L'opinione pubblica
americana ha ormai preso atto del fallimento del settore delle Casse
di Risparmio e del debito dell'ordine di centinaia di miliardi di
dollari che il governo federale è costretto ad accollarsi per
far fronte alle garanzie dei correntisti assicurati. L'attenzione
è attualmente concentrata sui fallimenti delle banche commerciali
che potrebbero richiedere una volta di più l'intervento del
ministro del Tesoro. I problemi relativi, che per quanto seri non
si configurano in un disastro pari a quello delle Casse di Risparmio,
costituiranno l'agenda principale del Congresso per l'anno in corso.
L'amministrazione Bush intende infatti presentare una riforma articolata
volta a rendere più solide sia le banche commerciali sia le
assicurazioni sui depositi.
Le 13.500 banche commerciali attive negli Usa, le quali gestiscono
ben 60.000 sportelli bancari, hanno attività e passività
per un totale rispettivo di 3 mila miliardi di dollari, vale a dire
tre volte tanto quello delle Casse di Risparmio. Di queste, 4.500
sono "banche nazionali", costituite a livello federale,
mentre le restanti 9.500 sono banche costituite a livello di Stato.
La quasi totalità gode di un'assicurazione federale, mentre
tutte sono tenute a soddisfare le disposizioni federali in materia
di riserve contro depositi e tutte possono rivolgersi alla Fed per
ottenere prestiti. L'attività di regolamento e vigilanza spetta
alle autorità competenti, tra cui la Federal Reserve e la Federal
Deposit Insurance Corporation.
Nel 1933, prima della festività nazionale voluta da Roosevelt,
furono 9.000 gli istituti bancari ad essere travolti dalla Grande
Depressione. La corsa, dettata dal panico, a convertire indiscriminatamente
i depositi in valuta spazzò via sia i solventi sia gli insolventi.
Da allora, l'assicurazione sui depositi federali, stabilita per legge
nel 1935, impedì il verificarsi di corse dagli esiti così
infausti. Oggi, quindi, la responsabilità del recente aumento
dei fallimenti, che coinvolgono circa 200 banche all'anno con depositi
pari a 40 miliardi di dollari a fronte delle 84 banche e degli undici
miliardi di depositi per l'intero decennio 1971-1980, ricade sulle
insolvenze. Nella lista delle banche "a rischio" della Federal
Deposit compaiono attualmente 1.000 istituti con depositi per 400
miliardi di dollari.
Il rischio in questione è rappresentato dai prestiti inesigibili.
E' noto ormai come, a partire dagli anni '70, le banche abbiano peccato
di eccessivo ottimismo per quanto riguarda petrolio americano, America
Latina, fusioni e acquisizioni, nonché proprietà immobiliari
adibite ad uso commerciale. Sulla scia delle recessioni regionali
in atto, le banche del Texas e quelle del Nord-Est, e in particolare
del New England, sono le più vulnerabili.
Nelle banche, il rapporto d'indebitamento èpesante. Basti dire
che, in media, solo il 6% delle attività rappresenta i fondi
degli azionisti; che molte banche sono al di sotto del 3%, vale a
dire il livello minimo prescritto; che alcune hanno un patrimonio
netto negativo e che anche altre lo avrebbero solo che le attività
fossero realisticamente valutate.
Il settore registra un utile medio al netto della tassazione pari
al 7% del capitale. Sono molte tuttavia le banche, e tra queste le
colossali "Banche che gestiscono fondi comuni", che segnalano
perdite. I valori di mercato delle azioni bancarie sono depressi e
le banche non sono in grado di attirare nuovo capitale né di
aumentarlo attingendo agli utili non distribuiti. Volendo soddisfare
le disposizioni relative al capitale, esse dovrebbero contrarre depositi
e attività.
Nei venti anni trascorsi, le banche commerciali si sono trovate di
fronte ad un aumento della concorrenza per quanto riguarda sia depositi
sia attività. I fondi comuni d'investimento mobiliare -redimibili
su richiesta e anche traibili, ma non assicurati - costituiscono un'alternativa
allettante ai depositi bancari agli occhi di quanti hanno soldi da
investire. Tanto più che i loro tassi d'interesse sono più
vicini a quelli praticati sul mercato libero di quanto non lo siano
quelli che le banche sono in grado di versare ai rispettivi correntisti.
In materia di attività bancarie tradizionali, c'è poi
la concorrenza degli intermediari finanziari esterni alle banche.
