a)
Gatto e il Salento: il contributo alle riviste Salentine.
Il Salento fu, per Alfonso Gatto, molto di più di una espressione
geografica posta ad indicare una terra di frontiera, il limen Apuliae,
che, nei secoli passati, esercitò un fascino particolare e misterioso
sui viaggiatori europei che vi giungevano per poi solcare il mare alla
volta della Grecia, fu piuttosto il segno di un limite metafisico delle
cose, un quartiere dell'anima "isolato ed eccentrico rispetto alla
storia" (1) ove "il disordine, la disarmonia, lo star quasi
senza ragione delle cose naturali [ ... ] vogliono rappresentare quanto
di negativo, d'inerte, di casuale è nel fluire della vita meridionale"
(2). Fu, perciò, come per Bodini, terra aggregata alla poesia,
archetipo e metafora di una storia personale e collettiva che si dissolve
in mito:
... Così,
sul paesaggio
di questa terra, la luce - per troppa luce -
non è più luce, ma la reliquia di
un evento, la rovina di un ordine (3).
Il sentimento
di questa terra, come isola e confine, derivava a Gatto non solo dalla
condizione di meridionale, condizione che lo omologava a Sinisgalli,
a Quasimodo, a Bodini, a Pierro, allo stesso Comi, né esclusivamente
da una "contingente opzione culturale" (4), ma anche da
una reale frequentazione della cultura salentina e del Salento (l'ultima
volta che vi soggiornò, prima di morire, fu nel 1975 per invito
di Ennio Bonea) (5), frequentazione cui giovò l'amicizia con
Girolamo Comi che, primo fra i salentini, come è dato rilevare
dalla lettera di Gatto del 1933, avviò i contatti col poeta
salernitano, allora ventiquattrenne, che appena l'anno precedente
aveva pubblicato Isola.
Oreste Macrí e Vittorio Bodini furono poi grandi mediatori
di quell'operazione culturale che interessò anche Gatto e che
fu tesa ad assicurare a Lecce un collegamento con Firenze, nodo strategico
dell'ermetismo e della cultura italiana del Novecento (7). Come, infatti,
ricorda Oreste Macrí, sul finire del 1940 "Vittorio Bodini
e io [Macrí] ci impadronimmo (è il verbo esatto) della
terza pagina della "Vedetta Mediterranea", organo della
Federazione Fascista leccese, territorio esclusivo [di] detta pagina,
senza interferenze di alcun genere; come allora si soleva a mo' del
"Bargello", "Rivoluzione", "Architrave"
ecc. Quindi invitammo gli amici, per primi i fiorentini, compreso
Gatto che stava allora di casa a Settignano" (8).
Macrí, che poi si trasferì a Parma nel 1942, aveva invitato
a collaborare a "Vedetta" anche Quasimodo (9), ma il poeta
siciliano non poté farlo per le ragioni esposte nella lettera
del 26 aprile 1941 (10).
Il primo contributo salentino di Alfonso Gatto apparve sull'ermetica
"Vedetta Mediterranea" (1941-1943), ginnasio letterario
"di giovani studiosi che non riuscirono a rompere il cerchio
dorato della propria incontaminata purezza, ma che si sforzarono di
saldare [ ... ] la periferia culturale del Salento col resto della
nazione e di immettere nella letteratura della regione l'eco della
contemporanea problematica europea" (11). Gatto è presente
nel numero 9 del 19 maggio 1941 (12) con La dolce stagione. Collaborarono
a "Vedetta" anche Bigongiari, Sereni, Fallacara, Sinisgalli,
lo stesso Comi, quasi tutti "liricamente sospesi in un'atmosfera
di attese, di sussulti, di immagini, di gesti, di simboli che rivelano
[ ... ] la matrice di una omogenea comunità poetica e l'adozione
d'una tecnica espressiva e d'una tematica compositiva non indenni
dagli influssi della voga ermetica" (13). E se in Bigongiari
l'archetipo lunare-femminino si riveste di ambiguità esistenziali
e di tremori afasici, in Gatto il modulo ermetico dichina "verso
quelle voci familiari che rendono più disteso il segno poetico
e lo innervano su una tematica più vicina e concreta"
(14).
A "Libera voce" (1943-47) e a "L'esperienza poetica"
(1954-56) Alfonso Gatto non collaborò (15). In quest'ultimo
periodico si registra solo una recensione di Luigi Capelli a La forza
degli occhi (16).
