1
- Introduzione
Prima di affrontare l'argomento, è essenziale definire cosa si
intende per "valutazione" e quali devono essere le caratteristiche
di un "valutatore" nell'ambito della stima dei cespiti.
La valutazione si configura come un'opinione indipendente che non investe
soltanto il valore della proprietà, ma ne considera la natura,
la qualità, l'utilità, sia nell'ottica di una valutazione
globale, sia in quella della valutazione di una sola delle componenti
del complesso. Il valutatore deve pertanto essere in grado di esplicare
una varietà di funzioni, in accordo con le diverse premesse valutative,
e di affiancare il cliente nel momento delle decisioni da prendere.
lo sforzo costante, teso al miglioramento del livello qualitativo delle
valutazioni, ha creato le premesse per lo sviluppo di una vera e propria
"scienza della valutazione", con proprie teorie, postulati,
leggi e principi valutativi.
Fu Alfred Marshall Che, tra il secolo scorso e l'attuale, fuse il concetto
"offerta-costo" con il concetto "domanda-prezzo",
elaborando una "teoria della valutazione" per stimare, quantificare
e prefigurare un valore ben definito. Il termine valore, che costituisce
il nucleo stesso della valutazione, viene spesso usato in modo impreciso,
ma in questo particolare contesto assume un significato specifico, che
lo distingue dai concetti di prezzo, mercato e costo. Il prezzo, infatti,
rappresenta la somma che un determinato acquirente paga ed un determinato
venditore accetta nelle circostanze specifiche in cui avviene la transazione.
Il mercato invece può essere definito come una serie di rapporti
in cui acquirenti e venditori sono mossi l'uno verso l'altro dal meccanismo
dei prezzi, anzi, in particolare, è l'interazione di individui
che scambiano beni contro altri beni, tra cui il denaro. Il costo, nell'accezione
usata dai valutatori, è infine riferito alla produzione di un
bene e non al suo scambio, ed al riguardo si distinguono diversi tipi
di costo:
- diretto, che comprende le spese per la manodopera e per l'acquisto
del materiale per la costruzione di un bene;
- indiretto, che si riferisce a tutte le altre voci di spesa che si
presentano nel corso del processo produttivo;
- di costruzione, che rappresenta la somma dei due precedenti;
- di sviluppo, che è la spesa necessaria per creare una proprietà,
compreso l'acquisto del terreno, e per portarla ad uno stato operativo
efficiente.
Le relazioni che legano questi termini comprendono anche il concetto
del valore, il cui significato - nella valutazione dei cespiti -dipende
dal contesto e dallo scopo della valutazione. Nella sua forma più
semplice, il valore ad una certa data rappresenta l'equivalente monetario
di un bene, di una proprietà o di un servizio sia per il venditore
sia per l'acquirente. Onde evitare confusioni, raramente si usa il termine
"valore" da solo, ma si qualifica come "valore di mercato",
"valore di investimento", "valore di stima" o con
altre specificazioni tipologiche.
2 - Il processo
valutativo
Per "valore di mercato" si intende il più probabile
prezzo di trasferimento di un bene, da una parte liberamente cedente
ad un'altra liberamente acquirente, entrambe a piena conoscenza dei
possibili usi e delle caratteristiche del bene, dopo averlo immesso
su un mercato competitivo per un periodo ragionevole ed in presenza
di tutte le condizioni per una favorevole cessione. Sempre più
spesso il valutatore è chiamato a determinare non solo il valore
di mercato, ma il "più probabile prezzo di vendita",
definito come l'ammontare liquido netto, generato dalla cessione in
blocco o parziale il una proprietà, in un tempo determinato.
Il processo valutativo si articola pertanto nelle seguenti fasi:
* Definizione del problema.
* Programmazione dell'indagine.
* Reperimento dei dati e loro analisi
* Applicazione del tre metodi valutativi.
* Analisi del risultati.
* Determinazione del valore finale.
3 - Scopo,
oggetto e ottica della valutazione
La valutazione del cespiti può costituire una risposta ad esigenze
molto diverse, che richiedono procedimenti differenziati di analisi
e di stima. In genere possono esistere "più valori alternativi"
attribuibili ai cespiti, a seconda dei particolari fini perseguiti.
