§ Contributi medici / 1

Epatopatie da farmaci




Italo Vittorio Tondi



Molti farmaci, per effetto diretto o indiretto, per le loro interazioni, per scarsa conoscenza della loro farmacocinetica e del meccanismo d'azione, per iperdosaggio o improprie associazioni, possono indurre quelle sindromi cliniche note come "malattie iatrogeniche", (alias di origine medica), delle quali preminente, se non esclusiva, è la responsabilità del medico.
E' da sottolineare che, non infrequentemente, per il sovrapporsi e l'intrecciarsi dei sintomi della malattia di base con quelli determinati dall'incongrua precipitosa e/o massiva somministrazione dei farmaci, più difficile è l'interpretazione diagnostica, alterandosi e mascherandosi il quadro morboso di partenza, aggravandone altresì il decorso e la prognosi.
Dal lato storico la iatropatologia non è da considerarsi del tutto recente, giacché già Ippocrate ammoniva i medici di attenersi all'etico principio del Primum non nocere.
Però è solo in questi ultimi decenni che il problema si è enormemente amplificato e complicato per due motivazioni: "Da un lato" - scrive Iandolo - "il progresso tecnologico che ha messo a disposizione dei medici strumenti diagnostici e terapeutici di straordinaria potenza, ma non privi di rischi per il malato. Dall'altro la posizione sempre più difficile del medico di oggi che stenta a tenere il passo con il vertiginoso evolversi delle conoscenze e delle tecniche" (Il Policlinico sez. prat., 6, 197, 1985).
E Coppo, nel 1971, nella presentazione di un libro (Patologia e malattie iatrogeniche di B. Bonati, Edizioni Wassermann, 1971) sulle malattie iatrogeniche scriveva: [...] a parte il danno economico iatrogeno all'economia del sistema assistenziale, implicito nell'uso di prescrivere medicamenti a tutti e non raramente senza alcuna informazione diretta sulla necessità specifica del medicamento scelto, è ovvio che quest'andazzo conduce all'aumento del rischio di intolleranze o di danni da medicamenti"
In un recente articolo (Il Leccio, n. 2, 1988) a proposito della patologia iatrogenica scrivevamo: "libri, congressi, tavole rotonde, conferenze, e di cui anche il nostro Codice Deontologico si occupa negli articoli dal 16° al 20°, hanno tristemente palesato, di pari passo col progresso tecnologico e scientifico, quanto preoccupante, diffusa, attuale e pericolosa sia questa patologia [ ... ]. Dalla Vis Medicatrix Naturae e dalla disponibilità di pochi farmaci galenici dei nostri predecessori l'armadio farmaceutico si è oggi talmente arricchito da indurre a seriamente riflettere se "scienza e coscienza" siano da sole sufficienti a comprendere quando e quanto corticosteroidi, antibiotici, antiblastici, psicofarmaci e preparati compositi, con le loro associazioni ed interazioni, sono da considerarsi più che utili dannosi". Passando dal generale al particolare e per attenerci al tema in discussione diremo che dei vari organi che possono essere bersaglio o vittima di tale patologia preminente è l'interessamento del fegato, per il numero e la complessità delle sue funzioni, tra cui quelle della degradazione metabolica del maggior numero dei farmaci e della detossicazione.
Ma quali sono i meccanismi patogenetici inducenti la sofferenza epatica? Quali i potenziali danni istomorfologici e funzionali al fegato derivanti? E quali farmaci, da soli o in associazione, sono da considerarsi potenzialmente epatolesivi?


