§ L'arte della moneta

Il Crociato votò per la lira pesante




Carlo M. Cipolla



Non si chiamava "lira pesante". Si chiamava "denaro grosso" e venne in essere tra la fine del secolo XII e gli inizi del secolo XIII. Ma si trattava dello stesso fenomeno.
I carolingi, alla fine del secolo VII, avevano introdotto in Europa il sistema monometallico argenteo basato sul denaro di buon argento (950 millesimi) del peso di 1,7 grammi. Poiché la società era quanto mai primitiva e l'economia quanto mai arretrata, il sistema monetario era tutto lì, consistente in una misera monetucola senza né multipli né sottomultipli. Il fatto è che la gente, rintanata nelle strutture dell'economia curtense, ricorreva raramente allo scambio e quando vi ricorreva faceva uso del baratto e solo eccezionalmente della moneta.
Con la seconda metà del secolo X si verificò un drammatico ribaltamento della situazione e si mise in moto un lungo processo di sviluppo economico destinato a durare circa tre secoli. Crebbe la popolazione, crebbero in misura maggiore la produzione e il reddito, le città si svilupparono, aumentò la divisione del lavoro, crebbe la domanda di moneta. La produzione di argento crebbe essa pure, soprattutto nei paesi tedeschi, ma non tenne dietro alla rapida crescita della domanda di moneta metallica. Per cui, onde evitare le conseguenze di una protratta e pesante pressione deflazionistica, più o meno coscientemente si ricorse alla svalutazione della moneta. In altre parole, da una stessa quantità di metallo si andò ricavando un numero progressivamente più elevato di segni monetali. La svalutazione prese la forma di riduzione del peso e di deterioramento della lega, cioè a dire il denaro fu coniato a un peso sempre più ridotto, mentre la lega metallica di cui il denaro era composto conteneva sempre meno argento e sempre, più rame. I paesi che più svilirono il denaro furono soprattutto quelli che sperimentarono il più intenso fenomeno di sviluppo economico e quindi un più intenso incremento della domanda di moneta: questi paesi furono in prima linea le Repubbliche marinare italiane.
Alla fine del secolo XII il denaro veneziano, per esempio, non era che una pallida ombra del denaro di Carlo Magno: aveva un diametro di circa 12 millimetri, contro 122 millimetri del denaro di Carlo Magno, la sua lega era ridotta a 250 millesimi e il suo peso a 0,36 grammi: una moneta fragile, addirittura facile a rompersi fra le dita, che se messa in un bicchiere d'acqua quasi vi galleggiava. Come mezzo di pagamento e di scambio il denaro era divenuto ormai decisamente uno strumento inadeguato.
A quel punto intervennero fatti nuovi. Come spesso capita nell'avventura umana, l'espansione economica, demografica e culturale dell'Europa occidentale assunse anche una dimensione militare e politica. Si aprì l'epoca delle Crociate e bande sempre più consistenti di avventurieri infiammati di fervore religioso si affollarono nelle Repubbliche marinare italiane, chiedendo di essere trasportate nel Vicino Oriente con armi e vettovaglie. Offrivano in cambio danaro, oggetti preziosi e promesse di privilegi commerciali una volta conquistati i luoghi santi, e una massa di argento coniato e non coniato si riversò così inaspettatamente nelle Repubbliche di Genova, di Venezia e di Pisa.
Genova e Venezia furono pronte a raccogliere l'occasione per risistemare il fragile sistema monetario. Saggiamente esclusero una rivalutazione della moneta che avrebbe comportato una caduta dei prezzi, e scelsero invece la soluzione di creare accanto al vecchio denaro, che assunse allora il nome di picciolo", un denaro pesante, che venne chiamato per contrasto denaro "grosso".
Il denaro pesante o grosso genovese comparso alla fine del XII secolo, pesava circa grammi 1,7, lo stesso peso dunque del vecchio denaro di Carlo Magno; il denaro pesante o grosso veneziano comparve forse nel 1202 e pesava invece grammi 2,2. Sia il grosso genovese che il grosso veneziano erano coniati in buona lega d'argento superiore a 900 millesimi. L'iniziativa ebbe un successo strepitoso, dimostrando che c'era effettivamente bisogno di una moneta dal valore unitario più consistente del minuscolo denaro piccolo. Una dopo l'altra, le varie Zecche italiane si misero a seguire l'esempio di Genova e Venezia e coniarono anch'esse denari grossi: così Siena nel 1220, Pisa nel 1227, Verona e Parma nel 1230 circa, Bologna e Ferrara prima del 1233, Firenze tra il 1230 e il 1240. E fuori d'Italia si fece la stessa cosa.
In Francia, Luigi IX coniò il grosso o soldo Tornese. I conti di Fiandra emisero i "groats"; in Germania i vari principi e città libere coniarono i "groschen". Il furore imitativo fu tale che anche in Inghilterra, dove non c'era bisogno di un denaro pesante perché il denaro "esterlino" era rimasto nel corso dei secoli precedenti largamente immune dal processo svalutativo che aveva colpito il denaro in ogni continente, anche in Inghilterra - ripeto - si procedette alla coniazione di un denaro pesante chiamato "groat".
La coniazione del "grosso" non arrestò il processo secolare di svalutazione della moneta. Tale processo continuò con varia intensità nei vari paesi. La riforma della moneta pesante, iniziata da Genova e Venezia tra la fine del secolo XII e i primi del secolo XIII, aprì tuttavia l'era di un più complesso e più razionale sistema monetario.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000