E' importante, perciò, che il mandato del cliente sia formulato
in termini chiari e che la stima finale ottenuta non sia utilizzata
per scopi diversi da quelli originariamente assegnati. Le principali
differenze di impostazione, che possono ravvisarsi in concreto, sono
dovute ad alcune alternative fondamentali. Sotto il profilo dello
scopo per il quale le stime sono richieste, possiamo distinguere:
a) le valutazioni compiute ai fini assicurativi,
b) le valutazioni eseguite in vista di atti che interessano lo stato
patrimoniale del bilancio (certificazioni, rivalutazioni, costituzione
di garanzie, individuazione di importi finanziabili, operazioni societarie,
etc.);
c) le valutazioni eseguite ai fini di un trasferimento ad altro oggetto
(cessioni, fusioni, scorpori).
Sotto il profilo della configurazione dell'oggetto della stima, è
possibile invece distinguere:
d) le valutazioni di cespiti singoli;
e) le valutazioni di insiemi di cespiti collegati o scollegati funzionalmente;
f) le valutazioni di insiemi di cespiti, nell'ambito della determinazione
analitica del valore complessivo di un'azienda.
Sotto il profilo della logica di riferimento utilizzata per le stime,
possiamo poi distinguere:
g) le valutazioni compiute nell'ottica patrimoniale;
h) le valutazioni compiute nell'ottica reddituale.
4 - Valutazione
cespiti nell'ottica patrimoniale
Per determinare la consistenza del l'investimento effettivo in atto
nei cespiti, i criteri di valutazione che possono essere applicati
sono sostanzialmente due:
1) il valore di mercato;
2) il costo di riproduzione o di sostituzione.
Il valore di mercato esprime le condizioni di incontro fra la domanda
e l'offerta di beni analoghi a quelli considerati, ma in realtà
solo per alcune categorie di cespiti esistono dei concreti riferimenti
di questo tipo (terreni, fabbricati, automezzi e macchinario con un
significativo mercato dell'usato). Esso è basato sull'ipotesi
che i cespiti siano realizzabili separatamente senza difficoltà:
di fatto, dunque, solo per i beni non indispensabili allo svolgimento
dell'attività aziendale. il prezzo di mercato è un realistico
ed inoppugnabile termine di riferimento mentre, per gli altri beni,
l'ipotesi del realizzo è da vedere concretamente nel quadro
di una eventuale cessione complessiva dell'azienda. Il criterio di
costo si basa invece sul concetto di riproduzione o su quello di sostituzione,
laddove il primo indica l'insieme degli oneri che un operatore dovrebbe
sostenere per realizzare ex novo e per portare in attività
dei cespiti con le stesse caratteristiche dei beni considerati. Il
valore a nuovo dovrà naturalmente essere ridotto per tenere
conto:
a) del deperimento fisico che caratterizza i beni da valutare, i cui
effetti si esprimono in termini di minore vita economica residua e
di inferiorità operativa rispetto a cespiti nuovi, sul presupposto
che entrambi gli aspetti dipendono anche dalle condizioni di manutenzione
e dalle modalità di utilizzo dei beni;
b) dell'obsolescenza economica provocata dai maggiori costi imputabili
a circostanze estranee alle caratteristiche dei cespiti ma influenti
sul loro utilizzo, come la localizzazione dell'impresa o l'esistenza
di particolari vincoli ambientali. La mera ricostruzione o il riacquisto
del bene da valutare tuttavia può non essere realistica, a
motivo dei rilevanti cambiamenti intervenuti nella tecnologia, nel
mercato o in altre condizioni. In tal caso un imprenditore, che dovesse
dotarsi inizialmente della capacità operativa dell'azienda
in esame, non prenderebbe in considerazione dei cespiti con caratteristiche
sostanzialmente analoghe a quelle dei beni oggetto di stima, bensì
dei mezzi produttivi di altro tipo, ancorché equivalenti sotto
il profilo del risultato utile. il concetto di costo di sostituzione
(o di rimpiazzo) si richiama appunto agli oneri da sopportare per
la realizzazione di beni rispondenti ai nuovi sviluppi intervenuti,
ma equivalenti per utilità ai cespiti da valutare. Anche in
questo caso devono essere apportate al valore a nuovo le due rettifiche
sopra indicate, alle quali si aggiunge una terza correzione che tiene
conto:
c) del l'obsolescenza operativa, conseguente all'inferiorità
mostrata dai beni esistenti rispetto ai mezzi produttivi, che si avvolgono
delle più recenti tecnologie.
