Risparmio
e credito stanno mutando volto ed accrescendo la loro dimensione, parallelamente
all'affermazione di una nuova Europa, che si annuncia con caratterizzazioni
e prospettive superiori a quelle finora delineate.
La spiegazione di tutto ciò è nella maggiore maturazione
e nella più valida efficienza che si manifestano quanto al primo
aspetto, e nella nuova filosofia e strategia imposte, per il secondo
aspetto, da una serie di fattori che si sono susseguiti o maggiormente
consolidati in questi ultimi mesi avvio alla democratizzazione nei Paesi
dell'Est ed alla creazione in essi di un più ampio spazio per
l'economia di mercato, soluzione del problema dell'unificazione delle
due Germanie, più esplicito coinvolgimento nella nuova Europa
degli Stati Uniti, maggiore e più organico attivismo giapponese
e così via. L'evoluzione in atto nel nostro risparmio si caratterizza
con i seguenti principali elementi di fondo:
- un valore totale del risparmio finanziario che ha toccato la quota
di un milione e 635 mila miliardi di lire, con un aumento del 15% nel
corso di un solo anno, avendo a riferimento un tasso inflazionistico
di circa il 6,5%. Siamo così ai primissimi posti della graduatoria
internazionale del risparmio in relazione al PIL.
Durante gli anni '80, il risparmio finanziario delle famiglie è
cresciuto in termini reali del 3% contro il 4,9% degli anni '70. Si
tratta di livelli di aumento che non trovano riscontro in altri nostri
indicatori economici, anche se dalla parte dell'industria e del terziario
vengono e sono venuti segni di accentuata espansione, pure sotto l'aspetto
tecnologico.
- una crescente puntualizzazione degli impieghi nei titoli di Stato
che, se nel 1977 rappresentavano solo il 6,2% delle attività
finanziarie delle famiglie, ora ne costituiscono il 34,3% del totale,
con 560 mila miliardi.
La ragione di tutto questo è costituita dal forte fabbisogno
del Tesoro, e quindi dagli alti rendimenti che accompagnano la sua offerta,
la quale, pur avendo come obiettivo la progressiva flessione del tassi
e l'allungamento della durata media del suo debito, si deve confrontare
con la reattività del mercato e con gli indirizzi e le tendenze
internazionali, i quali ultimi però, con l'entrata della lira
nella fascia stretta dello SME, possono essere meglio filtrati.
- un volume dei depositi bancari che è in diminuzione, essendo
sceso dal 55,3% del totale del 1987 al 25,7% del 1989 con 420 mila miliardi.
Questa flessione ha le causali, come si sa, nel forte richiamo dei rendimenti
pubblici e nella operativa ricerca di nuovi prodotti finanziari, che
costituiscono la scommessa delle banche sul piano della maggiore validità
dei prodotti finanziari offerti e della sempre più funzionale
efficienza dei servizi, con i tanti risvolti concernenti la mirata assistenza
da garantire alla clientela.
E questo è il grosso problema del quale si parlerà meglio
più innanzi, nell'ottica della scadenza del '92 - conclusione
del nostro allineamento ed adeguamento comunitario - e del '93, data
di inizio della nuova Europa.
- la sempre più alta dimensione assunta dalle destinazioni previdenziali,
che sono giunte a quota 174.000 miliardi, con la prospettiva di più
consistenti incrementi conseguenti all'offerta di nuovi prodotti ed
alle sinergie in atto o possibili con altri comporti, a cominciare da
quello bancario.
- lo sviluppo che si deve registrare anche nello sbocco borsistico,
con un volume di azioni possedute dalle famiglie per un valore che alla
fine dell'anno scorso è stato pari a 165 mila miliardi, contro
i 138 mila miliardi dell'anno precedente ed i 33.857 miliardi del 1980.
E' da osservare tuttavia che questi livelli sono tutt'altro che adeguati
ad un'economia che è la quinta, insieme a quella britannica,
delle sette più avanzate dell'Occidente e ad un sistema che sul
terreno produttivo ha raggiunto la potenzialità, tecnologicamente
competitiva, che viene a stimolarlo ed impegnarlo ulteriormente. Un
più appropriato contesto di politica economica e finanziaria,
un idoneo apparato strutturale e normativo (di cui si è sempre
alla ricerca e che purtroppo non di rado viene contraddetto od ostacolato),
un supporto operativo di assistenza e di richiamo di fasce sempre più
larghe di risparmiatori sono altrettante condizioni per risvegliare
un interesse che su questo terreno deve andare certamente oltre il contingente
e oltre la partecipazione di soggetti limitati ed ora prevalentemente
specializzati. Minore, invece, è il riscontro che si viene registrando
per i Fondi Comuni italiani, che raggiungono i 49 mila miliardi, ai
quali bisogna aggiungere gli 8 mila miliardi dei Fondi Comuni lussemburghesi,
con una prospettiva per l'intero comporta che ha segnato fin qui un
"rosso" persistente dopo il "roseo" di qualche anno
fa e che non si annuncia per il prossimo immediato con segni nettamente
migliori, e cioè tali da far ritenere iniziata un'inversione
di tendenza.
