§ Saggi critici

Un salentino per Dante




AA. VV.



ENZO ESPOSITO
Enzo Esposito, salentino di Galatina insignito della "Targa Santa Cesarea Terme" (1974), è professore nell'Università di Roma "La Sapienza", Direttore del "Centro Bibliografico Dantesco", Socio dell'Arcadia, Consigliere aggiunto della romana "Casa di Dante". Ha pubblicato di recente Bibliografia analitica degli scritti su Dante 1950-1970 (in 4 tomi), definita da Vittore Branca "vero prodigio di erudizione bibliografica". Suoi contributi di critica dantesca sono apparsi in vario tempo in periodici italiani e stranieri, nella Lectura Dantis internazionale pisana, nelle Letture classensi di Ravenna, nella Lectura Dantis neapolitana, nelle Nuove letture dantesche romane, nella Lectura Dantis pompeiana.
Tra le altre sue opere: Critica letteraria 1961 e 1962 (rassegne pubblicate rispettivamente nel 1962 e nel 1964); La cultura italiana (1964), Gli studi danteschi dal 1950 al 1964 (1965), Annali di Antonio De Rossi stampatore in Roma. 1695-1755 (1972), Manoscritto, Libro a stampa, Biblioteca (1973), Biblioteca Nazionale Centrale "Vittorio Emanuele II" (1974), Boccacciana (1976), Bibliografia. Sintesi storica e pratica (1977), Tipografi romani del Settecento (1977), Piccola guida alla ricerca bibliografica (1984), Capitoli bibliologici (1986), Libro e biblioteca (1991). Ha organizzato convegni su Antonio Panizzi, sul "minore" nella storiografia letteraria, sull'opera di Dante nel mondo (edizioni e traduzioni nel Novecento); ha inoltre curato l'edizione critica del Pecorone di ser Giovanni (1974), con la quale ha inteso mostrare in fieri il passaggio delle ricerche erudite e bibliografiche dalla loro irrelata assolutezza alla loro funzionalità strumentale nei confronti della intelligenza storica.


ISTRUZIONE TECNICA E PROFESSIONALE
Terza serie - Anno I - n. 4/ 1990

[ ... ] Ho detto "strumento di consultazione", ma sono stato limitativo: questa Bibliografia non è una semplice opera di consultazione. E' capitato anche a me: ho cercato in un primo momento un autore o un contributo critico che mi interessava conoscere su un canto della Commedia o su un tema della Vita Nuova e, poco dopo, mi ha vinto la curiosità: rilevare la varietà enorme di studiosi di tutti i climi e di tutte le razze, la mole immensa e varia di volumi, di saggi brevi, di articoli scolastici stampati in tante lingue diverse.
Quest'opera, dunque, anche ad un semplice lettore offre la dimensione esatta dell'interesse per le opere di Dante, ed in particolare per la Commedia, diffuso in tutto il mondo, e sempre in via di maggiore espansione: dall'Europa alle Americhe, al mondo arabo, all'Asia.
Ma le qualità peculiari di quest'opera sono altre, ovviamente: è un modello rigorosamente razionale, e razionalmente ordinato, di ricerca ed elencazione bibliografica e di analisi dei contenuti, talché il lettore non corre rischi di perdersi nella vastità degli scritti, qualificatissimi o non, che nel ventennio '50-'70 sono stati pubblicati su Dante e sulle sue opere.
Dopo le "Avvertenze per la consultazione" (pp. XXV-XXVII) la bibliografia affronta i "testi di consultazione (bibliografie e cataloghi; concordanze e rimari; dizionari ed enciclopedie)" (pp. 3-23), di cui sobriamente si indicano le "voci" che li costituiscono o gli argomenti trattati, dando, quando occorre, un cenno agli scopi pratici dell'opera. Si passa quindi all'esposizione analitica dei contenuti di "raccolte e antologie" (raccolte di saggi e note; volumi collettivi; periodici - numeri speciali -; antologie della critica)" (pp. 25-120), dove è frequente il ricorso agli "indici" dei volumi registrati, ma anche una sobria informazione su interpretazioni proposte o su linee interpretative seguite. E l'onestà del bibliografo offre lo spoglio del volume collettivo prestigioso accanto a quello dell'Annuario scolastico, per il dovere di non trascurare nulla, neppure quello scritto che a prima vista potrebbe apparire bislacco, ma che tale non èpiù nell'economia di un repertorio il più possibile oggettivo. Non è neppure da tacere la cura con cui l'Esposito dà conto anche delle recensioni agli scritti che egli via via registra.
Ma, per non offrire a pezzi e bocconi l'intera struttura dei quattro tomi, è più opportuno riportare la partizione in sezioni e sottosezioni quale si sviluppa nell'Indice del primo tomo e che serve a guidare senza impacci o disorientamenti di sorta il lettore o chi intende ricorrere a specifiche consultazioni: "III. Scritti complessivi" (pp. 121-158); "IV. Scritti biografici: a) Vita, b) Casato, case, tomba, c) leonografia" (pp. 159-196); "V. Ambiente e tradizione culturale" (pp. 197-243); "VI. Cultura, pensiero, spiritualità di Dante" (pp. 245-319); "VII. Arte di Dante (Estetica e poetica. Lingua e stile. Metrica e rima)" (pp. 321 - 362). E con questa settima sezione si chiude il primo tomo.
Il secondo tomo (pp. 363-890) è interamente riservato alla sezione ottava: "Divina Commedia: a) Scritti complessivi, b) Inferno, c) Purgatorio, d) Paradiso".
Il terzo tomo comprende le sezioni che completano questa impresa bibliografica dell'Esposito: "IX. Opere minori: a) Scritti complessivi, b) Convivio, c) De vulgari eloquentia, d) Egloghe, e) Epistole, f) Monarchia, g) Quaestio de aqua et terra, h) Rime, i) Vita nuova, l) Attribuibili: Fiore e Detto d'Amore" (pp. 891-973); "X. Studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa: a) Manoscritti, b) Edizioni a stampa" (pp. 975-1004); "XI. Studi su commenti e commentatori" (pp. 1005-1020); "XII. Studi su illustrazioni e illustratori" (pp. 1021-1036); "XIII. Studi su tradizioni e traduttori" (pp. 1037-1065; "XIV. Fortuna e storia della critica: a) Fortuna letteraria, b) Storia della critica" (pp. 1067-1296).
Questa partizione, così come strutturata e ordinata dall'Autore, è più convincente della pagina d'un recensore. Si può dire che non manca nulla. Ben 9.180 "voci" o "schede" si succedono in questi tre tomi, toccando prevalentemente le opere di Dante, ma, come appunto si rileva, anche l'eco dantesca che si propaga per oltre settecento anni dalla nascita del divino poeta e coinvolge pure chi a lui si è dedicato, molto o poco, con la penna o col pennello, con l'acribia del filologo e l'acutezza del fine interprete o con l'entusiasmo dello scopritore poco esperto [ ... ].
Donato Pietro Moro


