Il
semestre italiano di Presidenza della Cee, pur disponendo di un periodo
ovviamente limitato, ha avuto dinanzi a sé una serie quanto mai
rilevante di obiettivi, che vanno molto oltre quelli che hanno caratterizzato
gli altri semestri di' Presidenza alternata fra i Paesi partecipanti.
Per la Cee, infatti, si tratto di compiere alcuni fondamentali salti
di qualità che, prima ancora di costituire una svolta, preludono
all'identità nuova della Comunità. Dunque quando qualcuno,
forse enfaticamente, ha parlato di sei mesi d'Europa, con la targa Italia,
più che riflettere un orgoglio nazionale ha richiamato solo grandi
responsabilità.
Gli obiettivi da centrare sono tanti, e cercheremo di elencarli. Ma
le difficoltà da affrontare sono quanto mai pesanti: e lo sono
negli attriti che ci presentano per le armonizzazioni da conseguire;
per lo scenario che è cambiato, sta cambiando, va oltre la stessa
sfera europea; per i differenziali da colmare o per lo meno da ridurre
nella misura più largo possibile e comunque urgente; per lo squilibrio
di molti punti di partenza, che per il nostro Paese sono particolarmente
sfavorevoli; per un quadro congiunturale mondiale che non si annuncia
positivo e dinamico nella stessa misura fin qui registrata.
Quanto agli obiettivi da conseguire, ci sembrano, oltre che autorevoli,
tassativi e determinanti quelli indicati dal Presidente della Commissione
Cee Delors, come aspettativa derivante dalla Presidenza italiana e quindi
ruolino di marcia per la condotta strategica ed operativa che ne deve
discendere per il nostro Governo. Questi gli obiettivi:
- completamento del mercato interno, nei tanti presupposti da porre
in atto, e soprattutto nei ritardi da recuperare, negli accostamenti
da conseguire fra realtà pur diverse, negli interessi da conciliare
e da rendere compatibili nella visione delle spinte che ne deriveranno
per il generale sviluppo e per quello singolo dei Paesi partecipanti.
- completa realizzazione dell'Atto Unico, che è poi il sigillo
conclusivo di un'unità che trae le sue origini dai Trattati di
Roma: ha registrato ritardi, forse i passi indietro e certo le riluttanze
che si sono avute, ma ora vuoi essere espressione di una comune volontà,
maturata dalla stessa precipitosa evoluzione dei tempi.
- sensibilizzazione di presenza rispetto al processo di unificazione
delle due Germanie, che non è solo un fatto di rapporti 2+4,
perché è l'intero quadro mondiale che ne è investito,
andando oltre la realtà europea ed occidentale in genere.
- strategia dell'attenzione rispetto al processo Csce sulla sicurezza
in Europa, che coinvolge una serie di presupposti, fino a poco fa inesistenti,
perché riguardano, nientemeno, la nuova identità del Patto
Atlantico e di quello di Varsavia, quest'ultimo addirittura oggetto
di indagini circa il comportamento di suoi latitanti o presunti tali.
- avviamento della fase due e tre dell'Unione economica e monetaria,
per la quale l'accelerazione dei tempi ha a che fare con la scadenza
ben precisa della fine del '92, anche se circa la gradualità
per questo o quell'aspetto, o questa o quel l'applicazione, l'esperienza
ci insegna che non sono rari gli accomodamenti di necessità o
di convenienza. Senonché anche a questo riguardo - e l'avvertimento
si riferisce particolarmente alla Gran Bretagna, che si caratterizza
con i suoi distinguo, le sue riserve, le sue remore -bisogna sottolineare
che la strada maestra è una sola ed una volta accettata non ammette
disgressioni.
- avviamento dell'Unione politica, che finora è stata più
che altro una bandiera, e che ora dovrebbe cominciare a divenire una
realtà e, pur nella consapevolezza di limiti e gradualità
di processi, realtà immediata.