- il particolare rilievo assunto dal risparmio postale, con 102 mila
miliardi, che fruisce di alcuni validi fattori (capillarità estrema
degli sportelli, disimpegno del servizio di conto corrente per il pagamento
delle utenze, massima trasparenza dell'offerta e così via).
Questa è la fisionomia del nostro risparmio, sulla quale si deve
innestare il discorso inerente la struttura creditizia italiana, nella
spazialità derivante dalla nuova Europa e nel risveglio che ne
deriverà anche nell'operatività dell'interesse del risparmiatore
italiano oltre frontiera.
Questo, anche in conseguenza delle misure di liberalizzazione, è
in crescenza, ma i punti di partenza sono ancora inadeguati, come fra
l'altro è testimoniato dai soli 7 mila miliardi di obbligazioni
estere posseduti dagli italiani.
I punti che sottolineano maggiormente, a questo riguardo, gli esponenti
del sistema sono intanto i seguenti:
come punto
di partenza:
le prime cinque banche italiane già si collocano nella lascia
a più alta redditività, con livelli intermedi di costo
operativi e quindi di efficienza gestionale. Solo Spagna e Gran Bretagna
presentano margini di intermediazioni superiori, con costi operativi
più sostenuti. In quest'ultimo Paese si riscontra un'elevata
variabilità di situazioni aziendali con notevole diversità
dei costi operativi. In Germania e nel Belgio, pur constatandosi un
forte grado di dispersione, si riscontra una maggiore efficienza con
costi operativi più ristretti, rilevabili anche nei margini
d'intermediazione. In Francia si registra una posizione intermedia
con costi operativi minori rispetto ai nostri ed una redditività
notevolmente inferiore.
come punto
di arrivo:
conseguimento di un mercato più concorrenziale e di una maggiore
efficienza alla cui base non potrà non operare anche il rafforzamento
dimensionale (il che come si sa rientra nella cronaca di questi mesi
in termini di realizzazioni già effettuate e di progettualità
in corso di predisposizione o di avvio). il rafforzamento dimensionale,
mentre vuol dire correzione e superamento della parcellizzazione,
impone un ripensamento delle strutturazioni a tutti i livelli, compresi
quelli massimi, dato che - come viene riconosciuto dagli operatori
non solo italiani - anche le banche più grandi sono piccole
su scala europea. Il che ovviamente comporta una serie di aggiustamenti
sia nelle specifiche 'orbite nazionali sia nell'ambito delle connessioni
inter-europee.
Ma oltre la strutturazione, e questa è materia di più
precise puntualizzazioni nelle pagine che seguono, il grosso problema
da risolvere èquello del prodotto. A richiederne la soluzione
èil risparmio nazionale, anche indipendentemente dal mercato
unico integrato, ma è naturalmente anche l'apertura di questi
orizzonti sempre più vasti, rispetto ai quali si muovono pure
in Italia gli investitori esteri ed altrettanto stiamo cominciando
a fare anche noi. Pacchetti interamente nuovi di prodotti e di offerta
dovranno entrare in lizza con servizi finanziari articolati, polifunzionalmente
come si suole dire, nel campo creditizio, assicurativo e di consulenza.
Gli obiettivi
Passiamo a considerare gli obiettivi che il mercato europeo dei servizi
finanziari si propone, anzi si responsabilizza di conseguire, nel
fine immediato di potenziare e far evolvere una situazione che ha
come punto di partenza, quanto a consistenza del settore dei servizi
finanziari in termini di produzione, un 7% circa del prodotto interno
lordo della Comunità, con punte massime del 1,4% per il Lussemburgo
e minime del 4,5% per la Francia.
Quale sfondo europeo della situazione in atto si devono considerare
al momento la rimozione degli ostacoli alla liberalizzazione, oggi
minore per i servizi finanziari rispetto agli altri comporti economici,
la presenza di filiali di molte banche europee nei principali centri
finanziari della Comunità, la quotazione di numerosi titoli
nelle Borse di più di un Paese membro, ecc. Colpi di accelerazione
delle liberalizzazioni si vengono doverosamente registrando anche
in Italia, con le misure valutarie e di circolazione dei capitali
previste ed in corso di attuazione.