E' evidente che questi criteri di stima riflettono una crescita progressiva
dal livello di complessità, sicché la soluzione più
semplice è rappresentata dall'utilizzo del valore di mercato,
che tuttavia non sempre è disponibile.
In quest'ultimo caso, se i cespiti mantengono sostanzialmente intatta
la loro validità, anche considerando gli sviluppi intervenuti
nel quadro complessivo, è del tutto intuitivo il riferimento
al costo di produzione, con la sola rettifica diminutiva dovuta al
deperimento fisico (ed eventualmente all'obsolescenza economica);
se invece si registrano altri fatti negativi, come l'obsolescenza
operativa, al valore a nuovo devono essere apportate ulteriori correzioni.
Con questi sviluppi si passa da una pura misurazione del l'investimento
in atto nei cespiti, secondo l'assetto esistente, alla valutazione
dell'investimento che può essere riconosciuto valido da un
imprenditore interessato al settore: la volidità è tuttavia
controllata senza tenere conto della redditività che i cespiti
oggetto di stima offrono in concreto.
E' questo il limite generale di tutte le stime compiute nell'ottica
patrimoniale: esse portano a determinare valori che possono essere
riconosciuti, in caso di trasferimento dei cespiti ad altro soggetto,
solo a condizione che le prospettive reddituali siano soddisfacenti.
Un'ulteriore configurazione è costituita dal valore di liquidazione
per stralcio, che indica il presumibile ricavo di realizzo del cespite,
nell'ipotesi di cessazione dell'attività aziendale, ipotizzando
di avere a disposizione un periodo di tempo adeguato per condurre
a termine la vendita, evitando il sacrificio di prezzo che l'urgenza
imporrebbe. In pratica, per definire la stima, si applica un abbattimento
al valore di mercato o al costo (di riproduzione o sostituzione rettificato)
del cespite, per tenere conto dell'alea del realizzo, dell'eventuale
margine da riconoscere agli intermediari e di ogni altro costo da
sostenere ai fini della cessione. Qualora i tempi di attesa non fossero
brevi, è necessario poi introdurre un ulteriore correttivo
per l'attualizzazione dei valori, ad un tasso in linea con il saggio
di interesse corrente. Nelle valutazioni di insiemi di cespiti è
necessario tenere presente che il compendio di beni non necessariamente
corrisponde alla somma dei valori attribuibili alle singole unità:
in linea di principio, fra i due termini del confronto possono verificarsi
degli scarti sia negativi (più frequenti) sia positivi e, nell'ottica
patrimoniale, può essere necessario apportare alcune rettifiche
negative alla stima cumulata del singoli cespiti (che già tiene
conto, come abbiamo visto, del deperimento fisico e dell'eventuale
obsolescenza, economica ed operativa, imputabile a ciascun elemento)
per prendere atto delle carenze emergenti, appunto, a livello di insiemi
di beni (reparto, linea di produzione, stabilimento).
I correttivi di questo tipo, che si aggiungono come si è detto
ai precedenti, sono di regola dovuti a tre fattori:
a) l'eccesso di investimento (espressivo del minori oneri da sostenere
nel caso di realizzazione unitaria di un complesso operativo con una
capacità pari a quella concretamente utilizzata dall'impresa,
rispetto ai costi di riproduzione o di sostituzione del cespiti esistenti,
formati per aggregazioni successive);
b) le insufficienze funzionali (difetti di layout, carenze nei servizi
ed altri fattori di inadeguatezza all'origine di costi operativi esuberanti);
c) l'obsolescenza operativa (imputabile alle caratteristiche di insieme
del complesso di beni, e non già ai singoli cespiti).
Gli ultimi due fattori agiscono nel senso di accrescere i fenomeni
di inferiorità operativa ed il primo anche nel senso di mettere
in luce un impiego complessivo di risorse superiore al necessario.
Anche di queste circostanze si deve tenere conto ai fini della misurazione
dell'investimento valido in atto, nel giudizio di un imprenditore
che desideri entrare nel settore.
