla larghezza della forbice fra tassi attivi e passivi, dai forti vincoli tuttora in atto e dal livello di prelievo fiscale pur se esso tenderà all'allineamento, sempre tuttavia nell'ottica di una fiscalità che si muove pesantemente.
E veniamo alle strutture. Fra i maggiori gruppi bancari della CEE, e l'Institutional Investor ne considera 16, l'Italia figura con la sua Banca Nazionale del lavoro al 13° posto, essendo ai primi due posti la Francia, seguita dalla Germania e dalla Gran Bretagna. Nella graduatoria mondiale, la predetta Banca italiana è al 33° posto. C'è - come si vede - un lungo cammino da percorrere e l'impegno riguarda anche la risalita da compiere nella classifica della finanza internazionale, che è in via di ulteriore trasformazione, dopo quella fin qui conseguita. Se nel 1975 il 27% dei prestiti mondiali aveva a Londra il suo centro, oggi 'essa deve spartire alla pari la leadership con Tokio, e si tratta per l'una e per l'altra di un quinto della grandi transazioni finanziarie. Nel 1975, invece, il Giappone non raggiungeva il 5%. Anche gli USA vedono ridimensionato il loro peso, mentre la Francia, pur dovendo registrare qualche cedimento, si è posta intorno al 7%. L'Italia invece è in flessione netta, essendo in coda in Europa all'1,8% contro il 3,4% dei 1975. Se da questa sintesi scendiamo ad un'analisi del quadro specifico inerente alle caratteristiche del nostro mercato bancario, i dati più significativi evidenziati dagli studi maggiormente qualificati mettono in evidenza:
- la presenza in Italia di un relativamente elevato numero di banche (1.102) ed un modesto numero di sportelli (13.645): 2,4 sportelli ogni 10.000 abitanti, contro una media CEE di 5,2. In questa classifica l'Italia è al terz'ultimo posto, seguita da 1,4 della Grecia e da 1,5 del Portogallo. Se ci riferiamo al rapporto fra PIL e sportello. vediamo che, contro una media CEE di 20,8 milioni di ECU per sportello, in Italia abbiamo 44,8 milioni di ECU. Mentre poi per quasi tutti i Paesi CEE esiste una certa corrispondenza fra la quota percentuale del PIL comunitaria e quella relativa ai numero di sportelli sul totale comunitaria, solo noi e la Spagna facciamo eccezione.
- sempre nel confronto internazionale, mentre il sistema italiano presenta una struttura scarsamente concentrata ed è costituito da un elevato numero di banche di dimensioni a livello internazionale medio, non altrettanto si verifica per gli altri Paesi membri, con poche eccezioni.
- con riferimento alle prime tre banche di ogni singolo Paese, la quota di mercato italiana è dei 18,6%, contro il 42% della Francia, il 23,4% della Gran Bretagna, il 21,9% della Germania.
- un livello di regolamentazione particolarmente rigoroso, che va profondamente aggiustato, perché è chiaro che con l'attuale assetto non saremmo in grado di fronteggiare la concorrenza internazionale o di accrescere il grado di presenza.
- il sistema italiano è chiamato a rispondere, oltre che alle sollecitazioni e mezzi di presenza dall'esterno, anche ad un quadro stimolatore dall'interno che comporta il dispiegamento di sforzi da compiere rapidamente, mentre in altri Paesi esso è stato effettuato in molti anni. C'è inoltre da considerare la particolarità della dimensione del nostro risparmio, di cui si è detto prima, ma che merita di essere meglio quantificato nelle sue differenziazioni dai volumi degli altri Paesi comunitari. Il risparmio delle nostre famiglie costituisce il 38% del totale della CEE; la percentuale del reddito destinata appunto al risparmio è di circa il 25%, la quota di risparmio italiano è il 14% di quello del gruppo del 7, il mercato obbligazionario italiano è per volume il quarto del mondo, dopo Giappone, USA e Germania Federale e precede Francia e Regno Unito. Inoltre i depositi bancari in Italia sono superiori in valore assoluto a quelli di Francia e di Inghilterra, mentre sono inferiori a quelli tedeschi.
In conclusione: l'avanzo finanziario del settore privato è in Italia, in valore assoluto, più del doppio di quello tedesco e triplo di quello francese.
In un interessante studio di A. Fazio su Mondo bancario, dal quale abbiamo attinto alcuni dei dati più sopra citati, un interrogativo viene sostanzialmente posto. E cioè: da chi saranno intermediati questi flussi di risparmio, in una situazione del nostro settore del credito che si presenta tutto sommato sottodimensionato rispetto a quello degli altri Paesi CEE?