IL MATTINO
Mercoledì 9 maggio 1990

[ ... ] I quattro tomi escono come primo numero della Collana "Dantologia - Pubblicazioni del Centro Bibliografico Dantesco" e coprono la bibliografia dantesca del ventennio 1950-1970, per una somma di ben 9.180 indicazioni. Ma il valore dell'operazione è affidato non tanto alla vastità del repertorio offerto, quanto ai criteri con cui essa è stata strutturata. Si tratta, infatti, come il titolo vuole annunciare, di una bibliografia analitica: l'enorme materiale, cioè, è raggruppato per sezioni (tra cui: "Volumi collettivi", "Periodici", "Scritti complessivi", "Scritti biografici", "Ambiente e tradizione culturale", "Cultura, pensiero, spiritualità", "Studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa", "Traduzioni e traduttori", "Fortuna letteraria", "Storia della critica", oltre, ovviamente, le sezioni dedicate alle "Opere minori" e alla "Divina Commedia"); ciascuna voce bibliografica reca, per di più, in calce un rapido resoconto del contenuto e le indicazioni delle recensioni di cui ha fruito (per i volumi vengono trascritti anche gli "indici"); l'ultimo tomo, dedicato agli Indici, è anch'esso suddiviso in sezioni ("Periodici", "Autori", "Argomenti").
L'orizzonte esplorato ambisce ad essere esaustivo, sia sul piano nazionale che su quello straniero (sono spesso registrati interventi pubblicati persino su "Annali" di licei di provincia e non è improbabile che qualche studioso possa scoprire solo ora di aver fruito di una recensione a lui rimasta ignota).
Enzo Esposito cita cautelativamente nella sua Prefazione una frase di Benedetto Croce ("Bibliografie complete non credo che ce ne siano: ci sono bibliografie povere e bibliografie ricche") e una di Gianfranco Contini ("Si sarebbe potuto in astratto far meglio, ma si sarebbe potuto anche non fare").
Vorremmo dirgli, qui, in conclusione, che certamente il suo lavoro rientra nella seconda categoria indicata da Croce e che tutti gli studiosi di oggi e quelli futuri gli devono e gli dovranno essere grati di "aver fatto" quello che ha fatto. Vorremmo anche augurargli di conservare intatte la sua passione e la sua tenacia per mantenere fede alla promessa, timidamente accennatami in un colloquio recente, di proseguire il suo lavoro e di donarci, a tempo debito, il proseguimento di quest'opera per gli anni 1970- 1990.
Vittorio Russo


GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA
Vol. CLXVII - Loescher Torino - 1990

