ENZO
ESPOSITO
Enzo Esposito, salentino di Galatina insignito della "Targa Santa
Cesarea Terme" (1974), è professore nell'Università
di Roma "La Sapienza", Direttore del "Centro Bibliografico
Dantesco", Socio dell'Arcadia, Consigliere aggiunto della romana
"Casa di Dante". Ha pubblicato di recente Bibliografia analitica
degli scritti su Dante 1950-1970 (in 4 tomi), definita da Vittore Branca
"vero prodigio di erudizione bibliografica". Suoi contributi
di critica dantesca sono apparsi in vario tempo in periodici italiani
e stranieri, nella Lectura Dantis internazionale pisana, nelle Letture
classensi di Ravenna, nella Lectura Dantis neapolitana, nelle Nuove
letture dantesche romane, nella Lectura Dantis pompeiana.
Tra le altre sue opere: Critica letteraria 1961 e 1962 (rassegne pubblicate
rispettivamente nel 1962 e nel 1964); La cultura italiana (1964), Gli
studi danteschi dal 1950 al 1964 (1965), Annali di Antonio De Rossi
stampatore in Roma. 1695-1755 (1972), Manoscritto, Libro a stampa, Biblioteca
(1973), Biblioteca Nazionale Centrale "Vittorio Emanuele II"
(1974), Boccacciana (1976), Bibliografia. Sintesi storica e pratica
(1977), Tipografi romani del Settecento (1977), Piccola guida alla ricerca
bibliografica (1984), Capitoli bibliologici (1986), Libro e biblioteca
(1991). Ha organizzato convegni su Antonio Panizzi, sul "minore"
nella storiografia letteraria, sull'opera di Dante nel mondo (edizioni
e traduzioni nel Novecento); ha inoltre curato l'edizione critica del
Pecorone di ser Giovanni (1974), con la quale ha inteso mostrare in
fieri il passaggio delle ricerche erudite e bibliografiche dalla loro
irrelata assolutezza alla loro funzionalità strumentale nei confronti
della intelligenza storica.
ISTRUZIONE TECNICA E PROFESSIONALE
Terza serie - Anno I - n. 4/ 1990
[ ... ] Ho detto
"strumento di consultazione", ma sono stato limitativo:
questa Bibliografia non è una semplice opera di consultazione.
E' capitato anche a me: ho cercato in un primo momento un autore o
un contributo critico che mi interessava conoscere su un canto della
Commedia o su un tema della Vita Nuova e, poco dopo, mi ha vinto la
curiosità: rilevare la varietà enorme di studiosi di
tutti i climi e di tutte le razze, la mole immensa e varia di volumi,
di saggi brevi, di articoli scolastici stampati in tante lingue diverse.
Quest'opera, dunque, anche ad un semplice lettore offre la dimensione
esatta dell'interesse per le opere di Dante, ed in particolare per
la Commedia, diffuso in tutto il mondo, e sempre in via di maggiore
espansione: dall'Europa alle Americhe, al mondo arabo, all'Asia.
Ma le qualità peculiari di quest'opera sono altre, ovviamente:
è un modello rigorosamente razionale, e razionalmente ordinato,
di ricerca ed elencazione bibliografica e di analisi dei contenuti,
talché il lettore non corre rischi di perdersi nella vastità
degli scritti, qualificatissimi o non, che nel ventennio '50-'70 sono
stati pubblicati su Dante e sulle sue opere.
Dopo le "Avvertenze per la consultazione" (pp. XXV-XXVII)
la bibliografia affronta i "testi di consultazione (bibliografie
e cataloghi; concordanze e rimari; dizionari ed enciclopedie)"
(pp. 3-23), di cui sobriamente si indicano le "voci" che
li costituiscono o gli argomenti trattati, dando, quando occorre,
un cenno agli scopi pratici dell'opera. Si passa quindi all'esposizione
analitica dei contenuti di "raccolte e antologie" (raccolte
di saggi e note; volumi collettivi; periodici - numeri speciali -;
antologie della critica)" (pp. 25-120), dove è frequente
il ricorso agli "indici" dei volumi registrati, ma anche
una sobria informazione su interpretazioni proposte o su linee interpretative
seguite. E l'onestà del bibliografo offre lo spoglio del volume
collettivo prestigioso accanto a quello dell'Annuario scolastico,
per il dovere di non trascurare nulla, neppure quello scritto che
a prima vista potrebbe apparire bislacco, ma che tale non èpiù
nell'economia di un repertorio il più possibile oggettivo.
Non è neppure da tacere la cura con cui l'Esposito dà
conto anche delle recensioni agli scritti che egli via via registra.
Ma, per non offrire a pezzi e bocconi l'intera struttura dei quattro
tomi, è più opportuno riportare la partizione in sezioni
e sottosezioni quale si sviluppa nell'Indice del primo tomo e che
serve a guidare senza impacci o disorientamenti di sorta il lettore
o chi intende ricorrere a specifiche consultazioni: "III. Scritti
complessivi" (pp. 121-158); "IV. Scritti biografici: a)
Vita, b) Casato, case, tomba, c) leonografia" (pp. 159-196);
"V. Ambiente e tradizione culturale" (pp. 197-243); "VI.
Cultura, pensiero, spiritualità di Dante" (pp. 245-319);
"VII. Arte di Dante (Estetica e poetica. Lingua e stile. Metrica
e rima)" (pp. 321 - 362). E con questa settima sezione si chiude
il primo tomo.
Il secondo tomo (pp. 363-890) è interamente riservato alla
sezione ottava: "Divina Commedia: a) Scritti complessivi, b)
Inferno, c) Purgatorio, d) Paradiso".
Il terzo tomo comprende le sezioni che completano questa impresa bibliografica
dell'Esposito: "IX. Opere minori: a) Scritti complessivi, b)
Convivio, c) De vulgari eloquentia, d) Egloghe, e) Epistole, f) Monarchia,
g) Quaestio de aqua et terra, h) Rime, i) Vita nuova, l) Attribuibili:
Fiore e Detto d'Amore" (pp. 891-973); "X. Studi sui manoscritti
e sulle edizioni a stampa: a) Manoscritti, b) Edizioni a stampa"
(pp. 975-1004); "XI. Studi su commenti e commentatori" (pp.
1005-1020); "XII. Studi su illustrazioni e illustratori"
(pp. 1021-1036); "XIII. Studi su tradizioni e traduttori"
(pp. 1037-1065; "XIV. Fortuna e storia della critica: a) Fortuna
letteraria, b) Storia della critica" (pp. 1067-1296).
