§ Edoardo / 1

Wiyot e Wahawut




Antonio Verri



C'era una volta Wiyot, il dio che muore e che risuscita. Mentre la sua gente era in cammino, Wiyot viaggiava insieme con gli altri, come uno dei tanti. Wahawut (la Rana) era una bella donna di leggiadro aspetto con lunghi capelli. Una volta che essa saltò nell'acqua, Wiyot rimase sorpreso nel vedere che non aveva carne sulla schiena, essendo tutta piatta e sottile. Non disse nulla, ma ci ripensò. Essa era una fattucchiera, capace di leggere i suoi pensieri; e disegnò di ucciderlo. Wiyot cadde ammalato, e mandò a chiamare la sua gente dal Nord. Si sentiva assai male, e quando vennero cercarono di scoprire di che si trattava. Erano fattucchieri, e pensavano di poterlo curare; ma non riuscirono a trovare che cosa fosse. Poi vennero quelli di levante e di mezzogiorno e di ponente; e fu lo stesso.
Wiyot peggiorò; era paralizzato e non poteva camminare; andava in giro carponi e si sentiva sempre peggio. Venne il Falco per curarlo e fu il solo a scoprire come stavano le cose: era Wahawut - così disse - che lo faceva morire ad opera di magia. Wiyot sapeva che la sua fine era prossima e nominò uno dopo l'altro i singoli 'mesi', dicendo ogni volta che forse in quello sarebbe morto. Così passarono successivamente tutti i mesi fino all'ultimo, nel quale egli mori; e allora per la prima volta entrò la morte nel mondo... Quand'egli mori tutta la gente era là adunata, e non sapevano che fare, se bruciarlo o seppellirlo. Ma Topo-canguro senza perder tempo si mise a fare una rete da carico per sollevare Wiyot. Lucciola, dal canto suo, aveva un po' di fuoco nascosto sotto il braccio... (Questo inizio di storia ècompreso in uno dei due libri - "Miti e Leggende", Utet - che Edoardo ci donò qualche anno fa. Sulle prime e ultime pagine suoi disegni).
Abbiamo perduto un altro amico. Quello che segue è il diario sugli ultimi giorni di vita di un artista, come nessun altro da queste parti, feroce, ostile, ingenuo, contraddittorio: piena espressione di quel che è defezione e profetismo nell'avventura artistica contemporanea. Parliamo di Edoardo De Candia. Edoardo era/è anche uno di quei Giganti che, senza naturalmente saperlo - o forse solo intuendolo -, rispondono egregiamente a quel che è il "divenire" in arte per Deleuze, che non significa "conformarsi ad un modello", né significa mai avvenire o progredire: "divenire significa divenire sempre più sobrio, sempre più semplice, divenire sempre più deserto e, attraverso ciò, popolare". Deleuze per spiegare il "divenire" in arte usa il termine involvere. "Involvere vuol dire avere un'andatura sempre più semplice, economa, sobria".
Buffa, aggiungiamo noi, giocosa, disarmonica, banale, col continuo senso dell'inutilità delle cose che si fanno (ma intanto si fanno ... ), con un procedere sempre, torniamo a dire, feroce, ostile, dando sempre più credito alle proprie Cadute piuttosto che alle sottolineature o ai tasselli di una qualsiasi Etica... Edoardo era così. Insofferente, inutile, semplice, sobrio, impreciso, economo, feroce, ostile, contraddittorio, depresso, banale, irrazionale, disarmonico, "negativo" (per usare le parole di una nostra e sua amica), puro, barbaro, giocoso... Questa la "simultaneità" del suo volto e, crediamo, dei volti della sua Opera. Non vorremmo aggiungere niente altro.
Abbiamo perduto un amico. Era una piccolissima parte di quel Nodo Continuo e Vitale a cui pare siamo legati fin dall'inizio dell'Universo. Era appena, soltanto - anche se giganteggiava - una minutissima virgola di quella immensa Anagrafe Universale che da un po' è oggetto dei nostri scritti.
Non abbiamo sofferto granché per la sua fine: a volte aiuta una speciale Bellezza, la stessa Insonnia, le giornate piovose, quaranta sigarette, il giornale, la Parsimonia nei gesti, il dialogo col merlo...