Quando nel 1965, in occasione dell'ultimo centenario dantesco, uscirono Gli studi danteschi dal 1950 al 1964 di Enzo Esposito (Roma, Centro Editoriale Internazionale), i consensi e gli elogi degli interessati, sia privatamente che pubblicamente espressi, furono sostanzialmente unanimi. Già utile di per sé, la nuova bibliografia si rivelava veramente notevole per numero di opere citate e illustrate, per numero di periodici consultati e schedati, e soprattutto - direi - per la praticità dell'organizzazione interna, che rendeva estremamente rapida e facile la consultazione e il desiderato reperimento. Ora quella bibliografia dantesca si è come risolta e dissolta in questa nuova opera dell'Esposito, la quale, riferendosi agli anni '50-'70, comprende anche il periodo entro il quale quella si estendeva ('50-'64), conservandone e consolidandone le strutture portanti, e dunque anche la rapidità e la maneggevolezza della ricerca. Dirlo subito è un dovere: una davvero magnifica, monumentale bibliografia. Perché, è vero che qui il contenitore cronologico si amplia fino a vent'anni, approdando al '70, con altri sei anni di schedature bibliografiche (e che anni!, che v'è compreso quello centenario); ma è ancor più vero, e certamente del tutto meritorio, che la zona esplorata è ormai decisamente planetaria, e la capacità del bibliografo (si sa che Enzo Esposito è docente di Bibliografia e Biblioteconomia all'Università di Roma) si è andata via via rafforzando in finezza critica e nella capacità, assai rara, di chiudere in breve cerchio sintetico una materia tante volte estremamente complessa. Alludo, naturalmente, alle brevi note illustrative, che qualche volta mancano, qualche altra volta sono un po' fugaci e generiche, ma nella stragrande maggioranza dei casi accompagnano le "voci", aprendo al lettore una preziosa progressione d'avvio.
E dunque, quella vecchia opera di Esposito si dissolve in questa nuova, dove appare del tutto rinnovata e riconsiderata; essa rimane ora, per così dire, storicamente determinata e collocata, autonoma ancora, ma insomma emarginata ormai, chiuso il suo ciclo. Le "voci" sono passate da 2770 circa a ben 9200 circa; e ciò potrebbe anche non destar meraviglia, visto che questa Bibliografia analitica comprende altri sei anni, come s'è visto, e fra questi anche il centenario. Fatto sta che l'aumento delle "voci", cioè il loro numero ben più che triplicato, è dovuto principalmente all'allargamento della zona esplorata; si pensi che ai poco più di 400 periodici spogliati per gli Studi del '65 ne fanno ora riscontro ben più di 1600, nella Bibliografia analitica, con rapporto di quadruplicazione. E se le strutture tecniche rimangono all'incirca analoghe nelle due opere, la ripartizione della materia risulta, in questa seconda, e considerato anche il suo straordinario accrescimento, più articolata e maggiormente ricca di sottosezioni. A tutto vantaggio degli studiosi, naturalmente; ma è chiaro che gli Studi danteschi dal 1950 al 1964, apparsi nel '65, inglobati totalmente nella Bibliografia analitica, non hanno più alcuno spazio significativo se non nello sviluppo della dantologia di Esposito.
Il quale, per altro, se ne dimostra affettivamente preso, non trascurando di ricordarli con discretissima simpatia, qualora se ne presenti l'opportunità, e tacendo - mi pare - delle numerose altre occasioni nelle quali, dopo il '65, egli è invece tornato con amorevole costanza alla sua opera di bibliografo dantesco. Per esempio, la bibliografia degli Studi su Dante nell'ultimo volume della Enciclopedia dantesca (Roma, 1978, pp. 538-618) è dovuta a lui; ma non è il solo caso, anche se mi par quello più significativo tra il libro del '65 e questo del '90. Naturalmente, per via dei limiti cronologici segnati a questa Bibliografia analitica, qui non v'è traccia dell'intervento nell'Enciclopedia, che è del '78; ma neanche l'Esposito trova il destro, in qualche modo, di ricordarlo altrove, nella prefazione, poniamo, dove sarebbe stato certamente possibile. Piace all'autore di riallacciarsi invece alla sua bibliografia del '65; e quasi per sottolineare il legame, inserisce nelle sue pagine introduttive la presentazione che Aldo Vallone allora appositamente scrisse (Indice orientativo della critica dantesca / 1950-1964) per quel volume (pp. 7-13): "Ora che nel nuovo quadro bibliografico si trova riproposta la parte relativa agli anni 1950-1964 - avverte l'Esposito qui, a p. IX -, quanto mai opportuna risulta la riproduzione, in avvio, dello stesso tracciato storico-critico dell'Indice valloniano", che viene subito dopo interamente ritrascritto. In realtà, a me pare che questo sia un modo elegante, da parte di Enzo Esposito, di aprirsi la strada a un proprio Consuntivo della dantologia novecentesca dal '50 al '70, com'egli intitola l'introduzione; consuntivo che viene poi tracciato nelle pagine successive (XIII-XXIII). Era certo un'operazione assai difficile, sia a causa dello sterminato materiale, dominabile soltanto da una miracolosa sintesi, tuttavia sempre rischiosa e sicuramente attaccabile per le sue ineliminabili ombre e per la fatalità delle assenze; sia per la rigidità dei limiti cronologici, che non possono ingabbiare in modo alcuno il pensiero in fieri dello stesso autore. Qui veramente il bibliografo di Dante, sia pure critico e analitico, è stato sorretto dallo studioso di Dante. L'Esposito, infatti, anche per la sua qualifica personale, è noto più come bibliografo; ed è certo questo il suo più segnalato merito di dantologo; ma egli ha anche scritto specifici studi su Dante, come "lettore" e come critico, dei quali ora non occorre parlare, ma che gli permettono una certa visuale della problematica del dantismo contemporaneo. Una parte ne compare anche in questa Bibliografia analitica. E dunque, prese le mosse dall'Indice orientativo del Vallone, già premesso agli Studi del '65, integralmente riprodotto in questa Bibliografia del '90, l'Esposito divide il suo consuntivo in due parti: l'una riguardante "l'exploit filologico"; l'altra riguardante la "critica vera e propria"; di quella fa centro l'"antica vulgata" di Giorgio Petrocchi; di questa il Dante vallardiano e la vallardiana Storia della critica dantesca di Aldo Vallone, al quale soltanto è destinato un paragrafo intero. Non si procede dunque per problemi o per settori, ma piuttosto per personalità, italiane o straniere, senza tenere stretto conto dei limiti cronologici indicati anche nel titolo del Consuntivo: " ... dantologia novecentesca dal '50 al '70". La prima edizione del Dante vallardiano di Vallone è, per esempio, del giugno del 197l; e la prima della sua Storia della critica dantesca è dell'ottobre del 1981. Niente di male, naturalmente, non fosse altro perché quelle due opere sono il risultato di tanti studi apparsi, appunto, in precedenza; e così di tante altre figure di studiosi italiani e stranieri l'Esposito disegna amabili e ragionati ritratti critici, sempre di congrua brevità anche per i massimi, eccettuato Vallone. Aspetto conclusivo di questo panorama è l'esaltante planetarietà di Dante; lo studio di lui, anzi il culto, ormai non conosce confini, dal Giappone all'America latina, dalla Corea agli Stati Uniti, dall'Islanda alla Russia, alla Cina, e via dicendo. Tramonto di un Dante "italiano" e "padre della patria"; ormai bisognerà fare i conti con un Dante divenuto emblema e sintesi - e forse anche guida -dei problemi più o meno angosciosi del nostro tempo, senza confini. E' l'insegnamento meno visibile, e insieme più clamoroso e urgente, che ci viene da questa Bibliografia analitica di Enzo Esposito.
Per concludere, una parola per il IV Tomo, perché contiene gli Indici e perché è dovuto alle cure di Sara Esposito, la figlia dell'autore. Registra le già ricordate più di 1610 testate dei periodici consultati; tutti gli autori; tutti gli argomenti trattati; infine l'ordinato indice generale. Sono poco meno di 200 pagine fittissime, com'è facile immaginare, di rinvii, di nomi e di numeri; una memorabile, ammirevole e meritoria fatica (alcuni sondaggi effettuati, alcune verifiche, hanno offerto sempre la desiderata conferma), verosimilmente condotta in unione d'affetto e sostenuta da filiale devozione. Le regole sono quelle del responsabile dell'opera, come le ha a suo luogo impostate, illustrate e applicate scrupolosamente; sono le regole classiche che accoppiano, come s'è accennato, la chiarezza alla rapidità e alla praticità. Enzo Esposito vi ha profuso tutta la sua lunga e ricca esperienza.
Mario Marti