- preparazione delle due Conferenze intergovernative di dicembre, e
cioè di due assisi che, riguardando l'Unione politica e l'Unione
monetaria dell'Europa dei Dodici, dovranno necessariamente costituire
consuntivo e premessa di quanto la Cee vorrà effettivamente fare
e di ciò che l'Italia stessa sarà riuscita a compiere
perché le cose siano state indirizzate e predisposte nel senso
giusto e maggioritariamente, se non unanimemente, voluto. E si sa quanto
la unanimità sia indispensabile nel rapporto comunitario, pur
con i compromessi che ad essa possono condurre.
- conclusione del negoziato con i Paesi EFTA, e non può sottovalutarsi
quanto essa sia necessaria non solo per il livello e la qualificazione
dei partecipanti, ma anche nella considerazione dell'obiettivo della
Cee di non chiudersi in se stessa, di essere aperta agli altri Paesi,
di rappresentare un punto di incontro e di convergenza, anziché
un confine invalicabile.
- perfezionamento degli accordi di collaborazione con i Paesi dell'Est,
rispetto ai quali il termine superassociazione va certamente meglio
precisato, a cominciare dallo stesso Delors, come vanno specificati
i possibili contenuti, tanto più che bisogna ancora accertare
cosa
possa identificarsi e riconoscersi nella cosiddetta casa europea di
cui parla Gorbaciov. Per casa europeo si possono, si devono intendere
oggi molte cose. e probabilmente da qualche parte si circoscrivono filosofia
ed interessi che ne sono alla base a visuali unilaterali e non globali
(come quelle che invece sono necessarie), e che nel comportamento di
gran parte dei Dodici, per quanto li riguarda, trova conferma nel cammina
finora percorso. E ciò anche se qualche Paese non ha esitato
a ricorrere ai freni: il Primo Ministro inglese potrebbe dirci qualcosa
al riguardo.
- attenzione per l'evolversi della situazione in Unione Sovietica, che
ha - come si sa - un corso molto travagliato, e che quindi a nostro
modo di vedere non comporta certo il rilascio di cambiali in bianco,
anche se le propensioni della fiducia si rivolgono alla perestroika
di Gorbaciov. Tuttavia i giudizi conclusivi riguardano sempre i risultati
finali, sulla cui base si possono costruire assetti stabili e non contingenti.
- conclusione del negoziato GATT, che ha a che fare nientemeno con le
premesse fondamentali del futuro del commercio mondiale e quindi con
le stesse possibilità di sviluppo delle economie disperse su
tutto il globo. E' un obiettivo che ha tante sedi propulsive, ma nel
GATT ha il punto tecnico di riferimento, che ha bisogno, oltre che di
frequenti aggiustamenti, anche di una permanente volontà di convergenza
e di conciliazione che certamente occorre più decisoriamente
volere dal punto di vista politico.
Le due Conferenze
di dicembre
Fra questi temi uno che incombe e probabilmente sopravanza tutti gli
altri è quello delle due Conferenze di metà dicembre,
che concluderanno il semestre italiano e ne rappresenteranno certamente
il consuntivo più indicativo. In merito all'una ed all'altra
Conferenza, c'è da dire che per quanto riguarda la prima, più
che i politici impegnati nell'Unione politica, lo sono stati i pionieri,
quelli cioè che hanno guardato a questa prima che a quella
economica.
Ad un certo momento, e cioè in tutti questi anni, e sono tanti,
è cominciato il dibattito sulla scelta fra un prius economico
e quello politico, ed è - come si sa - prevalso il primo. Ora
invece si ha la consapevolezza di dover spingere l'Unione politica,
e ciò avviene nella considerazione del fatto che ci sono le
incombenze derivanti dal crollo del muro di Berlino. In considerazione
di questo crollo, le spinte maggiori derivano dal cancelliere tedesco
Kohl e dal presidente francese Mitterrand, che riecheggiano antiche
preoccupazioni, tendono a dissiparle, nell'ancoraggio ai rispettivi
interessi. Per l'altra Europa dei Dodici le ispirazioni vanno evidentemente
oltre, anche se non potranno non tenere conto di queste angolazioni
settoriali. E queste per la Germania hanno a che fare con l'unificazione
e le garanzie che ne devono derivare e, per la Francia, con garanzie
di salvaguardia territoriale, alla quale si aggiunge anche l'autonomia
della difesa nucleare che l'accomuna alla Gran Bretagna, ma che certamente
ha poco a che fare con la strategia univoca dell'Unione politica.
