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L'arte della moneta
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Dove inventano i nostri soldi |
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Roberto
Adamanti
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Nella
teca-museo illuminata a giorno sono conservati i primi esemplari: giganteschi,
molto colorati. Nelle altre c'è la storia dell'evoluzione delle
nostre monete. L'arrivo di macchine specializzate nella stampa policromatica
si proietta in biglietti dal taglio sempre più ridotto. Il rettangolo
si fa sempre più piccolo, allungato, slanciato. I colori, attenuati,
si mescolano tra loro. Il soggetto non è più allegorico
o floreale, ma celebrativo e un poco enfatico: oleografico. Poi, la
serie documentativa. E' l'ultima: una galleria di personaggi illustri
dall'iconografia certa, con le loro opere: architetti e musicisti del
1300-1600, selezionati secondo due criteri precisi: sono tutti politicamente
neutrali e sono tutti barbuti e in non pochi casi anche pelosi. Ciascuno
con i particolari dei propri capolavori: dipinti, fontane o piante di
chiese. Ricchissimi di complicati dettagli, perché nelle scelte
pesano senz'altro le esigenze estetiche, ma ancora di più è
presente la preoccupazione di complicare la vita agli "artisti
illegali", i falsari.
L'arte della banconota è affidata a un pugno di uomini: undici in tutto, due bozzettisti, cinque incisori, due filigranisti e due guillocher. Assunti per rigorosi concorsi pubblici, possono tramandarsi il mestiere da generazioni. Provengono da licei artistici o da accademie di belle arti: ma tutti, una volta assunti, vanno a specializzarsi alla Banca d'Austria o alla Banca d'Inghilterra. Lavorano in un modernissimo complesso a Roma-Tuscolana. Impiegano oltre un anno per realizzare un volto, il dettaglio di un dipinto, le colonne di un teatro. Devono tenersi in continuo esercizio su progetti fantasiosi, su colori, su tagli di ipotetici biglietti del domani. Inventano e incidono, spendono anni con l'occhio fisso alla lente d'ingrandimento e al microscopio, attenti a non invadere ciascuno il campo d'attività dell'altro, e tutti insieme attenti a seguire scrupolosamente le istruzioni di una commissione permanente guidata dal Governatore e composta da un gruppo di funzionari dell'Istituto di Emissione e da un paio di critici d'arte ed esperti esterni, i cui nomi non vengono mai rivelati. Per scelta degli interessati, ma anche per evitare le pressioni (avvenute!) di politici decisi ad imporre l'immagine di un personaggio famoso nel loro collegio elettorale su quei pezzi di carta che circolano così tanto. E' l'intero staff a stabilire quel che deve avere una banconota sul "recto", la facciata più importante, e sul "verso". Così, si è arrivati al Bernini e al Caravaggio, dopo esser passati, negli anni scorsi, per Virgilio e Dante, per Verdi e Colombo, per Galileo, Michelangelo, Tiziano, Leonardo, Manzoni. Sembra stabilito che Nenni, Togliatti, De Gasperi ma anche Cavour, Mazzini, Garibaldi non avranno mai l'onore di finire su una banconota. Oltre tutto i "volti" devono essere ufficialmente accettati da tutti: quel che è accaduto anni fa con le mille lire dedicate a Marco Polo, un ritratto esposto alla Galleria Doria Pamphili definito da alcuni non autentico, non si dovrà verificare mai più. Cinque piani, una megacassaforte controllata a vista ventiquattr'ore al giorno, una zona di massima sicurezza dove si ammonticchiano ogni giorno 20-30 mila "fogli" con gli esemplari da 10, 50, 100 mila lire, per un totale di 800 milioni di biglietti all'anno. Macchine speciali contano il "materiale" che entra ed esce. Una fabbrica che produce un fiume ininterrotto di denaro. Qualcuno, circa quindici anni fa, ne rimase ubriacato, e zitto zitto prese il largo con un pacchetto da un miliardo sotto il braccio: nuovo di zecca. Lo ripescarono in un batter d'occhio.
L. Einaudi, Ass. B. d'Italia, 31/3/1947 Poteva la Banca, innanzitutto, rifiutare di somministrare agli alleati i .fondi in biglietti? [ ... ]. Poteva la Banca rifiutare di riscontare la carta degli ammassi obbligatori di cereali ed altre derrate ritenute di prima necessità? [ ... ]. Poteva la Banca rifiutarsi di versare all'Ufficio italiano dei cambi le somme ad esso bisognevoli per acquistare dagli esportatori italiani i dollari, le sterline, i franchi svizzeri, i pesos e le altre valute pregiate che gli esportatori sono dalla legge obbligati a consegnare al cambio ufficiale [..]? Poteva la Banca, depositaria per legge di ingenti depositi degli istituti di credito, rifiutarsi a rimborsare, quando a loro volta le banche dovevano far fronte a ritiri di depositi da parte della clientela? [ ... ]. Finalmente, può la Banca d'Italia, Tesoreria dello Stato, rifiutare di versare allo Stato le somme che questo ha a suo credito nel conto corrente, presso la Banca medesima? [ ... ]. Non c'era libertà di scelta: o crescere la circolazione o creare il caos economico. Mali ambedue: ma di gran lunga peggiore il secondo.
Ci siamo posti e ci poniamo l'interrogativo se la Banca d'Italia avrebbe potuto e potrebbe rifiutare il finanziamento del disavanzo del settore pubblico astenendosi dall'esercitare la facoltà attribuita dalla legge di acquistare titoli di Stato. Il rifiuto porrebbe lo Stato nella impossibilità di pagare stipendi ai pubblici dipendenti dell'ordine militare, dell'ordine giudiziario, dell'ordine civile, e pensioni alla generalità dei cittadini. Avrebbe l'apparenza di un atto di politica monetaria: nella sostanza, sarebbe un atto sedizioso, al quale seguirebbe la paralisi delle istituzioni. Occorre assicurare la continuità dello Stato, anche se l'economia debba cadere in ristagno; d'altronde, le conseguenze del caos amministrativo sarebbero più gravi. |
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