§ Il classicismo del pugliese Mauro Giuliani

Chitarre viennesi




Sergio Bello



Mancano pochi anni alla fine di questo secolo, ed è quindi possibile azzardare un'analisi delle direttive storiche e culturali senza grossi rischi di smentite. Per quel che riguarda la chitarra, la sua tecnica e la musica composta per questo strumento, si è spesso parlato di rinascenza; effettivamente, specie nella seconda metà del Novecento, il repertorio chitarristico si è accresciuto notevolmente, tanto per quantità, quanto per sostanza.
Gli apporti di compositori di grido - Petrassi, Berio, Chilly, ad esempio - sono stati determinanti per l'emancipazione della chitarra dal ruolo di strumento necessariamente legato a compositori che fossero anche strumentisti: una gravosa eredità che ha rischiato di soffocare la chitarra, tanto più considerando che questa situazione veniva istituzionalizzata a chiare lettere dagli stessi compositori puri, come è il caso di Berlioz, che nel suo Trattato di Strumentazione, del 1844, scrive senza mezzi termini che è impossibile comporre bene per chitarra senza saperla suonare. Si deve invece usare maggiore cautela nel riferire il termine Rinascenza al settore della musicologia chitarristica: se già la musicologia nel suo complesso è una scienza giovane e dunque un po' sfumata nelle sue linee di sviluppo e nei suoi nessi con discipline ad essa complementari, la musicologia più specificamente chitarristica soffre della sostanziale impreparazione scientifica e tecnica di coloro che vi si sono dedicati; lo stesso dilettantismo di cui erano e sono impregnati gli strumentisti che si cimentano con la chitarra ha fatto sentire i suoi effetti nell'ambito degli studi storici relativi allo strumento, compromettendo ulteriormente la già precaria immagine di questo, a stento considerato al di fuori della cerchia degli strumenti minori, e non ancora accettato tra gli strumenti di maggior prestigio.
Per quel che riguarda Mauro Giuliani, chitarrista-compositore di cui ci occupiamo in questa sede, faremo riferimento agli studi condotti dal musicologo americano Thomas F. Heck, studi che fortunatamente esulano dal quadro esposto in precedenza; il primo lavoro di Heck è tuttora un fondamentale strumento di lavoro per chi voglia approfondire la conoscenza storica della chitarra: si tratta di una voluminosa tesi di laurea - The birth of classic guitar and its cultivation in Vienna, reflected in the career and compositions of Mauro Giuliani (with), volume II: Tematic catalogue of the complete works of M G. (Xeros University microfilms, Ann Arbor/Michigan, 1970) - redatta per mezzo di lunghe ricerche sul campo (archivi, emeroteche, registri di polizia, biblioteche) condotte in Italia ed Austria, e rese possibili, secondo criteri tipicamente americani, da finanziamenti tanto di singoli privati quanto di istituzioni legate all'Università: stimoli, questi, che tanto mancano ai laureandi di casa nostra. A questa tesi, vecchia ormai di 21 anni, si sono aggiunti i contributi dello stesso autore, pubblicati su riviste specializzate americane ed italiane, il più recente dei quali, datato 1981, è stato scritto in occasione del bicentenario della nascita. Accanto al lavoro di Heck, si situa un'opera dedicata a Ferdinando Sor, chitarrista compositore spagnolo che vanta un'importanza storica pari a quella di Giuliani, intitolata Fernando Sor, Composer and guitarist (Tecla, London, 1977) e curata da Brian Jeffery: non si può infatti trattare Giuliani senza riferirsi alla contemporanea attività svolta da Sor a Parigi, in quanto, come vedremo, il diverso approccio adottato dai due nei confronti della loro professione, considerando i comuni risultati ottenuti, offre una visione completa ed imparziale della situazione della chitarra nei primi dell'Ottocento.
Vediamo innanzitutto di tracciare le linee generali del periodo in esame: il secondo cinquantennio del XVIII sec. è testimone del trapasso dalla chitarra barocca del Seicento al classicismo del primo Ottocento. In questo mezzo secolo si va stemperando il gusto tipicamente contrappuntistico, proprio degli autori barocchi, uno stile leggero ed arioso che aveva ormai raggiunto i massimi livelli di sofisticatezza, e si va creando il rapporto dualistico melodia-armonia, che, avendo preso piena coscienza delle strutture razionali e degli stilemi che sorreggono questo nuovo modo di comporre proprio sul finire del Settecento i compositori sfrutteranno e perfezioneranno per oltre un secolo. E' questo anche il periodo in cui la notazione moderna prende il posto degli ormai superati sistemi di intavolatura, segno di una ormai raggiunta capacità espressiva che rendeva necessario il passaggio ad un sistema di notazione più completo; questo periodo di transizione, per la verità molto fecondo, vede nascere - fra le altre - le composizioni per chitarra sola di Merchi e Porror, come pure le composizioni cameristiche con chitarra del lucchese Luigi Boccherini. Ed è in questo clima che si formano i chitarristi della svolta classicista: insieme ai capiscuola Giuliani e Sor, affinano le armi del concertismo ed affilano il gusto e la tecnica compositiva Ferdinando Carulli, Dionisio Aguado, Matteo Carcassi e Luigi Rinaldo Legnani, per rimanere ai più noti.