"L'esperienza poetica", diretta da Vittorio Bodini (redattore
Luciano De Rosa), si attestò su posizioni antiermetiche e "conducendo
la sua azione non soltanto sul filo della polemica, ma tracciando
la storia del negativo da quella scuola poetica [l'ermetismo] prodotto,
mise in risalto il positivo con il recupero degli elementi validi
sul piano stilistico" (17). Eppure Vittorio Bodini, nonostante
il conclamato programma antiermetico che lo portò a dissentire
da Macrí, aveva ospitato, sulle pagine della rivista, contributi
di De Libero e Sinisgalli e aveva invitato a collaborare Alfonso Gatto
con una lettera databile tra la fine del 1953 e l'inizio del 1954
(18). In essa, Bodini, oltre ad invitare Gatto, accenna al dissenso
con Macrí, ai trascorsi romani (19) e al programma della rivista
(20).
Ma la funzione di collegamento con la cultura nazionale e l'impegno
in chiave di eziologia e di autocoscienza furono alla base di altre
due riviste salentine cui Gatto collaborò:
"L'Albero", fondato nel 1949 da Girolamo Comi come organo
dell'"Accademia Salentina", e "Il Critone" (1956-1965).
(21)
Entrambi i periodici, pur su piani diversi, danno compiutamente il
senso di una provincia attiva e presente, che si ricandida, come area
culturale connotata da specifiche peculiarità, a svolgere quel
ruolo, di verifica e di confronto con il centro, che Terra d'Otranto
già aveva svolto nel secolo dei lumi con Palmieri, Milizia,
Astore, Briganti lungo la direttrice Napoli-Lecce (22).
A Napoli succede ora Firenze (23) e se a Oreste Macrí va riconosciuta
preminentemente la funzione di antenna e di ponte fra la capitale
della poesia italiana del Novecento e la provincia salentina, non
può tacersi che a codesta funzione di collegamento con la cultura
nazionale, in un tempo in cui nel Salento non v'erano aeroporti né
strade asfaltate, né l'Università, contribuì
in modo determinante Girolamo Comi da Lucugnano, eccentrico rispetto
alla già eccentrica Lecce, ma polo referenziale per l'"Accademia
Salentina" da lui fondata il 3 gennaio 1948 con Oreste Macrí
e con Michele Pierri (24). Aderirono ben presto al sodalizio Mario
Marti, Maria Corti, Luciano Anceschi, Rosario Assunto, Ferruccio Ferrazzi,
Luigi Corvaglia, Vincenzo Ciardo, Enrico Falqui e, nel corso degli
anni, si avvicendarono, a Lucugnano, le presenze, talora solo fuggevoli,
di intellettuali come Elio Filippo Accrocca, Maria Bellonci, Giovanni
Macchia, Guido Piovene, Giorgio Bassani, Elsa Raimondi, Walter Binni,
Alfonso Gatto.
Quando Gatto giunse e dimorò a Lucugnano, nella casa di Comi,
(erano con lui Giuseppe Cassieri e Rina Durante) nel maggio del 1962,
il suo rapporto con la cultura salentina era ormai consolidato. Egli
era stato più volte a Lecce "ospite della tertulia ermetica,
casa ospitale, tra le altre, di Tommaso Santoro e sua Iole, dello
stesso "Critone" dalla parte forense, e uomo di buone letture;
assistette Comi sino alla fine" (25). Da Lecce. nel novembre
del 1959, Gatto scrive a Macrí, già residente a Firenze:
"Caro nostro colono, l'Albania èall'orizzonte in questa
chiara mattina leccese: e Lecce tutta [è] ancora commossa (26)
dalla parola dell'unico poeta meridionale [Gatto stesso] c'e con Vittorio
Pagano detiene il primato greco [ .. ]. Qui, nel capoluogo, Spagnoletti
ti ha messo al rogo come una strega ermetica. [ ... ] Forse nel pomeriggio
passeremo per Maglie [ ... ]. Comi, non so perché, ti odia.
Colpa del Falqui o di Francesco Lala?". (27)
In occasione di questa sua venuta a Lecce, Gatto si accostò,
tramite Vittorio Pagano, a "Il Campo", rivista fondata da
Francesco Lala nel 1955. Questo periodico (28), che ebbe suoi redattori
Nicola Carducci e Giovanni Bernardini, visse fino al 1964 e occupò,
nella cultura salentina di quegli anni, uno spazio parallelo e completare
all'"Esperienza Poetica" di Bodini e a "L'Albero"
di Comi. In questo periodo il rapporto Gatto-Lecce s'intensificò
in grazia delle edizioni del "Critone" di Pagano.
