§ Frontiere salariali tra Nord e Sud?

Nostalgie infelici di linea gotica




Gaspare Barbiellini Amidei



Sarà bene spazzar via subito l'idea di un pedaggio differenziato per uscire dal tunnel dentro il quale l'Italia si è infilata. Eppure taluni ci pensano.
Non c'è alcuna logica di economia, non c'è alcun valore etico-politico in una strategia che faccia pagare al Centro e al Sud d'Italia costi più alti per superare la crisi che assilla l'intero Paese.
Ci sono segnali diversi di questa singolare tentazione. Non è tanto la proposta di flessibilità salariale. L'ipotesi dì retribuzioni più basse per il Sud è stata lanciata durante la presentazione dell'ultimo Rapporto Svimez, quello per il 1992. E' una teoria abbastanza singolare. Si lega all'osservazione che nel Mezzogiorno produttività e redditività sono minori. Un'equazione così, attuata in modo rigido, riserverebbe stupefacenti sorprese. Si potrebbe dipingere una mappa dell'Italia a pelle di leopardo. Anche molte zone del Nord sono infatti caratterizzate da un metabolismo economico più lento, oppure sono esposte alla stasi delle produzioni prevalenti.
La nazione patisce già le conseguenze di mille frantumazioni e sfasature, Non si sente il bisogno di nuovi particolarismi retributivi.
Nel momento in cui si rende necessario uno spirito solidale di sacrificio e di autorità sarebbe poi un errore sottovalutare la valenza positiva, settore per settore, della parità dei punti di partenza fra la gente che lavora.
L'assenza di invidie salariali fra una zona e l'altra del Paese decongestiona un tessuto sociale già avvelenato dai particolarismi e dalle meschinità micro-corporative. Se è amaro discutere sull'attuale collocazione dell'Italia nella serie B o nella serie C dell'Europa, sarebbe sconsolante disegnare anche una serie A, una serie B e magari una serie C degli spazi salariali. Non può essere certamente questo il senso della discussione che si è aperta col Rapporto Svimez. Infatti la Confindustria, che ha saggezza nel valutare i modi e i tempi di ogni scelta retributiva, sa bene quanto nelle società industriali avanzate la flessibilità produttiva in sé si sia dimostrata condizione indispensabile per ogni economia che voglia uscire dalle crisi, ma sa anche come elementi eccessivamente rigidi di questa flessibilità, e non e un gioco di parole, finirebbero per aggiungere altri lacci ad una situazione che è già troppo legata.
Assai più di una improbabile frontiera salariale preoccupa la diffusa e ancora impalpabile frontiera psicologica che più d'uno va tratteggiando qua e là nel Paese. C'è gente che azzarda in modo vago previsioni di un salvataggio a diversi prezzi e a diverse dimensioni per il Nord e per il Centro-Sud.
Teniamo il discorso fuori da ogni retorica e da ogni sentimentalismo patriottico: in puri termini economici, l'indebolimento dell'unità nazionale sarebbe una perdita secca, contabilmente valutabile, per il patrimonio Produttivo e finanziario italiano. Il divario già impressionante tra Nord e Sud, se venisse accentuato, impoverirebbe tanto il Sud quanto il Nord. La formula di un Europa a due velocità viene rifiutata da ogni statista europeo consapevole, perché il Continente o decolla tutto o tutto resta a terra. Tanto meno questa formula può valere all'interno dei singoli Paesi della Comunità. Non è possibile immaginare un'Italia metà dentro e metà fuori dell'Europa, con un tessuto economico e sociale a patchwork.
La crisi gravissima che il Mezzogiorno vive dentro la crisi grave di tutta l'Italia si risolve con la stessa filosofia e con lo stesso impegno con i quali va affrontata l'intera vicenda nazionale.
Il Paese è malato, ma non esistono due malattie, né due strade per portarlo dal medico e per molti aspetti della crisi neppure due diverse medicine da somministrare. Soprattutto non esistono due colpe da attribuire in modo diverso al Nord e al Centro-Sud del Paese. Le responsabilità di avere fino ad oggi trascurato la propria salute pubblica sono equamente distribuibili e non possono essere dislocate con criteri da cartografi. Se abbiamo una classe politica inadeguata, un bilancio dissestato e una criminalità asfissiante, le ragioni sono scritte nella storia e purtroppo anche spesso nella cronaca nera.
Non si superano queste ragioni scrivendo a sua volta il futuro su una mappa geografica usata come fosse una scacchiera La partita italiana si vince salvando tutte le pedine della scacchiera tutte le regioni di questa nazione.
E' curioso: fino a ieri timorosi della inevitabile sconfitta elettorale, certi economisti e certi politici avevano tuonato contro la Lega e contro la sua vocazione nordista. Ma alla stretta della crisi questi politici e questi economisti dimostrano di capire assai meno della Lega che un Paese o lo si salva tutto o tutto cade. Anche il più radicale federalismo sa bene che un treno può riprendere la corsa soltanto quando tutti i suoi 'vagoni' sono usciti sani dal tunnel. Anzi, la federazione è lo schema politico più limpido della verità che un Paese è risanato soltanto se ogni sua parte, federata o no, si chiami Nord, Centro o Sud, sia stata curata con lo stesso amore e con la stessa medicina.


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