Ma quale rassegnazione!




Aldo Bello



Col gusto dissacratorio che deve caratterizzare ogni inchiesta, soprattutto quando si tratti delle aree depresse o in via di sviluppo. della penisola, proponiamo un'affermazione forse un poco retorica e un interrogativo sicuramente inquietante. L'affermazione: il decennio che si apre. coincidendo con ogni probabilità con l'apertura di un ciclo espansivo della nostra economia, sarà l'occasione per una grossa scommessa di civiltà. L'interrogativo: ma esiste, nel Paese, una classe dirigente che ci crede?
Una ventata di consapevole pessimismo che richiama, in qualche modo, l'analisi impietosa, forse anche dura, certamente oggettiva, senza tuttavia alcuna concessione a indulgenze di rito, con la quale abbiamo sempre dibattuto su queste pagine. Stato comatoso della Pubblica Amministrazione, dilagante corruzione, spazi oscuri e invitanti per l'inserimento della malavita organizzata restano, per noi, gli ostacoli di fondo per un reale sviluppo del Sud.
Mondo della cultura e apparato politico in rotta di collisione? Non è questo il senso della nostra inchiesta. Su questo tema abbiamo intenzione di tornare in seguito. L'individuazione di fondo che emerge è invece più positiva e coinvolgente. Non è vero, come sostiene Giorgio Bocca sulle colonne di Repubblica, che si continui a contemplare ammutoliti il perdurante e incancrenito problema del Sud senza avere il coraggio di analizzarlo, di pesarlo e di prevederne la metastasi. Semmai, è vero il contrario: con queste analisi sono cresciute intere biblioteche. E se un valore autentico ha il dibattito meridionalista, esso è proprio nel rigore della maggior parte di quelle analisi, nelle polemiche che le hanno animate, nella denuncia libera che ne è scaturita: a fronte di tutto questo, i discorsi sulla "questione settentrionale" sono soltanto esangui fantasmi.
Da tempo, poi, abbiamo affrontato i numerosi problemi che si profilano, negli anni '90, per il Sud: dal pericolo di un 'ulteriore emarginazione derivante dall'apertura dei mercati europei-orientali alla necessità di una formazione che non dilapidi risorse ma crei imprenditori e quadri intermedi; da una radicale modifica della politica di incentivazione alla necessità di una rete di intermediazione finanziaria coerente e moderna. L'elenco potrebbe continuare. Ma ci importa sottolineare soltanto che dalla discussione mai astrattamente accademica, spesso seccamente polemica, non sono scaturite soluzioni meramente tecniche, ripiegate su se stesse. E' venuta fuori sempre, sottesa o spiegatamente enunciata, la consapevolezza precisa che ogni possibilità di sviluppo passa necessariamente per una svolta politica di fondo. Abbiamo riproposto con forza il problema di una classe dirigenziale capace di vedere i problemi per quello che sono, senza l'inutile rispetto di tabù pseudoculturali, senza il paraocchi dell'interesse di partito; che apra strade nuove e libere alle energie sane che esistono, e sono vive, nel Sud. Che questa consapevolezza. lucidamente presente nella parte migliore della cultura meridionale, divenga ispirazione forte dell'azione politica, è quanto meno auspicabile. Ma che esista e lieviti nelle nostre Università, nei nostri centri di ricerca, significa che. nel Sud, non allignano l'ignoranza e la rassegnazione, con contorno di vaghe speranze, che Bocca indica tra i mali oscuri dell'"altra Italia". Al di là di condanne inappellabili che somigliano tanto alla ripetizione dotta di luoghi comuni, se non di zelanti fiancheggiamenti, la nostra cultura può ancora dare la forza per lo sviluppo civile.

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