§ Che Sud fa / Vecchie storie

Rieccolo, puntualmente




Maria Rosaria Pascali



Non è la prima volta che Giorgio Bocca lancia pesanti accuse al Mezzogiorno. Ora esce addirittura con un libro - "La disUNITA' d'Italia" - in cui, fin dal primo capitolo, è evidente la profonda avversione contro quelli che lui chiama i "miti piagnucolosi" di un "meridionalismo anticapitalista e demagogo". Improperi a non finire contro una "versione marxista" della mancata riforma agraria, fino ad arrivare ai nostri giorni, al male omicida che si chiama Mafia, ad una cultura mafiosa che come un cancro si allarga a vista d'occhio e investe anche le parti più sane della nazione.
In un momento in cui sta calando un'ombra cupa su quella che è stata la democrazia nel nostro Paese e sta nascendo il sospetto che possa essere esistita, e che esista tuttora, accanto a quella che al confronto definiamo comune, anche una criminalità eli Stato, implicata nella strategia della tensione e delle stragi e verosimilmente connessa ad alcuni eccellenti delitti di mafia, verificatisi in Sicilia tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli anni '80; in questo momento, c'è chi, come Bocca, con tono altamente provocatorio, si permette di ritornare sui termini della questione meridionale, negando ogni scelta strategica, ogni collegamento politico oltre che economico tra il degrado del Sud e lo sviluppo dei Nord: "E ci sono ancora oggi collaboratori dell'Avanti! o del Manifesto, che insistono a raccontare la dolorosa storici di un Sud "inserito in un sistema economico i cui maggiori beneficiari furono le popolazioni piemontesi e lombarde per il predominio esercitato dai gruppi capitalistici dei Nord"" [ ... ]. "Una lagna che continua fino al Pirandello del "povera isola, trattata come terra di conquista!"[ ... ]". E ancora: "La questione meridionale, che è stata per anni soprattutto economica, è diventata una questione di sopravvivenza nazionale, di sopravvivenza della democrazia italiana nell'Europa [ ... ]. Non è Palermo che assomiglia sempre più a Milano, ma Milano che incomincia ad assomigliare a Palermo, con una Borsa e finanziarie e compagnie di assicurazioni che ricicIano il denaro sporco, con aziende edili controllate dai mafiosi, con il sistema delle tangenti. E con l'angoscia e la protesta da cui sono nate le Leghe". Non staremo qui a demonizzare l'intero libro o a gridare allo scandalo. Non c'è nulla in quelle righe che non sia stato già letto nella storiografia dell'ultimo decennio. Certo è che riscuoterà ampi successi, visto il periodo in cui, e non a caso, viene messo in commercio. La criminalità organizzata è un pugno nell'occhio per l'intera nazione. E prolifera. E proliferando infrange regole ormai acquisite, invade aree di "oneste genti", infanga il nome di tutta l'Italia. Ma il Mezzogiorno non è l'Italia! Le leghe hanno ragione. Uno Stato democratico come il nostro non può sopportare oltre ingiuste generalizzazioni.
Il Mezzogiorno è la parte malata, contagiosamente malato. A detto di certi signori, non è il degrado del sistema che ha determinato o quanto meno agevolato la crescita in queste zone delle connivenze malavitose, ma è la cultura di queste aree, malavitosa da sempre, che ha coinvolto e reso illegali fasce sempre più ampie delle istituzioni. E a chi, come noi, si ostina a dare versioni patetiche di "un Sud ingenuo e onesto, depredato dagli avidi nordisti", si consiglia di guardare obiettivamente la storia. Parole sante. Ma la storia, quella che noi conosciamo, è fatta di anni di manovre premeditate allo scopo di mantenere invariati gli assetti politici tuttora dominanti. Uno scopo il cui perseguimento ha richiesto precise scelte di natura economica.
E lo sviluppo anti-industriale al Sud è stato una di quelle scelte. Certamente il Sud non ha mai avuto né conoscenze né seria propensione verso l'imprenditorialità. E su questo si appunto la maggiore critica antimeridionalista. E tralascia l'interesse che la classe dirigente del secondo dopoguerra ha avuto a che il Sud rurale diventasse il settore-spugna di tutte quelle forze che il processo di ristrutturazione del Nord era destinato ad espellere. Neppure quando la scelto della ruralità si rivelò un fallimento, con l'abbandono in massa delle terre, questo disegno mutò. D'altra parte, accanto allo scopo economico di ammortizzare il costo della ristrutturazione si è celato un chiaro intento politico: quello di evitare un allargamento della classe operaia, essendo questa, per tradizione, la più legata al nemico interno democristiano, il Pci. Che la Dc non abbia risparmiato mezzi di sorta per mantenere il ruolo di partito-guida del Paese viene spesso volutamente ignorato. Eppure anche questa è storia. Una storia che dal 1948 in poi vede ridisegnata la mappa dei nuovi equilibri. Ma che di nuovo, in realtà, non ha nulla; tutto è predisposto per mantenere inalterato l'esistente, ad ogni costo. E' una storia vecchia, di giochi di potere. Quanti ne abbiamo visti noi quaggiù. Il Mezzogiorno è stato un fallimento. Il popolo meridionale è stato un fallimento. Emigrando ha allentato il peso contrattuale degli operai, ma ha pure esportato inciviltà, ha causato danni a non finire alle candide genti del Nord. Da qui "l'angoscia e la protesta da cui sono nate le leghe".
Quante fandonie dovremo ancora sentire? E per quanto tempo ancora resteremo nell'apatia dei vinti, magari convincendoci che tutto questo sia vero, magari abbandonando queste aree criminali, magari rinnegando le nostre tristi origini? E' ora di smetterlo, di parlar chiaro. E la verità è una solo. A dirla con Sciascia, "la verità è nel fondo di un pozzo: guardi nel pozzo e vedi il sole o la luna,- ma se ti butti giù non c'è più né sole né luna, c'è la verità".
Si buttassero giù, finalmente, politici e governanti e "quaquaraquà" dell'informazione, nel fondo del pozzo della miseria e dei degrado, dei letamaio delle politiche clientelari, dei lavori pubblici e degli appalti. E prima di parlare della "questione di sopravvivenza della democrazia italiana in Europa", parlassero della questione di sopravvivenza della democrazia italiana in Italia! Parlassero di quello che a livello nazionale è stato fatto per il Sud. Dicessero perché si sono moltiplicati gli impieghi improduttivi, perché proprio il Sud, malgrado la debolezza e l'inefficienza del sistema statale, è diventato un inesauribile serbatoio di consensi elettorali per i maggiori partiti di governo. E ripetessero che il Mezzogiorno è uno Stato a sé e che lo colpa è tutto di noi meridionali. Finché continueremo a vivere in una democrazia dove lo libertà deve fare i conti con lo stato di bisogno, sarà un'utopia sperare di abbattere il muro degli inganni e con esso il male del secolo, la criminalità. Non basteranno certo provvedimenti eccezionali come quelli che contemplano inasprimenti provvisori delle pene. Quello che serve è uno sforzo enorme di rinnovamento, di trasparenza e soprattutto di solidarietà.

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