§ Il corsivo / 1

La mantide il mostro la belva




Milla Pastorino



Dovrebbe essere un gioco di società, ammesso che capiti ancora di giocare. E dunque: chi è la "mantide" nei titoli dei giornali? No, non l'insetto, che pare abbia peraltro la pessima abitudine di divorare il suo partner Mantide è stata definita, per mesi e mesi, una donna bionda e affascinante che, in provincia di Savona, così hanno stabilito i giudici, avrebbe chiesto e ottenuto l'aiuto di uno dei suoi amanti per ucciderne un altro. Condannata da due tribunali a 26 anni di carcere, adesso è libera per decorrenza dei termini.
E la "Circe della Versilia "? Pare volesse eliminare il marito con l'aiuto di alcuni "maghi". E' soprattutto durante l'estate che i titoli dei giornali scavano nelle reminiscenze liceali o cinematografiche.
Facile leggere il giallo della donna in rosso che è anche un buon accostamento cromatico, messo in pagina da un autorevole quotidiano milanese fianco a fianco con "La Circe della Versilia " .
Sfogliamo i giornali all'indietro: ecco "gli angeli della morte": e sono le infermiere che in una clinica austriaca "aiutavano" a morire gli anziani pazienti meno "pazienti".
Ancora più indietro? Ecco "il biondino della spyder rossa", condannato per la morte di una ragazzina di quindici anni, il primo delitto preceduto da rapimento di una minorenne. Delitto che sconvolse Genova, città della vittima e dell'assassino, e portò in piazza ingioiellate signore a chiedere la pena di morte. Restiamo in campo maschile: ecco "l'uomo in blu" che negli anni Sessanta tenne saldamente i titoloni dei giornali per l'assassinio di Christa Wanniger, tedesca aspirante fotomodella, da poco in Italia. L'uomo in blu venne identificato dopo sei anni, processato e assolto per insufficienza di prove. Poi, in appello, giudicato colpevole ma non punibile perché incapace di intendere e di volere all'epoca dei fatti.
Continuiamo a sfogliare, più la memoria che i giornali ormai ingialliti negli archivi. Nell'estate del '65 ecco il "mostro" dei Pratoni dei Vivaro, località poco lontana da Roma: due fidanzati uccisi a colpi di pistola. E il "canaro della Magliana" ebbe forse più titoli del lontano 'gobbo del Quarticciolo "; allora era appena finita la guerra e i giornali avevano poche pagine e tante cose da dire. Tuttavia, al 'gobbo del Quarticciolo " (un quartiere periferico romano) capitò anche di diventare protagonista di un film, dove era impersonato da Renato Salvatori.
E ancora, alla rinfusa, "La saponificatrice di Correggio", che tagliava e bolliva le sue vittime. Tanti altri pare lo abbiano fatto, dopo di lei, ma solo lei diventò tanto celebre.
Così come ebbero celebrità alcuni "mostri quello di Firenze, specializzato in coppie di innamorati; quello di Alleghe, al quale Sergio Saviane dedicò una inchiesta e un libro.
Sotto tono i protagonisti di delitti più recenti, forse perché solo "indagati", come si dice da qualche tempo.
Indagato per la morte di Simonetta Cesaroni, uccisa a coltellate in via Poma, a Roma, Pierino Vanacore era ed è rimasto "il portiere", mentre l'altro indagato per l'uccisione della contessa Filo della Torre, all'Olgiata, zona chic di Roma, cameriere, fu e restò "il filippino".
Abbiamo visto che di mostro si parla soprattutto quando si tratta di uomini. Solo Rina Fort, accusata di aver ucciso l'amante e i piccoli figli di lui, meritò subito questo appellativo, insieme a quello di "belva".