A quest'ultimo, durante quel soggiorno leccese nell'autunno del '59,
il poeta salernitano espresse il desiderio di passare alla redazione
del "Campo" una poesia che Pagano, a sua volta, dette a
Giovanni Bernardini (29). Grande fu la sorpresa del redattori della
rivista, poiché l'"ermetico" Gatto si accostava a
un foglio di impegno neorealistico, ma non minore fu il compiacimento
per il fatto "che un nome sì noto entrasse con un inedito
nelle loro pagine". Così nel dic. '59 comparve "Il
ragno" (30). Eccone il testo:
Con chi ragiona
di sé solo al buio
e di luce e di labbra polverose
segna la bocca, il ragno al suo raggiro
tesse l'estate.
Per aver l'ala in crespo nel fermaglio
dei brividi, l'insetto che delira
brulica immoto e avido nell'occhio
del suo fulgore.
Dagli occhi aperti a non vedere, l'uomo
adagio si consuma dentro l'orma
del suo passato, a sé sparendo vive. (31)
Si tratta di tre
strofe saffiche, l'ultima delle quali è risolta in tre endecasillabi
con ellissi dell'adonio finale.
Nello stesso anno, Gatto aveva pubblicato in Galatina, per i quaderni
de "Il Critone", La madre e la morte (32) che poi costituì
"la sezione finale, bellissima di Osteria flegrea" (33)
e a quel periodo risale la testimonianza di Luciano De Rosa che lo
ricorda "col suo vestito scuro a tre bottoni: [ ... ] pronto
agli incontri, senza far differenza fra provincia e non provincia"
(34).
"Il Critone" nacque come organo della Sezione distrettuale
dell'Association internationale de droit pénal e dedicò
la terza pagina "ai problemi della cultura e alla pubblicazione
di testi letterari, quasi a riprova di un connubio, quello tra studi,
giuridici e studi letterari, simboleggiante le due anime di una città
[Lecce] per vetusta tradizione dedita a questi due aspetti dell'attività
umanistica" (35). Della pagina culturale fu responsabile Vittorio
Pagano (36), presenza ineludibile e stellare nel quadro della cultura
salentina del dopoguerra. Egli ritessé le trame con gli ermetici
della seconda e della terza generazione e fu legato a Gatto da grande
amicizia. Scrive infatti Oreste Macrí: "Per Pagano Gatto
era un fratello e un nume di vita e poesia, e ne subì influsso
profondo, specie nel surreale e negli archetipi di nostra grandezza
e miseria" (37).
Al "Critone" il poeta salernitano collaborò, insieme
con Parronchi, Betocchi e Fallacara. con maggiore continuità
e raccolse le sue liriche critoniche nella plaquette di cui si èdetto,
sicché, "quello de "Il Critone" fu, oltretutto,
il momento di più intensa collaborazione e quasi di penetrazione
di Gatto nel Salento" (38). A "L'Albero" di Girolamo
Comi, Gatto collaborò con una sola lirica, Lungo il giorno
e oltre (39), ma il rapporto fra i due poeti fu assai più intenso.
Lo dimostrano gli inediti gattiani che qui si pubblicano e che rappresentano
un ulteriore segmento della storia della cultura nel Salento.
b) Comi e Gatto
- Gli inediti.
Il primo è una lettera autografa che Gatto invia a Comi da
Padova in data 1 dicembre 1933.
Caro Comi
il Suo nuovo volume di poesia mi è giunto a Roma mentre mi
accingevo a ripartire per Padova
L'ho preso perciò con me ed in questi giorni ho letto
le sue poesie con intenso e profondo godi mento. Ho avuto
l'impressione che la difficoltà primigenia della Sua
concezione ed ispirazione abbia trovato questa volta
una chiarezza e precisione superiore alle precedenti
Sue forme espressive e che il legame tra il poeta
e il lettore si stabilisca quasi immediatamente.
Grazie di tutto cuore per le ore di gioia (Ella sa che io amo la sua
poesia) che ancora una volta
mi ha dato.
