§ Effetto 1993 / Progetti monetari

Per una banca centrale europea




Carlo Azelio Ciampi
Governatore della Banca d'Italia



Il progetto di unione economica e monetaria che viene proposto ai cittadini della Comunità è uno schema orientato al mercato, basato sui principii della libertà delle transazioni economiche e finanziarie, della stabilità monetaria, dell'equilibrio delle condizioni di bilancio. Per assicurare il duraturo conseguimento di questi obiettivi, il progetto prevede un ruolo fondamentale per un'istituzione monetaria centrale, forte e indipendente, con l'intera responsabilità per l'attuazione della politica monetaria e con il compito prioritario di assicurare la stabilità dei prezzi.
La nuova istituzione monetaria è la conseguenza necessaria di una scelta di portata storica quale quella di creare il Mercato unico con cambi irrevocabilmente fissi. Senza una politica monetaria unica, il "grande mercato" rischierebbe di trasformarsi in un'area di instabilità e di inefficienza. L'unione monetaria non è il vagheggiamento di astratti idealisti; è la risposta concreta di uomini consapevoli delle sfide dell'integrazione economica e finanziaria. Essere concreti non vuol dire mancare di motivazioni ideali, di capacità progettuale, lungimirante e fortemente innovativa.
La bozza di statuto del sistema europeo di Banche centrali è il frutto di un lavoro comune, fondato sul convincimento dell'importanza della stabilità monetaria ai fini del benessere generale, e sull'esperienza che la salvaguardia della stabilità richiede l'esistenza di una Banca centrale autonoma. Nel tracciare un articolato disegno del sistema europeo di Banche centrali, i Governatori si sono ispirati ai modelli di banca centrale federale che sono propri degli ordinamenti americano e tedesco. Dallo statuto della Banca centrale tedesca è stata mutuata l'esplicita dichiarazione dell'impegno anti-inflazionistico, patrimonio comune delle Banche centrali partecipanti. Se lo statuto verrà recepito nel Trattato sull'Uem così come è stato redatto dai Governatori, sarà creata un'istituzione monetaria la cui indipendenza sarà sancita da un atto di valore costituzionale. Il suo obiettivo primario, la stabilità del potere d'acquisto della moneta e, compatibilmente con esso, il sostegno alla politica economica della Comunità, verrà esplicitamente incluso nel Trattato, al quale sono subordinate le leggi nazionali. La legittimità degli organi di governo del sistema europeo di Banche centrali sarà assicurata attraverso le procedure di nomina dei dirigenti e il rendiconto periodico dell'operato del sistema alle istituzioni comunitarie democraticamente responsabili.
La stampa internazionale ha dato molto risalto alla posizione assunta dalla Bundesbank sul progetto di unione monetaria, giudicandola talora negativamente. La tenacia e l'impegno personale del presidente Poehl nel gestire il complesso lavoro svolto dal Comitato dei Governatori testimoniano la piena adesione della Bundesbank al progetto. Più che esprimere critiche, la Bundesbank ha reso esplicita una preoccupazione del tutto legittima, condivisa dalle altre Banche centrali. La preoccupazione nasce dal fatto che i principii fondamentali non possono essere oggetto di negoziato o attenuati nella portata per effetto di compromessi politici. La loro accettazione implica inoltre un forte vincolo di coerenza nell'azione complessiva di politica economica. L'indipendenza della Banca centrale europea, il suo impegno alla stabilità dei prezzi, o vengono recepiti appieno e senza attenuazioni, o l'istituzione non sarà in grado di svolgere la funzione che le si vuole affidare. Su questo punto non sono possibili ambiguità.
Se una novità vi è stata nelle conclusioni del Consiglio europeo di Roma, questa è piuttosto nell'impegno in favore dell'Ecu come futura moneta unica della Comunità. Ma anche in questo campo si è trattato di una decisione squisitamente politica, che non implica conseguenze tecniche che possano preoccupare i reggitori delle monete. Nei lavori del Comitato Delors, i Governatori avevano posto l'accento sulla necessità di realizzare una politica monetaria comune, gestita da una Banca centrale unica, come condizione irrinunciabile per assicurare tassi di cambio fissi tra le monete europee. Una volta soddisfatta questa priorità logica, si sarebbe creata una condizione d'indifferenza per l'operatore a detenere marchi, lire o franchi, e sarebbe apparso chiaro che le monete nazionali erano divenute, di fatto, denominazioni diverse di una stessa moneta. Questa impostazione aveva l'inconveniente di non dare pieno riconoscimento ai vantaggi che, dal punto di vista degli operatori economici più che da quello della Banca centrale, ha il passaggio a un unico metro monetario e di lasciare il mercato nell'incertezza circa il possibile futuro dell'Ecu in siffatto scenario.