I centri musicali più fervidi erano Parigi, Vienna e Londra, ed è in queste città che si svolge larga parte dell'attività di questi chitarristi: a Vienna, primo fra tutti, approda proprio Giuliani, seguito da Legnani, parecchi anni dopo; a Parigi Carulli, nel 1808, e poi di seguito Sor, Carcassi ed Aguado. Tutti sfruttarono la vasta e fiorente produzione editoriale presente in quelle città, tutta tesa a soddisfare le esigenze di una larga fetta di dilettanti alla continua ricerca di opere didattiche e di semplici composizioni, cosicché proprio la didattica chitarristica vedrà gettate in questo periodo le sue più salde fondamenta attraverso la pubblicazione di metodi redatti dagli stessi concertisti, ai quali fa da complemento una enorme mole di composizioni in forma di studio: fondamentali quelle di Sor e di Giuliani, che, insieme alla prima parte del metodo di Giuliani, sono a tutt'oggi parte integrante del programma del Conservatori.
Nell'ambito di un ambiente quale quello delineato, Giuliani si muove e gestisce la propria immagine con una scioltezza veramente notevole: raggiunta una solida preparazione musicale - a 16 anni coglie il primo successo con la composizione di una "Messa" - sceglie di sua volontà di conquistare Vienna, città che vede ergersi su tutti la figura di Beethoven, che al momento dell'arrivo di Giuliani aveva appena terminato la composizione della "Quarta Sinfonia". Il virtuosismo di Giuliani è affinato a tal punto che in poco tempo il suo nome entrerà a far parte della élite musicale viennese; frequenta lo stesso Beethoven, è amico del violinista Mayseder e del violoncellista Merck, del pianisti Humel e Moscheles, e con questi ebbe occasione di intrattenere rapporti artistici oltreché musicali: con loro si esibì nei "Dukaten Konserte", con Moscheles e Mayseder pubblicò una romanza - "Abschied des Troubadeurs" - per voce, chitarra, pianoforte, violino e violoncello. Insieme a Moscheles è firmatario del "Gran duo concertante" per pianoforte e chitarra e Giuliani stesso trascrive per violoncello e chitarra due Polonaises op. 10 e op. 11 composte da Mayseder per quartetto d'archi.
Ed ancora lo troviamo alle prese col violoncello e sotto la direzione di Beethoven per la prima esecuzione della "Settima Sinfonia", composta da quest'ultimo.
A Vienna, infine, grazie all'effervescente concertismo di Giuliani, la chitarra non vive quell'emarginazione che l'opprime, invece, nelle altre città, non ultima la Parigi di Sor. E d'altro canto, il percorso battuto da Sor è di tutt'altra natura: l'arrivo a Parigi - meta ideale dei musicisti spagnoli - è stato determinato dalla restaurazione del governo di Ferdinando VII che mal sopportava quelli che, come Sor, avevano simpatizzato con i francesi di Giuseppe Bonaparte.
Ben diverso, dunque, lo spirito con cui Sor approda a Parigi rispetto a quello di Giuliani, e ben diverso anche l'approccio alla chitarra: egli ambirebbe imporsi, più che come chitarrista, come compositore; tuttavia ai suoi lavori si oppose un fin troppo consistente muro di critiche, e il suo rifugiarsi nella chitarra, mezzo espressivo intimo e castigato per eccellenza, non è certo in linea con quanto fa nel medesimo tempo Giuliani. Il valore delle opere per chitarra di Sor, comunque, ed in particolare di studi cui accennammo sopra, è sempre elevato, ed un buon gusto armonico e contrappuntistico le pervade, rendendole del veri piccoli gioielli. L'opera di Giuliani è invece più spumeggiante e - facile immaginarlo - virtuosistica, specchio fedele di quell'agire e pensare positivo e vivace dell'artista pugliese. E dunque può a ben ragione definirli Mario Dell'Ara nel suo manuale di storia della chitarra "personalità artistiche ed umane differenti", ed aggiungere che "li accomuna la serie dei loro capolavori che, come tutte le grandi opere, riassumono l'esperienza del passato e tracciano le vie future".

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