Semplicemente. Il 23 giugno entra in ospedale, Geriatria. Occhi stravolti, orbite in su, mano che porta spesso alla bocca per prendersi la lingua, lingua che non sa dove mettere (Totò Toma gli èvicino anche così), pancia dilatata, orribile, non risponde a niente. Stravolto, muto, assente, con una sola mezza frase che riesce a dire anche senza aprir bocca: "maledetta ... ", continuamente... Che si riferisca a quella Grande Signora che sta per ricevere un nuovo 'cliente' da quest'altra Solare Ordinaria Puttana ... ? Il dottor Fiore ci conferma che questa volta non ce la farà.
Il 24 non è diverso. il fegato non funziona più, non fa più la sua parte. Cominciano con i disinfettanti epatici. Parlano di trasfusione di plasma, ma si preparano al peggio. Edoardo è un cavaliere stremato. Ancora non ci guarda. Mezze frasi senza senso. La mano vicino alla bocca. Sulla lingua.
Si riprende. Comincia a mangiare. Saluta gli amici -pochissimi - che lo vanno a trovare. Molto mesto. Fronte ed occhi, però, dominano ancora. Ci ringrazia di essere là, poi in una sorta di suo solito romanesco (che significava stupore, ironia, prendere distanza): "Vorrei proprio sapere chi mi ha fatto 'sto scherzo". Balbettiamo qualche cosa, cerchiamo di cavarcela con una battuta. In realtà sapevamo che una Grande Signora Velata, confusa con la notte, lo stava vegliando e spiando...
Il dottor Fiore tenta di tutto, prima una trasfusione di plasma (doveva aver l'effetto di abbassare tutti i tassi), tre giorni dopo una di sangue; Edoardo sembra star meglio, spunta qualche volta un sorriso mestissimo, qualche sguardo di complicità, forse anche di terrore; brutto periodo questo inizio luglio, c'è nell'aria di questa stanza il suo e il nostro perdere potere sulle cose; Wahawut, la bella donna che non aveva carne sulla schiena, era con noi nella stanza, stava disegnando' di ucciderci... I nostri incontri fino al 3 luglio. Stanza 597-599. Geriatria. Edoardo-Wiyot "sapeva che la sua fine era prossima" e forse nominò tutti i 'giorni', pensando ogni volta che forse in quello sarebbe morto... il suo star bene era solo apparente. Il dottor Fiore ci comunicava il suo disagio, si capiva anche che aveva a cuore la vita di Edoardo. Non era come le altre volte...
Sabato 4 e domenica 5 precipitò un po' tutto. Avevamo parlato ad un po, di amici perché Edoardo aveva bisogno di sangue (Terri e Piero lo hanno donato il lunedì mattina, Edoardo non c'era più ... ). Era tornato a non riconoscere più nessuno, tutto andava male, stava tutto precipitando. Wahawut (la Rana) rideva con oscenità, Guglielmo Scozzi, che gli era stato vicino come 'discepolo' negli ultimi due anni, piangeva a dirotto. Il volto del Nostro cominciava a sposare una serenità che non aveva mai cercato, stava sbiadendo quel che era stata la sua antica Altezza e la sua Ferocia.
Alle sei e mezzo di lunedì 6 telefonarono dall'ospedale. Edoardo non sarebbe durato... Alle sette meno un quarto la telefonata definitiva. Il Gigante, il Vichingo di via Monte Sabotino, il cavaliere visionario e purissimo non c'era più. Era entrata di nuovo la morte nel mondo... Edoardo, alto quanto il più alto dei pini, così Maestoso, così sempre Nauseato, così Puro... tutto scricchiolava... in fondo la Bellezza è anche qualcosa di così difforme...
L'acqua violata, i camuffamenti da uccello, non più silenzi, non più racconti. Né rutti. Né risate... Abbiamo impedito un discorso di alcuni amici "volenterosi" sulla sua bara, abbiamo imposto una sgroppata dietro al Carro che conteneva Edoardo. Le "Illuminazioni" di Rimbaud, Maldodor, una sedia, un albero, un povero letto, che disordinatamente volavano sul capo di pochi amici al Cimitero. Eravamo là per seppellire l'Uccello del Tuono. Noi che invece sembravamo dei merli dalle ali rosse...

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