Le ipoteche sulle abitazioni, che è ormai consuetudine convertire
in titoli, attirano sia i fondi di pensionamento sia le società
di assicurazione. Lo stesso dicasi per i debiti contratti dal consumatore
per l'acquisto di automobili o di altri beni durevoli. Le aziende
che godono di un buon nome trovano spesso più vantaggioso vendere
titoli di credito a breve sul libero mercato che non ricorrere a prestiti
bancari.

Nel 1979, le banche commerciali fornirono il 32% dei fondi anticipati
sui mercati del credito ai settori non finanziari dell'economia americana.
Nel 1990 questa quota è scesa al 23%, malgrado esse abbiano
rilevato una parte delle attività in precedenza gestite dalle
Casse di Risparmio.
Al momento, gli Stati non sono in grado di impedire l'invasione di
banche con sede in altri Stati. L'amministrazione, in ossequio alla
teoria che vuole che le grandi banche siano più efficienti
e competitive, propone di consentirne l'apertura di filiali a livello
nazionale. Gli istituti bancari commerciali sarebbero inoltre liberi
di vendere assicurazioni e sottoscrivere titoli e di operare altre
attività d'investimento. Si ritiene, infatti, ma è una
teoria da verificare, che se le banche non possono ricavare utili
adeguati dall'attività che è loro propria, non è
detto che non possano avere successo diversificando quest'ultima.
La speranza è che gli utili provenienti dalle attività
ausiliarie possano consolidare la situazione patrimoniale delle banche.
Considerato, tuttavia, che le nuove attività saranno gestite
da affiliate giuridicamente indipendenti, risulta difficile capire
in che modo gli utili di quest'ultime, ammesso che ci siano, possano
adeguatamente contribuire alla solvibilità delle operazioni
bancarie.
L'assicurazione sui depositi continua ad essere un problema cruciale
in attesa di soluzione. I fondi a disposizione della Federal Deposit
scarseggiano, mentre si registra l'aumento delle banche tenute a versare
premi. Queste, che hanno già il loro da fare per realizzare
utili, contestano i conti aggiuntivi (esse chiedono anzi che la Fed
si decida a pagar loro l'interesse sui bilanci di riserva). E' probabile
che, alla fine, il Tesoro dovrà riscattare i fondi della Federal
Deposit, ma è fuor di dubbio che il costo di questa operazione
sarà di gran lunga inferiore a quello del salvataggio delle
Casse di Risparmio.
Nel lungo periodo, l'unica soluzione praticabile sarà quella
di disporre che i depositi assicurati vengano investiti esclusivamente
in attività sicure, soprattutto in titoli di Stato. In tal
caso, non sarebbe necessario imporre dei limiti all'entità
dei depositi assicurati. I risparmiatori, e in particolare quelli
che hanno mezzi modesti e poche pretese, disporrebbero così
di conti correnti bancari e di depositi a risparmio convenienti e
sicuri. Istituendo un servizio rigorosamente separato, la banca potrebbe
accettare depositi non assicurati e investirli a sua discrezione,
fermi restando i regolamenti e la vigilanza da parte delle autorità
competenti. E' lecito ritenere che i depositi in questione renderebbero
un interesse superiore a quello dei depositi assicurati, così
che pur non escludendo i rischi per azionisti e correntisti, si eliminerebbero
quelli di un coinvolgimento dei contribuenti.
Malgrado l'esistenza di segnali che lasciano intravedere un impegno
in tal senso, l'Amministrazione per ora si limita a proporre una serie
di riforme modeste in materia di assicurazione sui depositi. La responsabilità
del governo per conti che eccedano il limite prescritto di 100 mila
dollari sarà ridotta, e anche la prassi in base alla quale
tutti i depositi devono essere liquidati sarà ridimensionata.
La giustificazione che una banca è"una faccenda troppo
grossa per consentirne il fallimento" ,sarà valida solo
a seguito di una decisione della Federal Reserve.
Quest'anno, commentatori, responsabili politici e banchieri esprimono
il timore che l'eccessiva prudenza con cui le banche concedono prestiti
possa vanificare le misure di agevolazione del credito, accusandole
in parole povere di "procedere autonomamente". La verità
è, invece, che le banche utilizzano tutte le riserve messe
a disposizione dalla Fed. Questa è ancora in grado di superare
la recessione, ma non è escluso che per raggiungere l'obiettivo
debba procedere a una riduzione dei tassi d'interesse maggiore del
solito.