LA BIBLIOFILIA
Anno XCII - 1990 - Disp. III

Penso che i lettori non specialisti, come chi scrive, non possano fare a meno di provare una sorta di smarrimento di fronte alla mole di questa bibliografia che presenta gli scritti su Dante apparsi a stampa nell'arco di ventun anni: sono ben 9.180 le schede che occupano i primi tre volumi, mentre il quarto contiene gli Indici curati da Sara Esposito. Non c'è dubbio, veniamo a disporre di una base di dati ricchissima, tendenzialmente esaustiva, frutto di vigile esplorazione praticata per tanti anni, anzi continuamente rivista e accresciuta cosicché l'A. ha ritenuto necessario rifondere nella presente raccolta anche il materiale che concerne il periodo 1950-1964 già pubblicato in precedenza proprio in considerazione del sostanzioso recupero di nuove voci oltre che per completare il trattamento "analitico". Con questo ultimo termine Esposito ha voluto indicare la presenza, in quasi tutte le schede, di utili "abstracts più o meno ampi e dettagliati, sempre obiettivamente rispondenti ai contenuti dei testi considerati", dichiarando esplicitamente la sua preferenza per tale valenza lessicale, che si avvia a diventare desueta, rispetto al prevalere della terminologia angloamericana nella quale il termine "b. analitica" indica invece l'analisi bibliografica praticata in funzione della "textual. bibliography" (di recente, però, Valentino Romani ha messo in evidenza come il primo ad usare l'espressione "bibliografia analitica" con il significato in seguito affermatosi - certo in modo indipendente - nell'area anglo-americana sia stato l'italiano Giacomo Manzoni, nel 1882; la sua motivata proposta purtroppo non ebbe seguito, tuttavia essa allontana l'ombra del calco lessicale da chi oggi accetta l'uso internazionale prevalente). Il repertorio è preceduto da un "Consuntivo della dantologia novecentesca dal '50 al '70" (pp. IX-XXVII), ossia da una panoramica orientativa sulle tendenze della critica qui documentata che rivela un superamento della tradizione erudita e l'allargarsi dell'interesse filologico sostenuto da più rigorosa sensibilità storica. Dato non meno significativo per delineare la fortuna dell'opera dantesca, in continua espansione, è la dimensione universale che emerge da questi volumi: se prevalente è la presenza italiana, molto numerosi risultano i gruppi di studiosi stranieri i cui contributi rivestono autorevolezza, spesso con originalità di apporti anche sul piano metodologico. Oltre alle aree che vantano una più lunga tradizione, inglese, tedesca e francese, sono rappresentati quasi tutti i Paesi europei compresa l'Unione Sovietica, ed anche l'America latina, gli Stati Uniti, il mondo arabo nonché il Giappone. Raccogliere tutti questi dati ha richiesto un grande impegno di lavoro (sono stati consultati oltre 1500 periodici di tutto il mondo, specialistici e non, il che dà la misura dell'ampiezza inusitata dell'indagine), ma ritengo che forse maggiori difficoltà si siano incontrate nel dare un ordinamento efficace a un materiale così ampio e multiforme. La bibliografia èstata divisa in 14 sezioni, articolate in sottosezioni e basate sulla tipologia degli scritti (testi di consultazione, raccolte e antologie, scritti complessivi, ecc.) come pure sul tema specifico affrontato (Divina Commedia, opere minori, studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa, ecc.); tre sono gli indici: dei periodici consultati, degli autori, degli argomenti (quest'ultimo con molti raggruppamenti tematici). Un simile strumento di informazione ritengo possa soddisfare in maniera pratica le molteplici esigenze di chi affronti, pur a livelli diversi, lo studio dell'opera dantesca.
Luigi Balsamo


QUOTIDIANO
Venerdì 13 luglio 1990

Firenze, equinozio di Primavera 1990

Carissimo Enzo,
dicono gli spagnoli: enhorabuena!, ossia complimenti e auguri della migliore fortuna per la mirabile ed esaustiva "Bibliografia analitica degli scritti su Dante 1950-1970", che mi hai donato con amicale generosità oltre qualunque mio merito. In poche pagine di "Consuntivo" hai saputo concentrare persone, correnti e valori della trentennale dantologia. Economiche, essenziali e perspicue le varie sezioni. Ma dove ti ammiro, e da molto tempo, con alcunché in più della mia stima per la tua scienza bibliografica, gli è nei ristretti parafrastico-critici obiettivi, quasi neutri, sì che lo studioso facilmente si orienta sull'importanza di ciascuna voce essenzialmente esposta e timbrata.
Parimenti mi ha impressionato la latitudine geografica, con particolare mio riguardo agli studi in lingua spagnola (ti ringrazio delle mie due voci, esattamente riassunte), rilevandosi gli interessi per Dante secondo i vari paesi. Assai bene elaborati ed articolati, indispensabili, gli "Indici", per i quali mi compiaccio con la tua Sara. Sono certo che la maggiore soddisfazione, che potrai ricavare da questa tua meritoria e annosa fatica, deriverà da una nuova "summa", dopo quella di Vallone, che sia eseguita col soccorso di questa tua fondamentale bibliografia, compreso un nuovo commento alla "Commedia": in questo senso mi sono accorto che è stato compiuto uno studio enorme, particolare e complesso "sul testo" e "intorno ad esso", giacché resta sempre primaria la "lettura dell'opera".
A questo futuro commentatore tu hai approntato ogni necessario strumento.
Scusami l'approssimativa rapidità di queste mie impressioni: ti significhino soltanto l'animo ammirato e grato del tuo aff.mo
Oreste Macrì


BOLLETTINO D'INFORMAZIONI
(Associazione italiana biblioteche)
Anno XXXI - n. 1 - Gennaio / Marzo 1991