Questa partizione, così come strutturata e ordinata dall'Autore,
è più convincente della pagina d'un recensore. Si può
dire che non manca nulla. Ben 9.180 "voci" o "schede"
si succedono in questi tre tomi, toccando prevalentemente le opere
di Dante, ma, come appunto si rileva, anche l'eco dantesca che si
propaga per oltre settecento anni dalla nascita del divino poeta e
coinvolge pure chi a lui si è dedicato, molto o poco, con la
penna o col pennello, con l'acribia del filologo e l'acutezza del
fine interprete o con l'entusiasmo dello scopritore poco esperto [
... ].
Donato Pietro Moro
IL MATTINO
Mercoledì 9 maggio 1990
[ ... ] I quattro
tomi escono come primo numero della Collana "Dantologia - Pubblicazioni
del Centro Bibliografico Dantesco" e coprono la bibliografia
dantesca del ventennio 1950-1970, per una somma di ben 9.180 indicazioni.
Ma il valore dell'operazione è affidato non tanto alla vastità
del repertorio offerto, quanto ai criteri con cui essa è stata
strutturata. Si tratta, infatti, come il titolo vuole annunciare,
di una bibliografia analitica: l'enorme materiale, cioè, è
raggruppato per sezioni (tra cui: "Volumi collettivi", "Periodici",
"Scritti complessivi", "Scritti biografici", "Ambiente
e tradizione culturale", "Cultura, pensiero, spiritualità",
"Studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa", "Traduzioni
e traduttori", "Fortuna letteraria", "Storia della
critica", oltre, ovviamente, le sezioni dedicate alle "Opere
minori" e alla "Divina Commedia"); ciascuna voce bibliografica
reca, per di più, in calce un rapido resoconto del contenuto
e le indicazioni delle recensioni di cui ha fruito (per i volumi vengono
trascritti anche gli "indici"); l'ultimo tomo, dedicato
agli Indici, è anch'esso suddiviso in sezioni ("Periodici",
"Autori", "Argomenti").
L'orizzonte esplorato ambisce ad essere esaustivo, sia sul piano nazionale
che su quello straniero (sono spesso registrati interventi pubblicati
persino su "Annali" di licei di provincia e non è
improbabile che qualche studioso possa scoprire solo ora di aver fruito
di una recensione a lui rimasta ignota).
Enzo Esposito cita cautelativamente nella sua Prefazione una frase
di Benedetto Croce ("Bibliografie complete non credo che ce ne
siano: ci sono bibliografie povere e bibliografie ricche") e
una di Gianfranco Contini ("Si sarebbe potuto in astratto far
meglio, ma si sarebbe potuto anche non fare").
Vorremmo dirgli, qui, in conclusione, che certamente il suo lavoro
rientra nella seconda categoria indicata da Croce e che tutti gli
studiosi di oggi e quelli futuri gli devono e gli dovranno essere
grati di "aver fatto" quello che ha fatto. Vorremmo anche
augurargli di conservare intatte la sua passione e la sua tenacia
per mantenere fede alla promessa, timidamente accennatami in un colloquio
recente, di proseguire il suo lavoro e di donarci, a tempo debito,
il proseguimento di quest'opera per gli anni 1970- 1990.
Vittorio Russo
GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA
Vol. CLXVII - Loescher Torino - 1990
Quando nel 1965,
in occasione dell'ultimo centenario dantesco, uscirono Gli studi danteschi
dal 1950 al 1964 di Enzo Esposito (Roma, Centro Editoriale Internazionale),
i consensi e gli elogi degli interessati, sia privatamente che pubblicamente
espressi, furono sostanzialmente unanimi. Già utile di per
sé, la nuova bibliografia si rivelava veramente notevole per
numero di opere citate e illustrate, per numero di periodici consultati
e schedati, e soprattutto - direi - per la praticità dell'organizzazione
interna, che rendeva estremamente rapida e facile la consultazione
e il desiderato reperimento. Ora quella bibliografia dantesca si è
come risolta e dissolta in questa nuova opera dell'Esposito, la quale,
riferendosi agli anni '50-'70, comprende anche il periodo entro il
quale quella si estendeva ('50-'64), conservandone e consolidandone
le strutture portanti, e dunque anche la rapidità e la maneggevolezza
della ricerca. Dirlo subito è un dovere: una davvero magnifica,
monumentale bibliografia. Perché, è vero che qui il
contenitore cronologico si amplia fino a vent'anni, approdando al
'70, con altri sei anni di schedature bibliografiche (e che anni!,
che v'è compreso quello centenario); ma è ancor più
vero, e certamente del tutto meritorio, che la zona esplorata è
ormai decisamente planetaria, e la capacità del bibliografo
(si sa che Enzo Esposito è docente di Bibliografia e Biblioteconomia
all'Università di Roma) si è andata via via rafforzando
in finezza critica e nella capacità, assai rara, di chiudere
in breve cerchio sintetico una materia tante volte estremamente complessa.
Alludo, naturalmente, alle brevi note illustrative, che qualche volta
mancano, qualche altra volta sono un po' fugaci e generiche, ma nella
stragrande maggioranza dei casi accompagnano le "voci",
aprendo al lettore una preziosa progressione d'avvio.
E dunque, quella vecchia opera di Esposito si dissolve in questa nuova,
dove appare del tutto rinnovata e riconsiderata; essa rimane ora,
per così dire, storicamente determinata e collocata, autonoma
ancora, ma insomma emarginata ormai, chiuso il suo ciclo. Le "voci"
sono passate da 2770 circa a ben 9200 circa; e ciò potrebbe
anche non destar meraviglia, visto che questa Bibliografia analitica
comprende altri sei anni, come s'è visto, e fra questi anche
il centenario. Fatto sta che l'aumento delle "voci", cioè
il loro numero ben più che triplicato, è dovuto principalmente
all'allargamento della zona esplorata; si pensi che ai poco più
di 400 periodici spogliati per gli Studi del '65 ne fanno ora riscontro
ben più di 1600, nella Bibliografia analitica, con rapporto
di quadruplicazione. E se le strutture tecniche rimangono all'incirca
analoghe nelle due opere, la ripartizione della materia risulta, in
questa seconda, e considerato anche il suo straordinario accrescimento,
più articolata e maggiormente ricca di sottosezioni. A tutto
vantaggio degli studiosi, naturalmente; ma è chiaro che gli
Studi danteschi dal 1950 al 1964, apparsi nel '65, inglobati totalmente
nella Bibliografia analitica, non hanno più alcuno spazio significativo
se non nello sviluppo della dantologia di Esposito.