Il punto centrale di tutto questo discorso èquello sottolineato
dagli stessi documenti ufficiali della CEE, secondo i quali i mercati
finanziari mondiali evolvono rapidamente verso un sistema di operazioni
non stop, attivo 24 ore su 24 e polarizzato da tre grandi zone orarie
che hanno il loro centro negli Stati Uniti, in Europa ed in Estremo
Oriente. Ne discende ovviamente la necessità di un mercato
europeo strutturato in modo tale da poter essere concorrenziale su
scala mondiale. Con quali presupposti e modi di essere, perciò?
Li riassumiamo qui di seguito:
- libertà per tutti gli istituti finanziari di stabilire la
propria sede e le proprie filiali in qualsiasi Paese della comunità;
- libertà per gli istituti stessi di offrire liberamente, in
tutta la Comunità, servizi e prodotti;
- libertà di movimento dei capitali in tutta la Comunità.
Il tutto finalizzato alla creazione entro il 1992 di un mercato unico
europeo dei servizi finanziari, dove - come dicono i documenti ufficiali
CEE -una banca possa proporre la gamma completa dei suoi servizi ed
aprire Agenzie con altrettanta facilità in un Paese membro
diverso da quello d'origine; dove sia possibile sottoscrivere l'assicurazione
più conveniente, estesa tuttavia all'insieme della Comunità;
dove il mercato dei valori mobiliari e dei capitali raggiungo - come
prima si diceva per quanto riguarda l'Italia - le dimensioni che gli
consentano di rispondere alle esigenze dell'industria europea e di
attivarvi investimenti provenienti dal mondo intero.
Per il solo settore bancario le direttrici fondamentali, risalenti
tra l'altro alla fine degli anni Settanta, e poi ulteriormente estese
e precisate, riguardano l'abolizione degli ostacoli alla libertà
di stabilimento, la definizione ed operatività di principii
comuni per il rilascio di licenze bancarie, il controllo da parte
del Paese di origine, l'elencazione delle varie attività bancarie
con servizi aggiuntivi rispetto a quelli tradizionali (ad esempio
le transazioni su titoli), la codificazione delle norme di vigilanza
relative alla gestione interna ed alla verifica dei conti. Fra l'altro
si tratta di disporre di strumenti di armonizzazione del principio
di solvibilità, di tutela degli interessi dei depositanti,
di contenimento dei rischi assunti dagli istituti di credito, di normative
riguardanti i conti annuali e l'armonizzazione dei fondi propri. il
fronte da definire si estende anche al credito ipotecario, al credito
al consumo, alle modalità per il pagamento elettronico, ecc.
Gli altri due importanti capitoli concernono le assicurazioni e le
borse, per le quali l'unità viene intesa in termini radicali
di integrazione e complementarità.
In particolare, per il settore borsistico, il finalismo e l'operatività
si riassumono nell'unità del mercato per l'emissione di azioni
ed obbligazioni e per la loro accettazione in borsa, nell'informazione
completa su tutti gli elementi di valutazione dei rischi collegati
ad un investimento, la garanzia per tutti gli Stati membri del reciproco
riconoscimento delle prospezioni di offerta pubblica approvate in
un altro Paese membro, il mutuo riconoscimento delle procedure per
il riconoscimento degli agenti mobiliari (intermediari, esperti in
transazioni mobiliari ed amministratori di fondi). I risvolti sono,
da una parte, nelle implicazioni che ne deriveranno per il generale
sviluppo (fra l'altro con una crescita aggiuntiva del PIL che in conseguenza
del mercato unico viene ipotizzata al 5%, con un forte incremento
dell'occupazione di quasi 2 milioni di unità, con migliori
andamenti delle finanze pubbliche e dei conti con l'estero) e, dall'altra,
nello sbocco di strutturazioni specifiche bancarie in grado di erogare
una gamma completa di servizi finanziari: operazioni sui mercati monetari,
leasing, attività di cambi, financial futures, options, gestione
di portafogli, intervento nei sistemi di pagamento, servizi di intermediazione
finanziaria e così via.
I principali
differenziali
Ed ora una domanda: quali sono i potenziali e differenziali italiani
di partenza? Di qualche aspetto si è detto in precedenza. Per
gli altri vanno tenuti presenti i seguenti importanti dati di fatto.
In particolare, per quanto attiene al risparmio, riconfermata la netta
propensione ad esso delle nostre famiglie con un temperamento del
consumismo - questo meno accentuato che in altri Paesi avanzati -,
il fatto saliente viene a riguardare la sua più consistente
allocazione nel l'assorbimento dei valori pubblici. Fra i sette principali
Paesi, i titoli italiani esercitano il richiamo della loro redditività,
che in termini reali è la più alta. Il nostro divario
è dello 0,7% rispetto ai titoli francesi, mentre si arriva
a 3 se si prendono in considerazione i titoli inglesi, ultimi in classifica.