Suo Alfonso Gatto
Dalla lettera
si evince che l'amicizia fra i due poeti esiste già da tempo
(si osservi "Ho avuto l'impressione [ ... ] questa volta ecc."
oppure "ancora una volta mi ha dato"). Elegante e generoso,
ma distaccato appare il tono di Gatto. Rispetto a Comi è più
giovane di circa ventanni e il volume di poesie ricevuto in dono dal
salentino è certamente il Cantico dell'argilla e del sangue
(40) pubblicato in quello stesso anno.
Nel 1933 Comi vive a Roma: è questo l'anno della conversione
al cattolicesimo maturata sotto l'influenza di Ernesto Buonaiuti e
dei gesuita André de Bavier. Il secondo inedito gattiano è
nell'"Album" dell'"Accademia Salentina" e reca
la data del 28 maggio 1962. E' manoscritto da Gatto e testimonia del
suo soggiorno a Lucugnano nella casa di Comi insieme con Graziana
Pentich (che affida una sua meditazione, scritta di suo pugno, alla
pagina precedente,) Giuseppe Cassieri e Rina Durante:
28 maggio 1962
Io, Giuseppe Cassieri, Rina Durante e Comi
seduti alla stessa tavola
nel primo giorno della vera estate 1962.
Alfonso Gatto
Seguono le firme
di Rina Durante e di Giuseppe Cassieri, quindi una lirica, o prosa
lirica (41), dedicata a Comi, manoscritta dallo stesso Gatto. Credo
che le si possa dare come titolo La casa di Comi. Ecco il testo:
Nel silenzio
e nella calma della tua casa
anche le parole non fanno rumore, vengono
da lontano. fermano l'anima, a deciderla.
a specchiarsi. Così sul paesaggio di
questa terra, la luce - per troppa luce -
non è più luce, ma la reliqua di
un evento, la rovina di un ordine.
Forse lasciammo il nostro gesto, un
giorno: forse vediamo quello che
"abbiamo creduto di vedere".
Questa è la casa della tua poesia, caro
Girolamo Comi: e io so di che timbro,
di che squillo, è lo specchio della tua
parola.
Ho mangiato assieme a te e ho
trovato, dopo notti d'insonnia, un'ora
di pace nel tuo letto. Perché nella
tua casa non c'è paura, anche le
ombre sono amiche
il tuo Alfonso Gatto
Lucugnano 28 maggio 1962
Come vi appare
controluce, con le sue ristoratrici certezze. E' collocato in un alone
sacro e luminoso come colui che ha ricomposto ciò che la Storia
ha dissociato e ha ritrovato ciò che la scelta di Adamo aveva
perduto, sicché ben s'attaglia alla Casa di Comi quanto ebbe
a scrivere Michele Pierri schedando l'ultima opera comiana (Fra lacrime
e preghiere): "tutto si svolge in un piano superiore, aristocratico,
che disdegna le miserie, i fatti volgari quotidiani, le esperienze
che non siano quelle d'uno Spirito eletto [ ... ] poeta cortese nel
regno dell'Assoluto" (42).
La sua casa è, per Gatto, recinto edenico, avanzo di naufragio,
isola nell'isola (" [ ... ] ho trovato, dopo notti d'insonnia'
un'ora / di pace nel tuo letto"), su cui precipitano valanghe
di luce primeva dalle regioni del Lete. E' il luogo in cui quanto
di erratico e di eternale intriga nell'uomo si risolve nella conciliazione
di esilio e di ritorno, di Materia e di Spirito. E' il luogo in cui
"non c'è paura" e "anche le ombre sono amiche".
Ma quella luce è, per Gatto, non luce, è miraggio, polo
inattinto e inattingibile, anteriore alla Scelta, precedente la trasgressione-negazione,
(43) della ybris che ha posto l'uomo fuori dal recinto, destinandolo
a subire lo scacco della Storia e del non-senso nel fangoso esilio
della vita.
Comi è il genius loci, poeta della luce correlata ad una scelta
teofanica, metafisica, e perciò, luce irenica, scheggia di
cielo.
La Casa di Comi va ad arricchire il canto gattiano del Sud come paese
della memoria e dell'innocenza irrelate alla fuga che è scelta
di un'altra vita, ma è, insieme, rimorso, cruccio per la separazione
dalla terra-madre. E questa condizione non fu solo di Gatto, ma di
altri poeti meridionali: penso a Quasimodo, a Sinisgalli (44).
