Con la piena attuazione
del Mercato unico europeo, per la prima volta in questa generazione,
la maggior parte dei risparmiatori della Comunità potrà
liberamente decidere dove impiegare il proprio denaro. Nessun controllo
valutario potrà più impedire loro di impiegarlo all'estero,
e la liberalizzazione dei servizi finanziari dovrebbe del pari mettere
in grado le istituzioni finanziarie, attraverso cui passa la maggior
parte del risparmio, di investire al di fuori dei Paesi di residenza.
Un attento esame dei mercati europei farà comprendere agli
investitori la reale portata del fondamentale cambiamento introdotto
nella natura del debito pubblico dall'avvento della moneta unica europea.
Esso non fungerà più automaticamente da porto sicuro
per i loro risparmi: si renderà allora necessaria un'attenta
valutazione di rischi e di remunerazioni.
Fino a pochi anni fa, l'unico modo per gli investitori di operare
un confronto tra i pregi rispettivi delle obbligazioni pubbliche dei
Paesi d'Europa è stato quello di confrontare i "differenziali
di rendimento delle valute", i titoli pubblici nelle diverse
valute dovevano comportare differenti tassi d'interesse per far fronte
al rischio di svalutazione. Ora che la realizzazione dell'Unione monetaria
europea è sempre più vicina, gli investitori debbono
affrontare la questione dei relativi rischi di credito. L'attenzione
dei governi della Comunità ha pertanto cominciato a focalizzarsi
sull'indebitamento nella loro moneta nazionale.
Questi rischi di credito debbono essere valutati nel contesto del
potere concesso ai governi di emettere la moneta con cui saranno ripagati
i loro titoli. In regime di unione monetaria, questo potere passerà
ad una Banca centrale indipendente, avente come obiettivo la "stabilità
dei prezzi". Se questa Banca si dimostrerà credibile,
gli investitori non dovranno più necessariamente temere che
il valore reale del debito pubblico che essi detengono possa essere
improvvisamente ridotto per effetto di una "inflazione a sorpresa",
conseguente ad una politica di espansione monetaria.

Il grafico illustra l'aumento del debito pubblico lordo della Comunità
europea in aggregato. L'utilizzazione di valori medi non evidenzia
il fatto che i valori spaziano attualmente dal 7 per cento circa del
Lussemburgo al 130 per cento del Belgio. Gli investitori dovrebbero
preoccuparsene? E dovrebbero preoccuparsi del rischio di credito dei
Paesi più pesantemente indebitati? Dovrebbe esistere tra i
titoli governativi Cee un "differenziale di rendimento"
in grado di riflettere tale rischio?
L'analisi dell'affidabilità creditizia dei governi Cee dovrebbe
essere incentrata sulla parte delle entrate destinata al pagamento
degli interessi sui debiti, come se questi fossero obbligazioni del
"settore privato".
L'income-gearing (ossia il rapporto fra il servizio del debito e il
reddito) ha un ruolo-chiave nella determinazione della qualità
del credito, poiché definisce il trade-off politico tra i gruppi
d'interessi che concorrono alla spesa pubblica: i detentori di obbligazioni
costituiscono semplicemente uno di questi gruppi.
E' importante notare che è possibile utilizzare prontamente
gli income-gearing come uno strumento impegnato dal mercato per poter
disciplinare i bilanci. Ad esempio, le agenzie di rating degli Stati
Uniti se ne servono come di una chiave variabile per la classificazione
di un credito, e molte istituzioni finanziarie si servono del rating
per decidere se un'obbligazione costituisca un buon investimento,
dato il suo rischio di credito. Quanto alla Comunità europea,
questo concetto assomma in sé: la dimensione assoluta dei debiti
accumulati dal governo; il gettito fiscale effettivo; il livello dei
tassi d'interesse; e il costo del differenziale di rendimento, che
misura la percezione che il mercato ha della politica di bilancio.
La semplicità dei dati richiesti - gettito fiscale e interessi
pagati - basta a farci intendere la capacità dell'income-gearing
di fornire un dato statistico affidabile di facile utilizzazione.