Proiettando questi nostri titoli nell'ambito internazionale notiamo
tuttavia che solo il 4% del loro totale è nel portafoglio degli
stranieri, come avverte uno studio della Morgan guaranty trust sul
peso degli investitori non residenti nella copertura dei titoli di
Stato emessi fra il 1983 ed il 1988 dagli undici maggiori Paesi industrializzati.
Nondimeno dal 1983 l'Italia in questo ambito ha migliorato la propria
posizione, che si attestava allora sul 2%. Nella classifica del l'assorbimento
straniero delle emissioni in circolazione rispetto al totale sempre
degli 11 Paesi considerati, la quota italiana nel 1988 era pari al
3% su una quota di titoli del 10%, contro il 2% della Francia e Belgio
e lo zero della Spagna. Il primato in merito è detenuto dagli
USA.
Quanto poi al più importante sbocco nel deposito bancario,
fatti rilevanti e differenziali sono costituiti dalla larghezza della
forbice fra tassi attivi e passivi, dai forti vincoli tuttora in atto
e dal livello di prelievo fiscale pur se esso tenderà all'allineamento,
sempre tuttavia nell'ottica di una fiscalità che si muove pesantemente.
E veniamo alle strutture. Fra i maggiori gruppi bancari della CEE,
e l'Institutional Investor ne considera 16, l'Italia figura con la
sua Banca Nazionale del lavoro al 13° posto, essendo ai primi
due posti la Francia, seguita dalla Germania e dalla Gran Bretagna.
Nella graduatoria mondiale, la predetta Banca italiana è al
33° posto. C'è - come si vede - un lungo cammino da percorrere
e l'impegno riguarda anche la risalita da compiere nella classifica
della finanza internazionale, che è in via di ulteriore trasformazione,
dopo quella fin qui conseguita. Se nel 1975 il 27% dei prestiti mondiali
aveva a Londra il suo centro, oggi 'essa deve spartire alla pari la
leadership con Tokio, e si tratta per l'una e per l'altra di un quinto
della grandi transazioni finanziarie. Nel 1975, invece, il Giappone
non raggiungeva il 5%. Anche gli USA vedono ridimensionato il loro
peso, mentre la Francia, pur dovendo registrare qualche cedimento,
si è posta intorno al 7%. L'Italia invece è in flessione
netta, essendo in coda in Europa all'1,8% contro il 3,4% dei 1975.
Se da questa sintesi scendiamo ad un'analisi del quadro specifico
inerente alle caratteristiche del nostro mercato bancario, i dati
più significativi evidenziati dagli studi maggiormente qualificati
mettono in evidenza:
- la presenza in Italia di un relativamente elevato numero di banche
(1.102) ed un modesto numero di sportelli (13.645): 2,4 sportelli
ogni 10.000 abitanti, contro una media CEE di 5,2. In questa classifica
l'Italia è al terz'ultimo posto, seguita da 1,4 della Grecia
e da 1,5 del Portogallo. Se ci riferiamo al rapporto fra PIL e sportello.
vediamo che, contro una media CEE di 20,8 milioni di ECU per sportello,
in Italia abbiamo 44,8 milioni di ECU. Mentre poi per quasi tutti
i Paesi CEE esiste una certa corrispondenza fra la quota percentuale
del PIL comunitaria e quella relativa ai numero di sportelli sul totale
comunitaria, solo noi e la Spagna facciamo eccezione.
- sempre nel confronto internazionale, mentre il sistema italiano
presenta una struttura scarsamente concentrata ed è costituito
da un elevato numero di banche di dimensioni a livello internazionale
medio, non altrettanto si verifica per gli altri Paesi membri, con
poche eccezioni.
- con riferimento alle prime tre banche di ogni singolo Paese, la
quota di mercato italiana è dei 18,6%, contro il 42% della
Francia, il 23,4% della Gran Bretagna, il 21,9% della Germania.
- un livello di regolamentazione particolarmente rigoroso, che va
profondamente aggiustato, perché è chiaro che con l'attuale
assetto non saremmo in grado di fronteggiare la concorrenza internazionale
o di accrescere il grado di presenza.
- il sistema italiano è chiamato a rispondere, oltre che alle
sollecitazioni e mezzi di presenza dall'esterno, anche ad un quadro
stimolatore dall'interno che comporta il dispiegamento di sforzi da
compiere rapidamente, mentre in altri Paesi esso è stato effettuato
in molti anni. C'è inoltre da considerare la particolarità
della dimensione del nostro risparmio, di cui si è detto prima,
ma che merita di essere meglio quantificato nelle sue differenziazioni
dai volumi degli altri Paesi comunitari. Il risparmio delle nostre
famiglie costituisce il 38% del totale della CEE; la percentuale del
reddito destinata appunto al risparmio è di circa il 25%, la
quota di risparmio italiano è il 14% di quello del gruppo del
7, il mercato obbligazionario italiano è per volume il quarto
del mondo, dopo Giappone, USA e Germania Federale e precede Francia
e Regno Unito. Inoltre i depositi bancari in Italia sono superiori
in valore assoluto a quelli di Francia e di Inghilterra, mentre sono
inferiori a quelli tedeschi.