5 - Valutazione
cespiti nell'ottica reddituale
Talvolta si assume che il valore di un bene non è determinato
dal costo da sostenere per realizzarlo, come avviene nell'ottica patrimoniale,
bensì dai vantaggi economici che esso genera: la metodologia
di calcolo è allora offerta dalla teoria dell'investimento
e la stima è compiuta attualizzando ad un tasso appropriato
i benefici netti, riferibili al cespite, previsti nel corso della
sua vita residua. E' evidente che l'analisi a livello di un singolo
bene è possibile solo nella misura in cui siano quantificabili
con sufficiente attendibilità i vantaggi derivanti dal suo
utilizzo, tipicamente nella forma di margini addizionali per l'impresa
o di risparmi di costi rispetto alla media. In gran parte dei casi
le difficoltà di determinazione di tali benefici particolari
sono tuttavia notevoli, sicché la valutazione economica non
può aver luogo per i singoli cespiti, ma ad un loro più
o meno elementare livello di aggregazione (reparto o linea di produzione,
ramo aziendale, azienda).
Un secondo limite è rappresentato dall'esigenza di non includere
nella stima una parte del valore di avviamento dell'impresa, espressivo
della sua unitaria capacità di reddito: la valutazione deve
infatti tenere conto solo degli elementi che per loro natura si trasferirebbero
con il cespite, nell'ipotesi in cui questo fosse ceduto. Nell'ottica
reddituale, le valutazioni di regola possono essere compiute solo
a livello di insiemi di cespiti, per cui può affermarsi che
le stime di questo tipo costituiscono una prerogativa delle analisi
a livello aggregato.
6 - Cespiti
e valore complessivo dell'azienda
La stima dei cespiti può essere richiesta al fine della determinazione
del valore complessivo dell'azienda: per tale ipotesi ci si riferisce
al metodo di valutazione analitico, che esprime una stima per ciascun
elemento attivo e passivo del patrimonio aziendale. Il valore dell'insieme
complessivo dei cespiti, determinato in un'ottica patrimoniale, rimane
ancora valido, ma non prevale quando la stima ha per oggetto un valore
di cessione dell'azienda; l'ottica economica può infatti condurre
ad esiti rilevanti con modalità diverse. Se la redditività
aziendale è adeguata, e dunque se il valore economico complessivo
dei cespiti tende a superare la corrispondente stima patrimoniale,
di regola si assorbe questo differenziale positivo nella valutazione
di qualche elemento immateriale (nel caso più semplice, del
l'avviamento): formalmente, perciò, ai cespiti è riconosciuto
il solo valore patrimoniale di insieme. Se invece la redditività
aziendale è insoddisfacente, il valore patrimoniale delle immobilizzazioni
tecniche è senz'altro abbandonato a favore di una loro stima
economica: quest'ultima peraltro può divergere da quella descritta
nel paragrafo precedente, non finalizzata alla valutazione complessiva
dell'azienda; in quel caso, infatti, i benefici economici netti attribuibili
ai mezzi produttivi erano determinati con riferimento alle condizioni
normali di impiego dei cespiti, prescindendo da economie/diseconomie
dovute alla struttura ed alla gestione complessiva dell'impresa, mentre,
nell'ipotesi ora considerata, queste circostanze diventano rilevanti.
La posizione di preminenza dei cespiti fa sì che la loro stima
economica, composta ai fini della valutazione dell'impresa, sia strettamente
legata alla redditività aziendale complessiva. Si può
argomentare perciò che l'interesse pratico della stima economica
è di regola dovuto proprio all'intento di pervenire ad una
realistica correzione negativa del valore patrimoniale di tali beni,
nel quadro della valutazione complessiva di un'azienda, quando la
redditività è inadeguata.
7 - Metodi
di valutazione del cespiti
I procedimenti di valutazione dei cespiti derivano dallo sviluppo
della teoria della valutazione, che ha portato alla definizione di
tre metodi principali:
* il Metodo del Mercato;
* il Metodo del Reddito;
* il Metodo del costo.
7a - Metodo del Mercato
E' basato sul confronto tra la proprietà oggetto di stima ed
altre simili, recentemente compravendute o correntemente offerte sullo
stesso mercato o su piazze concorrenziali. L'applicazione dipende
dalla disponibilità di dati su operazioni di compravendita
avvenute recentemente, che devono essere opportunamente considerate
per consentire il necessario aggiustamento, dal momento che il bene
da stimare non è sempre direttamente confrontabile con beni
simili.
7b - Metodo del Reddito
Si fonda sulla capitalizzazione del redditi futuri derivanti dall'utilizzo
del bene. Il relativo valore viene normalmente calcolato attraverso
la capitalizzazione del reddito netto, oppure applicando ad esso un
moltiplicatore desunto da un'analisi comparativa riferita a proprietà
simili a quella in esame, per cui si determina il livello di investimento
giustificato dai redditi ottenibili.
