§ Attualitą dell'economia scozzese

Adam Smith il moderno




Edwin G. West
Docente di Economia alla Carleton University di Ottawa



Negli ultimi quindici anni sulla stampa economica specializzata è apparsa una miriade di nuove opere che confermano l'attualità di Smith. La sua famosa opera The Wealth of Nations venne pubblicata nel 1776. in occasione del bicentenario, George Stigler ha elencato i suoi "Successi e insuccessi", assumendo come metro di valutazione l'accettazione o meno delle sue teorie da parte degli studiosi successivi. Giudicando con questo metro, oggi il primato di Smith è assai migliorato.
Naturalmente non intendo dire che tutti gli errori di Smith siano stati dimostrati inesistenti. Il più importante consiste nell'aver postulato un ordine gerarchico degli impieghi di capitale: "Nessun capitale potrà mettere in moto una maggior quantità di lavoro produttivo di quello dell'agricoltura". Se questo errore fosse entrato a far parte del corpus speculativo di The Wealth of Nations, sarebbero caduti gli argomenti della "mano invisibile" e della "libertà naturale". Fortunatamente questo non accadde, ma, al contrario, l'idea della gerarchia è rimasta un corpo estraneo. Un altro errore di Smith è la teoria della domanda, secondo la quale un individuo valuta un bene in suo possesso dalla quantità di lavoro altrui che egli può comprare sul mercato per suo mezzo.
Smith è stato pesantemente criticato anche per aver "minimizzato" l'analisi della domanda nella sua teoria del prezzo. Beni "che hanno il massimo valore di scambio" possono non avere alcun valore d'uso. Questa teoria non attribuisce alcun ruolo all'utilità soggettiva e alla scelta individuale, mentre questo ruolo è essenziale in società che godono della "libertà naturale". Si tratta tuttavia di un argomento ancora controverso.
Viene attualmente criticata anche l'analisi smithiana del risparmio e dell'investimento. In essa si condannano le spese voluttuarie e la tesaurizzazione, e si loda la frugalità. L'affermazione di Smith che "quello che si risparmia ogni anno viene consumato quanto quello che si spende annualmente, e quasi nel medesimo tempo" fa ancora rabbrividire i macroeconomisti.
Rispetto all'economia monetaria, Smith concludeva: "Pertanto nessun Governo fece mai opera più inutile di quando pretese di soprintendere alla conservazione o all'accrescimento della quantità di denaro esistente". Questa affermazione dimostra ancora una volta la fede di Smith nella capacità del sistema di autoregolarsi. Secondo alcuni economisti, questo ragionamento è incompleto in quanto, con l'introduzione considerata favorevolmente da Smith, della carta moneta, a fianco delle monete d'oro e d'argento, sorge il problema di un'emissione eccessiva da parte di banche private, insieme con la necessità di una regolamentazione e in ultima analisi di una banca centrale che abbia il monopolio dell'emissione. Dopo un'esperienza quasi secolare di banche centrali, è sorta una vigorosa controversia sulla convenienza di fare a meno del loro monopolio, a favore di un libero sistema bancario. I simpatizzanti di questa soluzione, il cui numero va crescendo, sono da considerare gli epigoni di Smith.
La controversia sembra sorgere nel 1978 con un lavoro di Hayek dal titolo Denazionalizzazione della moneta. Sfidando generazioni di economisti, vi si proponeva l'abolizione del monopolio governativo delle emissioni.
Hayek è convinto che si possa ottenere il massimo livello di stabilità monetaria non attraverso il controllo delle banche centrali, ma attraverso il medesimo sistema di banche private in concorrenza tra loro che esisteva in Scozia ai tempi di Smith.
Ai giorni nostri si può addirittura argomentare che il controllo messo in atto dal governo con le consuete operazioni delle banche centrali sia una causa potenziale di seria instabilità. Se Smith ritornasse oggi, pretenderebbe senz'altro la prova che l'alternativa al libero servizio bancario privato si sia dimostrato superiore. E gli interesserebbe il giudizio di un moderno studioso, il quale conclude che, quando un Governo crea una banca centrale monopolista, con autorità sul resto del sistema bancario, la conseguenza più significativa è "la destabilizzazione del sistema bancario, perché sarà stata soppressa una parte del potere di stabilizzazione automatica che sorge spontaneamente nel libero mercato" (Dowd, 1988).
