L'economia italiana
ha in sé la forza di esprimere nel lungo periodo un aumento
della produttività più sostenuto di quello dei nostri
principali concorrenti europei, rovesciando un'evoluzione negativa
profilatasi in tempi recenti. Confortano questa fiducia sia le tendenze
prevalse nell'industria durante l'ultimo ventennio, sia considerazioni
concernenti le carenze suscettibili di superamento e i punti di forza
da valorizzare.
Fra il 1971 e il 1990 la produttività dell'industria manifatturiera
italiana è cresciuta al saggio medio annuo del 4,4 per cento.
Questa media è la risultante di andamenti e di fattori molto
diversi nelle varie fasi, cicliche e di ristrutturazione, che l'industria
ha attraversato.
L'incremento medio annuo della produttività ha sopravanzato
nei venti anni di 2 e di 1,5 punti gli incrementi realizzati, rispettivamente,
dall'industria tedesca e da quella francese.
Se ci si volge alla prospettiva, nel sostenere lo sviluppo della produttività
acquista rilevanza il ricorso a nuovi modelli organizzativi nell'impresa
e nel gruppo. Oltre ai modi di combinare i fattori, l'evoluzione organizzativa
investe l'intero ciclo produttivo e di distribuzione. Rapporti meglio
coordinati, ma flessibili, tra imprese, fornitori, distributori, la
semplificazione delle strutture gerarchiche, il maggior coinvolgimento
e l'incentivazione dei lavoratori consentono forti aumenti di produttività.
Da noi, nello stesso settore manifatturiero, questi indirizzi sono
stati in qualche misura avviati, non sono ancora sufficientemente
diffusi e praticati.
L'industria italiana ha una scarsa presenza nei comparti tecnologicamente
avanzati, investe in ricerca e sviluppo meno degli altri principali
Paesi. Il pieno inserimento nell'economia comunitaria, l'allineamento
stabile della dinamica salariale ai più bassi ritmi europei,
il regime nuovo di concorrenza possono costituire la massa d'urto
che spinge le imprese a innovare nella specializzazione produttiva,
nella partecipazione al commercio internazionale.
Le interdipendenze che legano le varie componenti dell'economia impedirebbero
all'industria di aver successo se all'accrescimento di produttività
non partecipasse l'intero sistema economico: un'agricoltura valorizzata
nelle sue potenzialità qualitative, più efficienti servizi
per il mercato, amministrazioni pubbliche funzionali al progresso
dell'economia. I servizi entrano in misura elevata e crescente nel
flusso totale di risorse impiegato dall'industria. Nel terziario,
ancor più che in altri comparti, è ampio lo spazio per
contenere i costi, per migliorare la qualità dell'offerta.
L'intervento pubblico, rinnovato nelle logiche e negli strumenti,
dovrà generare le economie esterne favorevoli a questo processo,
essere particolarmente attivo nelle aree territoriali meno forti per
superare le diseconomie di ambiente.
Il Mezzogiorno è contemporaneamente punto di crisi e fattore
di sviluppo potenziale per l'intero Paese. L'integrazione comunitaria
rende ancor più stridente il contrasto tra opportunità
e risultati. La creazione in quell'area di un solido apparato produttivo
è vitale; fondamentale è la garanzia di quelle condizioni
di legalità, di funzionalità delle istituzioni pubbliche,
senza le quali non può esservi vero sviluppo. L'utilizzo incompleto
delle risorse lavorative meridionali è lo scompenso economico
maggiore del Paese. Contribuirebbe a superarlo un recupero di flessibilità
nel costo del lavoro, affinché esso corrisponda meglio ai dislivelli
della produttività e del costo della vita che sussistono tra
le diverse aree territoriali. Un volume sostenuto di risparmio volto
all'accumulazione di capitale è la base su cui fondare i miglioramenti
della produttività. Se si tiene conto delle perdite da erosione
inflazionistica, negli ultimi due decenni la flessione della propensione
media al risparmio del settore privato è stata in Italia di
4 punti percentuali. Al declino hanno contribuito lo stesso rallentamento
dello sviluppo; le tendenze in atto nella struttura e nell'organizzazione
della famiglia; l'invecchiamento della popolazione; la configurazione
che ha assunto il sistema pensionistico; il più agevole accesso
al credito. Alcuni di questi fattori, segnatamente quelli demografici
e finanziari, continueranno ad agire. E tuttavia la propensione dei
privati a risparmiare resta in Italia attorno al 20 per cento del
reddito nazionale lordo, più alta che nei principali concorrenti
europei. L'azione delle forze che tendono a comprimere il tasso nazionale
di risparmio dell'intera economia che resti nel confronto internazionale
elevata consentirà di alimentare un'attività d'investimento
e quindi una crescita della produttività più intense.
La maggiore articolazione della finanza aziendale, unitamente all'apporto
di un sistema finanziario che si sta rafforzando, offre alle imprese
italiane possibilità aggiuntive rispetto a un passato anche
non lontano.
La perdita di competitività nei prezzi dei prodotti che l'industria
ha cumulato rispetto al 1987, l'anno dell'ultimo riallineamento nello
Sme, è di circa 4 punti percentuali; pari a 11,5 punti è
il divario misurato sui costi del lavoro per unità di prodotto.