Quanto ci si attende in materia di Unione politica è molto
ambizioso. Si tratta di aumentare i poteri del Parlamento europeo,
attribuendogli il compito di eleggere la Commissione di Bruxelles,
dotandolo di un potere legislativo. Cosa significhi Parlamento e Governo
è noto, nella realtà di ogni Paese democratico; cosa
dovrebbe essere in una Comunità di Stati è meno precisabile
e comunque dovrebbe avere a riferimento un federalismo praticato nell'Occidente,
in altre condizioni, da qualche Stato, o promesso da Gorbaciov per
l'Unione Sovietica (ma non si sa come, perché quando si parla
di sovranità, di autonomia, di federazione, sono più
le cose vaghe che non quelle precise o definibili). In questa materia
probabilmente le cose da attenderci nell'immediato sono quelle che
possono scaturire da una dialettica problematicamente enunciativa
in cerca di soluzioni e di possibili passi innanzi che non ha definizioni
vere e proprie. Probabilmente sardi giocata la carta della gradualità
e qui staremo a vedere che cosa diplomazia e volontà trainante
dell'Italia riusciranno a realizzare.
Sempre in quest'ottica, dovrebbero essere fissati i criteri ed i settori
nei quali le decisioni sarebbero operanti a maggioranza, i maggiori
poteri della Commissione, i meccanismi di esecutività delle
decisioni della Corte di Giustizia e della Corte dei Conti, i termini
del progressivo trasferimento delle responsabilità in politica
estera e nella difesa degli organismi comunitari, ecc. Il traguardo
è quello della creazione di una cittadinanza europea, che per
gli ottimisti è una stella polare e per i pessimisti ancora
un'utopia, però da coltivare, com'è nel destino di tutte
le utopie che per la perseveranza e per imprevedibili corsi della
storia diventano spesso realtà. E' dovere sempre di chi ha
la responsabilità della guida, e quindi questa volta dell'Italia,
di non essere avaro di ottimismi; probabilmente però qualcuno
dei suddetti obiettivi dovrà essere disatteso, nonostante la
buona volontà di chi questa Conferenza dell'Unione è
chiamato a preparare, tecnicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente.
E veniamo all'Unione monetaria, che per molti aspetti è più
vicina ed in taluni aspetti, sempre monetari ed anche economici, già
avviata e realizzata.
La liberalizzazione dei movimenti di capitali è già
scattata in otto Paesi, mentre per gli altri quattro (Grecia, Spagna,
Portogallo, Irlanda) è prevista una proroga fino al 1992. Sul
fronte monetario, entreranno nello SME le tre monete ancora esterne
al sistema, e cioè sterlina, escudo, dracma. il primo nucleo
della Banca Centrale europea, il segretariato permanente presso la
BRI ed i cinque esperti (fra cui uno italiano), che assisteranno il
Comitato dei Governatori per preparare le tappe successive dell'Unione,
è entrato in funzione. Il tutto, con la messa a punto della
Conferenza di Roma, dovrebbe concludersi con operatività fissate
fino alla fine del '92, quando si dovranno varare le modifiche al
Trattato Cee per il trasferimento ad organi sovranazionali delle competenze
economiche e monetarie dei singoli Stati. Altre fasi successive a
questa, ma con l'occhio già ad esse rivolto, riguardano l'allestimento
dell'Eurofed, la restrizione dei margini di fluttuazione delle monete,
il passaggio dal 1995 all'Eurofed della politica monetaria con l'obiettivo
di prezzi stabili, la convergenza fra le politiche economiche ed il
finanziamento monetario dei deficit statali, l'ECU come moneta unica.