7c - Metodo del Costo
Si avvale del principio della sostituzione che definisce come valore
massimo di un bene, per un investitore prudente e informato, il costo
necessario per costruire uno nuovo con utilità equivalente
a quella in esame: poiché quest'ultimo normalmente non è
nuovo ed è disponibile per la sua vita residua, si rende necessario
ridurre il costo corrente del nuovo a fronte del deperimento fisico
e del l'obsolescenza funzionale ed economica attribuibili al bene
al momento della stima. Nello sviluppo della stima si considerano
il "costo di ricostruzione a nuovo" ed il "costo di
rimpiazzo a nuovo", per determinare il minore dei costi di investimento,
che rappresentano i prezzi correnti di mercato ed includono materiali,
manodopera. manufatti, spese indirette, profitti ed oneri, costi di
installazione ed allacciamento. Il "costo di ricostruzione a
nuovo" è definito come il costo necessario, alla data
della stima, per riprodurre l'esatta replica del bene con uno di identico
tipo e materiali: se la riproduzione esatta risulta impossibile, oppure
non tecnicamente valida a motivo delle innovazioni tecnologiche intervenute,
il metodo corretto di valutazione è dato dal costo di rimpiazzo
a nuovo, applicando il "principio della sostituzione".
Il "costo di rimpiazzo a nuovo" è definito come il
costo necessario, alla data della stima, per costruire un bene basato
su correnti tecnologie e materiali, che siano in grado di sostituire
il bene esistente e che ne possiedano la stessa capacità, resa,
desiderabilità e utilità.
Dopo aver determinato il costo a nuovo si effettueranno le opportune
detrazioni per il deperimento fisico e l'obsolescenza funzionale ed
economica rilevati ed attribuiti al bene stimato.
I tre metodi di valutazione evidenziati possono essere seguiti singolarmente
e combinati l'un l'altro, ogni qualvolta gli specifici elementi del
bene lo rendano necessario al fine di determinare il valore, tenendo
presente che su di esso influisce tutta una serie di forze, interne
(inadeguatezza funzionale) ed esterne (fattori legali, socioculturali,
economici ed istituzionali), che possono influenzare il "ciclo
vitale" di una proprietà e, di conseguenza, il suo valore.
Considerando infatti una proprietà immobiliare, essa è,
fisicamente, quanto di più statico esista, ma dal punto di
vista economico essa è estremamente flessibile ed il suo valore
può cambiare sensibilmente col mutare, ad esempio, della destinazione
d'uso.
La tabella 1 indica i metodi valutativi per tipologie diverse di cespiti.
Le tabelle 2, 3 e 4 indicano gli elementi di indagine e i metodi applicati
nella valutazione di terreno, edifici, impianti e macchinari.
8 - Analisi
patrimoniale
Per valutare correttamente i cespiti di un'impresa, nell'ottica patrimoniale,
è necessario utilizzare le seguenti procedure (si fa riferimento
al caso, più complesso, di un'azienda industriale):
1) inquadramento del processo produttivo nell'ambito del sistema aziendale,
2) censimento e descrizione del singoli cespiti;
3) classificazione di ciascun cespite in base ad alcune connotazioni
significative dal punto di vista delle stime;
4) scelta del criterio di valutazione più corretto, in base
alla classificazione adottata;
5) calcolo del valore corrente di utilizzo consolidato del cespiti.
Il valore corrente di utilizzo specifico è il valore di un
particolare cespite definito dal costo di riproduzione o di sostituzione,
al netto delle rettifiche per tenere conto del deperimento fisico
e del l'obsolescenza specifica. il valore corrente di utilizzo consolidato
è invece il valore di un insieme di cespiti (ed al limite di
tutte le immobilizzazioni tecniche dell'impresa), cui si perviene
per somma dei valori correnti specifici di utilizzo, ai quali sono
apportate le correzioni necessarie per tenere conto delle insufficienze
funzionali e dell'obsolescenza dovute alle caratteristiche d'insieme
del complesso di beni, come pure dell'eventuale eccesso di investimento
rilevato.