Il quale, per altro, se ne dimostra affettivamente preso, non trascurando
di ricordarli con discretissima simpatia, qualora se ne presenti l'opportunità,
e tacendo - mi pare - delle numerose altre occasioni nelle quali,
dopo il '65, egli è invece tornato con amorevole costanza alla
sua opera di bibliografo dantesco. Per esempio, la bibliografia degli
Studi su Dante nell'ultimo volume della Enciclopedia dantesca (Roma,
1978, pp. 538-618) è dovuta a lui; ma non è il solo
caso, anche se mi par quello più significativo tra il libro
del '65 e questo del '90. Naturalmente, per via dei limiti cronologici
segnati a questa Bibliografia analitica, qui non v'è traccia
dell'intervento nell'Enciclopedia, che è del '78; ma neanche
l'Esposito trova il destro, in qualche modo, di ricordarlo altrove,
nella prefazione, poniamo, dove sarebbe stato certamente possibile.
Piace all'autore di riallacciarsi invece alla sua bibliografia del
'65; e quasi per sottolineare il legame, inserisce nelle sue pagine
introduttive la presentazione che Aldo Vallone allora appositamente
scrisse (Indice orientativo della critica dantesca / 1950-1964) per
quel volume (pp. 7-13): "Ora che nel nuovo quadro bibliografico
si trova riproposta la parte relativa agli anni 1950-1964 - avverte
l'Esposito qui, a p. IX -, quanto mai opportuna risulta la riproduzione,
in avvio, dello stesso tracciato storico-critico dell'Indice valloniano",
che viene subito dopo interamente ritrascritto. In realtà,
a me pare che questo sia un modo elegante, da parte di Enzo Esposito,
di aprirsi la strada a un proprio Consuntivo della dantologia novecentesca
dal '50 al '70, com'egli intitola l'introduzione; consuntivo che viene
poi tracciato nelle pagine successive (XIII-XXIII). Era certo un'operazione
assai difficile, sia a causa dello sterminato materiale, dominabile
soltanto da una miracolosa sintesi, tuttavia sempre rischiosa e sicuramente
attaccabile per le sue ineliminabili ombre e per la fatalità
delle assenze; sia per la rigidità dei limiti cronologici,
che non possono ingabbiare in modo alcuno il pensiero in fieri dello
stesso autore. Qui veramente il bibliografo di Dante, sia pure critico
e analitico, è stato sorretto dallo studioso di Dante. L'Esposito,
infatti, anche per la sua qualifica personale, è noto più
come bibliografo; ed è certo questo il suo più segnalato
merito di dantologo; ma egli ha anche scritto specifici studi su Dante,
come "lettore" e come critico, dei quali ora non occorre
parlare, ma che gli permettono una certa visuale della problematica
del dantismo contemporaneo. Una parte ne compare anche in questa Bibliografia
analitica. E dunque, prese le mosse dall'Indice orientativo del Vallone,
già premesso agli Studi del '65, integralmente riprodotto in
questa Bibliografia del '90, l'Esposito divide il suo consuntivo in
due parti: l'una riguardante "l'exploit filologico"; l'altra
riguardante la "critica vera e propria"; di quella fa centro
l'"antica vulgata" di Giorgio Petrocchi; di questa il Dante
vallardiano e la vallardiana Storia della critica dantesca di Aldo
Vallone, al quale soltanto è destinato un paragrafo intero.
Non si procede dunque per problemi o per settori, ma piuttosto per
personalità, italiane o straniere, senza tenere stretto conto
dei limiti cronologici indicati anche nel titolo del Consuntivo: "
... dantologia novecentesca dal '50 al '70". La prima edizione
del Dante vallardiano di Vallone è, per esempio, del giugno
del 197l; e la prima della sua Storia della critica dantesca è
dell'ottobre del 1981. Niente di male, naturalmente, non fosse altro
perché quelle due opere sono il risultato di tanti studi apparsi,
appunto, in precedenza; e così di tante altre figure di studiosi
italiani e stranieri l'Esposito disegna amabili e ragionati ritratti
critici, sempre di congrua brevità anche per i massimi, eccettuato
Vallone. Aspetto conclusivo di questo panorama è l'esaltante
planetarietà di Dante; lo studio di lui, anzi il culto, ormai
non conosce confini, dal Giappone all'America latina, dalla Corea
agli Stati Uniti, dall'Islanda alla Russia, alla Cina, e via dicendo.
Tramonto di un Dante "italiano" e "padre della patria";
ormai bisognerà fare i conti con un Dante divenuto emblema
e sintesi - e forse anche guida -dei problemi più o meno angosciosi
del nostro tempo, senza confini. E' l'insegnamento meno visibile,
e insieme più clamoroso e urgente, che ci viene da questa Bibliografia
analitica di Enzo Esposito.
Per concludere, una parola per il IV Tomo, perché contiene
gli Indici e perché è dovuto alle cure di Sara Esposito,
la figlia dell'autore. Registra le già ricordate più
di 1610 testate dei periodici consultati; tutti gli autori; tutti
gli argomenti trattati; infine l'ordinato indice generale. Sono poco
meno di 200 pagine fittissime, com'è facile immaginare, di
rinvii, di nomi e di numeri; una memorabile, ammirevole e meritoria
fatica (alcuni sondaggi effettuati, alcune verifiche, hanno offerto
sempre la desiderata conferma), verosimilmente condotta in unione
d'affetto e sostenuta da filiale devozione. Le regole sono quelle
del responsabile dell'opera, come le ha a suo luogo impostate, illustrate
e applicate scrupolosamente; sono le regole classiche che accoppiano,
come s'è accennato, la chiarezza alla rapidità e alla
praticità. Enzo Esposito vi ha profuso tutta la sua lunga e
ricca esperienza.
Mario Marti
LA BIBLIOFILIA
Anno XCII - 1990 - Disp. III
Penso che i lettori
non specialisti, come chi scrive, non possano fare a meno di provare
una sorta di smarrimento di fronte alla mole di questa bibliografia
che presenta gli scritti su Dante apparsi a stampa nell'arco di ventun
anni: sono ben 9.180 le schede che occupano i primi tre volumi, mentre
il quarto contiene gli Indici curati da Sara Esposito. Non c'è
dubbio, veniamo a disporre di una base di dati ricchissima, tendenzialmente
esaustiva, frutto di vigile esplorazione praticata per tanti anni,
anzi continuamente rivista e accresciuta cosicché l'A. ha ritenuto
necessario rifondere nella presente raccolta anche il materiale che
concerne il periodo 1950-1964 già pubblicato in precedenza
proprio in considerazione del sostanzioso recupero di nuove voci oltre
che per completare il trattamento "analitico". Con questo
ultimo termine Esposito ha voluto indicare la presenza, in quasi tutte
le schede, di utili "abstracts più o meno ampi e dettagliati,
sempre obiettivamente rispondenti ai contenuti dei testi considerati",
dichiarando esplicitamente la sua preferenza per tale valenza lessicale,
che si avvia a diventare desueta, rispetto al prevalere della terminologia
angloamericana nella quale il termine "b. analitica" indica
invece l'analisi bibliografica praticata in funzione della "textual.