Sono grossi obiettivi, come si vede, rispetto ai quali non mancano
resistenze, remore, pregiudiziali, ecc. C'è chi teme l'alternarsi
delle tappe, c'è chi vuole cose certe e tassative ad una data
definita, c'è chi dice siano due le possibili velocità:
per chi è pronto - ed il riferimento negativo vale purtroppo
anche per l'Italia - e per chi non lo è. Comunque, per la presidenza
italiana si tratta di compiere tutti gli sforzi possibili affinché
il massimo degli obiettivi sia conseguito e per quanto ci riguarda
- perché neghiamo l'eventualità e possibilità
di un'Europa a due velocità - il nostro sistema sia allineato
con quello degli altri.
Punti chiave restano in questo periodo l'operatività dei poteri
di codecisione per l'Europarlamento, il voto a maggioranza come regola
generale al Consiglio, la definizione di una politica estera e di
sicurezza comuni, la rifondazione dell'architettura dell'Europa, con
l'unificazione della Germania e gli accordi con i Paesi dell'EFTA
e con quelli dell'Est.
Indirizzi di
base
Cominciamo dagli indirizzi generali. C'è anzitutto il nostro
gap in materia di direttive Cee dall'Italia non recepite. E' il più
facile ed istituzionalizzato da identificare ed il Governo lo ha fatto
da una parte con il riconoscimento che noi manteniamo un record e
con l'impegno, dall'altra, che le direttive saranno recepite subito.
E' difatti nella fase conclusiva del varo parlamentare il recepimento
di 150 direttive della Cee. Ne restano ancora 50 e bisognerà
provvedere rapidamente al loro trasferimento nel nostro ordinamento
giuridico, perché le adesioni si misurano sul piano della coerenza.
Finora è avvenuto il contrario, ma non siamo i soli. Dobbiamo
però attribuirne le colpe anche a quella lentocrazia, che è
uno dei mali peggiori del sistema italiano e crea un differenziale
ai nostri danni che va molto oltre questa specifica e pur importante
materia, perché è alla base di un nostro generale tasso
di efficienza che, nell'ambito della Cee, è certamente al di
sotto dei Paesi più avanzati.
Comunque. la filosofia di condotta dei semestre italiano ha dato risalto
secondo le intenzioni governative all'osservanza di impegni tassativi
per l'Italia, indicati fra l'altro dalla risoluzioni del Parlamento
per il progetto di costituzione dell'Unione europea da realizzarsi
attraverso il rafforzamento del carattere sovranazionale delle istituzioni
comunitarie, per l'ampliamento della dimensione della Cee (rapporti
con i Paesi dell'Est, URSS e Stati Uniti).
E qui entriamo nella tematica che riguarda le implicazioni interessanti
l'azienda produttiva Italia. C'è un documento a questo proposito,
predisposto dalla Confindustria, daIl'Associazione Bancaria Italiana,
dalla Confagricoltura, dalla Confcommercio, dalla Confartigianato,
e presentato al Governo in relazione appunto al semestre di Presidenza
italiana della Cee. In altri tempi, e noi li ricordiamo per avervi
partecipato, questi documenti venivano definiti di intesa. Oggi sono
forse qualche cosa di più, perché si inseriscono in
un ambiente più sensibile e partecipe rispetto al passato.
Orbene, secondo questo documento, le priorità da seguire concernono
il completamento del mercato interno, il rafforzamento della competitività
del sistema, il miglioramento della coesione interna, lo sviluppo
dei rapporti extracomunitari, la realizzazione di una comune politica
monetaria (con la premessa di una riduzione del pesante deficit pubblico,
senza il ricorso a rialzi della pressione fiscale e contributiva),
un forte impegno per colmare i pesanti ritardi legati all'arretratezza
del sistema fiscale, alle insufficienti infrastrutture, alla rigidità
del mercato del lavoro, alla scarsa efficienza dei servizi e così
via.