Il tono è evocativo di altre memorie ("Forse lasciammo
il nostro gesto"), di altre storie ("forse vediamo quello
che / abbiamo creduto di vedere"), e di altre vite vissute prima
della scelta. Un senso superiore di pace, di fraterna sodalitas intride
l'ultima parte del componimento: "Ho mangiato assieme a te e
ho / trovato, dopo notti d'insonnia, un'ora / di pace nel tuo letto".
Si osservino, infine, il valore "aggregativo-disgregativo"
di cui parla Bigongiari (45) a proposito del linguaggio gattiano e
quel "senso d'inerzia profonda e naturale [ ... ] qualità
primordiale dell'anima" (46) osservato da Macrí a proposito
del "premondo dell'arte" di Gatto.
Di proprio pugno Comi aggiunge, poi, un ringraziamento permeato della
solita autoironia:
Letto, ringrazio
commosso. Ma commosso come può (e deve)
essere un poeta...
Nella pagina successiva
- i fogli non sono numerati e l'"Album" è uno zibaldone
di pensieri, di aforismi, di facezie - è scritta, con inchiostro
nero, una Cronaca intrisa di humour simposiastico e di ammiccamenti
a tutto un mondo provinciale, presente ed assente, che fa capolino
fra le righe. Cassieri e Gatto firmano in calce.
Cronaca del
28 maggio 1962
Gatto, Cassieri, Rina (47), giunti da Lecce, pieni di sole,
di caldo, dell'invidia (48) del Santoro e del Pagano, alle dodici
circa.
Accolti da Comi (col suo consueto sorriso e con la sua impagabile
affettuosità). Gatto, assai commosso, ci "confessa"
tutto quello
che dirò questa sera al dibattito (50). Comi è
rapito, conquistato dalle
sue parole, ma l'occhio non cessa d'essere malizioso
Forse riusciremo a portare con noi Comi a Lecce.
La sua casa, no.
Giuseppe Cassieri
Alfonso Gatto.
Il foglio, sul
quale è scritta la Cronaca, presenta le seguenti aggiunte:
lunedì scritto con inchiostro azzurro, di pugno di Comi, e
due disegni raffiguranti un albero d'ulivo (evidente è il riferimento
alla rivista fondata da Comi e al suo programma di una utopica renovatio
culturale ed economica del Salento la quale doveva "passare"
attraverso l'ulivo), in alto a sinistra, e un albero di palma, in
basso a destra. da correlare alle belle e vetuste palme che tuttora
torreggiano nel giardino di Comi. Gatto ritorna a Lucugnano a trovare
Comi il 2 febbraio 1968, pochi giorni prima che fra lacrime e preghiere
(51) l'amico salentino chiuda la sua vita. Ci lascia un ritratto di
Comi ("sereno amico poeta") che nel dolore dell'ultimo tempo
è assorto nel suo progetto di fede e di speranza, perfettamente
conciliato col mondo. Non mancano la solita ironia e il tono fraterno
che coinvolge il comune grande amico Oreste Macrí ("L'innocente
immortale"). Sull'"Album", Gatto scrive di suo pugno,
con inchiostro rosso, questa Memoria, come egli stesso la chiama:
Al caro, sereno
amico poeta Girolamo Comi, il Gatto lieto
di ritornare nella sua casa dopo tanti anni, vuoi lasciare
ancora questa memoria di sé, e la speranza di altre visite
di altri colloquiA presto, caro Girolamo, e perdona ai nostri svaghi
metrici che hanno portato al vizio (52) l'innocente immortale Oreste
Macrí... Ti abbraccio con l'antico affetto
il tuo Alfonso Gatto
Lucugnano domenica 4 febbraio 1968.
Il 3 aprile dello
stesso anno, Girolamo Comi si spegneva tornando per sempre... nel
grembo dei mattini.
NOTE
1) LUCIANO DE ROSA, Carattere della poesia meridionale, estratto dal
n. 4-5-6 aprile-giugno 1961 de "Il Critone", p. 18.
2) Ibidem.
3) ALFONSO GATTO, La Casa di Comi, inedito. Si veda paragrafo B.
4) DONATO VALLI, Cento anni di vita letteraria nel Salento (1860-1960),
Lecce, Milella, 1985, p. 199,
5) Cfr. ENNIO BONEA, (a cura di), L'inedito testamento spirituale
di Alfonso Gatto, in "Sudpuglia", XII, 2, giugno 1986, pp.
95-102.
6) Cfr. paragrafo B.
