L'immediato futuro
economico del maggiori Paesi industrializzati d'Europa si presenta
decisamente poco allegro. Per la prima volta che io ricordi, tutti
questi Paesi, i cosiddetti G7, o si trovano in recessione o stanno
per entrarvi.
Se non ci fosse stata la riunificazione tedesca, poi, l'Europa sarebbe
entrata in recessione ancora prima. In termini economici, infatti,
la riunificazione ha avuto l'effetto di una iniezione keynesiana di
domanda in dosi massicce, attraverso il canale delle spese in deficit.
Lo scorso anno, trasferimenti nei confronti della Germania Orientale
per quasi 150 miliardi di marchi hanno stimolato enormemente l'acquisto
di merci e di servizi da parte della Germania Occidentale e di altre
zone. Fino alla metà del 1991 la Germania era stata la locomotiva
del Vecchio continente in direzione della crescita economica. Ora,
però, la Germania Orientale registra un calo della produzione
industriale del cinquanta per cento. Spero che si sia toccato il fondo,
e che questo sia l'inizio della risalita. Risalita lenta, visto che
il fondo è tanto in basso, risalita quindi che offrirebbe solo
un piccolo contributo alle prospettive di crescita dell'Europa del
prossimo futuro.
Le stime ufficiali sul tasso di crescita tedesco parlano dell'1,5-2
per cento, previsione che a me pare alquanto ottimistica, soprattutto
dopo il recente accordo salariale tra i sindacati e i produttori d'acciaio
tedeschi che fissa un obiettivo d'incremento maggiore del 6 per cento,
talmente sproporzionato rispetto agli incrementi produttivi da aver
messo in dubbio che l'industria tedesca possa continuare ad essere
competitiva in ambito mondiale. Una situazione del genere rischia
di impoverire ulteriormente le possibilità della crescita economica
nei prossimi mesi.
Come conseguenza del prestiti del settore pubblico, inoltre, il deficit
del settore stesso ha toccato il livello storicamente alto del 5-6
per cento del Prodotto nazionale lordo. L'inflazione è al 4
per cento, storicamente pure molto alta per la Germania. In tali circostanze,
la Bundesbank non ha altra scelta che quella di gonfiare i tassi d'interesse
a breve termine, per la prima volta superiori a quelli degli Stati
Uniti.
In modo sorprendente, almeno per alcuni, questa operazione della Bundesbank
ha fatto sì che i tassi d'interesse a lungo termine siano scesi
quasi all'otto per cento, ritornando più o meno al livello
precedente la riunificazione. Ciò è dovuto, a mio parere,
al fatto che le iniziative a breve termine della Bundesbank hanno
riaffermato la credibilità della Banca, infondendo maggior
sicurezza all'ambiente finanziario. Per quanto riguarda gli errori
del governo in campo fiscale e salariale, tuttavia, la crescita economica
è seriamente minacciata, e non solo in Germania, bensì
in tutta l'Europa.
Nonostante queste preoccupazioni, le prospettive per un'espansione
economica europea sono più incoraggianti a breve e a lungo
termine. L'allargamento della Comunità europea è uno
degli eventi più importanti della storia recente. Prenderà
forma un mercato integrato, senza barriere che ostacoleranno il commercio,
i capitali e le persone. In termini di potere d'acquisto, si tratterà
del mercato singolo più vasto del mondo. Questa nuova Europa
è, de facto, assai simile all'Unione Monetaria, se definiamo
l'Unione Monetaria Europea come un'area in cui non esistono restrizioni
commerciali, sui servizi o sui capitali, e con tassi di cambio fissi.
La stabilità del cambi, va detto, prevale al momento in un'area
molto ampia. E' dal 1987 che non c'è un riallineamento valutario
fra i Paesi che insieme costituiscono il Sistema Monetario Europeo.
Anche quelli non appartenenti allo Sme, quali l'Austria, la Svizzera,
la Norvegia, la Finlandia e la Svezia, hanno aderito a tutti gli effetti
al blocco del tassi di cambio fissi.

Un altro segnale
incoraggiante viene dal fatto che l'inflazione si è abbassata
in tutti i Paesi europei, eccettuata, per il momento, la Germania,
fatto che senz'altro desta qualche preoccupazione, visto che il marco
tedesco rappresenta lo standard per il resto d'Europa. Spero, tuttavia,
che si tratti di una situazione temporanea, dovuta alla particolare
domanda di spesa pubblica generata dalla riunificazione. Le aspettative
inflazionistiche sono piuttosto basse in tutta Europa, il che lascia
prevedere che esista una buona chance per i tassi a lungo termine
più bassi in ambito europeo. Negli Stati Uniti sono già
scesi sensibilmente.
E' ora di riconoscere che la politica agricola della Comunità
europea, con i suoi sussidii altissimi, si è fatta insostenibile.
Innanzitutto, è troppo dispendiosa. Ma, ancora più importante,
è insostenibile in quanto non solo dobbiamo aprire i nostri
mercati per lo sviluppo del prodotti nazionali e degli Stati Uniti,
ma dobbiamo fare spazio alla produzione dell'Europa orientale.
Il gruppo del Sette deve non solo trovare la via d'uscita dalla situazione
attuale senza prospettive, ma anche accostarsi ai problemi dell'Europa
orientale e dell'ex Unione Sovietica, quella che è stata definita
l'Europa del "Far West". E' proprio questa, credo, la questione
che la Comunità europea dovrà affrontare nei prossimi
anni.