Ma in tutto questo quadro c'è una particolare angolazione che
viene a riguardare il mondo creditizio e bancario, rientrante più
specificatamente nell'area che è propria di questa Rivista.
Orbene, le attese e le sollecitazioni riscontrabili su questo terreno
e riguardanti la strategia di questo semestre Cee all'insegna italiana
concernono:
- l'impostazione di una condotta organica per l'inserimento del settore
creditizio nel quadro operativo dell'integrazione europea,
- il superamento degli elementi penalizzanti per il livello di competitività
degli enti creditizi italiani rispetto agli operatori concorrenti.
Fra l'altro si tratta di regolamentare tutti gli intermediari finanziari
in modo da giungere ad un idoneo sistema di controlli che comprenda
banche, Sim, e società finanziarie. Nell'ottica fiscale, poi,
si tratta di giungere ad un'armonizzazione, mancando la quale -secondo
le fonti bancarie - l'intero edificio dell'integrazione economica
rischierebbe di sgretolarsi.
Come si vede, il fattore cronologico del semestre italiano è
solo contingente ed anche occasionale di fronte all'incalzare di problemi
che hanno un termine tassativo di scadenza di soluzioni che non può
essere certamente eluso.
Fra l'altro si tratterà di dare un linguaggio comune in tutta
l'Europa alla moneta, e cioè all'ECU, con tutto il travaglio
che questo traguardo comporta e che del resto si annuncia con la posizione
assunta dal Primo Ministro inglese, che già fa sapere di non
voler aderire in questa materia ai processo che dovrebbe essere annunciato
alla Conferenza intergovernativa di Roma del prossimo 13 dicembre.
Secondo il nostro ministro degli Esteri, sarebbe un disastro per tutti
se i Dodici, alla ricerca di obiettivi utopici, si arenassero nelle
divergenze e perdessero il ritmo degli avvenimenti. Avvenimenti, bisogna
aggiungere, che sono stati quelli della seconda parte dell'anno scorso
e che oggi, per la sua parte, la Germania cerca di accelerare, con
la strategia che sta manifestando e che l'Occidente e la stessa URSS
registrano, o accettandola o cercando di condizionarla.
Differenziali
da correggere
Abbiamo parlato fin qui di obiettivi. Ora, nell'arco di questi, le
angolazioni che in questa sede ci pare che vadano maggiormente sottolineate
vengono a riguardare, a nostro parere:
- il forte differenziale dell'Italia rispetto agii altri Paesi Comunitari
più avanzati, che dobbiamo a vario-titolo rilevare e che hanno
tutti a che fare con il nostro grado di efficienza e di competitività.
Dell'inadeguatezza della prima abbiamo avuto occasione di dire, soprattutto
a causa del mancato e ritardato recepimento italiano delle direttive
o delle determinazioni comunitarie;
- l'appesantimento prevedibile del quadro economico occidentale, che
richiede aggiustamenti tempestivi, pronto stato di vigilanza e possibile
contromanovra da parte singolarmente dei Dodici e della Comunità
tutta intera;
- le implicazioni che ne derivano per il nostro sistema produttivo,
in termini di assunzione di uno stato di conforme reattività;
- il coinvolgimento del nostro Sud;
- le applicazioni specifiche che investono il nostro sistema bancario;
- l'ottica extracomunitaria.