bibliography" (di recente, però, Valentino Romani ha messo
in evidenza come il primo ad usare l'espressione "bibliografia
analitica" con il significato in seguito affermatosi - certo
in modo indipendente - nell'area anglo-americana sia stato l'italiano
Giacomo Manzoni, nel 1882; la sua motivata proposta purtroppo non
ebbe seguito, tuttavia essa allontana l'ombra del calco lessicale
da chi oggi accetta l'uso internazionale prevalente). Il repertorio
è preceduto da un "Consuntivo della dantologia novecentesca
dal '50 al '70" (pp. IX-XXVII), ossia da una panoramica orientativa
sulle tendenze della critica qui documentata che rivela un superamento
della tradizione erudita e l'allargarsi dell'interesse filologico
sostenuto da più rigorosa sensibilità storica. Dato
non meno significativo per delineare la fortuna dell'opera dantesca,
in continua espansione, è la dimensione universale che emerge
da questi volumi: se prevalente è la presenza italiana, molto
numerosi risultano i gruppi di studiosi stranieri i cui contributi
rivestono autorevolezza, spesso con originalità di apporti
anche sul piano metodologico. Oltre alle aree che vantano una più
lunga tradizione, inglese, tedesca e francese, sono rappresentati
quasi tutti i Paesi europei compresa l'Unione Sovietica, ed anche
l'America latina, gli Stati Uniti, il mondo arabo nonché il
Giappone. Raccogliere tutti questi dati ha richiesto un grande impegno
di lavoro (sono stati consultati oltre 1500 periodici di tutto il
mondo, specialistici e non, il che dà la misura dell'ampiezza
inusitata dell'indagine), ma ritengo che forse maggiori difficoltà
si siano incontrate nel dare un ordinamento efficace a un materiale
così ampio e multiforme. La bibliografia èstata divisa
in 14 sezioni, articolate in sottosezioni e basate sulla tipologia
degli scritti (testi di consultazione, raccolte e antologie, scritti
complessivi, ecc.) come pure sul tema specifico affrontato (Divina
Commedia, opere minori, studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa,
ecc.); tre sono gli indici: dei periodici consultati, degli autori,
degli argomenti (quest'ultimo con molti raggruppamenti tematici).
Un simile strumento di informazione ritengo possa soddisfare in maniera
pratica le molteplici esigenze di chi affronti, pur a livelli diversi,
lo studio dell'opera dantesca.
Luigi Balsamo
QUOTIDIANO
Venerdì 13 luglio 1990
Firenze, equinozio
di Primavera 1990
Carissimo Enzo,
dicono gli spagnoli: enhorabuena!, ossia complimenti e auguri della
migliore fortuna per la mirabile ed esaustiva "Bibliografia analitica
degli scritti su Dante 1950-1970", che mi hai donato con amicale
generosità oltre qualunque mio merito. In poche pagine di "Consuntivo"
hai saputo concentrare persone, correnti e valori della trentennale
dantologia. Economiche, essenziali e perspicue le varie sezioni. Ma
dove ti ammiro, e da molto tempo, con alcunché in più
della mia stima per la tua scienza bibliografica, gli è nei
ristretti parafrastico-critici obiettivi, quasi neutri, sì
che lo studioso facilmente si orienta sull'importanza di ciascuna
voce essenzialmente esposta e timbrata.
Parimenti mi ha impressionato la latitudine geografica, con particolare
mio riguardo agli studi in lingua spagnola (ti ringrazio delle mie
due voci, esattamente riassunte), rilevandosi gli interessi per Dante
secondo i vari paesi. Assai bene elaborati ed articolati, indispensabili,
gli "Indici", per i quali mi compiaccio con la tua Sara.
Sono certo che la maggiore soddisfazione, che potrai ricavare da questa
tua meritoria e annosa fatica, deriverà da una nuova "summa",
dopo quella di Vallone, che sia eseguita col soccorso di questa tua
fondamentale bibliografia, compreso un nuovo commento alla "Commedia":
in questo senso mi sono accorto che è stato compiuto uno studio
enorme, particolare e complesso "sul testo" e "intorno
ad esso", giacché resta sempre primaria la "lettura
dell'opera".
A questo futuro commentatore tu hai approntato ogni necessario strumento.
Scusami l'approssimativa rapidità di queste mie impressioni:
ti significhino soltanto l'animo ammirato e grato del tuo aff.mo
Oreste Macrì
BOLLETTINO D'INFORMAZIONI
(Associazione italiana biblioteche)
Anno XXXI - n. 1 - Gennaio / Marzo 1991
[
] Le
9180 schede sono ripartite in 14 sezioni principali: Testi di consultazione,
Raccolte e antologie, Scritti complessivi, Scritti biografici, Ambiente
e tradizione culturale, Cultura, pensiero, spiritualità di
Dante, Arte di Dante (Estetica e poetica. Lingua e stile. Metrica
e rima), Divina Commedia, Opere minori, Studi sui manoscritti e sulle
edizioni a stampa, Studi su commenti e commentatori, Studi su illustrazioni
e illustratori, Studi su traduzioni e traduttori, Fortuna e Storia
della critica. Particolarmente interessanti, dal punto di vista della
bibliografia generale e della bibliologia, sono le sezioni su Bibliografia
e cataloghi (schede n. 1-129), sulle Edizioni a stampa (n. 6739-6795)
e su illustrazioni e traduzioni.
L'articolata classificazione del materiale èintegrata da un
sostanzioso apparato di indici, curati da Sara Esposito, che occupano
l'intero quarto volume (contrassegnato, per croce dei puristi della
descrizione, solo da quattro asterischi).
Apre il siglario dei periodici consultati, circa 1500, di tutto il
mondo e in gran parte tutt'altro che ovvii: un ottimo campo di battaglia
- sia detto per inciso - per avventure bibliometriche. Semplice e
utile innovazione, in quest'ambito, l'uso della "&"
per rappresentare la congiunzione in qualsiasi lingua, con ordinamento
dopo la "Z", come negli "antichi abbecedari" -
nota l'Autore - e come nella serie di segnature dei fascicoli nei
primi libri a stampa.
Segue l'indice degli autori (che include curatori, traduttori, illustratori,
recensori, ecc.) in cui troviamo, a documentare l'ampiezza del fenomeno
"dantologia", parecchie migliaia di nomi. Naturalmente in
un'opera di questo livello non hanno posto, né nelle schede
né negli indici, la pigrizia e la presunzione che in tante
bibliografie speciali negano agli autori il diritto di figurare con
il loro nome e cognome completi, senza arbitrarie ed ambigue iniziali.
