§ Lavoro & salari

Mai pił privilegi nel settore pubblico




Salvatore Valitutti



Qualche tempo fa, in un Comune inglese che aveva ritenuto di vendere lo stabile destinato dal munifico donatore ad attività di organizzazioni rappresentative di operai dell'industria, con l'argomento che questo gruppo sociale è praticamente in estinzione, il giudice ha annullato il provvedimento, sentenziando che questo gruppo sociale è ancora vivo e vitale. E' prevedibile che, se tale questione si ponesse a un giudice italiano, il suo giudizio non differirebbe da quello del giudice inglese. Quelle che si chiamano "tute blu` sono effettivamente diminuite, specie nei Paesi più industrializzati, soprattutto per le nuove tecnologie applicate all'organizzazione del lavoro, ma bisogna riconoscere che la fabbrica esplica ancora un rilevante ruolo nella qualità dello sviluppo socioeconomico ad onta, e forse proprio a cagione, del tramonto dell'ideologia che per un lungo periodo ha ravvisato in essa la cellula, il laboratorio e il motore di una società totalmente emancipata ed emancipatrice.
Questa ideologia è stata sperimentata ed è fallita nell'Europa centro-orientale, ma quella che è stata chiamata "la rivoluzione dell'89", la quale ha abbattuto le mura e i reticolati del socialismo reale, si scontra con non poche e non lievi difficoltà nell'aprirsi il varco anche nella nostra società per rimodellarla.
Tra le più dure difficoltà ci sono quelle che angustiano e rischiano di penalizzare il settore privato e nostro apparato produttivo rispetto al settore pubblico-statale. Anche il ministro del Lavoro ha sentito il bisogno di ricordare che i pubblici dipendenti con gli aumenti ottenuti hanno scavalcato i lavoratori privati, senza alcun rapporto con la produttività. I pubblici dipendenti sono pagati più di loro e lavorano meno. Questa circostanza ha avuto un peso determinante nella lunghezza e nei rischi delle trattative successive in questo campo.
L'istituto della contrattazione triennale è nato nel settore privato, in cui è obiettivamente assai più giustificato. lì suo trasferimento nell'ambito di rapporto di pubblico impiego è avvenuto posteriormente. C'è chi dubita che esso sia costituzionale, perché limita gravemente i poteri del Parlamento. Se si leggono gli articoli 97 e 98 della Costituzione, nella connessione letterale delle norme in essi contenute e nel loro spirito, il predetto dubbio non appare privo del tutto di fondamento, perché la disciplina del rapporto pubblico d'impiego è sottratta alla piena sovranità del Parlamento, a cui, secondo la Costituzione, è attribuito il potere di regolarla mediante legge. Si sono già verificati casi di decreti del Presidente della Repubblica relativi alla contrattazione biennale che la Corte dei Conti ha respinto per difetto di copertura finanziaria.
Un altro istituto mutuato dalla contrattazione triennale nel settore privato è quello delle quote variabili di stipendio o di salario con fini di incentivazione del lavoro, che, estese al pubblico impiego, si sono trasformate in un ulteriore incremento retributivo automatico concesso indiscriminatamente a tutti.
In realtà i due settori, privato e pubblico, che nel loro giusto equilibrio formano il sistema misto del nostro apparato produttivo, sono differenti, se non contrapposti, per le differenti condizioni in cui si esplicano e per le differenti finalità per cui si giustificano, e solo in quanto tali possono integrarsi reciprocamente. Se si modifica il settore privato e si privilegia il settore pubblico, il sistema rischia di incepparsi, perché perde il suo irrinunciabile carattere evolutivo.
Il sistema misto non cessa di essere capitalistico, se si pone mente a quella caratteristica che, secondo Schumpeter, distingue il capitalismo plausibile come momento tecnico-economico. L'illustre economista austriaco ha scritto che l'impulso fondamentale che attiva e tiene in vita la macchina capitalistica viene dai nuovi beni di consumo, dai nuovi metodi di produzione o di trasporto, dai nuovi mercati , dalle nuove forme di organizzazione industriale, che l'intrapresa capitalistica crea, e che perciò il problema da studiare per capire realmente il capitalismo non è quello di ricercare come amministri le strutture esistenti, bensì quello di spiegare come le crei e le distrugga per crearne di nuove, cioè quella che egli ha chiamato la distruzione creatrice.
Se il sistema misto cessasse di essere un sistema evolutivo per il prevalere del settore pubblico, il sistema stesso si irrigidirebbe come un sistema socialista e sfocerebbe fatalmente nel fallimento. L'evolutività del sistema è condizionata dalla piena agibilità del settore privato in cui sussiste la possibilità del fallimento che è un congegno regolatore continuo e costante della sua efficienza.
E' molto significativo che Guido Bolaffi, già autorevole sindacalista, abbia riconosciuto recentemente che la stabilità delle relazioni industriali in Italia impone di riflettere se sia ancora percorribile la strada seguita negli ultimi anni di affidare la riforma dei rapporti di lavoro e del funzionamento della pubblica amministrazione ai suoi accordi sindacali, spiegando che affidare ai contratti di lavoro la modernizzazione dell'azienda di Stato è come voler partire dalla coda anziché dalla testa dei problemi. Bolaffi è molto circospetto nell'esprimere il proprio pensiero, ma non ha esitato nel concludere che la stessa divisione sociale del lavoro rischia di essere messa in gioco, perché è difficile che la parte del mondo del lavoro oggi obbligata a produrre con i ferrei limiti della legge del profitto possa ancora per molto tempo accettare il privilegio di altri, ai quali è concesso lavorare al di fuori di ogni elementare regola di produttività e di etica della responsabilità sociale.
Occorre chiedersi infine a chi spetti la precipua responsabilità di avere cooperato nel determinare la presente situazione. La risposta purtroppo non è difficile. Le grandi confederazioni sindacali e le forze politiche che le sostengono hanno voluto recuperare nel settore pubblico quel che ritenevano di aver perduto nel settore privato. Il datore di lavoro pubblico è assai meno resistente di quello privato, che a un certo punto deve osservare le leggi del mercato, evitando anche nell'interesse della controparte che diventi operativo il mercato regolatore del fallimento. Ma i costi sono fatti pagare all'intera collettività, creando una situazione in cui non si può modificare nulla senza correre il rischio che crolli tutto su tutti. Ci troviamo in siffatta situazione non per colpa di questo o quel governo, ma per effetto di un indirizzo politico-sindacale che ha voluto e continua a volere con tenacia cose obiettivamente contraddittorie.

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