7) Della copiosa produzione critica maturata sull'ermetismo si vedano
ORESTE MACRI', Caratteri e Figure della poesia italiana contemporanea,
Firenze, Vallecchi, 1956 in particolare pp. 63-73 (Sintesi dei caratteri
e delle figure) e pp. 75-89 (Risultanze del metodo delle generazioni,
già in "Paragone", n. 42, giugno 1953 col titolo
Le generazioni della poesia italiana del Novecento), ID., Realtà
del simbolo, Firenze, Vallecchi, 1968, SILVIO RAMAT, L'ermetismo,
Firenze, La Nuova Italia, 1969 e DONATO VALLI, Storia degli ermetici,
Brescia, Editrice "La scuola", 1978. Sulla "cittadella
ermetica" salentina e sulla rivista "Vedetta Mediterranea"
che ne fu, per così dire, l'organo, si veda ID., Cento anni
ecc., cit., pp. 83-91.
8) ORESTE MACRI', Lettere ecc., di Alfonso-Gatto-Afò-Affò
a Macrì Oreste-Simeone con l'"Obelischeide", complice
Vittorio Pagano, in "Lingua e letteratura", IV, 7, novembre
1986, p. 16 - Ibidem, pp. 16-17, la risposta di Gatto all'invito di
Macrí: "Carissimo Oreste, ho contentato te e Bodini: a
questo ho mandato una lunga prosa e una poesia [ ... ]", lettera
del 3 luglio 1940 da Firenze a Maglie. Della "poesia" cui
accenna Gatto si dirà più innanzi. Ibidem anche riferimenti
arguti all'amicizia Gatto-Spagnoletti-Macrì.
9) Sull'amicizia e sui rapporti culturali che intercorsero fra Quasimodo
e Macrí cfr. ANNA DOLFI (a cura di), Carteggio Macrí-Quasimodo,
in ORESTE MACRI', La poesia di Quasimodo - Studi e carteggio con il
poeta, Palermo, Sellerio, pp. 325-383. Ivi anche utili riferimenti
ad Alfonso Gatto.
10) Ibidem, p. 374.
11) DONATO VALLI, op. cit., p. 86.
12) Cfr. nota 8.
13) DONATO VALLI, Ibidem, p. 90. Alla rivista collaborarono con scritti
in prosa Pratolini, Ulivi ed altri.
14) Ibidem.
15) Su queste due riviste, sulla loro valenza storico-culturale, si
veda DONATO VALLI, op. cit., pp. 92-163. Qui basti ricordare che a
"Libera voce" collaborarono, oltre ai salentini Macrì,
Marti, Vallone, De Rosa e ai pugliesi Spagnoletti, Fiore, Pierri,
anche Luzi, Bigongiari, Bo, Caproni, Rebora, Ulivi, Anceschi, Sinisgalli,
Corti e "perfino Ungaretti così schivo e chiuso in quegli
anni" (Ibidem, p. 94).
16) ALFONSO GATTO, La forza degli occhi, Milano, Mondadori, 1954.
La recensione è nel numero 3/4 de "L'esperienza poetica",
pp. 85-86.
17) ARMIDA MARASCO, Introduzione a "L'esperienza poetica",
Galatina, Congedo, 1980, p. X. Le divergenze ideologiche che nacquero
fra Bodini e Macrí sono segnalate alle pp. XXXVI-XL. Interessanti
le valutazioni conclusive (pp. XLVI-XLIX). A "L'esperienza"
collaborarono, fra gli altri, Elio Filippo Accrocca, Gian Piero Bona,
Giorgio Caproni, Raffaele Carrieri, Giuseppe Cassieri, Piero Chiara,
Libero De Libero, Giovanni Giudici, Mario La Cava, Pier Paolo Pasolini,
Leonardo Sciascia, Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli, Giancarlo
Vigorelli, Paolo Volponi, Andrea Zanzotto.
18) Cfr. RENATO AYMONE, Vittorio Bodini Poesia e Poetica del Sud,
Salerno, Edisud 1989, p. 122. Si veda anche LUCIO GIANNONE, Scotellaro
e gli ermetici meridionali, in "Otto/Novecento", XI, 2,
marzo-aprile 1987, p. 25.
19) "Io ad ogni modo ho sempre ricordato il Gatto della mia camera
ammobigliata del '40 a Roma", RENATO AYMONE, ibidem.
20) Una rivista "di sola poesia e critica in cui tenterò
le testimonianze della poesia del dopoguerra" (ibidem).