L'ultimo indice, cospicuo e nella nostra tradizione veramente coraggioso,
è quello per Argomenti (p. 1395-1469), con chiare e dettagliate
articolazioni anche nelle voci più ricche. Valga per tutte
la voce Commedia, con alcune grandi ripartizioni (Composizione e pubblicazione,
Testo, Manoscritti, Personaggi e figure, ecc.) ulteriormente articolate
(Figure mitologiche, Personaggi piemontesi, ecc.) e con una successiva
scansione per cantiche, canti e versi.
E' chiaro che la redazione di una clavis di questa ricchezza non sarebbe
stata possibile senza un'analisi approfondita, da specialista, del
materiale descritto. Il contributo più importante dell'opera
va quindi forse cercato nelle annotazioni alle schede, mai ripetitive,
non inutilmente standardizzate, bensì funzionali, flessibili,
volte ora a delimitare l'ambito dello scrittore, ora a informare sulle
sue circostanze, ora a mettere in evidenza il riferimento, la notizia,
l'osservazione non banali, ora anche a sintetizzarne esaurientemente,
con giudizio sicuro, l'argomentazione e le conclusioni, ricorrendo
pure a citazioni dirette.
Qualche esempio mi sembra d'obbligo. Per un contributo intitolato
semplicemente Dante a Ravenna (n. 913) si precisa: "La pergamena
9123, conservata nell'Archivio Arcivescovile ravennate e datata 4
gennaio 1321, confermerebbe la presenza in Ravenna di Pietro Alighieri
e del padre dall'agosto del 1320 (o dall'autunno del 1319)".
Per delle Postille dantesche (n. 183) si sintetizzano le osservazioni
sui singoli passi discussi; cito soltanto per il primo: "Inf.
I 116: gli "antichi spiriti" sarebbero la traduzione di
"veterem hominem" di S. Paolo (Eph. IV, 22)". Taglio
diverso, più disteso, per un contributo di Etienne Gilson (n.
1701): "Si ritiene insostenibile la tesi di un Dante umanista
e per cronologia e per qualità di cultura: anagraficamente
contemporaneo del medievale Duns Scoto, ideologicamente Dante lo era
Piuttosto dei pensatori della generazione precedente, quella di Alberto
Magno e di Tommaso d'Aquino; il suo atteggiamento verso gli autori
classici era più affine a quello di un Giovanni di Salisbury
che a quello del Petrarca; il suo stesso stile intellettuale, con
la dignità superiore assegnata al vero rispetto al bello, era
d'impronta decisamente scolastica". In più casi, come
nella sezione sul Fiore e sul Tetto d'Amore (n. 6584-6597), il reticolo
delle annotazioni permette di ricostruire esaurientemente un vivace
dibattito [ ... ].
Alberto Petrucciani
AVVENIRE
1 aprile 1990
Quanti sono stati
gli interventi su Dante Alighieri in vent'anni? Dal 1950 al 1970 almeno
novemiladuecento: tante sono le voci riportate nella monumentale Bibliografia
analitica degli scritti su Dante che vede la luce in questi giorni
per l'editore Olschki di Firenze. Per scovarle, il curatore, Enzo
Esposito, ordinario di Bibliografia e Biblioteconomia alla Sapienza
di Roma, ha sfogliato migliaia fra libri e periodici e impiegato venticinque
anni, consultando biblioteche personalmente o per lettera.
Entusiasma scoprire che fra i milleseicento periodici che si sono
occupati del grande poeta, una buona parte è straniera, con
provenienza europea e americana; ma come non si notano confini ideologici
(Dante è popolare allo stesso modo al di qua e al di là
della cortina di ferro anche negli anni della guerra fredda), così
trova estimatori anche nel mondo arabo, in India, in Giappone e in
Vietnam. Anzi, uno dei più significativi dati nuovi, riscontrabili
confrontando questa bibliografia con quelle relative ai decenni precedenti
a cura di Niccolò Domenico Evola, Hèlène Wieruszowski
e Aldo Vallone, è la "diffusione planetaria del culto
dantesco pure entro linee ed indirizzi metodologici di livello e tono
sempre alquanto scaltriti, disposti (quasi finalizzati) per lo più
ad un'interpretazione del mondo di Dante come mondo poetico, mondo
di affetti e di ragione, che assuma forma e sviluppo rappresentativo
in un pensiero poetico e in un corrispondente linguaggio capaci di
obiettivarlo" [ ... ].
Giorgio Baroni
QUOTIDIANO
Mortedì 19 giugno 1990
Le pagine introduttive
del libro di Esposito mirano a tracciare un consuntivo della dantologia
novecentesca dal 1950 al 1970. Un ventennio sembra un tratto di tempo
abbastanza breve, un ritaglio addirittura all'interno di un secolo.
Ma quando il poeta di cui ci si occupa è Dante si capisce come
l'aver indagato su un arco temporale così limitato sia, se
non altro, una eccellente misura di prudenza. Suggerita, inoltre,
la scelta dal porsi di Esposito a continuatore di un lavoro di cui
altri studiosi avevano realizzato altre tappe (per gli anni dal 1920
al 1939 è ricordato Niccolò Domenico Evola; per gli
anni 1931-1939, Hèlène Wieruszowski; per gli anni dal
1940 al 1950, Aldo Vallone). Con la riproposta di un "Indice
orientativo" valloniano, relativo agli anni 1940-1960, si apre
il discorso di Esposito: un punto di partenza dal quale muovere per
un tracciato che in parte presupponga e in parte comprenda l'altrui
indagine in rapporto alla propria.
Esposito nota un ampliarsi del campo d'interesse dantologico talvolta
legato alle occasioni centenarie (1921, 1965) ma, anche fuori di quelle,
connotato, nel Novecento, non solo da profondità ed estensione
eccezionali, ma anche da fervore e rigore intellettuali preminenti.
Se planetaria risulta la diffusione dell'interesse per Dante, in una
molteplicità di indirizzi tutti contrassegnati da una scaltrita
strumentazione, visibile è anche una comune finalità:
l'interpretazione del mondo dantesco come mondo poetico, di affetti
e di ragione, realizzato per mezzo di un linguaggio che perfettamente
vi corrisponde.
Il lavoro filologico sulle opere dantesche ha un posto preminente
nell'arco di tempo indagato da Esposito. Al culmine si pone l'edizione
del Petrocchi della "Commedia secondo l'antica vulgata"
(1966-67) e le edizioni di altre opere dantesche sigillate tutte dalla
grande lezione che sta a monte di esse: quella di Michele Barbi.
La critica propriamente detta mira "alla comprensione totale
della fisionomia umana e poetica di Dante". In questo campo la
varietà delle proposte metodologiche si rifà a maestri
quali Curtius, Auerbach, Singleton. Il primo richiamando alla necessità
di capire Dante studiando la civiltà letteraria mediolatina,
il secondo costruendo un sistema di interpretazione sul concetto di
"figura", il terzo applicando alla "Commedia"
il modello biblico della allegoria dei teologi hanno dato slancio
a grandi direzioni di ricerca ma anche a una serie di puntute indagini
particolari.