In conclusione: l'avanzo finanziario del settore privato è
in Italia, in valore assoluto, più del doppio di quello tedesco
e triplo di quello francese.
In un interessante studio di A. Fazio su Mondo bancario, dal quale
abbiamo attinto alcuni dei dati più sopra citati, un interrogativo
viene sostanzialmente posto. E cioè: da chi saranno intermediati
questi flussi di risparmio, in una situazione del nostro settore del
credito che si presenta tutto sommato sottodimensionato rispetto a
quello degli altri Paesi CEE?
Secondo Fazio, gli scenari possibili sono due:
- da un lato, il relativamente basso grado di bancarizzazione del
nostro Paese e l'elevata quota di risparmio e di depositi bancari
-se ora non sono al primo posto, come abbiamo visto, nella scala degli
impieghi sono sempre al secondo posto, aggiungiamo -possono rappresentare
un notevole incentivo per le banche degli altri Paesi a rivolgersi
al nostro Paese con una massiccia offerta di intermediazione. Il che
rientra nella logica delle cose e del finalismo stesso dell'integrazione,
e del resto si sta cominciando a verificare nella strategia del primi
approcci.
- dall'altro lato, le difficoltà di ordine economico, organizzativo
ed anche culturale, che potrebbero rendere meno agevole l'ingresso
delle banche estere nell'attività di retail, dovrebbe spingere
le banche italiane ad attuare una politica di presidio del proprio
mercato, sia ampliando la gamma del servizi offerti sia raggiungendo
quei settori di clientela che attualmente manifestano un basso livello
di utilizzazione dei servizi bancari.
In concreto, questa problematica non si pone in termini alternativi,
ma complessivamente unitari, perché la pressione esterna è
fisiologica sul piano dell'unitarietà europea e del relativo
mercato, perché le nostre difformità interne non potranno
non essere superate organicamente e completamente in relazione ad
impegni ed appuntamenti, perché infine la regola dell'efficienza
e della competitività anche interna è nella naturale
strategia delle economie occidentali e nel caso specifico dello stesso
sistema bancario, impegnato infatti nello sforzo di potenziamento
funzionale e di ricerca di nuovi prodotti e servizi, in linea con
la crescita di società non solo economiche ma anche civili.
Se una sfida nazionale ed internazionale c'è, è proprio
questa con le sue matrici interne ed esterne.
Banche targate
CEE
Alcune notazioni a questo riguardo si possono rilevare dai seguenti
dati di fatto:
- Il mercato unico delle Banche, che opererà fra noi nel 1993,
è già entrato in orbita, con l'adozione da parte dei
Dodici della seconda direttiva CEE sul coordinamento dell'attività
bancaria. Un'autentica rivoluzione, si è commentato. Dal 1°
gennaio 1993, sarò il principio della licenza bancaria unica,
valida in tutta la Comunità, a scandire ritmi e tempi dell'attività
del settore. Dal 1° gennaio 1993, l'autorizzazione che una banca
CEE avrà ottenuto dai competenti organi nel proprio Paese servirà
automaticamente per aprire filiali dovunque nella Comunità.
la banca non potrà stabilire la propria sede in un Paese di
comodo, ma in quello prescelto dovrà svolgere un'attività
effettiva.
Quanto ai rapporti con i Paesi terzi, la direttiva prevede di regolarli
sul principio del trattamento equivalente. I requisiti minimi di capitale
iniziale delle banche soggette alla disciplina della licenza unica
sono di 5 miliardi di ECU, che a certe condizioni possono scendere
fino ad un miliardo di ECU. Circa poi la possibilità delle
banche di detenere partecipazioni nell'industria, la normativa stabilisce
un tetto massimo pari al 15% dei fondi propri per una sola partecipazione
ed al 60% per il completamento delle partecipazioni.
Le banche targate CEE cominciano così ad avere il via libera
anche in Italia, con una progressione di normative, di adeguamenti,
di operatività, che avrà il suo termine conclusivo nel
3 dicembre 1992, data del completo adeguamento del nostro sistema
alla normativa comunitaria definita nella seconda direttiva. Ne discende
una spinta di più per l'efficienza e la trasparenza, che investe
l'istituto bancario e lo impegna su questo terreno nella pratica,
prima ancora di una normativa, di una filosofia e di una cultura,
che del resto hanno già trovato nel nostro sistema le prime
spontanee e razionali applicazioni.