E' stato detto che lo sbocco di tutto ciò dovrà essere
un'Europa avente come cuore la Cee. Ma si tratta di una fisiologia
che per restare tale e non degenerare in patologia deve rispettare
una precisa terapia. Che è quella che bisogna completare di
disegnare e soprattutto applicare. Quanto al differenziale, accanto
all'aspetto negativo di cui diremo in seguito e che per noi è
assillante, c'è anche quello positivo, che non si deve trascurare,
non per menarne vanto e rivendicare il posto che nella graduatoria
dei Paesi più avanzati ci spetta rispetto alla Gran Bretagna
(il famoso quinto posto), ma per trarne motivi e sollecitazioni di
avanzamento. Ricorda uno studio dell'Isrl che quasi nessuno sa che
esportiamo più macchine utensili degli Usa, più robot
della Francia e della Gran Bretagna, più elettrodomestici degli
Usa e del Giappone. Dal 3,8% dell'export mondiale degli inizi degli
anni Ottanta siamo passati al 4,5%, superati in questa traiettoria
di crescita solo dal Giappone e dalla Germania, i due grandi detentori
della palma dello sviluppo occidentale. Un discorso non differente
bisogna farlo per la tenuta della lira, fra le monete oggi più
forti e stabili dello SME, anche dopo il nostro inserimento nella
banda di oscillazione ristretta, a conferma non solo di uno status,
ma anche dell'impegno all'osservanza delle compatibilità che
a tutti i livelli ne discendono. Inoltre, tenuto conto sia dell'export,
fin qui ricordato, sia della produzione realizzata all'estero con
imprese acquistate da società italiane, siamo ad un grado di
internazionalizzazione che è superiore con il suo 21,2% del
Pii a quello del Giappone (13,5%) e degli USA (17,9%) ed inferiore
solo a quelli della Germania e, in questo caso, anche della Gran Bretagna,
la quale ha alle sue spalle la storia, anche economica, che si conosce
e le tuttora vitali spinte che ne derivano.
Però ci sono e pesano i differenziali nettamente e pesantemente
negativi, che riguardano l'inefficienza di amministrazione pubblica
e di servizi, il ritardato decollo del Mezzogiorno, con la diffusa
area di sottosviluppo e di squilibri fra le diverse regioni dello
stesso Sud, un certo scadimento della qualità di molti nostri
prodotti industriali in conseguenza anche del tanto numerosi lacci
e lacciuoli di natura burocratica, una risposta della domanda turistica
tutt'altro che in chiave con le attese e sovente, bisogna riconoscerlo,
anche con l'adeguatezza dell'impegno della nostra offerta. L'elenco
di questi capitoli potrebbe continuare a lungo, tenendo per fermi
i nostri grossi differenziali costituiti dal tasso di inflazione,
dall'ammontare del l'indebita mento pubblico, dall'incerto decisionismo
politico in materia di assorbimento e superamento del disavanzo dello
Stato e dei vari enti locali, protesi più verso l'espansione,
anche esorbitante, dell'entrata che non verso i decisi e costanti
tagli di scure della spesa.
Dietro questi fatti vi sono tanti fattori negativi, che sono di natura
strutturale e certamente non eliminabili solo con un'azione contingente
ed incisiva sugli effetti e non già sulle causali. Il presidente
della Commissione Bilancio del Senato, il democristiano Andreatta
- e ci piace dare atto del suo motivato rigore, tutt'altro che frequente
nella classe politica, e nel riconoscimento esula ogni preferenza
o propensione di parte - ha detto che nel conto negativo bisogno mettere
l'arretratezza della scuola e dell'università, la mancanza
di legami efficaci fra le banche italiane e quelle europee, l'inesistenza
della ricerca scientifica malgrado i cospicui fondi erogati dallo
Stato, ecc. Sono tutte altrettante forme di grave malessere, tanto
più pesanti quanto più "abbiamo - per dirla sempre
con Andreatta - una classe dirigente incapace di congiurare insieme
sui grandi obiettivi nazionali, a fronte di una classe politica che
diventa sempre più analfabeta in economia, mentre la classe
economica balbetta quando deve giudicare la politica". Non c'è
dubbio che la prima parte della tesi sia fuori discussione, mentre
la seconda parte sembra più approssimativa, perché l'incomprensione
della sfera economica ha a che fare non con la politica tout court,
ma con questo tipo di politica che, per brevità di imputazione,
si può definire carente di precisa progettualità e di
conseguente decisionismo, conforme e compatibile. Le difficoltà
del nostro adeguamento alle condizioni di partenza e di confronto
con gli altri sono tutte qui.
