§ Frontiera 1993

La Banca d'Italia e gią europea




Carlo Azeglio Ciampi
Governatore della Banca d'Italia



Sotto il profilo quantitativo, in Italia le operazioni di rifinanziamento della Banca centrale a singole aziende di credito hanno rappresentato a lungo il principale strumento di regolazione della liquidità dell'economia e della crescita della moneta. Nell'ultimo quindicennio, l'azione sulle riserve bancarie è stata gradualmente e in misura crescente affidata a operazioni di mercato aperto, segnatamente operazioni temporanee su titoli di Stato. Esse hanno raggiunto, nel 1991, una consistenza media giornaliera più che doppia rispetto alle operazioni di rifinanziamento diretto, che pure conservano una posizione di rilievo nell'attuazione della politica monetaria.
L'evoluzione sperimentata in Italia presenta sostanziali analogie con quanto avvenuto negli altri Paesi europei. Fino a due anni fa, in Francia il rifinanziamento costituiva ancora il 40 per cento dei crediti concessi al sistema bancario, mentre oggi ne rappresenta 1111 per cento. Solo in Germania il rifinanziamento, pur se in flessione, ha ancora un ruolo quantitativamente rilevante, di poco inferiore a quello delle operazioni di mercato aperto.
Questa stessa evoluzione si è caratterizzata, da noi, per uno stretto rapporto di reciproca connessione con il progresso dei mercati dei capitali. L'esigenza di un loro sviluppo era particolarmente viva in Italia, all'interno di una struttura finanziaria più di altre incentrata sull'attività delle banche.
Inoltre, rispetto agli altri Paesi europei, era molto diversa la rilevanza dei tre canali di creazione della base monetaria. Negli anni Settanta, la creazione di base monetaria per conto del Tesoro, attraverso il conto corrente che esso detiene presso la Banca d'Italia e attraverso gli acquisti di titoli di Stato all'emissione effettuati dalla Banca, assumeva un peso crescente: il rapporto con la base monetaria complessivamente creata, che superava di poco l'uno a uno nel 1970-'71, giungeva a cinque a uno esattamente dieci anni dopo. Pur in assenza di creazione ulteriore di base monetaria per importi significativi attraverso gli altri due canali, quello estero e il rifinanziamento diretto delle aziende di credito, diveniva fondamentale il riassorbimento di quantità rilevanti di base monetaria. Nell'impossibilità tecnica di provvedervi a sufficienza con vendite definitive di titoli di Stato, si imponeva il ricorso alle operazioni pronti contro termine nel mercato aperto, iniziate dalla fine del 1979.
Con il "divorzio" fra il Tesoro e la Banca d'Italia del luglio 1981, cioè con l'eliminazione dell'obbligo per la Banca d'Italia di acquistare i BoT invenduti alle aste, si avviava un processo di riequilibrio nei canali di gestione della base monetaria. Lo favorivano lo sviluppo strutturale dei mercati finanziari e la diffusione presso i risparmiatori dell'impiego della ricchezza in titoli di Stato. La creazione diretta di base monetaria per conto del Tesoro si è progressivamente ridotta, in assoluto e in percentuale, sino a divenire lievemente negativa nel 1990 e nel 1991. Nonostante siffatti mutamenti, nel bilancio della Banca d'Italia le attività nei confronti del Tesoro sono tuttora pari a oltre il 12 per cento del Prodotto interno lordo; derivano, pressoché in pari misura, dall'esistenza del conto corrente di tesoreria e dai titoli di Stato in portafoglio. Unitamente a un livello di riserve ufficiali di ammontare considerevole, ciò porta l'attivo complessivo della Banca d'Italia, in rapporto al Pil, ad essere il più elevato tra quelli delle Banche centrali dei principali Paesi comunitari: oltre il 20 per cento, a fronte del 13 in Germania e in Francia, del 10 nel Regno Unito.
La dimensione delle attività della Banca d'Italia nei confronti del Tesoro si riflette, dal lato delle passività, nell'elevata percentuale dei depositi obbligatori delle aziende di credito. Questo dato costituisce conferma della connessione che si è stabilita negli anni fra l'ampiezza del conto corrente di Tesoreria e il resto della riserva obbligatoria che grava sulle nostre banche, peso ben maggiore di quello riscontrabile negli altri sistemi bancari europei. Il disegno di legge per la riforma del conto corrente che il governo di recente ha approvato assume, quindi, duplice rilievo: completerà lo statuto della moneta in conformità con le regole del costituendo Sistema europeo di Banche centrali, creerà le condizioni per accrescere la capacità competitiva del settore bancario italiano nel mercato unico d'Europa.
Il provvedimento ha due finalità collegate: evitare che il conto agisca come canale stabile di finanziamento del fabbisogno statale; rendere il conto stesso coerente con i requisiti concordati in sede Cee per la transizione alla seconda fase dell'Unione monetaria, che escludono ogni finanziamento diretto in forma monetaria del disavanzo pubblico.