- Le prime iniziative
esterne cominciano a registrarsi, con l'avvio all'inversione della
tendenza prima manifestatasi di una diminuzione delle filiali estere
in Italia e del ridotto numero delle acquisizioni di partecipazioni
di banche italiane da parte di banche estere. Iniziative francesi,
tedesche, ecc. sono già sul tappeto, mentre altre sono avviate
o tentate da giapponesi, statunitensi, ecc. E' da notare che gli USA,
hanno ribadito di essere pronti ad adottare misure di ritorsione se
il concetto di reciprocità nel settore bancario dovesse rappresentare
motivi di discriminazione per le banche USA che vorranno fare il loro
ingresso nella CEE dopo il 1992. Vi sono assicurazioni comunitarie,
ma le preoccupazioni statuniterisi continuano e la prospettiva comunque,
oltre questa materia, per quanto attiene a configurazioni, determinazioni
di limiti, allocazioni di aree, è in via di evoluzione. Tant'è
che il finalismo comunitario per il traguardo del 1993, immaginato
in una maniera e così impostato al suo primo delinearsi, non
potrà non essere diverso nelle sue determinazioni fino a quella
data. Il che comporta evidentemente anche un maggiore impegno ed anche
un più forte grado di fantasia e di continui aggiustamenti
di rotta. Naturalmente non nella direzione del percorso, ma certo
nella sua modulazione e nello spessore della realtà che ne
dovrà derivare.
- Le spinte e possibilità interne d'altro canto si fanno sempre
più decise. C'è l'apertura borsistica alle società
estere. C'è il maggiore spazio acquistato dalle nostre attività
finanziarie sull'estero, di cui prima abbiamo parlato per quanto concerne
le obbligazioni estere. Le quote estere del fondi comuni di investimento
sono dal canto loro aumentate del 13% in quest'ultimo anno ed hanno
margini di aumento molto più consistenti.
Le prospettive osservate da qualificati organismi (e fra questi rileviamo
un'indagine condotta da finanza e gestione che fa capo ad un gruppo
di docenti e di esperti del settore bancario ed alla Caboto) fanno
ammontare ad oltre 2400 gli sportelli nuovi nel corso dei prossimi
4 anni, a circa 1700 la riconversione a sportello leggero di quelli
tradizionali, con una larghissima presenza anche delle banche minori
e quindi con il più largo spazio che sarò assunto anche
dai centri piccoli e medi.
E' da notare che mentre l'iniziativa punta oltre i confini, la capitalizzazione
delle strutture e degli sportelli diventa e tende a divenire sempre
più articolata. Difatti per quanto riguarda le aree che saranno
più interessate da nuove aperture, si devono registrare come
risposta ad un campione di banche un possibile 35% dell'area nord
orientale, un 25% di quella nord occidentale, di un 22% del Mezzogiorno,
un 18% del Centro. Inoltre, il 59% degli intervistati ritiene che
saranno maggiormente interessati al fenomeno i comuni di medie dimensioni.
Il che, ovviamente, insieme alla complementarietà od unità
acquisite giù fra alcune banche, e vi fanno spicco anche quelle
minori, non potrà non essere determinante per la validità
della nostra attitudine nei riguardi del mercato unico.
Commenta d'altra parte un rapporto di Prometeia, sui bilanci delle
banche del campione ABI, che i bilanci dei nostri istituti, almeno
di quelli di maggiore dimensione, non sarebbero nel confronto forse
i primi della classe, ma in ogni caso non sfigurerebbero. Un punto
dolente del quadro è invece rappresentato, oltre che dallo
specifico contesto normativo, dai costi operativi superiori (2,09%)
- rispetto alle attività totali - a quelli delle banche tedesche
(1,85%), francesi (1,54%), belghe (1,60%).
Le finalità
Considerata la panoramica con le correlate prospettive, possiamo parlare
di due finalità principali. la prima anticipa lo stesso appuntamento
del 1993 e lo condiziona: riguarda la sfida evolutiva che si presenta
per tutto il sistema creditizio, sul piano dell'efficienza. La seconda
concerne il nuovo ordinamento bancario che si viene realizzando e
che culminerò appunto nel 1993. Soffermiamoci partitamente
sull'una e sull'altra.
La prima ha a che fare con il processo di internazionalizzazione che
è in atto nei mercati finanziari, indipendentemente dall'appuntamento
del 1993.