[ … ] Le 9180 schede sono ripartite in 14 sezioni principali: Testi di consultazione, Raccolte e antologie, Scritti complessivi, Scritti biografici, Ambiente e tradizione culturale, Cultura, pensiero, spiritualità di Dante, Arte di Dante (Estetica e poetica. Lingua e stile. Metrica e rima), Divina Commedia, Opere minori, Studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa, Studi su commenti e commentatori, Studi su illustrazioni e illustratori, Studi su traduzioni e traduttori, Fortuna e Storia della critica. Particolarmente interessanti, dal punto di vista della bibliografia generale e della bibliologia, sono le sezioni su Bibliografia e cataloghi (schede n. 1-129), sulle Edizioni a stampa (n. 6739-6795) e su illustrazioni e traduzioni.
L'articolata classificazione del materiale èintegrata da un sostanzioso apparato di indici, curati da Sara Esposito, che occupano l'intero quarto volume (contrassegnato, per croce dei puristi della descrizione, solo da quattro asterischi).
Apre il siglario dei periodici consultati, circa 1500, di tutto il mondo e in gran parte tutt'altro che ovvii: un ottimo campo di battaglia - sia detto per inciso - per avventure bibliometriche. Semplice e utile innovazione, in quest'ambito, l'uso della "&" per rappresentare la congiunzione in qualsiasi lingua, con ordinamento dopo la "Z", come negli "antichi abbecedari" - nota l'Autore - e come nella serie di segnature dei fascicoli nei primi libri a stampa.
Segue l'indice degli autori (che include curatori, traduttori, illustratori, recensori, ecc.) in cui troviamo, a documentare l'ampiezza del fenomeno "dantologia", parecchie migliaia di nomi. Naturalmente in un'opera di questo livello non hanno posto, né nelle schede né negli indici, la pigrizia e la presunzione che in tante bibliografie speciali negano agli autori il diritto di figurare con il loro nome e cognome completi, senza arbitrarie ed ambigue iniziali. L'ultimo indice, cospicuo e nella nostra tradizione veramente coraggioso, è quello per Argomenti (p. 1395-1469), con chiare e dettagliate articolazioni anche nelle voci più ricche. Valga per tutte la voce Commedia, con alcune grandi ripartizioni (Composizione e pubblicazione, Testo, Manoscritti, Personaggi e figure, ecc.) ulteriormente articolate (Figure mitologiche, Personaggi piemontesi, ecc.) e con una successiva scansione per cantiche, canti e versi.
E' chiaro che la redazione di una clavis di questa ricchezza non sarebbe stata possibile senza un'analisi approfondita, da specialista, del materiale descritto. Il contributo più importante dell'opera va quindi forse cercato nelle annotazioni alle schede, mai ripetitive, non inutilmente standardizzate, bensì funzionali, flessibili, volte ora a delimitare l'ambito dello scrittore, ora a informare sulle sue circostanze, ora a mettere in evidenza il riferimento, la notizia, l'osservazione non banali, ora anche a sintetizzarne esaurientemente, con giudizio sicuro, l'argomentazione e le conclusioni, ricorrendo pure a citazioni dirette.
Qualche esempio mi sembra d'obbligo. Per un contributo intitolato semplicemente Dante a Ravenna (n. 913) si precisa: "La pergamena 9123, conservata nell'Archivio Arcivescovile ravennate e datata 4 gennaio 1321, confermerebbe la presenza in Ravenna di Pietro Alighieri e del padre dall'agosto del 1320 (o dall'autunno del 1319)". Per delle Postille dantesche (n. 183) si sintetizzano le osservazioni sui singoli passi discussi; cito soltanto per il primo: "Inf. I 116: gli "antichi spiriti" sarebbero la traduzione di "veterem hominem" di S. Paolo (Eph. IV, 22)". Taglio diverso, più disteso, per un contributo di Etienne Gilson (n. 1701): "Si ritiene insostenibile la tesi di un Dante umanista e per cronologia e per qualità di cultura: anagraficamente contemporaneo del medievale Duns Scoto, ideologicamente Dante lo era Piuttosto dei pensatori della generazione precedente, quella di Alberto Magno e di Tommaso d'Aquino; il suo atteggiamento verso gli autori classici era più affine a quello di un Giovanni di Salisbury che a quello del Petrarca; il suo stesso stile intellettuale, con la dignità superiore assegnata al vero rispetto al bello, era d'impronta decisamente scolastica". In più casi, come nella sezione sul Fiore e sul Tetto d'Amore (n. 6584-6597), il reticolo delle annotazioni permette di ricostruire esaurientemente un vivace dibattito [ ... ].
Alberto Petrucciani


AVVENIRE
1 aprile 1990

Quanti sono stati gli interventi su Dante Alighieri in vent'anni? Dal 1950 al 1970 almeno novemiladuecento: tante sono le voci riportate nella monumentale Bibliografia analitica degli scritti su Dante che vede la luce in questi giorni per l'editore Olschki di Firenze. Per scovarle, il curatore, Enzo Esposito, ordinario di Bibliografia e Biblioteconomia alla Sapienza di Roma, ha sfogliato migliaia fra libri e periodici e impiegato venticinque anni, consultando biblioteche personalmente o per lettera.
Entusiasma scoprire che fra i milleseicento periodici che si sono occupati del grande poeta, una buona parte è straniera, con provenienza europea e americana; ma come non si notano confini ideologici (Dante è popolare allo stesso modo al di qua e al di là della cortina di ferro anche negli anni della guerra fredda), così trova estimatori anche nel mondo arabo, in India, in Giappone e in Vietnam. Anzi, uno dei più significativi dati nuovi, riscontrabili confrontando questa bibliografia con quelle relative ai decenni precedenti a cura di Niccolò Domenico Evola, Hèlène Wieruszowski e Aldo Vallone, è la "diffusione planetaria del culto dantesco pure entro linee ed indirizzi metodologici di livello e tono sempre alquanto scaltriti, disposti (quasi finalizzati) per lo più ad un'interpretazione del mondo di Dante come mondo poetico, mondo di affetti e di ragione, che assuma forma e sviluppo rappresentativo in un pensiero poetico e in un corrispondente linguaggio capaci di obiettivarlo" [ ... ].
Giorgio Baroni


QUOTIDIANO
Mortedì 19 giugno 1990

Le pagine introduttive del libro di Esposito mirano a tracciare un consuntivo della dantologia novecentesca dal 1950 al 1970. Un ventennio sembra un tratto di tempo abbastanza breve, un ritaglio addirittura all'interno di un secolo. Ma quando il poeta di cui ci si occupa è Dante si capisce come l'aver indagato su un arco temporale così limitato sia, se non altro, una eccellente misura di prudenza. Suggerita, inoltre, la scelta dal porsi di Esposito a continuatore di un lavoro di cui altri studiosi avevano realizzato altre tappe (per gli anni dal 1920 al 1939 è ricordato Niccolò Domenico Evola; per gli anni 1931-1939, Hèlène Wieruszowski; per gli anni dal 1940 al 1950, Aldo Vallone). Con la riproposta di un "Indice orientativo" valloniano, relativo agli anni 1940-1960, si apre il discorso di Esposito: un punto di partenza dal quale muovere per un tracciato che in parte presupponga e in parte comprenda l'altrui indagine in rapporto alla propria.
Esposito nota un ampliarsi del campo d'interesse dantologico talvolta legato alle occasioni centenarie (1921, 1965) ma, anche fuori di quelle, connotato, nel Novecento, non solo da profondità ed estensione eccezionali, ma anche da fervore e rigore intellettuali preminenti. Se planetaria risulta la diffusione dell'interesse per Dante, in una molteplicità di indirizzi tutti contrassegnati da una scaltrita strumentazione, visibile è anche una comune finalità: l'interpretazione del mondo dantesco come mondo poetico, di affetti e di ragione, realizzato per mezzo di un linguaggio che perfettamente vi corrisponde.
Il lavoro filologico sulle opere dantesche ha un posto preminente nell'arco di tempo indagato da Esposito. Al culmine si pone l'edizione del Petrocchi della "Commedia secondo l'antica vulgata" (1966-67) e le edizioni di altre opere dantesche sigillate tutte dalla grande lezione che sta a monte di esse: quella di Michele Barbi.
La critica propriamente detta mira "alla comprensione totale della fisionomia umana e poetica di Dante". In questo campo la varietà delle proposte metodologiche si rifà a maestri quali Curtius, Auerbach, Singleton. Il primo richiamando alla necessità di capire Dante studiando la civiltà letteraria mediolatina, il secondo costruendo un sistema di interpretazione sul concetto di "figura", il terzo applicando alla "Commedia" il modello biblico della allegoria dei teologi hanno dato slancio a grandi direzioni di ricerca ma anche a una serie di puntute indagini particolari.
Né va trascurato l'apporto degli studiosi italiani: Bruno Nardi, inteso ad indagare il pensiero del poeta nel quadro della cultura medievale; Antonio Pagliaro, intento ad assumere la lettera del testo come avvio per una profonda esplorazione della unitarietà del testo stesso: Umberto Bosco, instancabile esploratore della perennità della poesia dantesca; Francesco Mazzoni, impegnato a fissare i momenti essenziali della tradizione esegetica ma anche ad affrontare i passi oscuri o controversi dell'opera dantesca per portarvi nuova luce; Gianfranco Contini, espertissimo e abilissimo nell'applicare alla poesia dantesca le più moderne tecniche di ricerca a sostegno di una "lettura" di strenuo impegno filologico-critico.
Se i nomi ricordati riportano ad alcune direzioni di ricerca, altri ne fa Esposito, prestigiosi, di critici impegnati su diversi fronti, spesso con forza innovatrice, dell'esplorazione del testo dantesco: Battaglia, Getto, Fallani, Marti, Sanguineti, Padoan, Corti, Vittorio Russo; e si potrebbe continuare, nel panorama italiano e straniero, ad elencare nell'infinito rilevando ciò ch'è proprio di ognuno. Né meno impegnate appaiono le grandi sintesi vallardiane biografico-critiche: dopo quella dello Zingarelli, ch'è fuori dell'arco temporale considerato, quelle di Mario Apollonio e di Aldo Vallone.
Per il dantismo fuori d'Italia l'autore non può che ricorrere ad un elenco di nomi, da ritrovare entro la sterminata ventennale bibliografia attraverso le rapide, ma puntuali, osservazioni contenute nelle schede. Ne scaturisce un quadro mosso e vivo e vivacissimo della presenza di Dante nel mondo: una presenza saggiata nella direzione e negli esiti più disparati
Luigi Scorrano


