§ Sacro e profano

Chi tutela il risparmio




Mario Monti
Rettore della Luiss



In un'intervista televisiva trasmessa alla fine dello scorso anno, Giulio Andreotti dichiarò: "Il risparmio è sacro. Tutti quelli che vanno dicendo di tassare i Bot sono senza cervello. Se si facesse questa idiozia la gente dopo trenta giorni, al primo rinnovo dei titoli, se ne andrebbe in Francia o in Belgio o altrove. li risparmiatore su questo deve essere tranquillizzato".
Per l'autorevolezza della fonte e la rilevanza del tema, la dichiarazione merita attenta riflessione. Essa contiene tre parole chiave: "sacro", "idiozia", "tranquillizzato".
"Il risparmio è sacro". E' importante che un capo di governo sottolinei questo punto, con questa chiarezza. E' un punto da condividere Fino in fondo. Ma perché il risparmio è sacro? E che cosa si deve fare per non profanarlo?
Il risparmio è sacro per la motivazione individuale che lo determina e per per l'effetto che arreca all'economia. Lindividuo risparmia per provvedere a necessitò future mediante il capitale accumulato e il rendimento che questo avrà maturato. I risparmi individuali consentono all'economia di disporre dei mezzi per effettuare gli investimenti. Se gli investimenti, privati o pubblici, sono produttivi (ad esempio, un nuovo stabilimento o un più moderno sistema di telecomunicazioni), essi generano le risorse con le quali è possibile far fronte al rimborso dei capitali e al pagamento degli interessi. Il circuito risparmio-investimento funziona allora regolarmente ed è il motore dello sviluppo economico.
Il circuito smette di funzionare se il risparmio - pur dichiarato "sacro" viene "profanato". Due sono le profanazioni possibili. Un primo tipo di profanazione ha natura plateale e desta reazioni vivaci. Consolidamenti forzosi di titoli e imposizioni patrimoniali straordinarie appartengono a questa categoria. In una società basata sul consenso e con confini finanziari ormai aperti, profanazioni di questo tipo non sono probabili.
La seconda forma di profanazione dei risparmio è più sottile e non desta opposizione, ma anzi compiacimento, in chi la riceve. Essa consiste nel rendere particolarmente appetibili - mediante elevati tassi di interesse e privilegi fiscali - taluni impieghi dei risparmio ai quali invece corrisponde, in realtà, una produttività bassa o addirittura nulla. Ciò si verifica per il risparmio che affluisce ai titoli di Stato, e in particolare per quella parte che va a colpire il disavanzo pubblico corrente, cioè non investimenti pubblici ma consumi pubblici.
Anche limitandosi a questa notazione più ristretta - copertura dei disavanzo pubblico corrente - la profanazione dei risparmio italiano oggi è più simile ad una trave che ad una pagliuzza. Il 21 % dei risparmio privato è distrutto nella copertura dei disavanzo pubblico corrente. Si tratta di quasi 80.000 miliardi di lire all'anno. Gli altri Paesi dello Sme hanno un avanzo corrente dello stesso ordine di grandezza, che per essi concorre, con il risparmio privato, al finanziamento degli investimenti privati e pubblici.
"Il risparmiatore deve essere tranquillizzato". L'ideale sarebbe che i risparmiatori venissero tranquillizzati e al tempo stesso non più illusi. E' bene che vengano tranquillizzati sul fatto che non saranno compiute ai loro danni profanazioni del primo tipo, cioè violazioni dei patti sui titoli in essere. Ma non devono più venire illusi, con alti tassi di interesse e privilegi fiscali, su nuove emissioni di titoli che servono a convogliare il risparmio verso i consumi pubblici, distogliendolo dagli impieghi produttivi.
Nel 1921 Luigi Einaudi parlava della "giustificata ripugnanza della gente risparmiatrice a buttare i propri denari per aumenti di impiegati inutili e per spese improduttive". Oggi questa ripugnanza non c'è più. Gli imbattibili tassi e vantaggi fiscali sui titoli di Stato fanno sì che i risparmiatori considerino semmai "buttati" i propri denari quando li destinano - attraverso le banche o la Borsa - ad impieghi produttivi, certo più proficui per la collettività, ma non in grado di competere con i titoli di Stato.


Se si considera sacro il risparmia, non si può considerare normale un sistema che, ribaltando i termini einaudiani, ha creato nei risparmiatori una "giustificata ripugnanza" per gli impieghi produttivi.
"L'idiozia". il capo del governo afferma che tassare i titoli di stato (nel senso, si deve ritenere, di includerne gli interessi nella base imponibile Irpef) sarebbe un'idiozia, che determinerebbe uscite di capitali dal Paese.
Il problema è complesso e non sono in grado di dire se sarebbe o meno un"'idiozia". Forse, dipende dal punto di vista. Mi limito a tre osservazioni. Sotto il profilo della sacralità del risparmio, una modifica del regime fiscale che riguardasse le nuove emissioni non darebbe luogo a profanazione del risparmio nel senso di violazione dei patti. E' vero che si assisterebbe probabilmente ad una minore propensione all'acquisto di titoli di Stato, a vantaggio forse di impieghi all'estero, ma anche di impieghi produttivi nel Paese.
Infine, è probabile che il meno facile finanziamento (purché il Tesoro non reagisca subito con tassi ancor più prodighi) accrescerebbe nel governo e nel Parlamento la pressione per conseguire davvero i traguardi indicati nella legge Finanziaria.
Di Fronte ad una maggiore stringenza Finanziaria, l'esponente più rappresentativo di un vasto sistema politico vissuto sul debito pubblico potrebbe dolersi. Un capo di governo impegnato nel risanamento finanziario non Potrebbe non rallegrarsene.


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