Secondo un indagine Delphi, in collaborazione con la Federazione Internazionale
delle Borse Valori, l'Associazione Bancaria Italiana e gli agenti
di cambio di Milano, le nostre particolari difficoltà sono
in relazione con "un sistema che fin qui è cresciuto all'ombra
delle restrizioni valutarie e del deficit pubblico". Allo stato
dei fatti si stanno allentando le prime e più ancora si dovranno
allentare, con una deregulation che non deve cercare rifugi indebiti
per sopravvivere, mentre sono ancora più finalistiche e non
ancora adeguatamente mirate e sufficientemente predisposte le correzioni
e le eliminazioni delle seconde. Circa il deficit pubblico, come si
sa, l'obiettivo del suo contenimento e della sua progressiva eliminazione
è prescelto (d'altra parte è obbligatorio per la classe
politica), ma la strumentalità relativa si affida ad ipotesi
e a progettualità non certo ancora organiche. E' questo il
passo innanzi da compiere, nel prioritario rispetto della coerenza
e delle compatibilità. In effetti si tratta della premessa
perché il futuro dei mercati finanziari italiani, ritenuto
sostanzialmente non roseo per l'Italia, diventi migliore. Ma come
si circostanzierà per questi mercati il futuro?
Ecco un elenco di indicazioni da tenere presenti:
- un prossimo quinquennio che si svilupperà nel segno della
liberalizzazione dei movimenti di capitale, eccedente lo stesso processo
di integrazione europea perché spinto dalle stesse forze di
mercato. E si sa che queste spinte determinate da una fisiologia ovunque
incontenibile, anche se da controllare, hanno una loro logica funzionale
in un ambito eccedente la stessa sfera economica.
- un'identità del sistema che dovrà approfondire i motivi
del superamento dei nostri differenziali e predisporre meglio i mezzi
per superarlo, tenuto conto delle zone d'ombra, prima ricordate e
delle caratteristiche diverse e per molti aspetti inferiori a quelle
degli altri Paesi industrializzati per dimensioni di mercato, ruolo
stesso e vocazioni degli intermediari finanziari,
evidentemente da immaginare, regolare e sostenere meglio di quanto
ciò non avvenga oggi.
- una prospettiva di mercato che si annuncia, per quanto riguarda
il risparmio, con la crescita degli investimenti in titoli da parte
delle famiglie, soprattutto attraverso investitori istituzionali (assicurazioni
vita e fondi pensione), mentre è da mettere nel conto una riduzione
dell'aumento dei depositi.
- la crescita d'interesse per i mercati finanziari da parte delle
imprese per una domanda di servizi ed occasioni di investimento molto
più sofisticata ed anche con un occhio rivolto all'estero.
Il che dice molte cose in merito all'efficienza del supporto dell'intermediazione,
quanto ad indirizzo ed assistenza, puntualizzati su questo terreno
a favore dell'utenza.
- la necessità per la Borsa italiana di una riforma organizzativa,
che coinvolge anche i meccanismi tecnologici, per disimpegnare la
sua funzione, che nel quadro internazionale sarò necessariamente
secondaria rispetto alle Borse rappresentative e trainanti, ma che
in quello nazionale dovrà certamente adeguarsi sia alle immediate
sollecitazioni CEE, sia a quelle che derivano dall'evoluzione dell'azienda
Italia tutta intera.
- l'urgenza, pertanto, di un salto di qualità dei servizi di
intermediazione, che concerne quanto possiamo e dobbiamo attenderci,
con le conseguenti e logiche risposte, dalle banche e dalle non banche.
Tutti dovranno anche cercare anche alleanze internazionali, per acquisire
nuovo know how e rivedere l'organizzazione dei servizi e dei nuovi
prodotti.
- il miglioramento dell'habitat normativo nel quale l'internazionalizzazione
dovrò procedere, e qui l'indagine della Delphi sottolinea l'importanza
del superamento del nodo della compensazione a livello europeo, dell'armonizzazione
degli standard di base, dei trattamenti fiscali sugli investimenti
mobiliari. E si sa purtroppo quanto in Italia. anche per motivazioni
ideologiche, di strumentalizzazione prima ancora che politica partitica,
si sia condizionati.
Comunque tutto è ricondotto all'efficienza. Ed è un'efficienza
che riguarda anche la stessa attrezzatura del sistema creditizio,
oltre che la sua strategia. Ad esempio, si rileva che nella tecnologia
bancaria i pagamenti elettronici sono e costituiranno la chiave di
volta del sistema, per cui se le aziende di credito non si adegueranno
alle esigenze dei clienti potrebbero essere sostituite da nuovi operatori.
E purtroppo bisogna aggiungere che anche in questo campo siamo in
ritardo.
Nel contesto
comunitario
E veniamo all'obiettivo culminante dell'inserimento del sistema creditizio
italiano nel nuovo contesto comunitario che, nella logica dell'efficienza,
dovrà realizzarsi anche con il superamento della frammentazione
del quadro attuale, rilevata anche dagli esperti della Banca d'Italia.
Secondo il direttore generale dell'Istituto, Lamberto Dini, tale avvio
al superamento risulta evidente nella creazione di alleanze fra banche
nazionali con altre banche europee. "Una tendenza. questa, che
la Banca d'Italia vede in modo favorevole, ed intende stimolare con
incentivi fiscali in fase di elaborazione".
