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Arte della scrittura
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E il segno nacque dal numero |
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Tonino
Caputo, Gianfranco Langatta
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"Così
dichiara Kipal-enni, figlio di Khutiya: ho preso 6 misure d'orzo appartenenti
a Teshupatal, figlio di Ariya, come prestito ad interesse; dopo il raccolto
restituirò l'orzo con il suo interesse a Teshup-atal...".
Lo scriba trascrisse le parole di Kipal-enni incidendo segni cuneiformi sulla tavoletta d'argilla fresca con una cannuccia appuntita; poi aggiunse i nomi del cinque testimoni presenti all'accordo e invitò tre di loro - compreso lo stesso Kipal-enni - ad imprimere sul documento i sigilli personali. Infine premette sull'argilla anche il proprio sigillo. Il contratto di prestito era completo. Ora era sufficiente lasciar essiccare l'argilla e riporre il documento in archivio; al tempo del nuovo raccolto i due contraenti avrebbero regolato i loro conti in base all'impegno scritto sulla tavoletta e autenticato dalle impronte dei sigilli. Questo contratto venne stilato 1400 anni prima di Cristo in una città dell'Iraq nord-orientale, forse a Nuzi. L'aspetto del documento è modesto: un mattoncino di terracotta di sei centimetri per sette, con una facciata completamente coperta di segni cuneiformi, e l'altra dove alla scrittura si alternano le immagini di animali lasciate dai sigilli. L'ha fatto rivivere Mario Fales, docente di Storia orientale antica all'Università di Padova, il quale ha tradotto quei "cunei" così lontani dal nostro modo di pensare la scrittura. "La lettura non ha presentato particolari difficoltà - dice Fales-. E' scritta in accadico, la lingua internazionale dell'epoca, usata anche dalle diverse corti reali per scambi commerciali o accordi politici. Le popolazioni della Mesopotamia e del Vicino Oriente antico ci hanno lasciato migliaia di queste tavolette' attraverso le quali conosciamo molti aspetti della loro vita; la parte relativa ai commerci è comunque quella più abbondante e ci rivela l'esistenza di un sistema burocratico-amministrativo estremamente complesso e attento anche alle più modeste operazioni commerciali. Depositi di queste tavolette vennero alla luce già alla metà del secolo scorso e parecchi esemplari finirono in raccolte private, col risultato che molti non sono stati mai tradotti. Una lacuna grave che il Centro Studi e Ricerche Ligabue di Venezia ha in parte colmato, permettendoci di affrontare lo studio di un primo gruppo di documenti inediti provenienti da collezioni internazionali. Ne è risultato un lavoro scientifico di grande pregio, anche editoriale, con la traduzione di 84 pezzi databili fra il 3000 e il 600 avanti Cristo: molti sono di notevole valore storico e archeologico". Si tratta di tavolette sulle quali sfilano le vicissitudini, le necessitò, gli affanni e le speranze di una umanità lontana nel tempo, ma che ci appare vicinissima per l'attualità dei problemi che affronta e registra puntigliosamente: contratti d'acquisto, bollette di consegna, paghe degli operai, andamento dei prezzi, prestiti con interessi, ricevute di pagamento, riscossioni di imposte, preghiere, scongiuri, ricette mediche. E inoltre: documenti reali, "chiodi di fondazione" (cioè cunei di terracotta iscritti con formule del tipo "posa della prima pietra"), cessioni di patrimoni, donazioni, eccetera. Un intero universo umano che cerca di mettere ordine in una realtà sociale, sempre più complessa, per mezzo di uno strumento nuovo e potente che aveva appena scoperto: la scrittura. Ripercorrendo a ritroso la storia di queste tavolette, si risale ai primordi della scrittura e si scopre che le sue origini sono nascoste tra i numeri. I documenti più antichi, infatti, non hanno niente a che fare con componimenti letterari, e sono quasi sempre riferibili al l'amministrazione dei beni. Questo accadeva in Mesopotamia sul finire del IV millennio avanti Cristo, quando nelle potenti città/stato che si stavano formando sorse l'esigenza di amministrare il surplus di beni (derrate alimentari, bestiame, metalli, artigianato e utensileria, e così via) accumulati nei magazzini dei palazzi reali e dei templi. I primi sistemi di registrazione fanno ricorso a sassolini (per il computo delle unità) o a "gettoni" d'argilla con forme e con dimensioni differenti, per indicare valori numerici diversi, che spesso venivano racchiusi in involucri d'argilla (le "bulle"). Con questo sistema