§ Ristrutturazione del debito

Titoli in marchi o in Ecu




Carlo De Benedetti



Rispetto all'ormai unanime riconoscimento della profondità della crisi economica e finanziaria che l'Italia sta vivendo, ritengo che gli elementi di ulteriore e più grave preoccupazione siano due: il drammatico calo di credibilità che l'Italia ha subìto all'estero negli ultimi mesi (chiunque abbia parlato con uomini di governo o banchieri internazionali o con qualsiasi analista di Londra lo sa bene), e la perdita di ,fiducia dei consumatori italiani che, secondo l'indagine Isco, è scesa al livello più basso dal 1983.
Di fronte a questo quadro veramente drammatico io credo che l'Italia ce la possa fare a condizione che abbia una overdose di coraggio. Una legge finanziaria rigorosa non basta. Occorre un atto ulteriore di grandissimo coraggio e di fiducia in se stessi per uscire dall'avvitamento finanziario, economico e sociale in cui il Paese sta precipitando.
Il ragionamento parte da una constatazione: i risparmiatori italiani sono stati colpiti da un'imposta patrimoniale silenziosa, pari alla svalutazione della lira; in termini reali, ci siamo impoveriti di un 15 per cento. Si è cercato di non ammettere con la dovuta chiarezza questa evidente realtà, col risultato che oggi molti risparmiatori si sentono braccati e temono ogni genere di ulteriore batosta, talora cadendo in comportamenti irrazionali.
La soluzione della crisi finanziaria del Paese ha dunque come premessa obbligatoria la riconquista della fiducia dei risparmiatori.
La dimensione del debito pubblico è tale che gli sforzi del governo per ridurre il deficit sono fagocitati dal continuo aumento degli interessi da pagare. Ad esempio, la manovra dei 93 mila miliardi, che agisce solo sul deficit primario (cioè al netto degli interessi), è quasi equivalente al maggior onere per interessi (su base annua, e riferito all'intero stock di debito) che lo Stato deve sostenere per effetto di un alimento di 5 punti dei tassi, aumento che praticamente il mercato ha già registrato nelle ultime settimane.
Con i tagli di spesa e gli aumenti fiscali, nel '93 il governo mira a un surplus primario di 50 mila miliardi che si trasforma in un deficit complessivo di 150 mila miliardi per effetto di 200 mila miliardi di interessi sul debito. Questi 200 mila miliardi presuppongono una discesa dei tassi a livelli analoghi a quelli precedenti la crisi. Ma nelle condizioni attuali di mercato nulla fa credere che questa discesa sia un fatto spontaneo.
Se, come tutto lascia presagire, la sfiducia dei risparmiatori permane e impedisce un calo dei tassi annuali (quando non costringa a ulteriori alimenti), l'esborso per interessi nel '93 sarà almeno di 270 mila miliardi. Senza contare che l'economia reale si avviterà in una profonda recessione, riducendo il gettito fiscale e facendo aumentare la spesa per prestazioni sociali.
In questo modo si crea una spirale negativa senza sbocco: la sfiducia dei risparmiatori insieme alle politiche di austerità e di deflazione ,fanno salire i tassi; aumentano le spese e si riducono le entrate; peggiora la situazione che si voleva sanare. Per coprire un deficit che è fatto per intero di interessi, lo Stato deve fare nuovi debiti, su cui pagherà maggiori interessi. A una manovra di austerità dovrà seguire un'altra, poi un'altra ancora.
Come fare per rompere questa spirale e ridare fiducia al Paese." Io credo che si debbano affiancare alla manovra della legge finanziaria, che va mantenuta nel suo rigore, due azioni contemporanee. La prima consiste nel riagganciare l'Italia all'Europa, riportando la lira nella banda stretta dello Sme, dopo aver raggiunto un rapporto di cambio sostenibile nel tempo. Una seconda azione deve essere rivolta a ridurre in modo strutturale la dimensione e l'onerosità del debito, bloccandone già nel '93 la crescita in rapporto al Pil per dimostrare l'inequivocabile volontà del Paese di uscire dall'avvitamento finanziario.
Il punto cruciale è la riduzione dell'onerosità del debito. Lo Stato sta rinnovando i titoli in scadenza a tassi del 17-18 per cento; e i risparmiatori, quando sottoscrivono, scelgono i BoT a brevissimo termine. E' facile fare i conti, ricordando che nell'ultimo trimestre '92 ci saranno emissioni lorde per 300 mila miliardi di titoli pubblici e nel '93 non si andrà lontani dal milione di miliardi!
Occorre ridurre al più presto di almeno cinque punti il tasso di interesse puntuale (cioè di almeno tre o quattro punti quello medio che oggi grava sul debito e che è in rapidissimo aumento). Ciò renderebbe possibile un risparmio sull'andamento tendenziale di almeno 80-90 mila miliardi nel 1993.
Ma come fare? Chiedendo alla Cee un prestito: ma è decisione del tutto marginale, rispetto al problema di ristabilire la fiducia dei risparmiatori. Lo ha fatto anche la Gran Bretagna e poco dopo la sterlina ha dovuto svalutare, cedendo all'assalto dei mercati.
Una riduzione così rilevante dei tassi è possibile solo agganciando la totalità del debito esistente al marco o all'Ecu. Questo lo si può ottenere emettendo nuovi titoli indicizzati al cambio della lira col marco o con l'Ecu e offrendo contemporaneamente a tutti i possessori di titoli pubblici la possibilità di un con cambio dei vecchi titoli in lire con i nuovi titoli indicizzati.
I nuovi titoli avrebbero tassi di interesse adeguati a quelli dei titoli nelle valute corrispondenti e quindi ben inferiori a quelli cori-enti sul mercato italiano. Per lo Stato il vantaggio sarebbe di ridurre drasticamente i livelli dei tassi, riportando così sotto controllo la spesa per interessi e la dinamica del debito. Per l'economia, la riduzione dei tassi che verrebbe indotta da un'operazione di questo genere consentirebbe di creare condizioni più favorevoli per attraversare l'attuale fase recessiva.
I sottoscrittori avrebbero una garanzia di difesa del risparmio da ulteriori svalutazioni e la possibilità di riportare il valore del capitale investito ai livelli precedenti la crisi finanziaria. Il valore di mercato dei nuovi titoli risalirebbe infatti a livello del valore di emissione, rispetto a un corso di 80-90 a cui oggi sono scesi molti titoli pubblici. Nel giro di qualche mese, tra nuove emissioni e concambi, avremmo un debito indicizzato alle valute europee e con tassi di almeno 5 punti inferiori a quelli attuali.
In sostanza, una "ristrutturazione" del debito, ottenuta senza coercizioni del mercato, ripristinando la fiducia dei risparmiatori e mettendo l'Italia in condizioni di cogliere immediatamente e con pieno vantaggio la riduzione dei tassi d'interesse che tra qualche tempo le autorità tedesche, di fronte all'aggravarsi della recessione, dovranno decidere.
Non ci sono molte alternative: il panico dei risparmiatori va fermato subito, altrimenti lo Stato e l'economia vengono scardinati; senza neppure voler considerare l'inevitabile aumento dell'inflazione a livelli imprevedibili, con le nefaste conseguenze ormai note.

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