Un impianto viene qualificato, sotto il profilo competitivo, da almeno
due aspetti:
- la produttività, che indica l'efficienza del cespite, e dipende
da diversi fattori (tra cui: scarti, tempi di attrezzaggio e di manutenzione,
qualità media, standard delle materie prime e semilavorati,
lotto medio di produzione, etc.);
- la flessibilità, che individua la compatibilità tecnica
del cespite con diverse tipologie produttive.
La valutazione di uno specifico impianto produttivo, quindi, non può
mai avvenire in modo generale ed astratto, ma con riferimento ad alcune
premesse esplicite, sicché il giudizio di equivalenza di due
impianti dipende da tali premesse e perciò varia di caso in
caso: due impianti possono essere del tutto confrontabili in alcune
situazioni aziendali, consentendo che il valore dell'uno sia preso
come termine di paragone per la stima dell'altro; tale parallelismo
tuttavia può perdere di significato al mutare delle ipotesi
di base in termini di flessibilità / produttività. Valutazioni
corrette richiedono dunque di esaminare criticamente i cespiti nel
quadro della strategia dell'impresa e della sua collocazione di mercato,
così da rendere espliciti i vincoli, che debbono essere soddisfatti
affinché i mezzi produttivi siano considerati validi.
Per poter definire quale sia il contesto aziendale di riferimento,
è dunque necessario stabilire in che ottica devono essere formulati
i giudizi. Soprattutto nel caso di impianti standard, possono presentarsi
due termini di paragone alternativi: da un lato il valore del singolo
cespite inserito nella struttura esistente, dall'altro il valore che
il medesimo avrebbe per un generico operatore. Può infatti
accadere che un impianto sia meno flessibile di altre alternative
esistenti sul mercato, ma che sia comunque soddisfacente dal punto
di vista del suo attuale utilizzatore, che non richiede prestazioni
particolarmente spinte sotto questo profilo. Il medesimo cespite avrebbe
quindi valori diversi se confrontato con il mercato - dove la scarsa
flessibilità sarebbe un motivo di penalizzazione - ovvero se
esaminato nel particolare contesto in cui si trova, dove il limite
in questione non ha rilievo.
A questo proposito si deve osservare che una stima oggettiva non può
avere per riferimento che il mercato. Un ipotetico acquirente, non
vincolato nelle sue scelte, non sardi disposto a pagare per l'impianto
di cui si discute più del suo valore oggettivo di mercato,
solo perché esso è inserito in una realtà produttiva
dove una elevata flessibilità non serve. Bisogna dunque esaminare
i cespiti nell'ottica di un generico investitore, in conformità
all'impostazione generale delle stime sia di tipo patrimoniale sia
di natura economica.
Un'ultima informazione di rilievo riguarda la durata dell'impianto.
A questo proposito, è necessario precisare due distinte nozioni:
a) la vita fisica, che è il periodo al termine del quale il
bene non è più materialmente in grado di fornire il
servizio richiesto;
b) la vita utile (o vita economica), che rappresenta il periodo (comunque
inferiore alla vita fisica) al termine del quale, pur essendo il bene
ancora in grado, dal punto di vista tecnico, di fornire il servizio
richiesto, si rende economicamente conveniente il suo abbandono o
la sua sostituzione con un altro più aggiornato e competitivo;
essa è delimitata dall'evoluzione della tecnologia e dal ciclo
di vita del prodotto al quale è legato il cespite.
E' evidente che, ai fini della valutazione dei beni produttivi, la
vita residua deve essere determinata con riferimento al secondo concetto.
9 - Analisi
reddituale
L'esigenza di attribuire ai cespiti un valore giustificabile anche
nell'ottica economica rende necessaria una verifica del limiti di
accettabilità delle stime di tipo patrimoniale dei cespiti,
alla luce dei risultati conseguiti, o per formulare espressamente
delle valutazioni di tipo economico di quei beni. Il primo approccio
consiste nel predisporre una riclassificazione del conto economico
dell'impresa, per mettere in evidenza la formazione progressiva del
risultati (tale processo può seguire lo schema indicato nella
tabella 5).
Il primo indicatore di rilievo è rappresentato dal margine
operativo lordo, corrispondente ad una figura di risultato che prescinde
dagli ammortamenti, dagli oneri e dai proventi finanziari, dai componenti
straordinari e dalle imposte di competenza, che risulta estremamente
significativo ai nostri fini, poiché consente di identificare
il contributo (lordo) alla redditività della gestione caratteristica
dell'impresa. prescindendo dall'influenza delle scelte di natura finanziaria,
delle politiche relative agli ammortamenti, dei componenti di reddito
non di natura ordinaria. Sottraendo al margine operativo lordo gli
ammortamenti si ottiene il risultato operativo, che esprime il contributo
offerto dalle tipiche attività produttive e commerciali dell'impresa.