Ai fini schematici ed esplicativi ci avvarremo di alcune Tabelle, utili per le risposte ai nostri quesiti e per la comprensione da parte dei lettori. Nella Tab. 1 vengono indicati i meccanismi patogenetici del danno epatico; nella Tab. 2 gli elementi distintivi della epatolesività, se da azione tossica, diretta o indiretta, del medicamento o per idiosincrasia o ipersensibilità del paziente; nella Tab. 3 le diverse caratteristiche clinico-istologiche della epatopatia.
Fondamentalmente l'effetto lesivo è riportabile ad un'azione tossica, diretta o indiretta, dei farmaci o ad idiosincrasia o ipersensibilità del malato verso gli stessi, genetica e/o costituzionale. A seconda della sua patogenesi, vengono a determinarsi quadri diversificati, clinico-istologici e bio-umorali. La Tab. 4 ci illustra gli aspetti istomorfologici del danno epatico che può variare da quello parenchimale, acuto o cronico, a quello vascolare e, eccezionalmente, neoplastico.
"Prendendo in esame il complesso delle trasformazioni biochimiche che il fegato mette in atto nei confronti dei farmaci e dei tossici, si può dire - asseriscono Pinzani e Coll. - che queste sono volte a rendere i farmaci da liposolubili e non polari a più solubili e più polari, in modo che possano essere escreti con le urine e con la bile. La maggior parte dei sistemi enzimatici impliciti in questa attività è localizzata a livello del reticolo endoplastico liscio [ ... ]".
Chiaro significato clinico-diagnostico assume per tanto l'alterazione degli indici bio-umorali (transaminasi, gamma GT, bilirubinemia, fosfatasi alcalina, ecc.).


