§ La replica

Con la piccola differenza...




Mario Marti



...Con la piccola differenza (permettimi questa "Giunta", caro Direttore, alla patetica conclusione di Santoro) che il titolo di Commedia più o meno Divina s'è sempre saputo che cosa significasse e che cosa indicasse ("che la mia Comedìa contar non cura", lf XXI, 2), mentre quello di La Rassa a bute non si è saputo finora né che cosa significasse né che cosa indicasse. Questa è la strana aporia, nella quale è irretito il per altro simpaticissimo Gino Santoro: di scambiare! cioè l'oggetto con l'evento, il Fatto con l'opinione, la fenomenologia della letteratura filologicamente accertata con la "valutazione" dei tutto soggettiva e ipotetica.
Del resto, non potrà esserci mai un comune terreno d'intesa filologica fra chi fa "critica letteraria come filologia integrale" (titolo dei mio ultimo libro presso Congedo di Galatina), e chi crede che la filologia sia una sorta di giuoco di bussolotti, divertente e superfluo, tra ipermetri e ipometri (grammatica elementare, per altro, non sempre ben posseduta dagli addetti ai lavori, almeno da queste parti). E a costoro era rivolto il mio Restauro della Rassa a bute in Sudpuglia, '90, 115-122), che non è affatto, come presume Sontoro, "un confronto" tra la mia e la sua edizione, bensì la giustificazione critica dei miei interventi ("restauro") nei riguardi delle precedenti edizioni della Longo e anche del Santoro.
Il quale se ne è doluto, come vedo, e me ne rammarico molto, perché son costretto, mio malgrado, a questa replica, pur avendo la indiscutibile conferma della innocenza filologica di lui. Chi abbia un minimo di scienza specifica certo si meraviglierà della meraviglia di Santoro alle prese con un manoscritto miscellaneo, e delle considerazioni e delle assurde conclusioni cui perviene; si chiederà, fra l'altro, che cosa mai egli abbia inteso dire con "versione apocrifa" della Rassa, unico essendo il manoscritto (non vorrò dire forse "apografa"?); e rimarrà esterrefatto delle singolari "varianti" registrate a p. 144 del suo libro.
Gino Santoro non sa che la Rassa è stata da me pubblicata sul "Giornale storico" di Torino (luglio-settembre '89), perché evidentemente non lo guarda neanche, e non sa, probabilmente per la stessa ragione, che sul n. 115 di "Cultura e scuola" di Roma (luglio-settembre '90) è uscito un mio Settecento letterario dialettale salentino, dove viene delibato il problema dei rapporti tra Rassa e luneide, toccato anche dalla Romanello congruamente (Per la storia ecc., 1986, 47-49). Gino Santoro vi accenno - guarda un po' -"a puro titolo di curiosità" (e si vede), ignorando tutto; e inoltre rifiutandosi di collocare il suo "relitto" in una linea di storia della letteratura teatrale nel Salento (fra Cinque e Settecento), tutta da scoprire e da studiare, e bene anche da lui, ov'egli si limitasse al suo mestiere, come ha sempre ben fatto finora, senza improvvisarsi (ahimè) filologo.

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