Per questo mi preoccupai, ai tempi del Comitato Delors, che fosse previsto per l'Ecu un ruolo già nella fase due, come strumento per la condotta di una politica monetaria più strettamente coordinata, basata su un sistema di riserve bancarie costituite in Ecu; presentai a tal fine una nota tecnica che è agli atti del Comitato. In un successivo intervento al Forum italotedesco di Bad Neuenhar, poco più di un anno fa, notai come non sarebbe stato possibile costruire un'unione monetaria salda, equa e duratura, seguendo la via della moneta egemone, o della concorrenza fra monete. Più di recente, qualche giorno prima del Consiglio di Roma, parlando all'Assemblea dei Cambisti italiani, ho auspicato che la decisione di dare all'Ecu lo status di moneta europea fosse presa in tempi brevi, proprio per rafforzare quell'embrione di moneta unica che il mercato si è saputo dare da solo e che tanta crescita ha già registrato, nonostante l'ambiente esterno non sempre favorevole. Il Consiglio di Roma ha ritenuto che non fosse politicamente accettabile mantenere lo stato d'incertezza su questo punto fondamentale e ha sancito che la Comunità avrà una moneta unica, un Ecu "forte e stabile", in questo recuperando anche il contributo delle autorità britanniche.
Con la riunione di Roma il calendario dell'Uem è stato arricchito di nuovi traguardi e scadenze. In particolare', si è cominciato a delineare il possibile contenuto della fase due e l'arco di tempo entro cui questa dovrà aprirsi e concludersi. Anche su questo terreno è bene sgombrare il campo da equivoci.
Nel Comitato Delors si ritiene prioritario, anche al fine di evitare malintesi che avrebbero intralciato qualsivoglia progresso, di indicare con grande chiarezza il punto d'arrivo dell'Uem. Da qui, l'impegno posto nel delineare il contenuto economico e istituzionale della fase tre, nel tracciare quello che sono solito chiamare "il disegno della cattedrale". Si provvide poi a individuare i requisiti minimi per dare inizio, con la fase uno, al processo di unificazione. L'aver concentrato l'attenzione sulle fasi estreme del processo lasciò in ombra il contenuto della fase due, non il suo significato. Si convenne che essa era logicamente indispensabile come momento d'inizio della transizione da un sistema con dodici Banche centrali a uno con Banca centrale unica.
Chi critica la fase due, o la trova superflua, propone forse di passare d'un sol colpo alla Banca centrale europea, già all'indomani della ratifica del Trattato? Non mi pare. E sarebbe del resto avventato pensare che ciò sia tecnicamente realizzabile. Vi è bisogno di una fase due.
Il Consiglio di Roma ha riconosciuto questa necessità logica e ha dato alcune fondamentali indicazioni politiche. Ha deciso la data di inizio della fase due al gennaio 1994. Ha stabilito che la nuova istituzione monetaria dovrà veder la luce a quella data. Fissati questi punti, il contenuto della fase due si identifica con il graduale trasferimento di competenze dalle Banche centrali nazionali alla nuova istituzione. In questa fase, spetterà all'organo di governo del sistema europeo di Banche centrali definire le modalità per il rafforzamento del coordinamento monetario, ad esempio attribuendosi un potere di iniziativa o di sospensione temporanea sulle decisioni di politica monetaria a livello nazionale, effettuando interventi in cambi nei confronti delle monete terze, gestendo la liquidità del meccanismo di clearing dell'Ecu.
A quel momento il Trattato dell'Uem, comprendente lo statuto del sistema europeo di Banche centrali, sarà già stato approvato dai Parlamenti dei Paesi membri e avrà forza di legge nella Comunità, prevalendo sulle legislazioni nazionali. La transizione sarà quindi un complesso di atti tecnicamente difficili, ma "dovuti", e volti al perseguimento di un assetto finale già chiaramente definito e approvato.