Né va trascurato l'apporto degli studiosi italiani: Bruno Nardi,
inteso ad indagare il pensiero del poeta nel quadro della cultura
medievale; Antonio Pagliaro, intento ad assumere la lettera del testo
come avvio per una profonda esplorazione della unitarietà del
testo stesso: Umberto Bosco, instancabile esploratore della perennità
della poesia dantesca; Francesco Mazzoni, impegnato a fissare i momenti
essenziali della tradizione esegetica ma anche ad affrontare i passi
oscuri o controversi dell'opera dantesca per portarvi nuova luce;
Gianfranco Contini, espertissimo e abilissimo nell'applicare alla
poesia dantesca le più moderne tecniche di ricerca a sostegno
di una "lettura" di strenuo impegno filologico-critico.
Se i nomi ricordati riportano ad alcune direzioni di ricerca, altri
ne fa Esposito, prestigiosi, di critici impegnati su diversi fronti,
spesso con forza innovatrice, dell'esplorazione del testo dantesco:
Battaglia, Getto, Fallani, Marti, Sanguineti, Padoan, Corti, Vittorio
Russo; e si potrebbe continuare, nel panorama italiano e straniero,
ad elencare nell'infinito rilevando ciò ch'è proprio
di ognuno. Né meno impegnate appaiono le grandi sintesi vallardiane
biografico-critiche: dopo quella dello Zingarelli, ch'è fuori
dell'arco temporale considerato, quelle di Mario Apollonio e di Aldo
Vallone.
Per il dantismo fuori d'Italia l'autore non può che ricorrere
ad un elenco di nomi, da ritrovare entro la sterminata ventennale
bibliografia attraverso le rapide, ma puntuali, osservazioni contenute
nelle schede. Ne scaturisce un quadro mosso e vivo e vivacissimo della
presenza di Dante nel mondo: una presenza saggiata nella direzione
e negli esiti più disparati
Luigi Scorrano
CULTURA E SCUOLA
Anno XXIX - n. 115 - Luglio / Settembre 1990
[ ... ] Fin qui
l'esegesi, nella sua inesauribile continuità; ma merita di
essere toccata anche la zona della catalogazione bibliografica nella
quale ètesté apparsa un'opera di ampia mole come di
alto interesse: la Bibliografia analitica degli scritti su Dante 1950-1970,
di Enzo Esposito (s.l., Olschki, 1990, voll. 4, pp. XXVIII-1474, L.
320.000). L'opera è la prima voce della collana "Dantologia"
del Centro Bibliografico Dantesco (Università "La Sapienza"
di Roma) e costituisce uno sviluppo ulteriore degli Studi danteschi
dal 1950 al 1964 (con "indice orientativo della critica dantesca
1950-1964", di Aldo Vallone, Roma, Centro Edit. Intern., 1965),
che Esposito presentava, in completamento della bibliografia tra i
due centenari tracciata dai contributi di N. D. Evola, H. Wieruszowski,
A. Vallone.
Ecco per dare un'idea del fitto impianto dell'opera, le quattordici
sezioni in cui, nei primi tre volumi, si distribuiscono 9.180 voci
bibliografiche: testi di consultazione, raccolte e antologie, scritti
complessivi, scritti biografici, ambiente e tradizione culturale,
cultura pensiero spiritualità di Dante, "Divina Commedia",
opere minori, studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa, studi
su commenti e commentatori, studi su illustrazioni e illustratori,
studi su tradizioni e traduttori, fortuna e storia della critica.
Nel quarto volume gl'Indici, a cura di Sara Esposito, relativi a Testate
dei periodici consultati, Autori, Argomenti.
Alle precedenti benemerenze nel campo della bibliografia letteraria
Esposito aggiunge felicemente questi preziosi volumi: la loro organizzazione
appare perfetta, quale frutto di anni di ricerca ed esperienza [ ...
].
Fernando Salsano
NUOVA ANTOLOGIA
Vol. 563° - Fasc. 2174 - Aprile / Giugno 1990
[ ... ] A questa
articolazione, direi pratica, atta a facilitare la consultazione il
più rapidamente possibile delle 9180 "voci", risponde
bene il "soggettario" culturale. Dopo un Consultivo della
dantologia novecentesca dal '50 al '70 (a parte la utilizzazione dell'Indice
orientativo da me premesso alla edizione dell'Esposito del 1965),
in cui si dà rilievo agli studiosi più impegnati nel
ventennio, la bibliografia è articolata in XIV parti, o più
propriamente settori, che dal generale scendono via via nei particolari:
dai "Testi di consultazione" e dalle "Raccolte e antologie"
alla "Fortuna e storia della critica", come dire dall'esterno
all'esterno, con dentro opere di preparazione storica e di approccio
a Dante-uomo e ai suoi tempi ("Scritti complessivi", "Scritti
biografici", "Ambiente e tradizione culturale"); e
su questa base poggia la parte più interna e specifica, legata
al travaglio culturale e alla felicità espressiva: ("Cultura,
pensiero, spiritualità di Dante", "Arte, estetica
e poetica, lingua e stile, metrica e rima"), "Divina Commedia",
"Opere minori"; con la conclusione, rivolta all'opera nel
continuo e lungo travaglio di ricerche filologiche, di raffronti tra
testo e traduttori o, in genere di presenza, mai così incisiva
e vasta, del messaggio dantesco nella storia universale: "Studi
sui manoscritti e sulle edizioni a stampa", "Studi sui commenti
e commentatori", "Studi su illustrazioni e illustratori",
"Studi su traduzioni e traduttori", "Fortuna e storia
della critica".
Tre tomi, di cui il più pingue è il II, pp. 365-890,
tutto dedicato alla Divina Commedia, con un IV, a cura di Sara Esposito,
comprendente: "Testate (e relative sigle) dei periodici consultati",
"Autori", "Argomenti", "Indice Generale":
un volume, che fascia, integra, ricompone e ripercorre le varie fasi
di tutta l'opera, ristabilendo incontri e correlazioni.