21) Cfr. ENNIO BONEA, Subregione culturale - il Salento, Lecce, Milella,
1978.
22) Sull'Illuminismo salentino cfr. GINO RIZZO, Settecento inedito
" Salento e Napoli, Ravenna, Longo, 1978, ALDO VALLONE (a cura
di), Illuministi e riformatori salentini (T e F Briganti e altri minori,
voi. I - Giuseppe Palmieri Astore Milizia e altri, vol. II) Lecce,
Milella, 1983-84.
23) Speculare alla linea delle riviste fiorentine, da "Campo
di Marte" a "Quartiere", è quella dei periodici
salentini, caratterizzato "da tre momenti intimamente collegati
tra di loro ["Vedetta Mediterranea", "Libera Voce",
"Il Critone" ... ] e dagli stessi motivi critici e letterari"
(DONATO VALLI, op. cit., pp. 168-169) sicché tale linea può
ritenersi di matrice fiorentina per il fatto che "elementi di
affinità si intersecano fra le due linee culturali e geografiche,
tra le quali è notevole il processo di osmosi e di compenetrazione"
(ibidem). Si veda anche ORESTE MACRI', Lettere ecc., cit., p. 21 ("
[ ... ] il tutto secondo l'Asse Lecce-Firenze con ramo parmense, nonché
romano sinisgalliano").
24) Sui primi passi dell'"Accademia" cfr. MARIO MARTI, Un
modesto tributo d'anamnesi comiana vent'anni dopo, in "Giovani
realtà", VIII, 28, Ottobre-Dicembre 1988, pp. 117-124.
25) ORESTE MACRI', Lettere ecc., cit., p. 22. Tommaso Santoro, avvocato
leccese, aveva fondato "Il Critone" di cui era direttore.
26) Verosimilmente Gatto fa riferimento a una conferenza che tenne
a Lecce presso l'Hotel "Risorgimento". Si trattò,
come ricorda Nicola Carducci, di una conversazione "animata al
punto che il poeta minacciò di fare uso delle mani all'indirizzo
di un tale [ ... ] che tirò fuori non so quali rapporti di
Gatto col fascismo. E questi replicò citando certi suoi articoli
di fuoco usciti sulla rivista "Campo di Marte"". Questa
testimonianza mi è stata resa da Nicola Carducci, che ringrazio,
con lettera datata 11 settembre 1989.
27) Lettera dal tono amichevolmente canzonatorio e giocoso. Datata
8 novembre 1959, è indirizzata "all'eMachado professor
Oreste Macrí". Cfr. ORESTE MACRI', ibidem, p. 28.
28) Sulla storia e sul portato ideologico della rivista si vedano
SILVERIO MAZZELLA, Il decennio della rivista salentina "Il Campo"
(1955-7964), in "Quaderno n. 1 ", Istituto di Lingua e letteratura
italiana della Facoltà di Magistero dell'Università
di Lecce, Adriatica salentina editrice, 1981, pp. 211-266 e DONATO
VALLI, op. cit., pp. 162-164 e 207-208.
29) Questa testimonianza mi è stata resa, con lettera del 6
settembre 1989, da Francesco Lala, che ringrazio.
30) FRANCESCO LALA, lett. cit.
31) ALFONSO GATTO, Il ragno, ne "Il Campo", anno V, n. 4,
Dic. 1989, Galatina, Editrice Salentina, p. 251. Su Gatto e "Il
Campo" così mi scrive Giovanni Bernardini in data 2 ottobre
1989: "[ ... ] Accadde che Gatto, ospite di Vittorio Pagano,
venne anche in casa mia e [ ... ] l'iter poi della poesia il ragno
deve essere stato quello ricordato da Lala [ ... ]. Altro non saprei
dirti di inedito, a parte lo stranissimo effetto che mi facevano gli
occhi chiarissimi di Alfonso Gatto in contrasto con il suo colorito
bruno meridionale. Qualcosa mi a ricordato oggi per telefono la carissima
Marcella, vedova di Pagano. Ma non starà a riferirtela per
iscritto, se mai a voce, per non cadere nell'aneddotica. Oltre tutto
in certe iniziative, a dir poco, di tipo goliardico o realistico-giocoso
è difficile distinguere quanto c'era di Gatto o piuttosto di
Pagano". Le iniziative, cui accenna Bernardini, sono quelle che
dettero vita all'Obelischeide, il poemetto di cui parla Oneste Macrí
nell'articolo citato.