Gli economisti Barro e Gordon (1983) danno una spiegazione teorica del fatto che per il Governo i benefici dell'inflazione generata dalla banca centrale risultano superiori ai costi. E' ovvio, ad esempio, che maggiore è il debito governativo, tanto più il Governo ha da guadagnare da una (inaspettata) inflazione. La conclusione di Barro e di Gordon è che un'autorità monetaria ufficiale incoraggerà un regime di inflazione ad andamento imprevedibile.
E' pertanto chiaro che non basta criticare il sistema smithiano di libertà bancaria semplicemente negando la possibilità per quel sistema di raggiungere una perfetta stabilità. Neppure i regimi monetari regolati dai Governi ci sono riusciti, dai tempi di Smith in avanti; e continuano a non riuscirci.
Ritornando all'elenco del '76 dei successi e dei fallimenti di Smith, Stigler parla di un "trionfo di enorme importanza" rimasto sempre inattaccabile. Smith mise al centro della scienza economica l'analisi sistematica del comportamento di individui che perseguono il proprio interesse in condizioni di concorrenza. "Questa teoria è il gioiello di The Wealth of Nations, e rimane tuttora il fondamento della teoria dell'allocazione delle risorse". Per andare oltre Stigler, l'"analisi sistematica" del meccanismo della mano invisibile, che Smith pose al centro della scena, è più di un esercizio di economia normativa. Si potrebbe parlarne come di un insieme di ipotesi confutabili a proposito dell'influenza sul prodotto nazionale (e sulla sua crescita) di una serie di forze istituzionali che Smith giudicava in grado di condurre alla prosperità universale. Esse sono connesse con l'estensione dei diritti politici (e civili), con l'esistenza dei diritti di proprietà privata e con il rapporto tra il mercato e l'allocazione governativa delle risorse.
Gerald W. Scully (1988) ha recentemente ricavato misurazioni empiriche di queste influenze, e le ha applicate ai dati relativi al prodotto nazionale lordo reale pro capite e alla percentuale di prodotto nazionale lordo reale destinato all'investimento nazionale lordo in 115 Paesi, nel periodo 1960-1980. Tutte le variabili (o influenze) di Smith si sono rivelate significative. Le società "politicamente aperte" sono cresciute in media a un tasso reale pro capite del 2,53% all'anno, contro un tasso di crescita dell'1,41% delle società "politicamente chiuse". In media, le società governate da uno Stato di diritto sono cresciute a un tasso del 2,75%, contro un tasso dell'1,23% delle società nelle quali i diritti dello Stato prevalgono sui diritti dei cittadini.
Ricordando che Smith riteneva la "mano invisibile" del mercato preferibile alla pianificazione di tipo mercantilistico, è interessante notare come i Paesi che adottano per le risorse l'allocazione di mercato siano cresciuti a un tasso del 2,76%, contro un tasso dell'1,10% delle nazioni nelle quali prevale il controllo statale dell'economia. Inoltre, nei Paesi con la tripla combinazione di apertura politica, tutela dei diritti individuali e libero mercato, il tasso di crescita è stato in media del 2, 73% all'anno; dove esiste la tripla combinazione di tipo opposto, invece, il tasso di crescita è stato soltanto dello 0, 91% all'anno tra il 1960 e il 1980.
Un altro campo in cui le teorie di Smith si dimostrano attuali è quello della teoria degli scambi internazionali. Mentre fino a pochi anni fa predominava l'analisi statistica di tipo neoclassico, e Smith era criticato per non aver adottato la teoria del vantaggio comparativo, molti studiosi moderni sembrano ritornare alle variabili considerate fondamentali in The Wealth of Nations. Così l'accumulazione del capitale, la crescita della popolazione e i mutamenti tecnologici sono stati recentemente inseriti in modelli formali altamente sofisticati degli scambi commerciali e dello sviluppo. Gli studiosi moderni danno un'importanza sempre maggiore ad aspetti degli scambi internazionali del tutto avulsi dalla teoria neoclassica del vantaggio comparativo statico. Le economie di scala vengono attualmente considerate di per se stesse come un incentivo al commercio. Ma Adam Smith l'aveva capito fin dal 1776.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000