Su cento lavoratori,
15 sono occupati nella Pubblica Amministrazione. Non tanti, come vogliono
i luoghi comuni, soprattutto se il raffronto viene fatto con altri
Paesi europei: in Germania Federale e in Francia sono 16, nel Regno
Unito 22, in Danimarca addirittura 31. Ma la loro produttività
è estremamente bassa. Nei settori-chiave della sanità,
dell'istruzione e di alcuni servizi essenziali, come i trasporti e
le comunicazioni, alla rilevante spesa impegnata non corrisponde un'offerta
adeguata di prestazioni. La P.A. nel nostro Paese, se non soffre più
di elefantiasi, certo è ammalata di inefficienza e soprattutto
richiede un'energica cura di managerialità.
Questo, l'identikit che emerge dalle statistiche disponibili. E' un
identikit che conferma molte cose che già si sapevano, ma che
apre anche scenari inconsueti. In particolare, i dati fotografano
la marginalità del Sud anche sotto il profilo della P.A. e
dei servizi ad essa connessi. Basti pensare non solo ai dati numerici
del personale (il 38% circa dei dipendenti dell'amministrazione centrale
lavora nelle regioni meridionali, a fronte del 62% nel Centro-Nord),
ma anche alla spesa per la sanità (più che doppia nel
Centro-Nord: 35 mila miliardi, contro i 17 mila del Sud e delle Isole),
alla formazione (nelle regioni meridionali opera meno della metà
del corsi per una spesa quasi doppia rispetto a quella del Centro-Nord),
alla scuola (più di un terzo degli studenti del Sud sceglie
ancora l'istruzione di tipo umanistico), al trasporti (ben il 76%
dei veicoli è immatricolato nelle regioni settentrionali; e
nella stessa area è concentrato il 75% della rete ferroviaria
a trazione elettrica), per finire con le comunicazioni (un dato per
tutti: gli utenti telex del Sud superano di poco il 13%, a fronte
dell'87% del resto del Paese).

Esaminiamo nel dettaglio alcuni elementi. Quota dei dipendenti pubblici
sul totale del l'occupazione: 17,1% nel Sud, a fronte del 14,4% del
Centro-Nord; ma la differenza tende quasi a scomparire (rispettivamente
5,8 e 6,1) se il calcolo è effettuato in rapporto alla popolazione
residente. Informatizzazione: nel confronto tra settore pubblico e
privato, il rapporto è semplicemente improponibile: nell'industria
erano attivi, fino a un anno fa (ma le cose non si sono sostanzialmente
modificate), circa 80 terminali per mille addetti; nel credito circa
310; nel servizi poco più di 85. Nell'apparato pubblico, i
terminali sono meno di 24 per mille addetti: il 15% al Sud, il 36%
nel comuni del Centro-Nord. Casi-limite: nella provincia di Bolzano,
i comuni sono informatizzati al 99%, nel Molise all'8,1% e nella Basilicata
all'8,6%:
Note più drammatiche nel settore della salute. Qui, il denaro
pubblico è divorato con velocità esponenziale. Ma chi
ha la sventura di ammalarsi a Sud non gode certo di strutture degne
di un Paese che vanta il quinto posto nella classifica mondiale delle
aree più industrializzate.
Un ulteriore elemento che testimonia il grado di inefficienza delle
strutture sanitarie nel Mezzogiorno è quello del "day
hospitals", vale a dire i centri avanzati di assistenza medico-ospedaliera.
In Italia, questi centri sono 163. Ma nel Mezzogiorno se ne trovano
solo 32.
Anche per gli altri indicatori sociali (scuola, formazione professionale)
i dati Istat, nella loro apparente imparzialità e freddezza
numerica, scoprono i piedi d'argilla del welfare state all'italiana
e rivelano il malessere dei territori meridionali.
E infine, il Sud ha meno strade, meno automobili, meno autocarri,
meno ferrovie, meno treni. Il 76% degli autoveicoli è immatricolato
nel Centro-Nord, solo il 2,4% nel Sud. le ferrovie sono localizzate
per il 60% nelle regioni privilegiate, e per il 40% nel Sud-isole.
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