Gap P. A.




Franco Arese, Emilio Russo



Su cento lavoratori, 15 sono occupati nella Pubblica Amministrazione. Non tanti, come vogliono i luoghi comuni, soprattutto se il raffronto viene fatto con altri Paesi europei: in Germania Federale e in Francia sono 16, nel Regno Unito 22, in Danimarca addirittura 31. Ma la loro produttività è estremamente bassa. Nei settori-chiave della sanità, dell'istruzione e di alcuni servizi essenziali, come i trasporti e le comunicazioni, alla rilevante spesa impegnata non corrisponde un'offerta adeguata di prestazioni. La P.A. nel nostro Paese, se non soffre più di elefantiasi, certo è ammalata di inefficienza e soprattutto richiede un'energica cura di managerialità.
Questo, l'identikit che emerge dalle statistiche disponibili. E' un identikit che conferma molte cose che già si sapevano, ma che apre anche scenari inconsueti. In particolare, i dati fotografano la marginalità del Sud anche sotto il profilo della P.A. e dei servizi ad essa connessi. Basti pensare non solo ai dati numerici del personale (il 38% circa dei dipendenti dell'amministrazione centrale lavora nelle regioni meridionali, a fronte del 62% nel Centro-Nord), ma anche alla spesa per la sanità (più che doppia nel Centro-Nord: 35 mila miliardi, contro i 17 mila del Sud e delle Isole), alla formazione (nelle regioni meridionali opera meno della metà del corsi per una spesa quasi doppia rispetto a quella del Centro-Nord), alla scuola (più di un terzo degli studenti del Sud sceglie ancora l'istruzione di tipo umanistico), al trasporti (ben il 76% dei veicoli è immatricolato nelle regioni settentrionali; e nella stessa area è concentrato il 75% della rete ferroviaria a trazione elettrica), per finire con le comunicazioni (un dato per tutti: gli utenti telex del Sud superano di poco il 13%, a fronte dell'87% del resto del Paese).


Esaminiamo nel dettaglio alcuni elementi. Quota dei dipendenti pubblici sul totale del l'occupazione: 17,1% nel Sud, a fronte del 14,4% del Centro-Nord; ma la differenza tende quasi a scomparire (rispettivamente 5,8 e 6,1) se il calcolo è effettuato in rapporto alla popolazione residente. Informatizzazione: nel confronto tra settore pubblico e privato, il rapporto è semplicemente improponibile: nell'industria erano attivi, fino a un anno fa (ma le cose non si sono sostanzialmente modificate), circa 80 terminali per mille addetti; nel credito circa 310; nel servizi poco più di 85. Nell'apparato pubblico, i terminali sono meno di 24 per mille addetti: il 15% al Sud, il 36% nel comuni del Centro-Nord. Casi-limite: nella provincia di Bolzano, i comuni sono informatizzati al 99%, nel Molise all'8,1% e nella Basilicata all'8,6%:
Note più drammatiche nel settore della salute. Qui, il denaro pubblico è divorato con velocità esponenziale. Ma chi ha la sventura di ammalarsi a Sud non gode certo di strutture degne di un Paese che vanta il quinto posto nella classifica mondiale delle aree più industrializzate.
Un ulteriore elemento che testimonia il grado di inefficienza delle strutture sanitarie nel Mezzogiorno è quello del "day hospitals", vale a dire i centri avanzati di assistenza medico-ospedaliera. In Italia, questi centri sono 163. Ma nel Mezzogiorno se ne trovano solo 32.
Anche per gli altri indicatori sociali (scuola, formazione professionale) i dati Istat, nella loro apparente imparzialità e freddezza numerica, scoprono i piedi d'argilla del welfare state all'italiana e rivelano il malessere dei territori meridionali.
E infine, il Sud ha meno strade, meno automobili, meno autocarri, meno ferrovie, meno treni. Il 76% degli autoveicoli è immatricolato nel Centro-Nord, solo il 2,4% nel Sud. le ferrovie sono localizzate per il 60% nelle regioni privilegiate, e per il 40% nel Sud-isole. Occorrono commenti?


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