CULTURA E SCUOLA
Anno XXIX - n. 115 - Luglio / Settembre 1990

[ ... ] Fin qui l'esegesi, nella sua inesauribile continuità; ma merita di essere toccata anche la zona della catalogazione bibliografica nella quale ètesté apparsa un'opera di ampia mole come di alto interesse: la Bibliografia analitica degli scritti su Dante 1950-1970, di Enzo Esposito (s.l., Olschki, 1990, voll. 4, pp. XXVIII-1474, L. 320.000). L'opera è la prima voce della collana "Dantologia" del Centro Bibliografico Dantesco (Università "La Sapienza" di Roma) e costituisce uno sviluppo ulteriore degli Studi danteschi dal 1950 al 1964 (con "indice orientativo della critica dantesca 1950-1964", di Aldo Vallone, Roma, Centro Edit. Intern., 1965), che Esposito presentava, in completamento della bibliografia tra i due centenari tracciata dai contributi di N. D. Evola, H. Wieruszowski, A. Vallone.
Ecco per dare un'idea del fitto impianto dell'opera, le quattordici sezioni in cui, nei primi tre volumi, si distribuiscono 9.180 voci bibliografiche: testi di consultazione, raccolte e antologie, scritti complessivi, scritti biografici, ambiente e tradizione culturale, cultura pensiero spiritualità di Dante, "Divina Commedia", opere minori, studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa, studi su commenti e commentatori, studi su illustrazioni e illustratori, studi su tradizioni e traduttori, fortuna e storia della critica. Nel quarto volume gl'Indici, a cura di Sara Esposito, relativi a Testate dei periodici consultati, Autori, Argomenti.
Alle precedenti benemerenze nel campo della bibliografia letteraria Esposito aggiunge felicemente questi preziosi volumi: la loro organizzazione appare perfetta, quale frutto di anni di ricerca ed esperienza [ ... ].
Fernando Salsano