Le sfide da affrontare, in questo lasso di tempo che ci divide dal
'93, sono dunque tante. Vengono riassunte nel termine adeguamento,
che ha tante facce e che dobbiamo una per una determinare, affrontare,
correggere. Si tratta di un lungo inventario, che dobbiamo anche cominciare
meglio a definire. Poi interverrà e deve agire prontamente
la fase della terapia. In questa terapia, le posologie da considerare
sono molteplici, e si estendono da questa necessità di adeguamento
a quelle, secondo il presidente del CENSIS, della costruzione di nuovi
rapporti con l'Est europeo, all'invenzione di un ruolo nazionale di
fronte all'esplosione del problema multirazziale. Come si vede, la
Cee, nata con una visuale e da questa determinata, ne ha di fronte
un'altra totalmente diversa ed anche ingigantita, che riflette il
mutare dei tempi ed esige un grado di fantasia e di creatività
ancora lontano dalla sintonizzazione dei comportamenti e delle attitudini
dei dodici Paesi. E questo, purtroppo, è un differenziale che
non si esaurisce in ciascun appartenente alla Comunità, ma
riguarda l'intero ripensamento della Cee, che deve essere aperta omogeneamente
e complessivamente a queste nuove prospettive. Così che questo
o quel differenziale particolare possa essere corretto e, anche se
gradualmente, eliminato. Intanto, dobbiamo fare la nostra parte.
E veniamo alle implicazioni immediatamente derivanti dall'andamento
congiunturale, che naturalmente non è solo frenante ma può
essere in determinate condizioni anche incentivante. Orbene, da questo
punto di vista avremo a che fare con un rallentamento della crescita
mondiale nel '90, come ci avverte l'ONU, e per quanto ci riguarda
con gli ammonimenti dell'OCSE, secondo cui potremo sì contare
su di un nostro tasso di crescita superiore al 3%, ma dovremo subire
un rallentamento molto graduale dell'inflazione, una spinta dei costi
al rialzo, un rallentamento della dinamica delle esportazioni dovuto
al continuo peggioramento della nostra competitività. A ciò
bisogna aggiungere un tasso di inflazione, secondo la Confindustria,
superiore (6,2% fra due anni) a quello previsto dall'OCSE. A ciò
si aggiungano i peggioramenti prevedibili per i conti con l'estero
e per la finanza pubblica, con un disavanzo delle partite correnti
calcolato per il 1992 intorno a 25 mila miliardi ed un fabbisogno
a tale data del settore statale elevato a 172 mila miliardi, ben lontano
dai 121.550 miliardi del nostro Governo.
Quando parliamo della nostra presenza nella Comunità del '93,
è anche di queste cifre e dei condizionamenti che ne derivano
che dobbiamo tenere conto, non naturalmente per subirli, ma proprio
per evitare che nella convivenza vi siano due velocità.
Il sistema Italia impone due cose - e nell'urgenza del '93 senza alcun
rinvio - e cioè una precisa ed idonea progettualità
e pronti, perché indifferibili, tempi di attuazione.
Il semestre italiano è una data. Il dicembre '92 un'altra,
il gennaio '93 un'altra ancora. Sono altrettante scadenze, che quando
si tratta di cambiali ci trovano puntualmente allo sportello di una
banca. Questa volta lo sportello è l'Europa dei Dodici, con
le responsabilità e l'orgoglio che comportano.
Siamo così al tratto finale della nostra panoramica, che ha
appunto a che fare con il nostro sistema bancario, cui si affiancano
altre due tematiche che sono quanto mai rappresentative: quella specifica
concernente il Sud - anche il nostro Sud - e quella delle relazioni
extracomunitarie, che ribadiscono l'immagine di una realtà
che non si chiude in se stessa, ma nella determinazione della sua
inconfondibile identità è pronta ed aperta ad incontrarsi
con gli altri.
