§ Padania e Borbonia

Se il Sud recrimina ha ragione




Enzo Giustino



Qualche anno fa il senatore Bossi lanciò la proposta di dividere l'Italia in due Repubbliche, e in quell'occosione ebbi modo di ricordare che l'idea non era nuova. Era già stata sostenuta qualche anno prima dal professor Gianfranco Miglio, il quale fra l'altro aveva anche teorizzato la creazione di due distinte aree, la "Paidania" e la "Borbonia". Negli anni successivi si è poi determinato una saldatura tra le idee di Miglio e l'iniziativa politica di Bassi, il che ha prodotto non trascurabili risultati.
Forse questa nuova forza politica per le sue caratteristiche non rappresenterà un riferimento primario per la costituzione delle maggioranze necessarie ad assicurare governi al Paese, forse non lo sarà nemmeno per le riforme costituzionali, sulle quali tutti ormai si dichiarano d'accordo. Un notevole contributo per la migliore comprensione degli intendimenti di questo schieramento ce l'ha fornito proprio il sommo teorico dei leghismo, Miglio, il quale ha rivendicato senza possibilità dì equivoci "il diritto dei padani a salvarsi, a restare in Europa e a non finire in uno Stato da Terzo mondo".
In proposito vanno ricordate alcune questioni certamente più banali ma più pratiche e forse per questo più vicine alla impostazione pragmatica di Miglio. Chi pensasse, ad esempio, che il nostro Paese potrebbe diventare uno dei maggiori Paesi industriali dei mondo facendo a meno del Mezzogiorno, mentirebbe sapendo di mentire. L'esercito di braccia, e non solo di queste, che il Mezzogiorno ha fornito a questo scopo è stato determinante. Se mai una recriminazione può essere fatta, questa ha il diritto di farla proprio il Mezzogiorno nel confronti del Nord. La recriminazione relativa all'ostinazione con cui si volle rinunciare a un disegno di sviluppo industriale redistribuito sul territorio - le macchine verso gli uomini e non viceversa, come allora si diceva - che avrebbe evitato al Paese tanti guasti. Uno per tutti, l'eccessiva congestione urbano del Nord, da cui ebbe origine l'autunno caldo e, si potrebbe azzardare, la stesso crisi sociale e politica degli anni Settanta.
Ma vi è un'altra fondamentale questione che va richiamata, perché riguarda il futuro. Una decina di anni fa, le previsioni demografiche ci indicarono che negli anni Novanta il nostro Paese avrebbe registrato una crescita zero, ma questo solo grazie all'incremento della popolazione dei Sud che compensava il decremento dei Nord. Ciò che è poi puntualmente avvenuto. Oggi le previsioni fanno un ulteriore passo avanti. Avvertono che il Mezzogiorno sarà prevalentemente un'area popolata da giovani. In altri termini, si verificherà il paradosso, come si è avuto spesso occasione di sottolineare, che i giovani dei Sud dovranno pagare la pensione agli anziani dei Nord. Questo, però, sarà evidentemente possibile, solo se i giovani saranno posti in condizione di produrre reddito. Ma per il Nord vi può essere anche un'altra soluzione. Quella di risolvere i propri problemi con gli immigrati, lasciando, come minaccia Miglio, il Sud e i giovani al proprio destino. Una ipotesi, questa, non peregrina, se è vero che autorevoli commentatori sostengono che "le leghe dei Nord non temono tanto l'invasione degli stranieri, quanto quella degli italiani del Sud". Quanta miopia vi sia in queste aberranti posizioni non è difficile stabilire. Valga per tutte quanto un osservatore straniero ha scritto al riguardo: "Quando si reclama una Repubblica del Nord, è come sognare un insieme artificiale, senza anima né storia".

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