NUOVA ANTOLOGIA
Vol. 563° - Fasc. 2174 - Aprile / Giugno 1990

[ ... ] A questa articolazione, direi pratica, atta a facilitare la consultazione il più rapidamente possibile delle 9180 "voci", risponde bene il "soggettario" culturale. Dopo un Consultivo della dantologia novecentesca dal '50 al '70 (a parte la utilizzazione dell'Indice orientativo da me premesso alla edizione dell'Esposito del 1965), in cui si dà rilievo agli studiosi più impegnati nel ventennio, la bibliografia è articolata in XIV parti, o più propriamente settori, che dal generale scendono via via nei particolari: dai "Testi di consultazione" e dalle "Raccolte e antologie" alla "Fortuna e storia della critica", come dire dall'esterno all'esterno, con dentro opere di preparazione storica e di approccio a Dante-uomo e ai suoi tempi ("Scritti complessivi", "Scritti biografici", "Ambiente e tradizione culturale"); e su questa base poggia la parte più interna e specifica, legata al travaglio culturale e alla felicità espressiva: ("Cultura, pensiero, spiritualità di Dante", "Arte, estetica e poetica, lingua e stile, metrica e rima"), "Divina Commedia", "Opere minori"; con la conclusione, rivolta all'opera nel continuo e lungo travaglio di ricerche filologiche, di raffronti tra testo e traduttori o, in genere di presenza, mai così incisiva e vasta, del messaggio dantesco nella storia universale: "Studi sui manoscritti e sulle edizioni a stampa", "Studi sui commenti e commentatori", "Studi su illustrazioni e illustratori", "Studi su traduzioni e traduttori", "Fortuna e storia della critica".
Tre tomi, di cui il più pingue è il II, pp. 365-890, tutto dedicato alla Divina Commedia, con un IV, a cura di Sara Esposito, comprendente: "Testate (e relative sigle) dei periodici consultati", "Autori", "Argomenti", "Indice Generale": un volume, che fascia, integra, ricompone e ripercorre le varie fasi di tutta l'opera, ristabilendo incontri e correlazioni.
E se ho all'inizio accennato alle "Testate" dei periodici, qui ora voglio richiamare più specificamente l'attenzione sugli "Argomenti" (IV, pp. 1395-1469). Vi compaiono singoli e specifici "nomi" (e non solo di "Beatrice" o di "Dante" stesso; o di lettori illustri o sconosciuti, e così via); ma anche la "voce" "Commedia" (articolata e sciolta in vari argomenti: "Composizione e pubblicazione", "Manoscritti", "Edizioni a stampa", "Genesi, ispirazione, sensi", "Problema estetico", "Ordinamento e interpretazione generale", "Guide", "Personaggi e figure", singole registrazioni di canti e di versi per ogni canto; e così via) per migliaia e migliaia di riferimenti; colonne intere di numeri e per più pagine. Ed è certo che alla grande umiltà e pazienza di chi le ha registrate, puntualmente e puntigliosamente, deve corrispondere una qualche pazienza e umiltà di chi deve consultarle.
Voglio, infine, dire che l'articolazione ha una sua struttura logica e razionale, oltre che funzionale: quella stessa, e con qualche contemperamento, che fu da me sperimentata nel mio giovanile lavoro bibliografico Studi danteschi dal 1940 al 1949 (Firenze, 1950).
E bisogna aggiungere, guardando all'interno l'opera, che si cerca in sostanza non solo di distribuire, nei vari settori, i dati; ma di ricondurli, tutti insieme, ad esiti complessivi e unitari. Sotto questo aspetto, ad esempio, la lettura delle varie "voci", pur registrate sotto due distinti capitoli ("Ambiente e tradizione culturale" e "Cultura, pensiero e spiritualità di Dante": "voci" 1191-2027) non solo presentano strettissimi rapporti tra loro, in qualche modo evidenziati dalla loro contiguità; ma permettono anche una penetrazione vasta e ragionata del clima culturale del tempo, delle prevalenti ideologie e delle persistenti tradizioni, che Dante ora accetta e sviluppa, ora liberamente interpreta e sovverte. In sostanza, il primo capitolo è propedeutico al secondo e questo integrativo del primo. Penso, ad esempio, alla grande e suggestiva analisi di E. Auerbach, Literatursprache und Publikum (1958: "voce" 1198; e poi 1199-1201), legata, sì, ad "Ambiente e tradizione culturale"; ma anche a "Cultura, pensiero, spiritualità di Dante", a "Scritti complessivi" nella Divina Commedia (come, di fatto, si fa: "voci" 2324-2327); penso anche alle opere di Ch. Singleton, Dante studies etc. ("voci" 3258-3263), peraltro splendidamente documentate con indicazioni bibliografiche di traduzioni italiane e recensioni (talvolta con 13 riferimenti) nel settore "Scritti complessivi" e poi con le diramazioni nelle bibliografie particolari dei canti ("voci" 3685, 4094, 4121, 4270, 4790, 5060, 5111, 5258, 5293, 5308; oltre alle citazioni nel corredo bibliografico).
Voglio dire che la circolarietà del pensiero, specie dinanzi ad interpreti che hanno rifondato l'esegesi dantesca (e per restare ai nomi fatti per ultimo: E. Auerbach e Ch. Singleton) meno ammette ripartizioni (anche se valide sul piano pratico della immediata consultazione). Così, per richiamare il caso di E. Auerbarch, per i concetti di "figura" (1938-1967: "voce" 2326) e di "mimesis" (1929-1969: "voce" 549), rispettivamente posti nelle sezioni "Scritti complessivi", riguardanti la Divina Commedia, e "Scritti complessivi", riguardanti Dante, in generale. A questa polivalenza (e, direi anche, trasversalità) di molte opere dantesche, che più che monograficamente disposte si allargano a trattare, in varie tappe, il pensiero e l'arte di Dante, appartengono sia studiosi sommi (come Barbi, Nardi, Spitzer, Gilson etc.), sia, e non sono meno numerosi, i facili compilatori di profili culturali e i lettori d'occasione (e sono parentele male assortite, certo). E allora, qui, chi consulta e legge le oneste e prudenti presentazioni, che accompagnano ogni "voce", deve usare pieno discernimento Due cose non si possono chiedere (o pretendere al bibliografo): la selezione e la completezza. La prima è demandata allo studioso, che in genere se ne intende e che comunque lo s'invita ad accertare direttamente l'opportunità e la validità dei saggi che servono alle sue ricerche; la seconda, la completezza, non ha un metro fisso; in base al quale giudicare, perché "bibliografie complete non credo che ce ne siano: ci sono bibliografie povere e bibliografie ricche": e il pensiero è di B. Croce, in una lettera ad A. d'Ancona del 27 aprile 1889 (cento anni fa!), citato in nota, assai opportunamente, dallo stesso Esposito ad apertura del suo Consuntivo (I, p. IX). Tuttavia, e per la selezione e per la completezza, anche la riserva (la più piccola o, peggio, la meglio camuffata) risulterebbe non solo inopportuna, ma anche ingegnosa. Chi può misurare, ad esempio, la pazienza e l'affanno di seguire e inseguire un saggio in Italia e all'estero, spesso edito contemporaneamente, da opera ad opera e per lunghi anni? Si vedano, ad apertura a caso dell'opera, il Dante di T.S. Eliot ("voce" 623) o di G. Papini ("voce" 760) o di M. L. Rizzati ("voce" 794) o, infine, Il messaggio agli Italiani di G. Saragat ("voce" 807). Personalmente sono grato all'Esposito perché egli ricorda alcune mie "voci" a me stesso sconosciute, giungendo (e mi scuso se per necessità il mio nome qui si registra) ad elencare 232 richiami nell'elenco "Autori" e 25 nell'elenco "Argomenti".
C'è, dentro, un lungo ed estenuante lavoro di ricerca, e quasi sempre sostenuto con mezzi propri e privati: un'attenzione minuta, e ancor più sofferta, ad ogni "voce" proveniente da ogni luogo, vissuta in umiltà specie laddove si trattava (e non in pochi casi) di reprimere il fastidio di leggere e leggere cose mediocri o amene, allo scopo, appunto, di aspirare alla buona e completa informazione. Attorno a Dante ci sono tutti: sublimi ricercatori, buoni interpreti, onesti cultori, ma anche superbi e vanesi lettori e stucchevoli ripetitori.
La speranza è che questo ventennio dantesco, invero fondamentale nella storia della esegesi dantesca, aperto ad ogni egregia sperimentazione dentro alle consolidate ideologie interpretative ma anche attorno alle nuove correnti di pensiero, abbia un seguito (integrato anche con gli "Annali delle edizioni delle opere") e che l'Editore Olschki, ancora una volta benemerito per i problemi di cultura e per proprio stile di vita, assicuri continuità e spazio alla collana "Dantologia. Pubblicazioni del Centro Bibliografico Dantesco".
Aldo Vallone


