§ Memorie di una tuta blu

Matricola 2145 scrittore




Tommaso Di Ciaula



Il mio primo approccio con la macchina è stato all'inizio degli anni '50: era un vecchio tornio non elettrico, io dovevo girare la manovella, io ero la forza motrice e il padrone lavorava! C'eravamo solo noi due in quella piccola officinetta, anzi tre: io che ero l'energia, il padrone che era nello stesso tempo anche operaio e sua maestà la macchina nelle sembianze di un vecchio e scalcinato tornio. Ogni tanto entravano dalla strada silenziosa anche le galline, si facevano una passeggiata tra i nostri piedi e poi se ne andavano "coccoricando" così come erano entrate! A quei tempi fare il tornitore era ritenuto una cosa favolosa, un mestiere d'oro... soldi a palate... il mestiere più interessante del mondo!
Così lasciai la campagna e diventai pian piano tornitore, anzi - per essere meglio definito - un metalmeccanico! Da quel giorno sono dovuti passare molti anni, un quarto di secolo per l'esattezza, un quarto di secolo perché avessi i mezzi per raccontare la mia storia, per raccontare il mio malessere! Debbo ringraziare la collana "Franchi Narratori" (che poi hanno bruscamente eliminato; è sparito anche chi l'ha eliminata: Franco Occhetto. Chissà perché? La storia la narrano solo i grandi, i condottieri, gli eroi... Chi se ne frega delle storie dal "basso", dei "franchi narratori" ... ), debbo ringraziare l'Editore Feltrinelli, Alba Marina e tutto il suo staff di allora, debbo ringraziare Grazia Cherchi e Goffredo Fofi che dall'editore Garzanti (dove il mio manoscritto approdò per la prima volta) lo portarono "emozionati" (sono parole loro) in via Andegari, dall'editore Feltrinelli.
Debbo anche ringraziare un articolo che non ricordo più dove lessi, che parlava di cose che sentivo per la primissima volta, si trattava dunque di "letteratura industriale", venivano citati Vittorini, Volponi, Ottieri, Parise e altri. Essi scrivevano incredibilmente di storie di operai, anche se gli scriventi non erano operai e questo mi incuriosì molto e m'insospettì un poco: perché gli operai non se le sanno scrivere da soli le loro storie? Cavolo, cominciamo a diventare molto importanti se si interessano di noi? Così dopo questi stimoli iniziai a scrivere la mia storia!
Scrissi a Volponi e mi disse che il romanzo, se aveva il piglio di quella lettera, doveva essere un libro importante; e, appena pronto, di mandarlo all'editore Garzanti (poi Garzanti lo rifiutò e Volponi scrisse la prefazione all'edizione Feltrinelli).
Scrivevo la mia storia a forma di diario perché questa era la maniera più accessibile e più semplice per un autodidatta per avvicinarsi al complesso meccanismo della scrittura!
Quando uscì il libro nel febbraio del 1978 destò molto scalpore, nonostante fosse il momento terribile del caso Moro quasi tutti i giornali ne parlarono, ma in maniera approssimativa e cattivella: Ghirelli su "Tuttolibri" disse che era un documento straordinario ma di una poeticità reazionaria, dissero che ero un povero scemo che rimpiangeva il tempo quando dava da mangiare alle galline; dissero che aveva "i limiti e i pregi di un naïf" (questo fu Domenica Porzio su "Panorama"). Certo che mi sono divertito col mio romanzetto: il settimanale "Il metallurgico" mi dedicò due righe striminzite, "L'Unità" disse che era un libro molto poetico, però quando parlavo di politica ero molto approssimativo, poi a distanza di anni il mio romanzo lo pubblicarono la Germania Democratica e l'Unione Sovietica!
Intanto, a tanti anni di distanza dalla suo pubblicazione, il libro è più vivo che mai, ma nessuno ne parla, questa notizia non la storia, ci sono le virgole e i punti e virgola dei Grandi Scrittori a cui badare: però quella virgola messa lì dallo scrittore X è veramente eccezionale, mai vista una virgola così ben messa. E non avete visto il punto e virgola che ha messo lo scrittore Y...
Guardate il cammino del mio romanzetto, suvvia lasciatemi fare: 1978, edizione Feltrinelli; 1979, tradotto in Germania Federale; 1982, tradotto in Francia e Messico; 1983, tradotto nella Germania Democratica ed edizione scolastica per la narrativa scuola dell'editore Loescher (che nessun professore di italiano ha adottato!!!); 1984, tradotto in Unione Sovietica; 1985, girato un film da una troupe tedesco per il grande schermo dal regista Florian Furtwangler (nipote del grande maestro d'orchestra Whilelm); 1986, edizione teatrale in Francia! Come vedete, è un piccolo miracolo letterario sommerso, in sordina sta scuotendo mezzo mondo. Le classifiche sui giornali dovrebbero tenere conto anche delle classifiche dei libri italiani tradotti e venduti all'estero, lì si vedrebbe la prova del nove della validità del romanzo!!!