Secondo Fazio, gli scenari possibili sono due:
- da un lato, il relativamente basso grado di bancarizzazione del nostro Paese e l'elevata quota di risparmio e di depositi bancari -se ora non sono al primo posto, come abbiamo visto, nella scala degli impieghi sono sempre al secondo posto, aggiungiamo -possono rappresentare un notevole incentivo per le banche degli altri Paesi a rivolgersi al nostro Paese con una massiccia offerta di intermediazione. Il che rientra nella logica delle cose e del finalismo stesso dell'integrazione, e del resto si sta cominciando a verificare nella strategia del primi approcci.
- dall'altro lato, le difficoltà di ordine economico, organizzativo ed anche culturale, che potrebbero rendere meno agevole l'ingresso delle banche estere nell'attività di retail, dovrebbe spingere le banche italiane ad attuare una politica di presidio del proprio mercato, sia ampliando la gamma del servizi offerti sia raggiungendo quei settori di clientela che attualmente manifestano un basso livello di utilizzazione dei servizi bancari.
In concreto, questa problematica non si pone in termini alternativi, ma complessivamente unitari, perché la pressione esterna è fisiologica sul piano dell'unitarietà europea e del relativo mercato, perché le nostre difformità interne non potranno non essere superate organicamente e completamente in relazione ad impegni ed appuntamenti, perché infine la regola dell'efficienza e della competitività anche interna è nella naturale strategia delle economie occidentali e nel caso specifico dello stesso sistema bancario, impegnato infatti nello sforzo di potenziamento funzionale e di ricerca di nuovi prodotti e servizi, in linea con la crescita di società non solo economiche ma anche civili.
Se una sfida nazionale ed internazionale c'è, è proprio questa con le sue matrici interne ed esterne.

Banche targate CEE
Alcune notazioni a questo riguardo si possono rilevare dai seguenti dati di fatto:
- Il mercato unico delle Banche, che opererà fra noi nel 1993, è già entrato in orbita, con l'adozione da parte dei Dodici della seconda direttiva CEE sul coordinamento dell'attività bancaria. Un'autentica rivoluzione, si è commentato. Dal 1° gennaio 1993, sarò il principio della licenza bancaria unica, valida in tutta la Comunità, a scandire ritmi e tempi dell'attività del settore. Dal 1° gennaio 1993, l'autorizzazione che una banca CEE avrà ottenuto dai competenti organi nel proprio Paese servirà automaticamente per aprire filiali dovunque nella Comunità. la banca non potrà stabilire la propria sede in un Paese di comodo, ma in quello prescelto dovrà svolgere un'attività effettiva.
Quanto ai rapporti con i Paesi terzi, la direttiva prevede di regolarli sul principio del trattamento equivalente. I requisiti minimi di capitale iniziale delle banche soggette alla disciplina della licenza unica sono di 5 miliardi di ECU, che a certe condizioni possono scendere fino ad un miliardo di ECU. Circa poi la possibilità delle banche di detenere partecipazioni nell'industria, la normativa stabilisce un tetto massimo pari al 15% dei fondi propri per una sola partecipazione ed al 60% per il completamento delle partecipazioni.
Le banche targate CEE cominciano così ad avere il via libera anche in Italia, con una progressione di normative, di adeguamenti, di operatività, che avrà il suo termine conclusivo nel 3 dicembre 1992, data del completo adeguamento del nostro sistema alla normativa comunitaria definita nella seconda direttiva. Ne discende una spinta di più per l'efficienza e la trasparenza, che investe l'istituto bancario e lo impegna su questo terreno nella pratica, prima ancora di una normativa, di una filosofia e di una cultura, che del resto hanno già trovato nel nostro sistema le prime spontanee e razionali applicazioni.

