L'eliminazione
di ogni impedimento, legislativo e amministrativo, alla libera circolazione
dei capitali attraverso le frontiere ha riportato la nostra economia
nel solco della sua vocazione all'apertura internazionale.
L'integrazione finanziaria dell'economia italiana è aumentata
lungo tutto lo scorso decennio; più rapidamente negli ultimi
due anni. I movimenti di capitale nei due sensi sono passati da meno
del 60 per cento dell'interscambio commerciale nel 1980 a più
del 120 per cento nel 1989. Nello stesso periodo, sia le attività
sia le passività con l'estero per investimenti, diretti e di
portafoglio, sono aumentate di sei volte. Nel 1980, gli investimenti
rappresentavano il 7 per cento dei movimenti lordi di capitale; i
flussi di debito e credito commerciale ne assorbivano il 60 per cento.
Lo scorso anno la composizione ne risultava rovesciata: la quota degli
investimenti era balzata al 47 per cento, quella delle dilazioni di
pagamento per fornitura di merci si era ridotta al 19 per cento.
L'aumento dell'attività finanziaria che si svolge con contrattazioni
sul mercato, rispetto a quella basata sui rapporti di credito bilaterali
con le banche, coinvolge anche il modo di operare di quest'ultime.
Le banche sono esse stesse attori primari sui mercati; parti sempre
più ampie dei loro attivi e dei loro passivi sono costituite
da titoli negoziabili o da contratti le cui condizioni sono sensibili
ai prezzi di mercato. Si accresce il peso relativo delle variabili
esogene nella determinazione degli utili, mentre la "volatilità"
dei tassi aumenta l'incertezza dei risultati e rende più complessa
la gestione.
L'esperienza dei sistemi finanziari in cui più forte è
la componente dell'attività affidata ai mercati mostra inoltre
che sugli intermediari bancari grava non solo il rischio diretto nascente
dalla trasformazione delle scadenze che essi operano, ma anche quello
indiretto derivante dalla loro funzione di fornire liquidità
all'intero sistema economico e di gestire il sistema dei pagamenti.
L'insolvenza di intermediari specializzati o di altri operatori fortemente
coinvolti in operazioni di negoziazione e di investimento in titoli
finisce per ripercuotersi sulle banche esposte nei loro confronti.
Vi è una sorta di illusione ottica nella straordinaria capacità
che mostrano mercati molto attivi, intermediari specializzati e contratti
innovativi di dare liquidi a strumenti di capitalizzazione o di debito
a lungo termine. La fonte ultima di questa liquidità, oggi
come ieri, è il sistema bancario.
Metodi di valutazione e criteri prudenziali che consentano alle banche
in primo luogo di apprezzare e poi di gestire i nuovi rischi finanziari
sono dunque indispensabili; ma sarebbero una protezione parziale se
non fossero accompagnati da misure analoghe per gli operatori in titoli,
più delle banche esposti a tali rischi. L'applicazione di regole
prudenziali a entrambe le categorie di intermediari appare necessaria
per esigenze fondamentali di stabilità e per ragioni di equilibrio
concorrenziale.
La necessità di una regolamentazione delle difese contro il
rischio di tasso d'interesse è stata fin dall'inizio affrontata
dagli organi di supervisione dei diversi Paesi come un problema da
risolvere insieme e in modo uniforme. Più che di armonizzazioni
di norme nazionali, che in questo campo non esistono, si tratta di
un procedimento normativa sovrannazionale applicabile a sistemi diversamente
organizzati, da quelli che si richiamano al modello della banca universale
a quelli in cui operano intermediari variamente specializzati. Ma
l'innovazione istituzionale sta andando oltre; nelle discussioni in
corso è emerso il convincimento che una soluzione razionale
deve estendersi ad altri rischi e comprendere gli operatori in titoli.
La dimensione transettoriale si combina dunque con la dimensione transnazionale,
nella quale sono identificabili due livelli significativi, quello
dei Paesi del Gruppo dei Dieci, su base volontaria e applicazione
limitata alle banche internazionali, e quello comunitario, con forza
normativa e applicazione a tutte le banche dei Paesi membri della
Cee.
Occorre in primo luogo integrare i requisiti patrimoniali armonizzati,
in vigore per le banche e riferiti ai soli rischi creditizi, includendo
anche i rischi di mercato, e cioè quelli di cambio, di tasso
d'interesse, di posizione in titoli azionari. Un metodo analogo è
concettualmente applicabile anche agli operatori in titoli. Questi,
peraltro, in ragione della loro specializzazione, da un lato presentano
una struttura di bilancio più semplice e omogenea, dall'altro
richiedono metodi di valutazione più precisi e, soprattutto,
calibrati su orizzonti temporali brevi. L'obiettivo della sostanziale
equivalenza della regolamentazione applicabile alle due categorie
di intermediari, pur nel rispetto delle esigenze reciproche, appare
raggiungibile individuando uno schema che risponda a un duplice criterio:
di essere il più possibile comune alle attività che
entrambe le categorie di operatori svolgono in modo analogo, cioè
essenzialmente la negoziazione dei titoli; di essere suscettibile,
al tempo stesso, di ampliamento per abbracciare le attività
o caratteristiche specifiche di ciascuna categoria. Nella Comunità
europea l'individuazione dello schema comune è particolarmente
urgente. Da essa dipende l'attribuzione agli operatori in titoli della
stessa libertà di prestazione di servizi in regime di mutuo
riconoscimento già prevista per le istituzioni creditizie:
in questo periodo dovranno essere prese le decisioni in merito.