E se ho all'inizio accennato alle "Testate" dei periodici,
qui ora voglio richiamare più specificamente l'attenzione sugli
"Argomenti" (IV, pp. 1395-1469). Vi compaiono singoli e
specifici "nomi" (e non solo di "Beatrice" o di
"Dante" stesso; o di lettori illustri o sconosciuti, e così
via); ma anche la "voce" "Commedia" (articolata
e sciolta in vari argomenti: "Composizione e pubblicazione",
"Manoscritti", "Edizioni a stampa", "Genesi,
ispirazione, sensi", "Problema estetico", "Ordinamento
e interpretazione generale", "Guide", "Personaggi
e figure", singole registrazioni di canti e di versi per ogni
canto; e così via) per migliaia e migliaia di riferimenti;
colonne intere di numeri e per più pagine. Ed è certo
che alla grande umiltà e pazienza di chi le ha registrate,
puntualmente e puntigliosamente, deve corrispondere una qualche pazienza
e umiltà di chi deve consultarle.
Voglio, infine, dire che l'articolazione ha una sua struttura logica
e razionale, oltre che funzionale: quella stessa, e con qualche contemperamento,
che fu da me sperimentata nel mio giovanile lavoro bibliografico Studi
danteschi dal 1940 al 1949 (Firenze, 1950).
E bisogna aggiungere, guardando all'interno l'opera, che si cerca
in sostanza non solo di distribuire, nei vari settori, i dati; ma
di ricondurli, tutti insieme, ad esiti complessivi e unitari. Sotto
questo aspetto, ad esempio, la lettura delle varie "voci",
pur registrate sotto due distinti capitoli ("Ambiente e tradizione
culturale" e "Cultura, pensiero e spiritualità di
Dante": "voci" 1191-2027) non solo presentano strettissimi
rapporti tra loro, in qualche modo evidenziati dalla loro contiguità;
ma permettono anche una penetrazione vasta e ragionata del clima culturale
del tempo, delle prevalenti ideologie e delle persistenti tradizioni,
che Dante ora accetta e sviluppa, ora liberamente interpreta e sovverte.
In sostanza, il primo capitolo è propedeutico al secondo e
questo integrativo del primo. Penso, ad esempio, alla grande e suggestiva
analisi di E. Auerbach, Literatursprache und Publikum (1958: "voce"
1198; e poi 1199-1201), legata, sì, ad "Ambiente e tradizione
culturale"; ma anche a "Cultura, pensiero, spiritualità
di Dante", a "Scritti complessivi" nella Divina Commedia
(come, di fatto, si fa: "voci" 2324-2327); penso anche alle
opere di Ch. Singleton, Dante studies etc. ("voci" 3258-3263),
peraltro splendidamente documentate con indicazioni bibliografiche
di traduzioni italiane e recensioni (talvolta con 13 riferimenti)
nel settore "Scritti complessivi" e poi con le diramazioni
nelle bibliografie particolari dei canti ("voci" 3685, 4094,
4121, 4270, 4790, 5060, 5111, 5258, 5293, 5308; oltre alle citazioni
nel corredo bibliografico).
Voglio dire che la circolarietà del pensiero, specie dinanzi
ad interpreti che hanno rifondato l'esegesi dantesca (e per restare
ai nomi fatti per ultimo: E. Auerbach e Ch. Singleton) meno ammette
ripartizioni (anche se valide sul piano pratico della immediata consultazione).
Così, per richiamare il caso di E. Auerbarch, per i concetti
di "figura" (1938-1967: "voce" 2326) e di "mimesis"
(1929-1969: "voce" 549), rispettivamente posti nelle sezioni
"Scritti complessivi", riguardanti la Divina Commedia, e
"Scritti complessivi", riguardanti Dante, in generale. A
questa polivalenza (e, direi anche, trasversalità) di molte
opere dantesche, che più che monograficamente disposte si allargano
a trattare, in varie tappe, il pensiero e l'arte di Dante, appartengono
sia studiosi sommi (come Barbi, Nardi, Spitzer, Gilson etc.), sia,
e non sono meno numerosi, i facili compilatori di profili culturali
e i lettori d'occasione (e sono parentele male assortite, certo).
E allora, qui, chi consulta e legge le oneste e prudenti presentazioni,
che accompagnano ogni "voce", deve usare pieno discernimento
Due cose non si possono chiedere (o pretendere al bibliografo): la
selezione e la completezza. La prima è demandata allo studioso,
che in genere se ne intende e che comunque lo s'invita ad accertare
direttamente l'opportunità e la validità dei saggi che
servono alle sue ricerche; la seconda, la completezza, non ha un metro
fisso; in base al quale giudicare, perché "bibliografie
complete non credo che ce ne siano: ci sono bibliografie povere e
bibliografie ricche": e il pensiero è di B. Croce, in
una lettera ad A. d'Ancona del 27 aprile 1889 (cento anni fa!), citato
in nota, assai opportunamente, dallo stesso Esposito ad apertura del
suo Consuntivo (I, p. IX). Tuttavia, e per la selezione e per la completezza,
anche la riserva (la più piccola o, peggio, la meglio camuffata)
risulterebbe non solo inopportuna, ma anche ingegnosa. Chi può
misurare, ad esempio, la pazienza e l'affanno di seguire e inseguire
un saggio in Italia e all'estero, spesso edito contemporaneamente,
da opera ad opera e per lunghi anni? Si vedano, ad apertura a caso
dell'opera, il Dante di T.S. Eliot ("voce" 623) o di G.
Papini ("voce" 760) o di M. L. Rizzati ("voce"
794) o, infine, Il messaggio agli Italiani di G. Saragat ("voce"
807). Personalmente sono grato all'Esposito perché egli ricorda
alcune mie "voci" a me stesso sconosciute, giungendo (e
mi scuso se per necessità il mio nome qui si registra) ad elencare
232 richiami nell'elenco "Autori" e 25 nell'elenco "Argomenti".
C'è, dentro, un lungo ed estenuante lavoro di ricerca, e quasi
sempre sostenuto con mezzi propri e privati: un'attenzione minuta,
e ancor più sofferta, ad ogni "voce" proveniente
da ogni luogo, vissuta in umiltà specie laddove si trattava
(e non in pochi casi) di reprimere il fastidio di leggere e leggere
cose mediocri o amene, allo scopo, appunto, di aspirare alla buona
e completa informazione. Attorno a Dante ci sono tutti: sublimi ricercatori,
buoni interpreti, onesti cultori, ma anche superbi e vanesi lettori
e stucchevoli ripetitori.
La speranza è che questo ventennio dantesco, invero fondamentale
nella storia della esegesi dantesca, aperto ad ogni egregia sperimentazione
dentro alle consolidate ideologie interpretative ma anche attorno
alle nuove correnti di pensiero, abbia un seguito (integrato anche
con gli "Annali delle edizioni delle opere") e che l'Editore
Olschki, ancora una volta benemerito per i problemi di cultura e per
proprio stile di vita, assicuri continuità e spazio alla collana
"Dantologia. Pubblicazioni del Centro Bibliografico Dantesco".