 

- Le prime iniziative esterne cominciano a registrarsi, con l'avvio all'inversione della tendenza prima manifestatasi di una diminuzione delle filiali estere in Italia e del ridotto numero delle acquisizioni di partecipazioni di banche italiane da parte di banche estere. Iniziative francesi, tedesche, ecc. sono già sul tappeto, mentre altre sono avviate o tentate da giapponesi, statunitensi, ecc. E' da notare che gli USA, hanno ribadito di essere pronti ad adottare misure di ritorsione se il concetto di reciprocità nel settore bancario dovesse rappresentare motivi di discriminazione per le banche USA che vorranno fare il loro ingresso nella CEE dopo il 1992. Vi sono assicurazioni comunitarie, ma le preoccupazioni statuniterisi continuano e la prospettiva comunque, oltre questa materia, per quanto attiene a configurazioni, determinazioni di limiti, allocazioni di aree, è in via di evoluzione. Tant'è che il finalismo comunitario per il traguardo del 1993, immaginato in una maniera e così impostato al suo primo delinearsi, non potrà non essere diverso nelle sue determinazioni fino a quella data. Il che comporta evidentemente anche un maggiore impegno ed anche un più forte grado di fantasia e di continui aggiustamenti di rotta. Naturalmente non nella direzione del percorso, ma certo nella sua modulazione e nello spessore della realtà che ne dovrà derivare.
- Le spinte e possibilità interne d'altro canto si fanno sempre più decise. C'è l'apertura borsistica alle società estere. C'è il maggiore spazio acquistato dalle nostre attività finanziarie sull'estero, di cui prima abbiamo parlato per quanto concerne le obbligazioni estere. Le quote estere del fondi comuni di investimento sono dal canto loro aumentate del 13% in quest'ultimo anno ed hanno margini di aumento molto più consistenti.
Le prospettive osservate da qualificati organismi (e fra questi rileviamo un'indagine condotta da finanza e gestione che fa capo ad un gruppo di docenti e di esperti del settore bancario ed alla Caboto) fanno ammontare ad oltre 2400 gli sportelli nuovi nel corso dei prossimi 4 anni, a circa 1700 la riconversione a sportello leggero di quelli tradizionali, con una larghissima presenza anche delle banche minori e quindi con il più largo spazio che sarò assunto anche dai centri piccoli e medi.
E' da notare che mentre l'iniziativa punta oltre i confini, la capitalizzazione delle strutture e degli sportelli diventa e tende a divenire sempre più articolata. Difatti per quanto riguarda le aree che saranno più interessate da nuove aperture, si devono registrare come risposta ad un campione di banche un possibile 35% dell'area nord orientale, un 25% di quella nord occidentale, di un 22% del Mezzogiorno, un 18% del Centro. Inoltre, il 59% degli intervistati ritiene che saranno maggiormente interessati al fenomeno i comuni di medie dimensioni.
Il che, ovviamente, insieme alla complementarietà od unità acquisite giù fra alcune banche, e vi fanno spicco anche quelle minori, non potrà non essere determinante per la validità della nostra attitudine nei riguardi del mercato unico.
Commenta d'altra parte un rapporto di Prometeia, sui bilanci delle banche del campione ABI, che i bilanci dei nostri istituti, almeno di quelli di maggiore dimensione, non sarebbero nel confronto forse i primi della classe, ma in ogni caso non sfigurerebbero. Un punto dolente del quadro è invece rappresentato, oltre che dallo specifico contesto normativo, dai costi operativi superiori (2,09%) - rispetto alle attività totali - a quelli delle banche tedesche (1,85%), francesi (1,54%), belghe (1,60%).

Le finalità
Considerata la panoramica con le correlate prospettive, possiamo parlare di due finalità principali. la prima anticipa lo stesso appuntamento del 1993 e lo condiziona: riguarda la sfida evolutiva che si presenta per tutto il sistema creditizio, sul piano dell'efficienza. La seconda concerne il nuovo ordinamento bancario che si viene realizzando e che culminerò appunto nel 1993. Soffermiamoci partitamente sull'una e sull'altra.
La prima ha a che fare con il processo di internazionalizzazione che è in atto nei mercati finanziari, indipendentemente dall'appuntamento del 1993.
Secondo un indagine Delphi, in collaborazione con la Federazione Internazionale delle Borse Valori, l'Associazione Bancaria Italiana e gli agenti di cambio di Milano, le nostre particolari difficoltà sono in relazione con "un sistema che fin qui è cresciuto all'ombra delle restrizioni valutarie e del deficit pubblico". Allo stato dei fatti si stanno allentando le prime e più ancora si dovranno allentare, con una deregulation che non deve cercare rifugi indebiti per sopravvivere, mentre sono ancora più finalistiche e non ancora adeguatamente mirate e sufficientemente predisposte le correzioni e le eliminazioni delle seconde. Circa il deficit pubblico, come si sa, l'obiettivo del suo contenimento e della sua progressiva eliminazione è prescelto (d'altra parte è obbligatorio per la classe politica), ma la strumentalità relativa si affida ad ipotesi e a progettualità non certo ancora organiche. E' questo il passo innanzi da compiere, nel prioritario rispetto della coerenza e delle compatibilità. In effetti si tratta della premessa perché il futuro dei mercati finanziari italiani, ritenuto sostanzialmente non roseo per l'Italia, diventi migliore. Ma come si circostanzierà per questi mercati il futuro?