L'esame della formazione progressiva della redditività aziendale
prosegue osservando gli effetti della gestione finanziaria e degli
eventi straordinari, che concorrono a determinare il risultato complessivo,
e si completa con la normalizzazione dei risultati storici, esaminati
per un sufficiente arco di tempo, con l'obiettivo di depurare i dati
effettivi dall'influenza di fatti contingenti, o comunque di circostanze
irripetibili. Uno schema di riferimento delle principali rettifiche
per la normalizzazione dei risultati storici è illustrato nella
tabella 6.
La serie storica dei dati economici riclassificati, normalizzati ed
espressi in lire a potere d'acquisto costante, deve permettere il
calcolo di un risultato medio, secondo la figura prescelta (ad esempio,
espresso a livello di margine operativo lordo). La sensibilità
dell'analista deve indicare la soluzione più appropriata, tenendo
conto che l'obiettivo è quello di pervenire ad un dato che
possa costituire una stima ragionevole della capacità di reddito
futura dell'impresa. Per rispettare tale obiettivo, può essere
anche necessario formulare una previsione, che si scosta dalla media
del risultati conseguiti nel più recente passato.
Si prosegue poi l'analisi con una riclassificazione dello stato patrimoniale
secondo il criterio di pertinenza gestionale (si veda in proposito
la tabella 7): interessa in primo luogo separare le immobilizzazioni
tecniche essenziali all'attività produttiva (ed in generale
tutti i beni soggetti ad ammortamento) dagli altri componenti patrimoniali,
ed in secondo luogo distinguere il capitale operativo dalle altre
attività e passività.
Nel capitale operativo rientrano tutte le immobilizzazioni necessarie
allo svolgimento dell'attività produttiva e commerciale dell'impresa;
ad esse si aggiungono le attività e le passività che
costituiscono il capitale circolante netto, inteso come somma dei
mezzi investiti nei processi ripetitivi di acquisto, produzione e
vendita, pervenendo alla quantificazione dell'investimento che è
necessario compiere nella gestione corrente per rendere possibile
l'attività dell'impresa. Restano ovviamente escluse dal capitale
operativo le eventuali attività patrimoniali non legate alla
produzione ed alle vendite, come le disponibilità liquide,
le immobilizzazioni finanziarie e gli altri "capitali accessori"
(ad esempio gli immobili civili non essenziali all'attività
aziendale).
L'analisi può proseguire con il calcolo di alcuni quozienti
di bilancio significativi: accanto ai tradizionali indici di redditività
(riportati, unitamente agli altri quozienti fondamentali nella tabella
8), utili per formulare un giudizio complessivo sull'azienda, si possono
calcolare alcuni indicatori che permettono di cogliere aspetti specifici
utili per valutare l'economia degli impianti (tali parametri sono
elencati nella tabella 9). In particolare il rapporto tra margine
operativo lordo normalizzato e fatturato rappresenta il miglior indicatore
di redditività relativa (lorda) delle produzioni attuate. Ponendo
invece in relazione il margine operativo lordo con il capitale operativo
si misura la redditività lorda offerta dai mezzi investiti
in modo permanente nell'attività tipica dell'impresa.
L'ultimo indicatore si propone di valutare l'economicità degli
impianti nel particolare contesto aziendale in esame: il margine operativo
normalizzato disponibile per il capitale fisso è infatti calcolato
al lordo degli ammortamenti, degli oneri finanziari e delle imposte,
ma al netto di un'equa remunerazione da riconoscere ai mezzi investiti
nel complesso di attività e passività patrimoniali diverse
dai cespiti ammortizzabili. A tale investimento deve infatti essere
riconosciuto un compenso, prima di determinare il "quantum"
disponibile per l'ammortamento del capitale fisso e per la remunerazione
del mezzi investiti in quest'ultimo.