Aldo Vallone
HUMANITAS
Anno XLV - n. 3 - Giugno 1990
[ ... ] Chiaramente
si tratta di un'opera di consultazione piuttosto che di lettura; ma
anche un'osservazione d'insieme o una scorsa alla ricerca di notizie
ghiotte possono avere un senso: per questo il volume più adatto
è il quarto, comprendente l'indice delle testate dei periodici,
degli autori e degli argomenti, curato da Sara Esposito, la figlia
dell'autore. Così si può verificare la diffusione capillare
e la popolarità di Dante osservando la varietà di livelli
delle riviste e la particolare fortuna scolastica attraverso un interminabile
elenco di annuari di licei e istituti superiori; il sapore della curiosità
hanno la scoperta che di Dante si è occupata anche la "Rivista
di suinicultura" di Bologna e le conclusioni sulla Vita nuova
della rivista "Sessuologia": "II sentimento descritto
da Dante rientra perfettamente nel quadro sessuologico degli amori
sublimati dell'adolescenza [ ... ]. Ciò conduce a dover logicamente
ammettere la realtà esistenziale nell'animo del poeta di tale
tipo di sentimento e ad escludere come arbitrarie e fantasiose le
ipotesi tendenti a ridurre tale Amore, vivo quanto sublime, ad una
finzione letteraria simbolica di concetti dottrinali astratti".
Sempre attraverso gli indici (ma anche attraverso la disposizione
delle schede) si può verificare che della Divina Commedia è
l'Inferno la cantica più praticata dai critici e studiosi (spero
non sia di triste auspicio!). L'Inferno detiene anche il primato del
canto più analizzato: il quinto, quello di Paolo e Francesca,
che con il loro infelice amore commuovono ancor oggi persino più
di Farinata e di Ulisse. Del Paradiso il canto più "votato"
è il trentatreesimo, certo apprezzato per la visione divina,
"de l'alto lume [ ... dai] tre giri di tre colori e d'una contenenza",
"quando la tensione tra invenzione e visione tende a spezzarsi,
quando -come annota Angelo Jacomuzzi - l'ambiguità diviene
impossibile"; ma parte evidentemente più trascinante è
quella iniziale, in cui San Bernardo si rivolge alla "Vergine
madre, figlia del tuo figlio"; un inno che per Aldo Vallone non
è "pezzo lirico", ma "una preghiera vera e propria
con immagini e parole che già suonavano care e familiari ai
devoti e che pertanto si rifacevano a tutta una tradizione medievale".
Giorgio Baroni
IL MESSAGGERO
28 maggio 1990
"Mi ritrovai
per una selva oscura". Non certo una selva cupa, ma un giardino
affascinante, nel caldo tramonto autunnale, per le foglie rosseggianti,
per gli stilizzati fiori esotici, ci circondava otto anni fa, nei
recinti dell'Università di Pechino, mentre discutevamo quel
verso.
L'antico compagno cinese alla scuola fiorentina di Attilio Momigliano,
Tian Dewang, docente di letterature occidentali, riprendeva con la
sua voce piana e sottile le nostre discussioni dantesche dopo più
di quarant'anni. "Quel per nel secondo verso della Commedia non
va interpretato e tradotto, come correntemente si fa, quasi un in,
di stato in luogo. Indica invece una situazione dinamica: movimento,
tensione verso una meta. Vuole significare che Dante allora percorreva
la parabola della sua vita muovendosi angosciatamente e faticosamente
attraverso la selva oscura dell'errore e del vizio". "Un
po' come intese un altro verso dantesco Mao, che all'inizio della
famosa marcia" volle esortare i compagni esclamando "qui
si parrà vostra nobilitate" chiosava un altro italianista,
Luu Tong Liu, ricordando anche l'entusiasmo di intellettuali e scrittori
cinesi per Dante, come La Xun, Ba Jin, Wu Xinhua. Quelle pacate e
riflessive discussioni nei fiabeschi giardini pechinesi mi sono emerse
suggestive su dalla memoria alla recente pubblicazione della traduzione
cinese dell'Inferno, compiuta in un decennio di impegnativo lavoro
proprio da Tian Dewang. E' la prima volta che la Commedia - dopo versioni
indirette dall'inglese, dal tedesco e dal francese - è resa
in cinese direttamente dall'italiano; e in modo egregio, come mi garantivano
allora la preparazione e l'impegno del traduttore e come mi assicurano
oggi vari nostri sinologi.
Peccato che l'amminirabile opera di Tian Dewang non abbia potuto,
per ragioni cronologiche, essere inclusa nel poderoso, vero prodigio
di erudizione bibliografica, di Enzo Esposito, Bibliografia analitica
degli scritti su Dante: 1950-1970. Sono quattro volumi di più
di millecinquecento pagine, editi elegantemente da Olschki. Comprendono
9180 schede, spesso complesse e che riflettono circa ventimila riferimenti
diversi. Costituiscono la testimonianza più austera e rigorosa
- e per questo più solida e convincente - della presenza continua,
potente, sollecitante del messaggio dantesco nella nostra epoca e
nel mondo intero; anche con le presentazioni televisive, anche nei
paesi più lontani geograficamente e culturalmente.
Accanto alla Cina figura il Giappone: e figurano la Corea e l'Islanda,
Urss e i più vari centri dell'America latina. Non parliamo
poi della vera esplosione di passione dantesca nell'America del Nord,
ogni anno di più il Paese dell'anima per Dante e il suo poema.
Sei regolari e fervide "Lecturae Dantis" raccolte puntualmente
in eleganti volumi, tre periodici specializzati, la computerizzazione
dei principali commenti dal Trecento ad oggi, una "Dante Society"
attiva come nessun'altra al mondo, sono lì a testimoniarlo.
E le traduzioni si succedono, fino a quella splendida compiuta in
questi ultimi tempi da un ispirato e felice poeta, come Allen Mandelbaum;
il testo della Commedia è considerato fondamentale nelle diverse
chiese cristiane; gli universitari che la studiano sono ogni anno
più di quarantamila.
E' un Dante, per gli americani, non solo poeta ma anche profeta. Non
a caso dai "padri pellegrini" in poi il Nuovo Mondo è
un paese di cultura e di spiriti biblici. E il Dante accolto e venerato,
fin dai primi dell'Ottocento, dai fondatori della cultura americana,
è il profeta esoterico dei preraffaelliti inglesi, imposto
allora da Dante Gabriele Rossetti attraverso il suo discepolo ideale
Charles Elliot Norton, fondatore nel 1882 della americana Dante Society
e parente di T.S. Elliot. Emerson poi, pervaso dal verbo rossettiano,
proprio sulla Bibbia innesta la poesia di Dante veggente. E appunto
dalle carte di Emerson deriva l'impostazione della visione dantesca
misticoallegorica di Singleton, caposcuola dei fecondi dantisti americani
del secondo Novecento [ ... ].