Completando quanto già detto in tema bancario, giova ricordare
le recenti messe a punto del ministro Carli, secondo il quale occorre
ancora appurare se l'ordinamento bancario italiano sarà in
grado di sostenere la concorrenza esterna o se invece dovrà
subirla cambiando talune caratteristiche proprie, a fronte di assetti
più aperti e meno vincolistici degli altri Paesi. Di qui la
richiesta al Parlamento di voler accordare al Governo una delega per
il riordinamento della legislazione sull'intermediazione bancaria
e non bancaria e per la costituzione di un gruppo di lavoro, incaricato
di approntare un testo di legge contenente i principii di esercizio
da parte del Governo dei poteri che gli saranno delegati dalla volontà
parlamentare.
Circa poi la tematica Sud, due emergenze incalzano e trovano risalto
fra l'altro in uno studio del Centro euromediterraneo di studi internazionali
e del Comitato per lo sviluppo della forza federalista del Mediterraneo.
la prima riguarda il piano nazionale, rispetto al quale è urgente
razionalizzare l'esistente da integrare con le novità propositive:
patto sociale per il Sud, autority per il Mezzogiorno, Mediobanca
per il Sud. la seconda emergenza concerne il piano europeo, sul quale
è urgente contribuire alla rapida definizione delle iniziative
riguardanti il futuro del Mezzogiorno e dell'area mediterranea, con
lo sbocco di una politica rinnovata, di un'azione regionale incentivante
investimenti e localizzazioni valide, di una banca mediterranea, di
grandi reti infrastrutturali.
In sostanza, si tratta in particolare per il nostro Mezzogiorno di
far leva sulla Cee per superare i divari in atto, non essendo sufficiente
l'impatto nazionale del problema del Sud finora praticato, dati i
ritardi e le distorsioni che ne sono derivati. Fra l'altra fin qui
siamo riusciti solo ad utilizzare poco più del 50% delle risorse
comunitarie disponibili.
Altro importante banco di prova che attende la Cee, è quello
di assumere un'identità in chiave con gli avvenimenti (unificazione
tedesca, modificazione sociale, economica, politica dell'Est europeo,
nuova situazione sovietica), che sia fonte di più radicale
integrazione per se stessa e di valide combinazioni con la realtà
extracomunitaria, vicina e lontana. La volontà sovranazionale
deve tradursi in un nuovo schema, che oltre a definire i suoi connotati
interni, ampliandoli e rendendoli pienamente operativi nelle direzioni
segnate, avvii nuovi rapporti con i Paesi dell'Est, meglio concretizzi
le relazioni con la NATO, la Conferenza sulla sicurezza e sullo sviluppo
economico, sia determinante nel ridisegno della mappa europea.
Già si dispone di una serie di premesse, di studi, di determinazioni
in queste direzioni ed ora, ripensandoli tutti, bisogna risolverli
nei fatti: quelli appunto che nelle due Conferenze di dicembre dovranno
trovare espressione. Decisione e coerenza costituiscono la stella
polare, che deve guidare il cammino comunitario, anche nelle compatibilità
interne e singole che devono essere rispettate. E di queste ultime
l'Italia dovrà tenere particolarmente conto, perché
se netta è la sua ispirazione europeista - e le prove fornite
in questo senso sono tante - non sempre coerenti e compatibili con
essa sono alcuni nostri indirizzi o situazioni interne.
Ne abbiamo parlato prima: il grosso nodo da sciogliere è proprio
qui, nell'urgenza di due scadenze, immediata e ormai conclusiva la
prima (semestre italiano), meno vicina ma non certo lontana la seconda
(il termine del '92). E si tratta non giù di occasioni da non
perdere, come dice qualcuno, ma di precisi impegni da assolvere.
|