Al
Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini lo scrittore Vittorio Messori
attacca il Risorgimento e i "Padri della Patria": Garibaldi,
Mazzini & Co. erano criminali meritevoli di un processo come quello
per i nazisti a Norimberga, mentre, al contrario, i loro monumenti "ingombrano
le nostre piazze". Il cardinal Palazzini sposa con entusiasmo la
tesi. I ciellini applaudono freneticamente. Collaboratore del quotidiano
cattolico "L'avvenire", Messori è l'autore di uno dei
maggiori best-sellers religiosi degli ultimi decenni: quell'"Ipotesi
su Gesù" che, uscito nel '76 in duemila copie, con velocità
travolgente arrivo a centomila e oggi ha venduto in tutto il mondo almeno
un milione e mezzo di esemplari. L'autore allora abbandonò l'attività
giornalistica per dedicarsi agli studi preferiti, tradottisi poi in
altri due libri, anch'essi di ispirazione largamente religiosa: "Scommessa
sulla morte" e "Rapporto sulla fede".
La polemica emersa
sulla figura di Garibaldi, sul Risorgimento e sull'unità d'Italia,
non ha nulla di scandaloso e non introduce neppure elementi di novità.
E' infatti acquisito da tempo che il Risorgimento non fu un'epopea,
ma un processo complesso, e talvolta altamente drammatico, che ebbe
sullo sfondo la ricomposizione degli equilibri europei nel tramonto
dell'Impero absburgico. Già uno storico di cultura laica, Rosario
Romeo, aveva ricostruito, nella stupenda Vita di Cavour, i conflitti
aspri che dilaniarono i nostri "Padri della Patria", da
Vittorio Emanuele Il a Garibaldi, da Cavour a Mazzini. Altri storici
hanno dettagliatamente esaminato il peso e le eredità della
cosiddetta "questione romana" legata all'inevitabile fine
del potere temporale del papi e al "maggiore allargamento del
Tevere" (Spadolini). E, poi, pagine memorabili sul Risorgimento
sono state scritte da Gobetti, Gramsci, Sturzo, partendo da opposte
visioni della prospettiva risorgimentale. Perciò, non ci si
deve scandalizzare, ora, se Messori, o i cardinali Palazzini e Biffi
"scoprono" la storia e la legge da una propria (integralistica)
angolazione.
Quel che appare invece molto grave è l'ulteriore confusione
che il dibattito sembra voler introdurre nel già confuso scenario
politico italiano. La polemica su Garibaldi, infatti, è agganciata
all'"autonomismo mancato", vale a dire alla nascita di uno
Stato accentrato al posto di uno Stato confederale. Questa presunta
occasione mancata costituirebbe niente di meno che la causa remota
del fiorire delle leghe intrise di razzismo, oggi. Se si volesse restare
all'Ottocento, si potrebbe consigliare ai sostenitori di questa tesi
Una sia pur veloce lettura delle opere di Carlo Cattaneo sul valore
autentico delle autonomie e del patto federale. Certamente si salirebbe
di tono, ma si resterebbe pur sempre nell'ambito dell'Ottocento. La
realtà del nostro tempo è completamente diversa.
Da un lato, negli ultimi quindici anni, sono stati trasferiti, in
Italia, alle regioni e ai comuni, poteri e attribuzioni semplicemente
enormi. Dall'altro lato, il federalismo in pieno svolgimento è
quello che porterà all'unità europea.
Sul primo versante, quello dello sviluppo delle autonomie locali italiane,
i risultati sono stati drammaticamente deludenti. Comuni e regioni,
dotati di maggiori poteri, riproducono tutti i difetti di inefficienza
e di burocratismo dello Stato centrale e moltiplicano, invece, l'immoralità
del clientelismo, della lottizzazione, delle collusioni con lezone
nere della criminalità. Basta dare uno sguardo alla fine che
stanno facendo le foreste, trasferite dallo Stato alle regioni; basta
soffermarsi sul più grande scandalo italiano costituito dalle
Unità sanitarie locali che rappresentano il trionfo dell'"autonomismo"
irresponsabile e arrogante; o basta tener presenti gli intrighi degli
appalti, dei subappalti, delle tangenti, delle "infiltrazioni
istituzionali" della mafia (e delle mafie); e così via.
Sul versante europeo, il processo di integrazione su basi federali
dell'Europa e le prospettive del mercato unico stanno mettendo a nudo
le macroscopiche deficienze del nostro Paese, frenato dalla montagna
del debito pubblico, dalla inefficienza della pubblica amministrazione,
dallo stato disastroso del servizi pubblici essenziali, dalle poste
ai telefoni e alle ferrovie. E allora si può discutere se gli
assessori regionali e comunali debbano avere ulteriori poteri, ma
si deve tranquillamente lasciare in pace Garibaldi. L'Ottocento è
infinitamente lontano.
Il male di cui soffre oggi il nostro Paese, l'unica causa del rozzo
qualunquismo leghista, è la degenerazione dei partiti e l'inefficienza
delle istituzioni politiche. Una delle regioni più povere del
Vecchio Continente, la Calabria, accumula una mole impressionante
di residui passivi di bilancio, vale a dire di denaro stanziato, disponibile,
e non speso. Ma neppure le regioni del Nord, salvo rarissime eccezioni,
possono essere considerate modelli di efficiente e previdente amministrazione.
Agli inizi degli anni Sessanta erano in molti ad illudersi che per
svecchiare lo Stato fosse sufficiente trasferire poteri alle regioni
ed ai comuni. Non è stato così, ed oggi sappiamo perché.
La degenerazione dei partiti può diventare più acuta
e volgare in periferia. Ma siccome i partiti sono la democrazia, e
senza eli loro non può esistere la libertà, il tema
di dibattito di oggi verte sul come portarli ad una riforma. Si tratta
di comprendere su quali leve, da quella del sistema elettorale a quella
delle modifiche costituzionali, occorre far forza per rigenerare la
Repubblica. I politici, da quelli in servizio effettivo a quelli -
per così dire - di complemento, si ostinano a non capire che
la disaffezione della gente dalla politica non si cura blandendo le
Leghe, ma rimuovendo le cause che portano al disorientamento e alla
sfiducia degli italiani. I cattolici impegnati nella politica sono
il perno del sistema di governo del nostro Paese da mezzo secolo.
Lo sono per la modernità e per il coraggio che ebbero uomini
di Stato come De Gasperi e come Vanoni; e per le patire che suscitava
lo stalinismo. De Gasperi e Vanoni non ci sono più; stalinismo
e socialismo reale sono crollati in pezzi. Possono i cattolici pensare
di rimanere il perno degli equilibri italiani processando Garibaldi?
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