E' opportuno precisare che fattori individuali (razza, dieta, alcol, coloranti e conservanti alimentari, gravidanza, ecc.) possono incidere sul normale metabolismo intraepatico dei farmaci.
Quando a determinare la sofferenza epatica è un meccanismo idiosincrasico o di sensibilizzazione soggettiva, probanti sono da considerarsi i seguenti elementi:
a) solo una piccola parte dei soggetti esposti all'azione di tali farmaci presenta un danno epatico;
b) il danno epatico non è dosi-dipendente;
c) il quadro istologico può variare da quello della colestasi a quello della necrosi epatocellulare;
d) possono esservi sintomi di accompagnamento (febbre, rash cutanei, artralgie, eosinofilia, ecc.).
Ad ulteriore chiarimento aggiungiamo che la responsabilità del farmaco è da considerarsi:
a) certa se il danno epatico è previsto tra gli effetti indesiderati o collaterali del farmaco e se si ha miglioramento con la sospensione ed aggravamento con la riassunzione dello stesso (ma quest'ultimo criterio è molto discutibile sul piano etico e insidioso su quello medicolegale);
b) probabile, se negativa la prova della riesposizione (rechallenge test);
c) possibile, se manca il miglioramento dopo la sua sospensione;
d) dubbia, se mancano i precedenti elementi.
Nella prescrizione dei farmaci non può non tenersi conto dello stato generale, della presenza di altre sofferenze organiche, della preesistente situazione della funzionalità epatica, dell'età, della sensibilità generica o specifica verso alcuni medicamenti ed, elettivamente, della presenza di una presunta o accertata gravidanza.
Le età pediatrica e geriatrica sono le più suscettibili, sia pure per diverse motivazioni, al loro dosaggio, mentre la condizione gravidica è quella che richiede una particolare attenzione ed un critico comportamento del medico. Recenti sono i ricordi e le numerose segnalazioni degli effetti sul prodotto del concepimento del talidomide con conseguenti malformazioni congenite e di altri farmaci teratogeni. Anche se, a priori, non è dato valutare il potenziale danno dei medicamenti, isolatamente o in associazione prescritti, è da considerarsi che la loro farmacocinetica metabolismo ed azione coinvolgono due distinti organismi, ma uniti ed interdipendenti. Essendo, in tal caso, il rapporto rischio/beneficio nettamente in favore del primo, è logico dedurne, nel caso appunto di presunta o acclarata gravidanza, la loro imprescrittibilità.
Un'ultima considerazione scaturisce in noi, derivante da una cinquantennale attività professionale ed attinente il frequente e largo ricorso ai cosiddetti "cocktail" farmacologici. Leggiamo quanto su tale spinoso argomento scrivono Coppo e Paterlini (Giornale di Clinica Medica, n. 8-9, 1987): "[... ] è necessario che chi usa associare più preparati nello stesso veicolo (una soluzione glucosata o di elettroliti) si ponga un quesito duplice: se dalla interazione tra i farmaci possano sorgere effetti epatolesivi, e se l'attività dei singoli componenti resti integra, nella loro estemporanea miscela. L'esperienza professionale constata che in epatologia clinica si fa largo uso di fleboclisi "terapeutiche", quale veicolo d'altri farmaci, spesso con numerosi componenti, con intenzioni epatoprotettive e disintossicanti che non trovano alcun sostegno nei fondamenti scientifici delle scelte [ ... ]".
Da quanto detto ed illustrato nelle Tabelle sinottiche, con particolare riferimento al pensiero e all'esperienza di autorevoli studiosi, riteniamo di avere sufficientemente chiarite le cause fisiopatogenetiche delle malattie iatrogeniche e quindi delle epatopatie da farmaci e suggerito quanto è dovuto conoscere per una razionale corretta prescrizione farmacologica.
La formazione e l'aggiornamento permanente del medico sul piano tecnico-scientifico, sempre tanto auspicati ma altrettanto disattesi, costituirebbero, qualora applicati, un valido supporto per il giovane medico, atti a preservarlo da spiacevoli incidenti di percorso nell'esercizio professionale.
Dal punto di vista medico-legale, premesso che alcune malattie iatrogeniche sono del tutto imprevedibili ed inevitabili, ed estranee quindi alla diretta responsabilità del medico, è da verificare se il danno iatrogenico è inerente e "inevitabilmente congiunto all'esercizio della medicina e chirurgia -scrive Frache - e come tale discriminabile sotto il profilo giudiziario da quello verificatosi per colpa grave del sanitario, che comporta responsabilità professionale e civile [ ... ]. Se è vero che il danno iatrogenico, per sua natura, è intimamente connesso all'esercizio della nostra professione, risultando volta a volta inevitabile, necessario, opportuno, probabile o possibile, è anche vero che il giudizio comparativo tra danno iatrogenico e risultato diagnostico o terapeutico raggiunto non basta da solo a discriminarlo, a giustificarlo, a legittimarlo".
Ci sembra quindi logico - onde evitare sequele giudiziarie - che nelle sue prescrizioni il medico presti la massima attenzione non solo ai dati scientifici e clinici concernenti il singolo farmaco ma anche ai potenziali effetti secondari e collaterali, alle controindicazioni, alle associazioni sconsigliate e a rischio, indicati negli annessi fogli illustrativi, configurandosi una sua responsabilità quando il danno, al paziente derivante, è dipendente da sua negligenza, inesperienza, imprudenza e/o inosservanza di norme regolamentari o di legge.
Concludiamo ricordando che l'icastico motto dell'indulgente Seneca il Retore, "errare bumanum est", fu, alcuni secoli dopo, integrato da quello del meno tollerante S. Bernardo "perseverare autem diabolicum".

LETTERE CONSIGLIATE
1) Benigno P. et Al., Le sindromi da farmaci e i pericoli delle interazioni, Edizioni Medico-Scientifiche, 1983.
2) Beretta Anguissola A., Guida alla prescrizione dei farmaci, Edizioni Medico-Scientifiche, 1984.
3) Bonati B., Patologia e malattie iatrogeniche, Pubblicazione Wassermann, 1971.
4) Chiarantini E. e Marra F., Epatopatie da farmaci, Aggiornamento del medico, 1, 1989.
5) Iandolo C., Malattie iatrogeniche, Editore Armando, 1984.
6) Lentini S. e Coll., Le associazioni di farmaci in Terapia (Relazione al 78° Congr. Soc. It. di Medicina Interna), Editore Pozzi, 1977.
7) Manenti F., Epatopatie da farmaci, Giorn. di Clinica Medica, 12, 1989.
8) Pinzani M. et Al., Epatopatie da farmaci . e da tossici esogeni, Federazione Medica, 1, 1983.


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