§ Mercati finanziari e crisi del Golfo

Quello strano effetto guerra




Lucia Coppa



E' il petrolio ad aver accusato il colpo maggiore. L'"effetto guerra" sui mercati finanziari mondiali ha avuto il suo massimo impatto proprio sull'"oro nero". Dalla soglia dei 30 dollari al barile, il 14 gennaio quando ancora la guerra non era sicura, le quotazioni dei greggio sono progressivamente calate, per una settimana, scendendo sotto i 20 dollari al barile. Poi, a sette giorni dall'inizio dei conflitto, la mossa irachena di distruggere i pozzi petroliferi in Kuwait ha rimesso In competizione il greggio, che subito è rischizzato a oltre i 20 dollari, sia in Europa sia negli Stati Uniti.
Anche l'andamento dei dollaro ha avuto dei contraccolpi con il passare dei giorni. Prima in discesa libera, a distanza di una settimana dall'inizio della guerra con timidi segni di ripresa. Ma la perdita per i primi giorni è stato notevole. Al fixing di Milano, il 14 gennaio, approfittando dei venti di guerra, la moneta americana chiudeva a 1.163 lire. Dopo sette giorni, il calo, in Italia, era di 35 lire. Un percorso, peraltro, non solo italiano, diffuso in tutta Europa, a New York e anche sulle piazze asiatiche.
Poi, il 23 gennaio, con la prospettiva di un coinvolgimento di tutto il mondo arabo nel conflitto mediorientale, il dollaro, tradizionale bene rifugio insieme all'oro, cominciando da Tokio ha ripreso vitalità, ritrovando parte dei terreno perduto. Ma l'andamento più contrastante, da prima dei conflitto, l'hanno segnato le Borse. A picco, tutte quelle europee meno Wall Street (comunque in perdita anche se ridotta) il 14 gennaio, sono letteralmente volate in alto subito, il primo giorno di guerra. "La certezza vale più dell'incertezza" è stato il commento, a caldo, degli analisti. Ma, con il sospetto di un conflitto dal tempi lunghi, gli entusiasmi si sono attenuati, la cautela è diventata d'obbligo e l'andamento delle Borse altalenante. Qualche dato indicativo. Per effetto dell'exploit dovuto al primo giorno di guerra, nonostante le perdite successive, Wall Street a distanza di sette giorni segnava ancora un guadagno dei 4,8 per cento. Francoforte dei 3,5; Milano dello 0,8; Londra dello 0,03 per cento. Insomma, i benefici si sono pian piano ridimensionati con l'allungarsi dei tempi della guerra.
Infine l'oro. Alla vigilia dei conflitto aveva superato la barriera psicologica dei 400 dollari l'oncia. Dopo sette giorni di combattimenti, il suo valore massimo era di 380 dollari
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