Alla riforma si giunge dopo un processo, compiuto nei fatti nell'ultimo decennio, di graduale riduzione, fino all'eliminazione, del finanziamento monetario del Tesoro. Vi hanno concorso sia il calo del finanziamento in conto corrente, effetto dell'attenuarsi dei fattori che determinano ogni anno l'espansione legale della linea di credito, sia la progressiva riduzione degli acquisti di titoli di Stato all'emissione da parte della Banca d'Italia. Un contributo decisivo in questo senso è derivato dalle innovazioni introdotte nei meccanismi di emissione dei titoli pubblici e dallo sviluppo del mercato secondario.
Se le operazioni di mercato aperto rappresentano oggi uno strumento essenziale ai fini del controllo monetario, sia per le caratteristiche tecniche delle operazioni stesse sia per la dimensione del mercato a cui trasmettono gli impulsi, il rifinanziamento diretto a singole aziende di credito mantiene una posizione di rilievo nella politica monetaria. Tratti distintivi dei due strumenti sono costituiti dalla diversità del soggetto proponente l'operazione (la Banca centrale nelle operazioni di mercato aperto, la singola azienda di credito nelle operazioni di rifinanziamento) e dalla differente determinazione del tasso d'interesse. La tecnica dell'asta competitiva, propria delle operazioni di pronti contro termine, fa sì che nella determinazione del tasso influiscano in modo più immediato fattori di mercato, mentre il rifinanziamento avviene a tassi prefissati.
Strettamente connessa con la funzione di governo della moneta della Banca centrale è la gestione, ad essa affidata, del sistema dei pagamenti e delle transazioni in titoli. Col concorso fattivo delle banche, degli altri operatori, di istituzioni quali il sistema postale e la Società Monte Titoli, negli ultimi anni sono stati compiuti importanti progressi; altri sviluppi, avviati o progettati, innalzeranno ulteriormente l'efficienza e la funzionalità delle transazioni monetarie e finanziarie, realizzando un importante miglioramento del servizio delle banche alla clientela.
Nel sistema dei pagamenti, il rifinanziamento della Banca centrale adempie il delicato compito di facilitare l'ordinato svolgersi delle procedure relative al servizio di compensazione dei recapiti e a quello di regolamento dei pagamenti interbancari, ambedue affidati alla cura della Banca d'Italia. L'offerta di facilitazioni di liquidità è volta ad assicurare al sistema le disponibilità necessarie per la chiusura giornaliera. Si torna anche per questa via al concetto classico di rifinanziamento: strumento di intervento della Banca centrale, quale prestatore di ultima istanza, in favore di banche che difettano di liquidità, ma solvibili.
L'intervento della Banca centrale deve arrestarsi di fronte a situazioni di crisi di singole aziende che non siano circoscritte al solo aspetto della liquidità. Al tempo stesso, il credito di ultima istanza deve poter operare in modo discrezionale, flessibile, rapido, al fine di evitare che casi di illiquidità sfocino nell'insolvenza. In più occasioni ho richiamato l'attenzione sul fatto che il nostro ordinamento presenta rigidezze che ostacolano gli interventi necessari a sovvenire intermediari bancari in crisi di liquidità, scarsamente dotati di titoli di Stato.
Le garanzie che possono essere accettate a fronte delle anticipazioni, sia ordinarie sia a scadenza fissa, sono costituite da titoli di Stato o garantiti dallo Stato: solo su questi titoli è possibile, giuridicamente, costituire il pegno. Con lo sviluppo del mercato secondario che ha innalzato la liquidità dei titoli di Stato, le banche che ne possiedono trovano agevolmente su quel mercato la possibilità di cedere i loro titoli per sopperire alle esigenze di mezzi liquidi, senza far ricorso alla Banca d'Italia.
Questa evoluzione rende ancor più manifesti i limiti di una normativa che non consente a banche solvibili, carenti di titoli di Stato, la mobilitazione presso la Banca d'Italia di altre componenti dei loro attivi patrimoniali. Per superare questa limitazione mantenendo fermo il principio generale dell'assunzione delle garanzie da parte della Banca d'Italia nel concedere anticipazioni, dovrebbe essere ampliata la gamma dei valori accettabili in garanzia, specificandola nella legge o delegando la specificazione a norme di rango inferiore.
Il solo ampliamento delle garanzie delle anticipazioni non appare tuttavia sufficiente a conferire al credito di ultima istanza il grado di elasticità richiesto dalla stessa eccezionalità delle circostanze in cui esso a volte deve essere esercitato.
Occorre anche una revisione della normativa sul risconto che consenta ad aziende di credito solvibili di mobilizzare componenti del loro attivo che, pur avendo forma diversa da quella cambiaria, siano idonee a soddisfare l'irrinunciabile esigenza di garanzia dei finanziamenti della Banca centrale.

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