§ Controllo di moneta e cambi

Le banche dell'Est imitano il modello italiano




Lamberto Dini



I sistemi monetari delle moderne economie di mercato sono basati sulla moneta fiduciaria. La loro stabilità e la loro efficienza nel ridurre i costi di transazione e di informazione si fondano sulla capacitò delle banche di valutare il rischio e di allocare le risorse finanziarie. Su quella capacitò è riposta, infatti, la fiducia nella moneta creata dal sistema bancario.
Al contrario, nei sistemi economici vigenti fino a poco tempo fa nei Paesi dell'Europa centrale ed orientale, il ruolo assegnato alla moneta era assai limitato e poco aveva a che vedere con la fiducia. Le banche erano semplici organi di attuazione della pianificazione economica centrale; non veniva loro richiesto di valutare le imprese e di analizzare le caratteristiche di rischio delle attività reali e finanziarie. La ristrutturazione dei sistemi monetari di questi Paesi esige dunque innanzitutto una profonda modifica del ruolo e del modus operandi degli intermediari finanziari. I tre obiettivi di questa ristrutturazione dovrebbero essere:
1) rendere mercati e intermediari capaci di valutare il merito di credito dei prenditori e di operare come meccanismi autonomi di selezione e di allocazione delle risorse;
2) Fornire adeguati incentivi al risparmio privato, un fattore essenziale per una crescita sostenibile;
3) creare le condizioni per la condotta efficace di una politica monetaria volta alla stabilità.
Recentemente, in alcuni di quei Paesi si sono mossi i primi passi in questa direzione, con la separazione delle funzioni della Banca centrale da quelle delle banche commerciali; con la liberalizzazione dei prezzi e dei tassi di interesse o con la loro fissazione a livelli più realistici; con l'introduzione di nuove norme in materia di diritto proprietario, di procedure fallimentari e di privatizzazione dei patrimonio statale.
Tuttavia, molto rimane ancora da fare: la ristrutturazione dei bilanci bancari, soprattutto quando essi sono gravati da cospicui importi per crediti non esigibili; il rafforzamento della vigilanza prudenziale; la cessazione, da parte dello Stato, della prassi di interferire discrezionalmente nella gestione delle imprese e di intervenire per il salvataggio di quelle in perdita.
La fondamentale trasformazione delle imprese e delle banche in entità decisionali autonome e la loro separazione dall'amministrazione pubblica possono avvenire solo attraverso un lungo processo di apprendimento. Particolarmente nel settore finanziario, saranno necessari notevoli investimenti in capitale umano.
Durante la Fase di transizione, il funzionamento imperfetto dei meccanismi di mercato porrà le autorità monetarie di fronte a un dilemma. Da un lato, esse inizialmente non potranno contare su risposte prevedibili agli strumenti indiretti di politica monetaria, dovranno quindi ricorrere ai controlli diretti (ad esempio, sui flussi internazionali dei capitali, sul credito bancario e sui fossi di interesse) per sostenere la propria azione volta al mantenimento della stabilità monetaria. Dall'altro, affinché i meccanismi di mercato si sviluppino occorre che gli intermediari finanziari acquisiscano nuove capacitò e competenze, ma tale processo rischia di venire rallentato dal persistere dei controlli amministrativi. E' necessario che questo circolo vizioso venga spezzato.
Sotto questo aspetto, la situazione dei Paesi dell'Europa centrale ed orientale presenta alcune interessanti analogie, pur con le ovvie differenze, con quella affrontata dalle autorità italiane negli anni Settanta. All'inizio di quel decennio, l'Italia possedeva giù un'avanzata economia di mercato, solidamente integrata nel sistema economico occidentale; lo sviluppo del sistema finanziario, tuttavia, non aveva tenuto il passo con quello dell'economia reale. Le componenti di mercato del sistema vennero ulteriormente danneggiate dall'instabilità economica di quegli anni.
Dall'esperienza italiana si possono trarre alcuni insegnamenti. In primo luogo, un quadro analitico basato su uno schema semplificato di flusso dei fondi può essere di grande utilità nella determinazione delle quantità appropriate di credito interno e di moneta. In secondo luogo, è necessario perseguire uno sviluppo graduale degli strumenti di controllo monetario indiretto. Infine, i controlli diretti possono essere un complemento di politiche appropriate della liquidità e dei fossi d'interesse, ma non un foro sostituto.
L'analogia con il caso italiano non può spingersi oltre, né possiamo affermare di aver realizzato interamente gli obiettivi che ci proponevamo. Tuttavia, è difficile immaginare per i Paesi dell'Europa centrale e orientale una strategia radicalmente diversa da quella seguita dalle autorità italiane: da un lato, l'utilizzo nella fase iniziale di strumenti, relativamente rozzi, di controllo monetario diretto; dall'altro, uno sforzo prolungato e di ampia portata di riforma dei sistema.
Su questo base, si possono Formulare alcuni suggerimenti concreti riguardo gli strumenti utilizzabili per assicurare la stabilità monetaria nello fase iniziate dei processo di trasformazione:
1) la creazione di un mercato dei titoli di Stato a breve termine, dove il settore pubblico possa finanziarsi e la banca centrale possa operare per controllare la liquidità;
2) l'introduzione di un sistema di riserva bancaria obbligatoria;
3) l'istituzione di un sistema di rifinanziamento delle banche commerciali che sia flessibile, ma saldamente sotto il controllo della Banca centrale;
4) una chiara definizione dell'autonomia della Banca centrale, con una netta separazione delle responsabilità di politica monetaria da quella di finanziamento dello Stato;
5) infine, la scelta di un'àncora esterna alla quale legare la valuta nazionale per accrescere la credibilità della politica monetaria.

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