§ Governo dell'economia

Una manovra tardiva




Carlo Azeglio Ciampi
Governatore della Banca d'Italia



Sento vivo il dovere di rendere conto dell'operato della Banca d'Italia di fronte alle difficoltà che la lira e la nostra economia stanno attraversando. Lo farò con un intervento articolato in tre punti, cui corrisponde una scansione in tre fasi:
1) quella che ha preceduto l'emergere delle difficoltà;
2) quella apertasi in giugno, nella quale esse si sono manifestate, sino alla decisione di lasciar fluttuare il cambio della lira;
3) quella del quid agendum che abbiamo di fronte a noi.
Insieme con la politica estera, la politica economica italiana, dall'adesione allo Sme del marzo 1979, è stata decisamente orientata al rafforzamento dei vincoli comunitari nell'intento di dar luogo alla creazione di un'Europa unita. In questo progetto di grande lena, proprio per il buon esito del funzionamento dello Sme, la formazione dell'Unione economica e monetaria è divenuta momento di primaria importanza.
Ne è conseguito che il tasso di cambio, già elemento di disciplina e punto di riferimento nella prima fase dello Sme, anche se non ancora irrevocabilmente fisso, ha assunto con l'avanzare del progetto unitario una significatività crescente: ha aggiunto alla funzione propria quella di sestante, di strumento di orientamento, e quindi anche di fattore di credibilità, per gli operatori, per tutte le componenti dell'economia.
Questa impostazione implicava, oltre a una politica monetaria coerente, una politica di bilancio volta a ridurre il disavanzo pubblico e una politica dei redditi antinflazionistica che dal settore pubblico si riverberasse sul settore privato.
Il tasso di cambio non è un obiettivo in sé; è uno degli strumenti di governo dell'economia. Nell'impostazione prescelta, globalmente inscritta nella partecipazione dell'Italia all'Unione economica e monetaria d'Europa, esso ha rappresentato un riferimento che la Banca d'Italia ha considerato doveroso, prezioso. Doveroso sotto il profilo istituzionale, perché affidato alla Banca centrale dal governo e dal Parlamento; prezioso, perché ispirato a un indirizzo di rigore che la Banca centrale è tenuta a condividere, in quanto custode della stabilità monetaria.
La Banca d'Italia ha perseguito questa linea con determinazione, muovendo da una duplice consapevolezza. In primo luogo, la credibilità sui mercati della complessiva azione di politica economica era condizione essenziale di successo; in secondo luogo, lo sfavorevole differenziale di inflazione implicava, quanto meno venisse prontamente annullato, una perdita di competitività di prezzo delle merci e dei servizi: conduceva quindi al formarsi di un handicap concorrenziale, da riassorbire attraverso recuperi di produttività, di necessità distribuiti nel tempo, ovvero, da ultimo, attraverso un riallineamento nello Sme da effettuare scegliendo il momento più opportuno, prima che l'unificazione economica d'Europa pervenisse alla irrevocabile fissazione dei cambi e alla moneta comune e unica.
La difficoltà e insieme il valore dell'impegno erano di piena evidenza e la Banca d'Italia li ha più volte segnalati chiaramente, in modo anche pubblico: "Il tempo si è fatto breve ... ", "Va spezzata la morsa che sta soffocando un'economia vitale; la situazione non ammette ulteriori rinvii ......
La cronaca, la storia di quanto è avvenuto da giugno in poi muove dai due fattori che hanno segnato la scena economica internazionale: le tendenze divergenti dei tassi d'interesse, al ribasso negli Stati Uniti per rilanciare l'economia, al rialzo in Germania per gli effetti dell'unificazione tedesca, con conseguente indebolimento del dollaro, rafforzamento del marco, tensioni nello Sme, incertezze circa il completamento dell'unificazione monetaria in Europa, quale è stata sancita nel Trattato di Maastricht. Questi sviluppi esterni coglievano l'economia italiana in una fase di attività produttiva debole, inflazione in lenta discesa, squilibri irrisolti nella finanza pubblica.
In un quadro in cui i fattori di turbolenza prevalenti venivano configurandosi sempre più come di natura internazionale, si intensificava l'azione a livello comunitario. Nei contatti con le autorità monetarie degli altri Paesi dello Sme, l'Italia, il governo e la Banca centrale sostenevano che sotto attacco non era una valuta, ma l'intero sistema; veniva rappresentato lo scenario che sarebbe seguito alla richiesta di riallineamento avanzata dal solo Paese la cui valuta versasse, come la lira, in condizione di stringente difficoltà. Se il conseguente esame a livello comunitario si fosse concluso con il solo accoglimento dell'istanza di svalutazione del Paese richiedente, con tutte le altre valute sulla posizione di immutata parità con il marco, era facile prevedere il verificarsi, di settimana in settimana, di una serie di ulteriori richieste di riallineamento delle valute di altri Paesi, travolte dal mercato a una a una, come i Curiazi. La speculazione era rivolta contro il sistema. La risposta, per essere valida e credibile, doveva essere da parte dell'intero sistema, congiunta. Purtroppo, l'azione a livello comunitario non conduceva a mutamenti nelle politiche dei principali Paesi e si esauriva nella dichiarazione di invarianza delle parità dei cambi, fatta dai governi degli Stati membri della Comunità il 28 agosto. Dallo stesso giorno l'inasprirsi, con violenza inusitata, delle pressioni del mercato spingeva la lira fino al margine obbligatorio di intervento nello Sme.
La svalutazione della lira di per sé non contribuisce alla soluzione del problema economico italiano. Per più d'un verso rischia di aggravarlo: produce perdita di ragioni di scambio e di reddito nazionale; peggiora nell'immediato il disavanzo commerciale a prezzi correnti; può innescare spinte e aspettative inflazionistiche; nel clima internazionale che si è creato può implicare perdita di credibilità per il Paese.
L'alternativa non è, non è mai stata, fra svalutazione e politiche di risanamento. Le politiche di rigore, della moneta, di bilancio, dei redditi, i comportamenti volti a ridurre i costi e a innalzare la produttività sono, oggi, ancor più necessari, urgenti, da accentuare. Altrimenti, la svalutazione mancherà di apportare gli stessi possibili benefici, di contribuire al miglioramento del rapporto fra esportazioni e importazioni e di sostenere l'occupazione, segnatamente nei settori esportatori.
Massimo, immediato, dev'essere lo sforzo aggiuntivo per contenere l'inflazione.
Per prevenire le ripercussioni negative della svalutazione, per coglierne i vantaggi possibili, per poter riassumere al più presto gli obblighi di intervento nell'Accordo europeo di cambio, è inoltre indispensabile che la politica di bilancio concorra con la politica monetaria nel contenere la domanda interna e le spinte di origine interna sui costi e sui prezzi.
Nella situazione di profonda incertezza che grava sui mercati monetari e finanziari, l'obiettivo dell'Unione europea resta elemento essenziale del quadro di riferimento per il processo di risanamento e per le aspettative degli operatori. La crisi che scuote lo Sme è il frutto degli scompensi che caratterizzano l'attuale, lunga fase di transizione verso l'Unione monetaria: è frutto anche, soprattutto, del mutamento fondamentale rappresentato dall'unificazione tedesca, dai modi con i quali essa è gestita, finanziata.
O si è capaci di dar vita alla moneta comune, che è in grado di rappresentare l'intera arca che serve e di avvertirne tutti gli interessi, o si rischia di dover accettare la moneta egemone.
Da una lettura attenta, da una analisi critica della vicenda che stiamo vivendo, si deve ripartire, per dare nuova spinta al processo di Unione europea.

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