Sempre secondo la Banca d'Italia, rimuovendo prossimamente l'ultimo
vincolo sulla detenzione dei depositi in conti correnti all'estero,
l'Italia sarà pronta all'integrazione finanziaria completa
e potrà continuare a svolgere il ruolo che le compete nel processo
di unificazione monetaria. L'inserimento si dovrà manifestare
sul piano operativo, dei costi, ecc., e con la proposta da parte bancaria
di nuovi servizi. E ciò dovrà avvenire nel settore della
finanza. delle assicurazioni, della gestione, dei fondi fiduciari
ed in tutte quelle attività che allargano il ventaglio delle
opportunità offerte ai risparmiatori. Sono queste in effetti
le prospettive ancora una volta sottolineate dalla Banca d'Italia.
Secondo gli operatori del settore, in sostanza, si tratta di spingere
sempre più il sistema bancario sulla strada dei cambiamenti
strutturali, di ampiezza e di spessore simili alla riconversione produttiva
realizzata dal nostro apparato industriale per conseguire competitività,
recuperandola dove ha perso o minaccia di perdere quote di mercato.
Ora è indispensabile non solo coesistere e confrontarsi, ma
anche suscitare e sostenere le sinergie della convivenza operativa.
Il che comporterà una maggiore omogeneità delle legislazioni
sulle posizioni più efficienti. le istituzioni finanziarie
(quelle bancarie in particolare) e l'amministrazione pubblica dovranno
raggiungere la maggiore efficienza di cui abbiamo detto con un rafforzamento
sul piano patrimoniale e su quello operativo.
Nel convegno milanese del febbraio scorso, dedicato al mercato unico
europeo, è stato fra l'altro osservato da alcuni esperti (Spaventa,
Albanese, Perotti) che la struttura del sistema bancario italiano
è in misura anomala il risultato di una tradizione di proprietà
pubblica unita ad un alto grado di intervento del Governo e delle
autorità di vigilanza. Le conseguenze sono state una modesta
autonomia manageriale, un ostacolo allo sviluppo della concorrenza
e del mercati dei capitali indotto dalla segmentazione istituzionale
e di pratiche, un serio ritardo all'internazionalizzazione. E fra
gli ostacoli da affrontare vi sono quelli di natura fiscale, di revisione
di normative amministrative (fra l'altro riguardanti anche la riserva
obbligatoria e relative modalità) di accelerazione del riscontri
legislativi. Oggi invece si ha a che fare con l'iter defatigante di
alcuni disegni di legge, con pressione di opposti interessi e così
via. I mezzi sono diretti, dovranno essere sempre maggiormente diretti,
alla crescente autonomia delle scelte di localizzazione degli sportelli,
alla instaurazione di coefficienti patrimoniali e di rischiosità
obbligatori come garanzia di solidità e stabilità delle
istituzioni creditizie secondo fondamenti comunitari, alla riforma
degli assetti istituzionali necessaria per fusioni ed accorpamenti
per gli istituti cui non fosse possibile o sufficiente la ricapitalizzazione
mediante il mercato, ecc. In tutto ciò esiste un'ampia progettualità,
tradotta anche in disegni di legge, in precisi modelli e schemi (fra
cui Progetto Europa dell'ABI), il cui fine è quello di rimuovere
tutti quei condizionamenti e vincoli che penalizzano l'operatività
delle istituzioni creditizie nei confronti delle istituzioni creditizie
degli altri Paesi CEE e così da assicurare loro parità
di condizioni di concorrenza con le banche degli altri Paesi.
Il traguardo che ci è dinanzi, secondo il presidente della
Cassa delle Province Lombarde, Mazzotta, è un complesso di
benefici derivanti dalla reale integrazione del mercato europeo del
servizi finanziari dell'ordine di 22 miliardi di ECU conseguenti alle
riduzioni di prezzo che realisticamente è possibile attuare.
E le riduzioni di prezzo più rilevanti nel settore finanziario
sono proprio quelle che riguardano il nostro Paese (intorno al 20%),
Francia, Belgio e Repubblica Federale Tedesca. In Gran Bretagna solo
di circa il 10%.
Gli orizzonti sono dunque questi, con vette difficili da raggiungere.
Comportano non solo strategie rigorosamente e rapidamente valide,
ma anche una nuova cultura, che traduca la sfida dei '93 in uno sforzo
diretto non a fronteggiare solo i punti di minore resistenza (si è
detto da qualcuno che le direttive europee vengono recepite, ma in
modo da "adattarle" al nostro ordinamento, spesso cercando
anche scappatoie), ma a realizzare un equilibrio ed un grado di sviluppo
sempre più avanzati. In tutta questa dinamica non potranno
esservi sacche e retroguardie e certamente non ci saranno nell'essenziale
fronte bancario.
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