Non rimuovere il vincolo riproposto dal disavanzo della bilancia dei
pagamenti correnti finirebbe per condizionare il progresso del tenore
di vita. E' soprattutto in recupero di competitività di prezzo
che devono tradursi, per qualche tempo, sia i più rapidi guadagni
di produttività sia l'allineamento della dinamica delle retribuzioni
a quella europea. Verrà così assicurata la necessaria
coerenza fra la stabilità del cambio e l'equilibrio esterno
in una economia in rinnovata, duratura crescita, che dal prodotto
si estenda all'occupazione.

L'Unione economica e monetaria è stata definita nei contenuti
e nei tempi: la ratifica dei Parlamenti renderà irrevocabile
l'impegno. Su tutti i Paesi firmatari del Trattato di Maastricht incombe
il duplice compito di assicurare al proprio interno le condizioni
istituzionali ed economiche concordate per partecipare all'Unione,
di operare affinché il disegno si traduca in realtà.
La costruzione finale, pur nel rispetto del soggetto, avrà
connotati diversi secondo l'influenza che ciascun Paese sarà
capace di esercitare nel realizzarla.
L'Italia è tra i Paesi che più si discostano dalle condizioni
per poter partecipare alla fase finale. Da anni siamo incapaci di
annullare il differenziale di una inflazione alimentata esclusivamente
da fattori interni, di risolvere gli squilibri della finanza pubblica.
Di qui, la perdita di competitività; i disavanzi delle partite
correnti della bilancia dei pagamenti; il profilarsi di tendenze a
dislocare all'estero attività produttive, preoccupante quale
segno dei guasti che insidiano la struttura economica.
Gli esiti dannosi possono essere scongiurati solo se la politica della
finanza pubblica e la politica dei redditi opereranno in modo convergente
con la stabilità del cambio verso l'obiettivo comune: il risanamento
dell'intero sistema economico.
Non possono essere rinviate oltre le riforme troppe volte mancate
nei grandi comparti della spesa pubblica, nelle procedure di formazione
e di esecuzione del bilancio. Occorre rendere veramente incisiva la
lotta all'evasione fiscale. Il disavanzo dev'essere ricondotto alle
dimensioni che hanno costituito l'impegno solenne del Paese nelle
sedi internazionali - deve cessare il dilatarsi di un debito che soffoca
le forze vitali dell'economia.
Urge concludere l'accordo fra le parti sociali su procedure e criteri
nuovi per la definizione delle relazioni industriali nei loro aspetti
economici e normativi. Si impone il fermo rispetto dei limiti e degli
indirizzi, approvati dal Parlamento, per contenere nel settore pubblico
la crescita delle retribuzioni, per migliorare efficienza e produttività
dei servizi resi. Aumenti eccessivi di salari e di prezzi nelle aree
non esposte alla concorrenza generano disoccupazione e decadimento
nell'industria e nelle altre aree esposte.
Si attende dagli imprenditori uno slancio innovativo che innalzi,
nella qualità dei prodotti e nei modi di produrre, la capacità
competitiva dell'impresa italiana ai livelli della sfida europea.
Lo stato dell'economia, il cumularsi di problemi irrisolti, esigono
che si provveda senza ulteriori esitazioni. Necessariamente, il risanamento
implica costi; spetta ai reggitori della cosa pubblica compiere, attraverso
il governo del bilancio, le scelte che ne rendano equa la ripartizione.
I risultati non tarderanno a manifestarsi, in primo luogo sull'inflazione:
una sua discesa a tassi prossimi a quelli delle economie europee più
stabili è possibile e necessaria. Il rovesciamento delle aspettative
infonderà fiducia ai mercati finanziari, darà rinnovato
vigore alla propensione a risparmiare e ad investire, varrà
a rinsaldare la coesione sociale all'interno, la credibilità
del Paese all'estero. Altrimenti, gli squilibri, se sono contrastati
con interventi parziali ed episodici, si aggraveranno, provocheranno
la consunzione dell'apparato produttivo, il sottoutilizzo delle risorse
di lavoro e di capitale, relegheranno la nostra economia in posizione
secondaria. Può ricadere su di noi la grave responsabilità
di divenire ostacolo alla costruzione europea.
A chi si interroga sulla possibilità di uscire dalla difficile
situazione in cui versiamo, si può rispondere, con convinta
fiducia, quanto affermammo allorché l'inflazione a due cifre
appariva male incurabile: sta in noi.
Non è accettabile che una società che ha chiara consapevolezza
della natura e dei caratteri dei propri problemi, che ha individuato
strumenti e luoghi per risolverli, che ha definito i propri traguardi,
che ha le risorse per raggiungerli, non sia capace di tradurre tutto
questo in azione. Non può, non deve mancare un moto negli animi
che ci distolga, nell'agire, dagli interessi particolari e immediati;
ci proietti verso l'orizzonte dell'interesse generale e di quello
delle future generazioni; valga a sprigionare l'energia e l'unità
di intenti necessarie acché il possibile divenga reale.
La posta in gioco è alta. La prova, ardua, impone passaggi
che tutti sappiamo inevitabili. Quanto più pronto e determinato
l'impegno ad affrontarla, tanto più certo e meno gravoso sarà
il raggiungimento della meta.