§ Processi al Risorgimento / Gli stranamore della politica

Briganti d'Italia




Gianna Macchia, Giorgia Cordier



Al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini lo scrittore Vittorio Messori attacca il Risorgimento e i "Padri della Patria": Garibaldi, Mazzini & Co. erano criminali meritevoli di un processo come quello per i nazisti a Norimberga, mentre, al contrario, i loro monumenti "ingombrano le nostre piazze". Il cardinal Palazzini sposa con entusiasmo la tesi. I ciellini applaudono freneticamente. Collaboratore del quotidiano cattolico "L'avvenire", Messori è l'autore di uno dei maggiori best-sellers religiosi degli ultimi decenni: quell'"Ipotesi su Gesù" che, uscito nel '76 in duemila copie, con velocità travolgente arrivo a centomila e oggi ha venduto in tutto il mondo almeno un milione e mezzo di esemplari. L'autore allora abbandonò l'attività giornalistica per dedicarsi agli studi preferiti, tradottisi poi in altri due libri, anch'essi di ispirazione largamente religiosa: "Scommessa sulla morte" e "Rapporto sulla fede".

La polemica emersa sulla figura di Garibaldi, sul Risorgimento e sull'unità d'Italia, non ha nulla di scandaloso e non introduce neppure elementi di novità. E' infatti acquisito da tempo che il Risorgimento non fu un'epopea, ma un processo complesso, e talvolta altamente drammatico, che ebbe sullo sfondo la ricomposizione degli equilibri europei nel tramonto dell'Impero absburgico. Già uno storico di cultura laica, Rosario Romeo, aveva ricostruito, nella stupenda Vita di Cavour, i conflitti aspri che dilaniarono i nostri "Padri della Patria", da Vittorio Emanuele Il a Garibaldi, da Cavour a Mazzini. Altri storici hanno dettagliatamente esaminato il peso e le eredità della cosiddetta "questione romana" legata all'inevitabile fine del potere temporale del papi e al "maggiore allargamento del Tevere" (Spadolini). E, poi, pagine memorabili sul Risorgimento sono state scritte da Gobetti, Gramsci, Sturzo, partendo da opposte visioni della prospettiva risorgimentale. Perciò, non ci si deve scandalizzare, ora, se Messori, o i cardinali Palazzini e Biffi "scoprono" la storia e la legge da una propria (integralistica) angolazione.
Quel che appare invece molto grave è l'ulteriore confusione che il dibattito sembra voler introdurre nel già confuso scenario politico italiano. La polemica su Garibaldi, infatti, è agganciata all'"autonomismo mancato", vale a dire alla nascita di uno Stato accentrato al posto di uno Stato confederale. Questa presunta occasione mancata costituirebbe niente di meno che la causa remota del fiorire delle leghe intrise di razzismo, oggi. Se si volesse restare all'Ottocento, si potrebbe consigliare ai sostenitori di questa tesi Una sia pur veloce lettura delle opere di Carlo Cattaneo sul valore autentico delle autonomie e del patto federale. Certamente si salirebbe di tono, ma si resterebbe pur sempre nell'ambito dell'Ottocento. La realtà del nostro tempo è completamente diversa.
Da un lato, negli ultimi quindici anni, sono stati trasferiti, in Italia, alle regioni e ai comuni, poteri e attribuzioni semplicemente enormi. Dall'altro lato, il federalismo in pieno svolgimento è quello che porterà all'unità europea.
Sul primo versante, quello dello sviluppo delle autonomie locali italiane, i risultati sono stati drammaticamente deludenti. Comuni e regioni, dotati di maggiori poteri, riproducono tutti i difetti di inefficienza e di burocratismo dello Stato centrale e moltiplicano, invece, l'immoralità del clientelismo, della lottizzazione, delle collusioni con lezone nere della criminalità. Basta dare uno sguardo alla fine che stanno facendo le foreste, trasferite dallo Stato alle regioni; basta soffermarsi sul più grande scandalo italiano costituito dalle Unità sanitarie locali che rappresentano il trionfo dell'"autonomismo" irresponsabile e arrogante; o basta tener presenti gli intrighi degli appalti, dei subappalti, delle tangenti, delle "infiltrazioni istituzionali" della mafia (e delle mafie); e così via.
Sul versante europeo, il processo di integrazione su basi federali dell'Europa e le prospettive del mercato unico stanno mettendo a nudo le macroscopiche deficienze del nostro Paese, frenato dalla montagna del debito pubblico, dalla inefficienza della pubblica amministrazione, dallo stato disastroso del servizi pubblici essenziali, dalle poste ai telefoni e alle ferrovie. E allora si può discutere se gli assessori regionali e comunali debbano avere ulteriori poteri, ma si deve tranquillamente lasciare in pace Garibaldi. L'Ottocento è infinitamente lontano.
Il male di cui soffre oggi il nostro Paese, l'unica causa del rozzo qualunquismo leghista, è la degenerazione dei partiti e l'inefficienza delle istituzioni politiche. Una delle regioni più povere del Vecchio Continente, la Calabria, accumula una mole impressionante di residui passivi di bilancio, vale a dire di denaro stanziato, disponibile, e non speso. Ma neppure le regioni del Nord, salvo rarissime eccezioni, possono essere considerate modelli di efficiente e previdente amministrazione. Agli inizi degli anni Sessanta erano in molti ad illudersi che per svecchiare lo Stato fosse sufficiente trasferire poteri alle regioni ed ai comuni. Non è stato così, ed oggi sappiamo perché.
La degenerazione dei partiti può diventare più acuta e volgare in periferia. Ma siccome i partiti sono la democrazia, e senza eli loro non può esistere la libertà, il tema di dibattito di oggi verte sul come portarli ad una riforma. Si tratta di comprendere su quali leve, da quella del sistema elettorale a quella delle modifiche costituzionali, occorre far forza per rigenerare la Repubblica. I politici, da quelli in servizio effettivo a quelli - per così dire - di complemento, si ostinano a non capire che la disaffezione della gente dalla politica non si cura blandendo le Leghe, ma rimuovendo le cause che portano al disorientamento e alla sfiducia degli italiani. I cattolici impegnati nella politica sono il perno del sistema di governo del nostro Paese da mezzo secolo. Lo sono per la modernità e per il coraggio che ebbero uomini di Stato come De Gasperi e come Vanoni; e per le patire che suscitava lo stalinismo. De Gasperi e Vanoni non ci sono più; stalinismo e socialismo reale sono crollati in pezzi. Possono i cattolici pensare di rimanere il perno degli equilibri italiani processando Garibaldi?


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