era possibile registrare, ad esempio, le merci in entrata o in uscita da un magazzino. Ad evitare eventuali alterazioni della registrazione, il contabile imprimeva sull'esterno della bulla il proprio sigillo personale. sul quale era inciso un particolare disegno. Il sistema funzionava, ma era molto ingombrante e soprattutto imponeva di spezzare la bulla ogni volta che era necessario controllare la cifra contenuta all'interno. Allora gli scribi escogitarono una soluzione che doveva rivelarsi rivoluzionaria: prima di chiudere i gettoni all'interno della bulla li premevano sulla sua superficie, in modo che lasciassero l'impronta della loro forma e dimensione. Il vantaggio era grande, perché era possibile, osservando l'insieme delle impronte sull'esterno della bulla, sapere esattamente quello che conteneva. Così, involontariamente, avevano fatto una scoperta fondamentale. La bulla/contenitore non serviva più: era sufficiente imprimere i gettoni su una tavoletta d'argilla per avere una registrazione stabile e garantita come la precedente. Ma occorreva un altro passo per arrivare alla scrittura. I gettoni infatti indicavano i quantitativi, ma non le merci, e solo i diretti interessati sapevano di che cosa trattasse il documento. Gli scribi, allora, incominciarono a tracciare, accanto alle impronte del gettoni, piccoli disegni raffiguranti la merce in oggetto: in questo modo si poteva appurare "a vista" di quanti animali, vasi o frumento si trattava. A mano a mano il "vocabolario" divenne sempre più ricco, ma anche difficile da disegnare senza sbavature, sull'argilla fresca, con uno stilo appuntito. Nel tracciare quei disegni era inevitabile renderli più schematici, codificarli graficamente. E così fu. Il segno sempre più veloce e il desiderio di sintesi fecero il resto: in qualche secolo, i disegni si trasformarono in tratti simili a tanti cunei, sempre meno somiglianti ai disegno originario. Nel frattempo, era accaduta un'altra cosa fondamentale. Non tutti i concetti potevano essere espressi con disegni: così, per trascrivere concetti astratti, gli scribi avevano adottato una tecnica simile a quella del rebus. Ad esempio: per scrivere l'ultima sillaba di En-Lil-ti, un nome di persona che terminava con la parola "vita" (difficilmente rappresentabile dal punto di vista grafico), tracciavano un segno che significava "freccia", ma che ugualmente suonava "TI". Un gioco di parole, questo, che introdusse nella scrittura il principio della fonetizzazione. Non era facile destreggiarsi con questa scrittura ancora in via di sviluppo, e a questo scopo furono composte imponenti liste classificatorie dei segni in uso e dei loro valori, e, in un secondo momento, vennero realizzati anche i primi vocabolari per poter scrivere -sempre con caratteri cuneiformi - lettere in lingue straniere. La scrittura era ormai affermata. Mancava soltanto l'invenzione dell'alfabeto; ma questa è un'altra storia. L'arte della scrittura Il primo abbecedario? Se si ha la possibilità
di vedere un'iscrizione sudarabica monumentale, si è immediatamente
colpiti dalla straordinario bellezza estetica che questo tipo di grafia
riesce a trasmetterci: le lettere sono ordinate sequenzialmente e
dividono la superficie dell'iscrizione in modo preciso, e tale da
riempire ogni spazio al suo interno. Le lettere stesse, poi, appaiono
tutte della stessa larghezza e altezza, modificandosi specularmente
quando il senso della scrittura, generalmente verso sinistra, diventa
bustrofedico, dimostrandoci così l'enorme abilitò tecnica
degli scribi arabi del primo millennio avanti Cristo. Né bisogna
ritenere che questa eleganza formale sia il frutto di uno sviluppo
lungo e che sia ripercorribile da parte degli studiosi: al contrario,
sin dalle epoche più antiche la grafia sudarabica ci presenta
la stessa stupenda bellezza e lo stesso grado di sviluppo manuale.
Questa caratteristica della scrittura sudarabica aveva fatto ritenere
che una tale perfezione formale e una tale, improvvisa abilità
manuale fossero da spiegarsi con una influenza in questa grafia dell'alfabeto
greco - e più precisamente ateniese- del V secolo avanti Cristo,
e che quindi non si poteva risalire cronologicamente oltre questa
data. Poi venne il tempo delle Sette Meraviglie Il biblico Nabucodonosor
regnò sulla Mesopotamia dal 604 al 562 a.C., combatté
in Siria, in Palestina e in Egitto, praticò una fortunata politica
di espansione; ma il suo vero talento, che lo rese leggendario, fu
quello di infaticabile costruttore. |
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