Ecco un elenco di indicazioni da tenere presenti:
- un prossimo quinquennio che si svilupperà nel segno della liberalizzazione dei movimenti di capitale, eccedente lo stesso processo di integrazione europea perché spinto dalle stesse forze di mercato. E si sa che queste spinte determinate da una fisiologia ovunque incontenibile, anche se da controllare, hanno una loro logica funzionale in un ambito eccedente la stessa sfera economica.
- un'identità del sistema che dovrà approfondire i motivi del superamento dei nostri differenziali e predisporre meglio i mezzi per superarlo, tenuto conto delle zone d'ombra, prima ricordate e delle caratteristiche diverse e per molti aspetti inferiori a quelle degli altri Paesi industrializzati per dimensioni di mercato, ruolo stesso e vocazioni degli intermediari finanziari,
evidentemente da immaginare, regolare e sostenere meglio di quanto ciò non avvenga oggi.
- una prospettiva di mercato che si annuncia, per quanto riguarda il risparmio, con la crescita degli investimenti in titoli da parte delle famiglie, soprattutto attraverso investitori istituzionali (assicurazioni vita e fondi pensione), mentre è da mettere nel conto una riduzione dell'aumento dei depositi.
- la crescita d'interesse per i mercati finanziari da parte delle imprese per una domanda di servizi ed occasioni di investimento molto più sofisticata ed anche con un occhio rivolto all'estero. Il che dice molte cose in merito all'efficienza del supporto dell'intermediazione, quanto ad indirizzo ed assistenza, puntualizzati su questo terreno a favore dell'utenza.
- la necessità per la Borsa italiana di una riforma organizzativa, che coinvolge anche i meccanismi tecnologici, per disimpegnare la sua funzione, che nel quadro internazionale sarò necessariamente secondaria rispetto alle Borse rappresentative e trainanti, ma che in quello nazionale dovrà certamente adeguarsi sia alle immediate sollecitazioni CEE, sia a quelle che derivano dall'evoluzione dell'azienda Italia tutta intera.
- l'urgenza, pertanto, di un salto di qualità dei servizi di intermediazione, che concerne quanto possiamo e dobbiamo attenderci, con le conseguenti e logiche risposte, dalle banche e dalle non banche. Tutti dovranno anche cercare anche alleanze internazionali, per acquisire nuovo know how e rivedere l'organizzazione dei servizi e dei nuovi prodotti.
- il miglioramento dell'habitat normativo nel quale l'internazionalizzazione dovrò procedere, e qui l'indagine della Delphi sottolinea l'importanza del superamento del nodo della compensazione a livello europeo, dell'armonizzazione degli standard di base, dei trattamenti fiscali sugli investimenti mobiliari. E si sa purtroppo quanto in Italia. anche per motivazioni ideologiche, di strumentalizzazione prima ancora che politica partitica, si sia condizionati.
Comunque tutto è ricondotto all'efficienza. Ed è un'efficienza che riguarda anche la stessa attrezzatura del sistema creditizio, oltre che la sua strategia. Ad esempio, si rileva che nella tecnologia bancaria i pagamenti elettronici sono e costituiranno la chiave di volta del sistema, per cui se le aziende di credito non si adegueranno alle esigenze dei clienti potrebbero essere sostituite da nuovi operatori. E purtroppo bisogna aggiungere che anche in questo campo siamo in ritardo.

Nel contesto comunitario
E veniamo all'obiettivo culminante dell'inserimento del sistema creditizio italiano nel nuovo contesto comunitario che, nella logica dell'efficienza, dovrà realizzarsi anche con il superamento della frammentazione del quadro attuale, rilevata anche dagli esperti della Banca d'Italia. Secondo il direttore generale dell'Istituto, Lamberto Dini, tale avvio al superamento risulta evidente nella creazione di alleanze fra banche nazionali con altre banche europee. "Una tendenza. questa, che la Banca d'Italia vede in modo favorevole, ed intende stimolare con incentivi fiscali in fase di elaborazione".