Spesso i titoli nascono da reminiscenze teatrali o cinematografiche: dopo il film "Bonnie and Clyde", coppia di giovani assassini americani, anche una tentata rapina a una tabaccheria, se compiuta da coppiette, merita un clamoroso "Bonnie and Clyde". Così come è "Madre coraggio'' ogni donna che si espone in difesa del figlio, e si scrive di "caro estinto" (ricordate il famoso film?) ogni volta che si parla vuoi di crisi dei cimiteri vuoi di racket connessi agli stessi.
Ma i cronisti (si tratta quasi sempre di uomini) scatenano la fantasia soprattutto quando il protagonista, assassino o vittima, è una donna. Con risvolti divertenti: capita di leggere un titolo che parla di una anziana donna aggredita che mette in fuga l'aggressore. Andate a leggere meglio e scoprite che "l'anziana donna" non ha ancora cinquant'anni e che ha magistralmente steso l'aggressore con una botta di ju-do. Si può essere razzisti in tante maniere. Definendo vecchia una donna di cinquant'anni, definendo meridionale in senso spregiativo il piccolo scippatore, come se nessun settentrionale avesse mai scippato. Sfruttando le tristissime condizioni di una parte dell'Italia meridionale per sottrarsi alla necessità dei "distinguo". Al Sud ogni accadimento negativo è mafia, senza tante distinzioni.
Ho parlato finora di titoli, titoli vecchi e titoli recenti. Forse merita una annotazione lo stato d'animo di chi scrive quei pezzi e li vede poi enfatizzati o minimizzati dal titolo. So di colleghi che sono andati in crisi per titoli "neri" su un pezzo aperto a tutte le ipotesi. Io stessa, e perdonate l'autocitazione, ho avuto una crisi di coscienza quando una mia intervista a Lorenzo Bozano, fatta per il televisivo AZ, venne portata in tribunale e considerata elemento processuale. A chi potevo dire che il "famoso biondino della spyder rossa" lo avevo intervistato quando ancora nessuno sapeva che Milena Sutter, la ragazza rapita, era stata uccisa? Mi si accusò di aver "creato un mostro", ma debbo dire che uno dei più feroci accusatori, il collega Saviane, ebbe l'onestà di riconoscere pubblicamente il suo errore.
Da allora ho evitato il più possibile di occuparmi di cronaca, soprattutto di cronaca nera. Lho seguita, ceno, come lettrice, ed è da queste letture che nascono i ricordi un po' alla rinfusa. Ricordi di titoli grotteschi, come il "pediluvio a Ostia" che avrebbe provocato la morte di Wilma Montesi, e l'appellativo di "Ciglio Nero" dato alla Annamaria Moneta Caglio, accusatrice del marchese Montagna, in relazione allo stesso caso.
Avete notato che difficilmente ci sono titoloni con nomi tipo "strega, mantide, Circe, maga, mostro" quando i protagonisti fanno parte della buona società? Salvo eccezioni, è più facile fare un titolo definendo "canaro" un povero disgraziato che alla Magliana faceva il bagno ai cani e li tosava, piuttosto che titolare su un Sindona, poniamo, o su un Calvi. Così come è più facile coniare aggettivi sulle donne giovani, da qui l'abuso di "tedeschina", "inglesina", "biondina", "brunetta".
Paolo Murialdi, storico del giornalismo, con buona ragione parla di "linguaggio drogato, gonfiato come i vitelli agli estrogeni" dove le tre S (sangue, sesso, sadismo) sono le pietre angolari di costruzioni spesso destinate a crollare nell'impatto con la realtà.
Ma non sempre i cronisti costruiscono castelli di sabbia. Tutti ricordano che fu il giornalista Tomaso Besozzi, che nel 1950, in Sicilia, smontò la versione ufficiale sulla morte di Salvatore Giuliano. Il giornalista che nel film di Rosi telefona in redazione: "Di sicuro c'è solo che èmorto" impersona appunto lui, Besozzi.
Ecco: questa frase così rigorosa nella apparente incertezza può essere la sintesi di tutte le cose scritte finora. Si può sbattere il mostro in prima pagina, ma prima almeno occorre essere certi che di mostro si tratta.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000