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Pensionati part time |
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Centro
Europa Ricerche
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Il
puro e semplice innalzamento dell'età pensionabile, proposto
in genere per alleviare il peso della spesa pensionistica gravante sul
bilancio pubblico, non sembra una soluzione sufficiente: in realtà,
questa riforma andrebbe accompagnata da misure volte a promuovere una
maggiore flessibilità della vita lavorativa. In questo senso,
può essere interessante pensare di offrire la possibilità
ai lavoratori di prendersi, nel corso di una vita lavorativa allungata,
un numero limitato di periodi sabbatici (anni o frazioni), nel corso
dei quali potrebbero percepire un reddito "da pensione" pari
all'80% del loro reddito, a quello specifico stadio della carriera.
Tali periodi di sospensione del lavoro si presterebbero a più
di una utilizzazione. La prima che viene in mente è la possibilità
per tutti, uomini e donne, di dedicare attenzione alla famiglia nei
momenti in cui ne ha più bisogno, come la nascita e lo svezzamento
dei figli: circostanze che oggi, invece, si presentano, per gli uomini,
un po' come intrusioni in una vita fondamentalmente orientata al lavoro
e, per le donne, come un peso da sopportare spesso in solitudine, tanto
che siano casalinghe quanto che abbiano un'occupazione retribuita fuori
della famiglia.
Non va sottovalutata poi l'occasione che i sabbatici offrirebbero per dare una svolta alla propria vita lavorativa, consentendo ai fruitori di partecipare a corsi di riqualificazione professionale o di istruzione per adulti: la possibilità dei sabbatici, dunque, consentirebbe ai lavoratori di gestire il proprio tempo in maniera assai più corrispondente ai bisogni di quanto non accada ora con la realtà di una vita congestionata dal lavoro tra i venti e i sessant'anni e la prospettiva di un tempo libero che non finisce mai dopo i sessanta. Incidentalmente, lo sfruttamento dei periodi sabbatici consentirebbe qualche risparmio al sistema pensionistico. Data la struttura delle retribuzioni, crescenti all'aumentare dell'età dei lavoratori, è chiaro che l'80% del reddito di un quarantenne è meno della stessa percentuale del reddito di un sessantenne, mentre i contributi di quest'ultimo sono superiori a quelli di un quarantenne. Non ci nascondiamo le obiezioni che possono essere mosse alla proposta di aumentare l'età pensionabile e di introdurre contestualmente la possibilità dei sabbatici. La prima è ovviamente che l'aumento dell'età pensionabile va in controtendenza rispetto alla pratica sempre più seguita dei prepensionamenti. La seconda è che i sabbatici sono di difficile attuazione al di fuori delle grandi aziende o dell'amministrazione pubblica e in genere dove le mansioni sono abbastanza standardizzate e non richiedono una particolare specializzazione acquisibile solo con anni di esperienza. La terza è che, anche laddove i sabbatici in teoria non dovrebbero creare difficoltà, i datori di lavoro possono trovarli non convenienti da un punto di vista economico. Si tratta di obiezioni tutt'altro che irrilevanti. Ma non crediamo siano insormontabili, soprattutto quando si consideri che l'esigenza di una maggiore flessibilità nei rapporti di lavoro non è soltanto di carattere sociale, ma è avvertita anche nel mondo imprenditoriale e nella stessa Pubblica Amministrazione e che una flessibilità, sia pure limitata nella sua applicazione, è comunque meglio di niente. Altre vie da percorrere per dare flessibilità alla vita lavorativa e, contemporaneamente, ridurre la propensione delle aziende al prepensionamento, andrebbero viste nella progressiva riduzione dell'orario di lavoro oltre i sessant'anni (e comunque in forma di passaggio graduale dal lavoro al non lavoro), con parallela riduzione delle retribuzioni, e nel maggiore sfruttamento di rapporti di lavoro part time per i lavoratori meno giovani. |
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