Sempre secondo la Banca d'Italia, rimuovendo prossimamente l'ultimo vincolo sulla detenzione dei depositi in conti correnti all'estero, l'Italia sarà pronta all'integrazione finanziaria completa e potrà continuare a svolgere il ruolo che le compete nel processo di unificazione monetaria. L'inserimento si dovrà manifestare sul piano operativo, dei costi, ecc., e con la proposta da parte bancaria di nuovi servizi. E ciò dovrà avvenire nel settore della finanza. delle assicurazioni, della gestione, dei fondi fiduciari ed in tutte quelle attività che allargano il ventaglio delle opportunità offerte ai risparmiatori. Sono queste in effetti le prospettive ancora una volta sottolineate dalla Banca d'Italia.
Secondo gli operatori del settore, in sostanza, si tratta di spingere sempre più il sistema bancario sulla strada dei cambiamenti strutturali, di ampiezza e di spessore simili alla riconversione produttiva realizzata dal nostro apparato industriale per conseguire competitività, recuperandola dove ha perso o minaccia di perdere quote di mercato. Ora è indispensabile non solo coesistere e confrontarsi, ma anche suscitare e sostenere le sinergie della convivenza operativa. Il che comporterà una maggiore omogeneità delle legislazioni sulle posizioni più efficienti. le istituzioni finanziarie (quelle bancarie in particolare) e l'amministrazione pubblica dovranno raggiungere la maggiore efficienza di cui abbiamo detto con un rafforzamento sul piano patrimoniale e su quello operativo.
Nel convegno milanese del febbraio scorso, dedicato al mercato unico europeo, è stato fra l'altro osservato da alcuni esperti (Spaventa, Albanese, Perotti) che la struttura del sistema bancario italiano è in misura anomala il risultato di una tradizione di proprietà pubblica unita ad un alto grado di intervento del Governo e delle autorità di vigilanza. Le conseguenze sono state una modesta autonomia manageriale, un ostacolo allo sviluppo della concorrenza e del mercati dei capitali indotto dalla segmentazione istituzionale e di pratiche, un serio ritardo all'internazionalizzazione. E fra gli ostacoli da affrontare vi sono quelli di natura fiscale, di revisione di normative amministrative (fra l'altro riguardanti anche la riserva obbligatoria e relative modalità) di accelerazione del riscontri legislativi. Oggi invece si ha a che fare con l'iter defatigante di alcuni disegni di legge, con pressione di opposti interessi e così via. I mezzi sono diretti, dovranno essere sempre maggiormente diretti, alla crescente autonomia delle scelte di localizzazione degli sportelli, alla instaurazione di coefficienti patrimoniali e di rischiosità obbligatori come garanzia di solidità e stabilità delle istituzioni creditizie secondo fondamenti comunitari, alla riforma degli assetti istituzionali necessaria per fusioni ed accorpamenti per gli istituti cui non fosse possibile o sufficiente la ricapitalizzazione mediante il mercato, ecc. In tutto ciò esiste un'ampia progettualità, tradotta anche in disegni di legge, in precisi modelli e schemi (fra cui Progetto Europa dell'ABI), il cui fine è quello di rimuovere tutti quei condizionamenti e vincoli che penalizzano l'operatività delle istituzioni creditizie nei confronti delle istituzioni creditizie degli altri Paesi CEE e così da assicurare loro parità di condizioni di concorrenza con le banche degli altri Paesi.
Il traguardo che ci è dinanzi, secondo il presidente della Cassa delle Province Lombarde, Mazzotta, è un complesso di benefici derivanti dalla reale integrazione del mercato europeo del servizi finanziari dell'ordine di 22 miliardi di ECU conseguenti alle riduzioni di prezzo che realisticamente è possibile attuare. E le riduzioni di prezzo più rilevanti nel settore finanziario sono proprio quelle che riguardano il nostro Paese (intorno al 20%), Francia, Belgio e Repubblica Federale Tedesca. In Gran Bretagna solo di circa il 10%.
Gli orizzonti sono dunque questi, con vette difficili da raggiungere. Comportano non solo strategie rigorosamente e rapidamente valide, ma anche una nuova cultura, che traduca la sfida dei '93 in uno sforzo diretto non a fronteggiare solo i punti di minore resistenza (si è detto da qualcuno che le direttive europee vengono recepite, ma in modo da "adattarle" al nostro ordinamento, spesso cercando anche scappatoie), ma a realizzare un equilibrio ed un grado di sviluppo sempre più avanzati. In tutta questa dinamica non potranno esservi sacche e retroguardie e certamente non ci saranno nell'essenziale fronte bancario.


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