32) ALFONSO GATTO, La madre e la morte, Galatina, Quaderni del "Critone",
1959. L'edizione in cui confluì La madre e la morte è
ALFONSO GATTO, Osteria flegrea, introduzione di Carlo Bo, Milano,
Mondadori, I ed., 1962.
33) PIERO BIGONGIARI, Alfonso Gatto, in Stratigrafia di un poeta:
Alfonso Gatto, a cura di Pietro Borraro e Francesco D'Episcopo, "Atti
del Congresso nazionale di studi su Alfonso Gatto" (d'ora in
poi ACNSAG), Galatina, Congedo, p. 38.
34) LUCIANO DE ROSA, Scrittori da vicino, ne "La Gazzetta del
Mezzogiorno" del 19 giugno 1963, p. 3.
35) DONATO VALLI, op. cit., p. 167.
36) Sulla figura e sull'opera del compianto poeta leccese cfr. AA.
VV, Per Vittorio Pagano, Quaderno del "Pensionante de' Saraceni",
Maglie, Erreci, 1985.
37) ORESTE MACRI', Lettere ecc., cit., p. 21.
38) DONATO VALLI, op., cit., p. 197.
39) ALFONSO GATTO, Lungo il giorno e oltre, in "L'Albero",
fasc. XVII, n. 48, 1972, pp. 190-191.
40) GIROLAMO COMI, Cantico dell'argilla e del sangue, Roma, Edizioni
"Al tempo della Fortuna", 1933.
41) Sulla linea che demarca i due termini - lirica e prosa lirica
- a proposito di Gatto, cfr. SERGIO ROMAGNOLI, Poesia della memoria
nella prosa di Alfonso Gatto, in ACNSAG, p. 93. Sulla quaestio, in
generale, cfr. PIER VINCENZO MENGALDO, La tradizione del Novecento.
Da D'Annunzio a Montale, Milano, Feltrinelli, 1975, pp. 140-142.
42) Cfr. ORESTE MACRI', L'incognita sacrale nella poesia di Michele
Pierri, in "L'Albero", fasc. XXXIX, n. 73-74, 1985, p. 65.
43) Sul tema della trasgressione e dei "sensi opposti" in
Gatto, cfr. PIERO BIGONGIARI, op. cit., p. 38 e p. 43.
44) Cfr. ANTONIO MOTTA, Letture ideologiche (Gatto, Sinisgalli, Quasimodo),
in "Otto/Novecento", II, 2, marzo-aprile 1978, pp. 195-202.
45) PIERO BIGONGIARI, op. cit., p. 44.
46) ORESTE MACRI', L'archetipo materno nella poesia di Alfonso Gatto,
in ACNSAG, p. 51. A proposito del tema della madre e della morte che
sottende il gattiano quaderno critonico di cui si è detto,
si vedano, in questo saggio, le pp. 67-70 relative alla tetriade gattiana
MADRE-LUNA-MARE-MORTE. Ibidem, pp. 78-81, sono tracciate le affinità
di Gatto con altri poeti del Sud "materno e seminale": Sinisgalli,
Bodini, Quasimodo, Rinaldi, Scotellaro, D'Andrea, Pagano. A p. 76
una affettuosa testimonianza dell'amicizia che legò Gatto al
salentino-fiorentino Macrì: "a Oreste Macrí eleatico
parmenideo come me e come me "errante" e procelloso fantasticatore,
intelletto puro, con un abbraccio Alfonso".
47) E' Rina Durante.
48) E' detto in senso benevolo ed ironico così come quell'"odio"
di Comi per Macrí (cfr. lett. cit. di Gatto, a Macrí
datata 8-XI-1959) è tutt'altro che reale.
49) E' l'avv. Tommaso Santoro, direttore del "Critone",
grande amico di Comi.
50) Si può agevolmente dedurre che la frequentazione del Salento
e la partecipazione alla vita culturale salentina furono, per Gatto,
un fatto consueto ed ebbero una valenza periodica. Nicola Cavallo,
che ringrazio, mi testimonia che "Alfonso Gatto fu ospite della
sezione leccese dell'As.Pe.It. nella primavera del 1968, presentato
dall'amico Vittorio Pagano". Lettera inviatami in data 4 ottobre
1989.
51) Mutuo l'espressione dall'ultimo libro di Comi dal titolo Fra lacrime
e preghiere.
52) E' detto per celia.