In Italia, nel decennio trascorso, i mercati finanziari, monetari
e valutari hanno conseguito significativi progressi di struttura.
Il mercato secondario telematico dei titoli di Stato, creato nel maggio
1988, ha sperimentato una rapida crescita: nel numero dei titoli trattati,
attualmente pari a 50 a medio e a breve termine; nel controvalore
degli scambi, superiore in media ai 2.000 miliardi giornalieri; nella
liquidità, testimoniata dalla riduzione dei valori medi dei
differenziali lettera-denaro.
Nel mercato telematico dei depositi bancari, creato nel febbraio scorso,
giù si concentrano transazioni per importi medi giornalieri
superiori ai 4.000 miliardi.
Sul mercato azionario hanno positivamente influito la gestione più
specializzata del rischio, connessa con l'azione dei fondi comuni
di investimento e delle gestioni patrimoniali; la trasparenza di informazione
a tutela del risparmiatore, perseguita dalla Consob; l'ampliamento
dell'amministrazione centralizzata delle azioni presso la Montetitoli.
L'integrazione internazionale accresce, tuttavia, la competizione
tra i diversi mercati nazionali; rende urgente la riforma della normativa,
perché da noi possano realizzarsi condizioni competitive con
quelle delle principali Borse estere.
Il mercato dei cambi sta ampliando rapidamente il proprio spessore;
il volume medio delle transazioni giornaliere, che l'indagine già
citata stimava nell'aprile 1989 in 15 miliardi di dollari, è
in continua crescita, con riflessi positivi sulla determinazione dei
prezzi. Ciò consente alla Banca d'Italia di intervenire con
minore frequenza sul mercato al fine di contrastare oscillazioni nei
corsi. Nella stessa direzione di contenimento degli interventi opera
la possibilità dimostrata dalla lira negli anni più
recenti di apprezzarsi; ciò ha frenato l'attività speculativa,
con il renderla rischiosa in ambedue i sensi.
Il sistema bancario italiano nel suo complesso presenta solide basi
patrimoniali e reddituali. Presenta però scompensi al suo interno,
uniti a un'elevata frammentazione; è meno di altri attivo in
alcuni settori operativi.

La legge sulla trasformazione degli enti creditizi pubblici e sulle
fusioni tra banche faciliterà il rafforzamento patrimoniale
degli istituti, specie di quelli che attualmente non raggiungono i
requisiti di adeguatezza patrimoniale; consentirà aggregazioni
riequilibratrici delle risorse esistenti nel sistema. La progettazione
delle soluzioni, solo in taluni casi giù delineata, deve avviarsi
con urgenza; costituisce l'impegno primo dei vertici aziendali.
Le recenti scelte fondamentali, dell'adesione della lira alla banda
stretta nello Sme e della libertà valutaria, sono alla base
della tematica che ho richiamato. Investono l'intera realtà
del Paese, che in questa fase assume una funzione particolarmente
importante alla guida del processo comunitario; lo fa con ritrovato
prestigio, anche per l'aver saputo rimuovere limitazioni e vincoli
che lo penalizzavano.
Queste stesse scelte ci hanno definitivamente impegnato a conformare
i nostri comportamenti al raggiungimento dell'unione economica e monetaria
in Europa, alla piena partecipazione ad essa dell'Italia.
A livello di impresa, di settore, nell'intera economia, i costi degli
interventi da effettuare saranno tanto minori, i vantaggi tanto maggiori,
quanto più l'azione correttiva sarà pronta, appropriata
al fine ultimo perseguito.
La coerenza dei comportamenti, a cui tutti sono chiamati, trova la
sua sintesi, sul piano economico, nel compito di abbattere l'inflazione.
Essa è in diminuzione: sull'abbrivo del contenimento della
componente importata, col favore delle quotazioni internazionali dei
prodotti primari, il ritmo di crescita del costo della vita potrà
flettere ancora, segnatamente nell'ultimo trimestre dell'anno, verso
il 5 per cento. La facilità apparente della discesa non deve
distoglierci dall'azione nascente da una precisa consapevolezza: è
in questi mesi, sul fronte della politica di bilancio e della politica
dei redditi, che si decide l'avvicinamento, già dal 1991, della
nostra inflazione a quella delle economie più stabili: condizione
indispensabile a che il nostro Paese possa continuare a svolgere nella
Comunità il ruolo corrispondente alle proprie capacità.