Per un esame completo del quadro aziendale, tuttavia, non è
sufficiente limitare le analisi ai bilanci (ed in generale ai dati
di tipo economico e patrimoniale), perché un rilevante contributo
deve essere offerto anche allo studio delle condizioni ambientali
e della posizione competitiva dell'impresa, ai fini di un corretto
apprezzamento del cespiti nell'ottica economica. Le analisi dovrebbero
pertanto svolgersi come segue:
a) studio del rapporto domanda/offerta (rispetto alla dotazione di
immobilizzi tecnici), con specifico riferimento a:
- processi di entrata/uscita di imprese concorrenti e relative tendenze,
- confronto fra strutture dei costi delle diverse imprese;
- livelli e tendenze del grado di utilizzo della capacità;
- effetti sulle strutture dei costi comparate, tenendo conto delle
eventuali differenze dei processi produttivi attuati;
b) esame della posizione competitiva dell'impresa, anche alla luce
delle caratteristiche dei cespiti, che possono influenzare, in via
diretta ed indiretta, la suo capacità di competere. Tali possibili
effetti sia sul fronte del costi che su quello dei ricavi, dovrebbero
essere opportunamente individuati, tenendo conto anche della direzione
e del ritmo delle innovazioni;
c) valutazione economica dei cespiti, ai diversi livelli ai quali
il problema può porsi.
In linea di principio le analisi in precedenza illustrate possono
essere svolte anche a livello di insieme di cespiti, in quanto, sul
piano pratico, la disaggregazione può comportare una serie
di difficoltà, che peraltro non mutano l'impostazione concettuale
delle indagini. E' necessario comunque precisare le caratteristiche
ed i limiti del procedimento inteso ad isolare nel sistema aziendale
gli insiemi di cespiti ed a svolgere delle analisi economiche mirate
nei loro confronti, prescindendo da altre componenti del quadro complessivo,
con definizione del margine di pertinenza dell'insieme considerato
e dell'investimento correlativo.
Il secondo elemento sottolinea la circostanza che, in ogni impresa,
gli impianti non possono operare senza dar luogo ad un ulteriore impiego
di risorse. Di regola quest'ultimo è rappresentato quanto meno
dal capitale circolante netto associabile all'insieme di cespiti di
cui si discute. E' importante rilevare correttamente tale investimento
obbligato, che con i cespiti forma un particolare "capitale operativo",
poiché ai mezzi finanziari così assorbiti deve essere
riconosciuta un'equa remunerazione. Il margine attribuibile ad un
insieme di cespiti è definito dalla differenza fra ricavi e
costi (esclusi gli ammortamenti) dovuti all'utilizzo del complesso
di beni, che si formano per effetto di tale impiego e che non si manifesterebbero
in sua assenza, per cui l'individuazione avviene, in linea di principio,
con gli strumenti propri dell'analisi differenziale (e ciò
vale anche per la quantificazione dell'investimento dipendente).
Di regola, non sorgono del particolari problemi per il riconoscimento
ad un insieme di cespiti, che dia luogo ad un risultato produttivo
definito, del margine di contribuzione (o del risparmio dei costi)
che esso consente di realizzare: le difficoltà si presentano
invece in sede di imputazione di quote di costi comuni, che generalmente
non può aver luogo con la tecnica differenziale, ma solo con
altri metodi (di solito con l'applicazione di criteri casuali). In
ogni caso, il margine ricercato ha natura di margine operativo lordo,
ed è dunque espresso al lordo degli ammortamenti, degli oneri
finanziari e di ogni altro onere o provento non operativo: questi
ultimi infatti discendono da componenti del sistema aziendale estranei
ai cespiti. Il processo di normalizzazione, inoltre, deve svolgersi
anche nel senso di eliminare gli effetti di condizioni operative anomale
eventualmente presenti nell'azienda considerata, destinate a venir
meno nell'ipotesi in cui il sub-sistema produttivo fondato sui cespiti
(si pensi per semplicità ad un vero e proprio ramo aziendale)
fosse ceduto ad altro imprenditore.
Il margine di pertinenza deve inoltre essere determinato al netto
della remunerazione da riconoscere all'investimento dipendente dai
cespiti, che comprende il capitale circolante netto ed eventualmente
(soprattutto quando le analisi riguardano l'intero complesso di immobilizzazioni
tecniche) anche altre attività dovute alla gestione caratteristica
dell'impresa. Il margine così ottenuto indica allora i proventi
annui (al lordo delle imposte) sui quali si può fare affidamento,
per un periodo pari alla vita residua dei beni, al fine di completare
l'ammortamento dei cespiti e di remunerare i capitali in essi investiti.