In Italia silenzio assoluto sul caso: ormai siamo fuori modo, l'operaio è fuori moda, anzi mi sorprende il coraggio che si parli di un tema ingiustamente dimenticato, ma a parer mio attualissimo! Possiamo sbalordire quanto vogliamo davanti alle storielle nostrane dei paninari e delle loro "sfitinzie", degli yuppies americani, della Borsa che esplode ma la gente nell'intimo non sta proprio bene! Almeno così mi pare!
Civiltà o macchina, mi chiedete. La fate facile voi! Chi può dire la verità su questo argomento? C'è ancora qualche scienziato romantico che sta sperimentando il moto perpetuo, l'antico sogno dell'uomo...
Le realtà cambiano, certe verità dopo un ottimo sono stravolte: l'uomo non lavora più col sudore della fronte, ormai ci sono i computer, la donna non partorisce più con dolore, ormai ci' sono i parti pilotati, i parti dolci... La fabbrica, la macchina ha sconvolto bruscamente il rapporto tra l'uomo e la terra e i letterati si sono buttati sull'argomento per capire ciò che succedeva, ma si è capito benissimo dove si stava andando e si è andati lo stesso, verso la distruzione dell'equilibrio ecologico, verso la distruzione di tutto. Come andrà a finire? Chi dice la verità? La realtà èche ognuno porta l'acqua al proprio mulino, ognuno scrive la storia che più gli fa comodo: c'è stato un capo del personale (Paolo Volponi) che ha scritto la storia di un operaio; Balestrini scrive in un'altra ottica un'altra storia di operaio con "Vogliamo tutto"; Primo Levi con "La chiave a stella" racconto un altro tipo di operaio!
Dove sta la verità? Come si fa a capire questa benedetta realtà! Dicevano i latini che la verità sta al centro. Boh! Cos'è una fabbrica? Certo una cosa è una fabbrica di lamiere incollate con la sputazza che sappiamo così bene fare nel Sud, un'altra cosa è nel Nord Italia, altra cosa ancora come ti costruiscono le fabbriche i tedeschi, che sono opere d'arte belle e monumentali! Che deve essere veramente una bella differenza! Provate a stare d'estate in un capannone di lamiere, vedrete in che maniera bestiale si lavora, coli sudore dalla cima dei capelli ai piedi: credetemi, l'inferno dovrebbe essere più accettabile!
Civiltà o macchine? Questo mi chiedete. La fate facile voi! Per essere sincero, quando lavoravo nelle piccole officinette mi sentivo più gratificato, lì mi dovevo costruire il pezzo da cima a fondo: dovevo piallarlo e così lavoravo alla piallatrice, dovevo alesarlo e passavo all'alesatrice dovevo tornirlo e passavo al tornio, dovevo dargli l'ultimo ritocco di rettifica e con disinvoltura mi appressavo alla rettifica... Finanche l'utensile mi costruivo: facevo l'intacco sul pezzo di acciaio alla fresa e io stesso ci saldavo la placchetta, poi andavo alla mola e davo i giusti angoli di spoglia affinché l'utensile lavorasse ad arte! E le ore passavano svelte e tornavi a casa soddisfatto, sì soddisfatto!
Adesso torni come uno zombi, ingrigito, rincitrullito; per forza: stare otto ore sempre ad avvitare un bullone, dovete immaginare che soddisfazione che dà! Ma si obietterà che non è più tempo di stare a discutere, bisogna lavorare e basta, chinare la testa, ubbidire, però fatemi il piacere di non menarmela dicendomi che questo è progresso, che questa è civiltà! Non unite il danno alla beffa!
Poi voglio fare un distinguo tra la società reale e quella del mass media. Altro che elettronica, computer! Ho girato negli ultimi giorni l'Abruzzo, il Molise e parte dell'Emilia. Ebbene, ho visto cento paesini con piccole officinette sulle strade principali, con ometti che battono sull'incudine; paesini sulle montagne, sui fiumi, sui crepacci, dove ci sono vecchiette che pascolano pecore e cavalli e vecchietti che stringono sul petto i nipotini nella sera fonda, e ragazzine che offrono rose! Sì, io sono per la semplicità, per la civiltà dell'amore, dell'amicizia, delle carezze: morire non sulle macchine, ma morire per troppo amore! Per troppo giustizia!

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