Le conclusioni raggiunte dal Consiglio di Roma costituiscono il plinto su cui poggeranno i lavori della Conferenza intergovernativa. La bozza di statuto del sistema europeo di Banche centrali, a sua volta, rappresenta, in se stessa e nelle implicazioni che ne derivano, un importante documento di base.
Per l'Italia, le intese raggiunte a Roma costituiscono uno stimolo determinante affinché vengano attuate le politiche di bilancio e dei redditi, senza le quali l'economia italiana mancherà di avvicinare le più stabili ed efficienti economie d'Europa. Quando la Comunità si è saputa dare traguardi di grande respiro, l'Italia ha sempre reagito al meglio, mostrando capacità di accelerare il passo dell'aggiustamento, coraggio nel prendere le decisioni giuste, anche se impopolari nell'immediato.
L'insieme delle condizioni per il passaggio alla fase due è a un tempo equilibrato e pressante. Un meccanismo di condizioni talmente dure da apparire irrealizzabili avrebbe messo in dubbio la volontà di procedere verso l'Uem, offrendo la giustificazione per un rallentamento degli sforzi di convergenza, o avrebbe dato a singoli Paesi un potere implicito di veto per ogni ulteriore progresso verso l'Uem. D'altra parte, il meccanismo impone tempi serrati: le conclusioni di Roma dicono infatti che entro tre anni si deciderà quando passare alla fase tre, e lasciano chiaramente intendere che questa decisione potrà venire presa anche solo da alcuni dei membri. Non è da escludere quindi la prospettiva di una fase tre a due velocità, con i Paesi ritardatari confinati nella "corsia lenta", con lo svantaggio di unirsi in un secondo tempo a un sistema le cui prassi saranno state determinate da altri.
Non vi è dubbio che per il nostro Paese gli ostacoli più ardui sono rappresentati dallo squilibrio delle finanze pubbliche e da un tasso d'inflazione che si mantiene più elevato rispetto a quello della Germania e della Francia. Ho avuto modo di esprimere in Parlamento la preoccupazione della Banca, d'Italia di fronte a una situazione che, per essere risolta, va affrontata con determinazione, coerenza, continuità d'azione.
In altri campi i progressi sono stati maggiori. Abbiamo rimosso tutti i vincoli alla libertà dei movimenti di capitale; la lira è entrata nella banda stretta di oscillazione dello Sme; in campo bancario e finanziario l'Italia sta adeguando le proprie strutture e procedure in linea con le regole del mercato unico. Soprattutto, il grado di autonomia della Banca d'Italia nel perseguimento degli obiettivi monetari ci permette già da alcuni anni di regolare la creazione di moneta mirando alla finalità primaria di contrastare l'inflazione, senza dar luogo a finanziamento monetario del disavanzo dello Stato. Annualmente la Banca d'Italia, tenendo conto delle condizioni e delle esigenze dell'economia, fissa l'obiettivo di creazione dì moneta; nel corso dell'anno gestisce le proprie operazioni di banca centrale, in contropartita con l'estero, con il Tesoro, con le banche commerciali, coerentemente con quell'obiettivo. Le modifiche che dovranno essere apportate al nostro assetto istituzionale in questa materia, mi riferisco al conto corrente di Tesoreria, sanciranno uno stato di fatto che già caratterizza la condotta della politica monetaria. In conclusione, la prospettiva che entro questo secolo la Comunità abbia una moneta unica e un'unica Banca centrale non è più l'utopia che Altiero Spinelli vagheggiava. Per raggiungere quest'obiettivo è necessario il concorso dell'azione pubblica e dell'azione dei privati. Alla prima spetta il compito di dare concreta attuazione all'impegno sottoscritto dai Governi di dar vita alle istituzioni dell'Unione economica e monetaria. Spetta ai cittadini e agli imprenditori europei, nelle rispettive attività, industriali, commerciali e finanziarie, realizzare pienamente, e in parte addirittura anticipare, l'unità monetaria con i loro comportamenti.
L'unione monetaria è solo una faccia, ben visibile e concreta, dell'unione dei popoli dell'Europa, auspicata dai firmatari del Trattato di Roma. La sua realizzazione richiede tenacia, impegno, fiducia nella capacità dei cittadini della Comunità di percorrere fino in fondo il cammino iniziato oltre trent'anni fa. Chi esita ad avviare un programma in attesa di avere in anticipo la garanzia che esso si svolgerà senza difficoltà e senza rischi è condannato all'immobilismo. Questa non è la scelta di chi vuole l'Europa.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000