Lo si dovrebbe usare semplicemente come supporto al controllo prudenziale
del sistema finanziario della Comunità. Dovrebbero inoltre
essere introdotti dei limiti all'acquisizione di altri investimenti
rischiosi da parte dei sistema finanziario. Tali limiti dovrebbero
essere imposti abbastanza sollecitamente per impedire la sovraesposizione
del sistema - che diventerebbe in mancanza di ciò vulnerabile
in relazione a una minaccia di inadempienza - in uno stadio abbastanza
iniziale dell'Unione monetaria europea (Emu o Uem).
In pratica, questo sistema potrà limitare l'accesso degli Stati
membri meno affidabili dal punto di vista del credito all'intero pool
di risparmio della Comunità, riducendo la probabilità
che uno di questi Stati raggiunga un "grado considerevole di
allineamento dei tassi d'interesse sui mercati finanziari". Questo
test del credito viene considerato dal progetto di Trattato presentato
dalla Germania come un pre-requisito necessario al passaggio alla
"fase due dell'Emu". Nel progetto tedesco a ciò segue
la proposta che il Consiglio europeo possa stabilire la posticipazione
della data di partecipazione per gli Stati che non posseggano tali
requisiti.
I differenziali di rendimento potrebbero costituire l'elemento determinato
dal mercato nell'ambito di una verifica del possesso dei requisiti
necessari per la "fase tre". Per il momento, i mercati finanziari
si sono resi conto della diminuzione del rischio valutario tra molti
Paesi, se non tutti. In pratica, pertanto, esiste già un'Europa
a due velocità. All'interno di questo gruppo esistono però
scarse prove del fatto che i mercati tengano già sistematicamente
presente la differenza che esisterà in un prossimo futuro nella
posizione creditizia di questi governi, dopo che essi avranno rinunciato
al potere di emettere valuta andando sempre più ad assomigliare
a istituzioni del settore privato.
La disparità degli indici-guida suggerisce che i risparmiatori
potrebbero desiderare di valersi della nuova libertà dai controlli
valutari e della possibilità di prendere i loro soldi e sfuggire
alla tirannia degli elettori che preferiscono la spesa al pagamento
delle tasse.
Tuttavia per gli investitori più disincantati la prima questione
da prendere in considerazione è se la norma della proibizione
dei salvataggi possa, ora o in futuro, essere resa operante. Se la
risposta fosse negativa, la definizione dei differenziali di rendimento
potenziali diventa del tutto teorica, i tassi d'interesse convergeranno
semplicemente verso quelli delle nazioni considerate garanti finali
della Comunità, e ne risulterebbe fatalmente una federazione
politica.
E tale risultato non è tuttavia inevitabile. La politica "migliore"
dovrebbe consistere nel convincere i risparmiatori di due o tre questioni:
non si farà ricorso all'inflazione a sorpresa in risposta ai
problemi inerenti al pagamento dei debiti; i governi pensano che i
loro obiettivi siano da perseguire per mezzo della stabilità
dei prezzi; e, pertanto, adotteranno politiche atte al raggiungimento
di questa meta, facendo in tal modo diminuire i tassi d'interesse
nominali. E' fondamentale per una politica di questo tipo la creazione
di un'affidabile e indipendente Banca centrale europea, avente come
scopo la stabilità dei prezzi. Un notevole vantaggio di tale
stabilità consiste nel fatto che il suo impatto sui tassi d'interesse
ridurrebbe i costi di servizio del debito in misura bastante a fugare
qualsiasi timore di una crisi del debito pubblico. Solo Grecia e Italia
continuerebbero ad essere esposte a sensibili aumenti dei loro tassi
debitori, e in caso di felice attuazione dell'ambizioso programma
di riforma siglato nel febbraio di quest'anno si arriverebbe alla
soluzione del problema debitorio greco.
Anche dopo il raggiungimento della stabilità dei prezzi, misure
di reciproca sorveglianza potrebbero senza alcun dubbio incoraggiare
una tendenza permanente alla diminuzione dei deficit pubblici. Se
i livelli dei debiti dovessero continuare a crescere, a lungo andare
gli Stati membri si accorgerebbero che una restrizione della politica
monetaria comunitaria farebbe oltrepassare ai loro titoli i limiti
di rischiosità accettabili da parte delle istituzioni finanziarie
della Comunità. Se dovessero andare perduti i vantaggi offerti
da un'opportunità che si verifica una sola volta nel corso
di una generazione -cioè la stabilità dei prezzi - la
generazione futura erediterebbe un fardello di debiti insopportabile.