HUMANITAS
Anno XLV - n. 3 - Giugno 1990

[ ... ] Chiaramente si tratta di un'opera di consultazione piuttosto che di lettura; ma anche un'osservazione d'insieme o una scorsa alla ricerca di notizie ghiotte possono avere un senso: per questo il volume più adatto è il quarto, comprendente l'indice delle testate dei periodici, degli autori e degli argomenti, curato da Sara Esposito, la figlia dell'autore. Così si può verificare la diffusione capillare e la popolarità di Dante osservando la varietà di livelli delle riviste e la particolare fortuna scolastica attraverso un interminabile elenco di annuari di licei e istituti superiori; il sapore della curiosità hanno la scoperta che di Dante si è occupata anche la "Rivista di suinicultura" di Bologna e le conclusioni sulla Vita nuova della rivista "Sessuologia": "II sentimento descritto da Dante rientra perfettamente nel quadro sessuologico degli amori sublimati dell'adolescenza [ ... ]. Ciò conduce a dover logicamente ammettere la realtà esistenziale nell'animo del poeta di tale tipo di sentimento e ad escludere come arbitrarie e fantasiose le ipotesi tendenti a ridurre tale Amore, vivo quanto sublime, ad una finzione letteraria simbolica di concetti dottrinali astratti".
Sempre attraverso gli indici (ma anche attraverso la disposizione delle schede) si può verificare che della Divina Commedia è l'Inferno la cantica più praticata dai critici e studiosi (spero non sia di triste auspicio!). L'Inferno detiene anche il primato del canto più analizzato: il quinto, quello di Paolo e Francesca, che con il loro infelice amore commuovono ancor oggi persino più di Farinata e di Ulisse. Del Paradiso il canto più "votato" è il trentatreesimo, certo apprezzato per la visione divina, "de l'alto lume [ ... dai] tre giri di tre colori e d'una contenenza", "quando la tensione tra invenzione e visione tende a spezzarsi, quando -come annota Angelo Jacomuzzi - l'ambiguità diviene impossibile"; ma parte evidentemente più trascinante è quella iniziale, in cui San Bernardo si rivolge alla "Vergine madre, figlia del tuo figlio"; un inno che per Aldo Vallone non è "pezzo lirico", ma "una preghiera vera e propria con immagini e parole che già suonavano care e familiari ai devoti e che pertanto si rifacevano a tutta una tradizione medievale".
Giorgio Baroni


IL MESSAGGERO
28 maggio 1990

"Mi ritrovai per una selva oscura". Non certo una selva cupa, ma un giardino affascinante, nel caldo tramonto autunnale, per le foglie rosseggianti, per gli stilizzati fiori esotici, ci circondava otto anni fa, nei recinti dell'Università di Pechino, mentre discutevamo quel verso.
L'antico compagno cinese alla scuola fiorentina di Attilio Momigliano, Tian Dewang, docente di letterature occidentali, riprendeva con la sua voce piana e sottile le nostre discussioni dantesche dopo più di quarant'anni. "Quel per nel secondo verso della Commedia non va interpretato e tradotto, come correntemente si fa, quasi un in, di stato in luogo. Indica invece una situazione dinamica: movimento, tensione verso una meta. Vuole significare che Dante allora percorreva la parabola della sua vita muovendosi angosciatamente e faticosamente attraverso la selva oscura dell'errore e del vizio". "Un po' come intese un altro verso dantesco Mao, che all'inizio della famosa marcia" volle esortare i compagni esclamando "qui si parrà vostra nobilitate" chiosava un altro italianista, Luu Tong Liu, ricordando anche l'entusiasmo di intellettuali e scrittori cinesi per Dante, come La Xun, Ba Jin, Wu Xinhua. Quelle pacate e riflessive discussioni nei fiabeschi giardini pechinesi mi sono emerse suggestive su dalla memoria alla recente pubblicazione della traduzione cinese dell'Inferno, compiuta in un decennio di impegnativo lavoro proprio da Tian Dewang. E' la prima volta che la Commedia - dopo versioni indirette dall'inglese, dal tedesco e dal francese - è resa in cinese direttamente dall'italiano; e in modo egregio, come mi garantivano allora la preparazione e l'impegno del traduttore e come mi assicurano oggi vari nostri sinologi.
Peccato che l'amminirabile opera di Tian Dewang non abbia potuto, per ragioni cronologiche, essere inclusa nel poderoso, vero prodigio di erudizione bibliografica, di Enzo Esposito, Bibliografia analitica degli scritti su Dante: 1950-1970. Sono quattro volumi di più di millecinquecento pagine, editi elegantemente da Olschki. Comprendono 9180 schede, spesso complesse e che riflettono circa ventimila riferimenti diversi. Costituiscono la testimonianza più austera e rigorosa - e per questo più solida e convincente - della presenza continua, potente, sollecitante del messaggio dantesco nella nostra epoca e nel mondo intero; anche con le presentazioni televisive, anche nei paesi più lontani geograficamente e culturalmente.
Accanto alla Cina figura il Giappone: e figurano la Corea e l'Islanda, Urss e i più vari centri dell'America latina. Non parliamo poi della vera esplosione di passione dantesca nell'America del Nord, ogni anno di più il Paese dell'anima per Dante e il suo poema. Sei regolari e fervide "Lecturae Dantis" raccolte puntualmente in eleganti volumi, tre periodici specializzati, la computerizzazione dei principali commenti dal Trecento ad oggi, una "Dante Society" attiva come nessun'altra al mondo, sono lì a testimoniarlo. E le traduzioni si succedono, fino a quella splendida compiuta in questi ultimi tempi da un ispirato e felice poeta, come Allen Mandelbaum; il testo della Commedia è considerato fondamentale nelle diverse chiese cristiane; gli universitari che la studiano sono ogni anno più di quarantamila.
E' un Dante, per gli americani, non solo poeta ma anche profeta. Non a caso dai "padri pellegrini" in poi il Nuovo Mondo è un paese di cultura e di spiriti biblici. E il Dante accolto e venerato, fin dai primi dell'Ottocento, dai fondatori della cultura americana, è il profeta esoterico dei preraffaelliti inglesi, imposto allora da Dante Gabriele Rossetti attraverso il suo discepolo ideale Charles Elliot Norton, fondatore nel 1882 della americana Dante Society e parente di T.S. Elliot. Emerson poi, pervaso dal verbo rossettiano, proprio sulla Bibbia innesta la poesia di Dante veggente. E appunto dalle carte di Emerson deriva l'impostazione della visione dantesca misticoallegorica di Singleton, caposcuola dei fecondi dantisti americani del secondo Novecento [ ... ].


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