§ Sistemi produttivi

Gli aiuti pubblici alle imprese




Corrado Papa



Le scelte di politica economica si riflettono sull'economia delle aziende sia - in negativo - quando creano "vincoli" all'operatività delle diverse unità produttive, sia - in positivo - allorché predispongono "incentivi" per agevolare lo sviluppo di dati settori (e territori) o per evitarne il declino.
Volendo fissare l'attenzione sulle ripercussioni del secondo tipo, cominciamo col dire che le incentivazioni pubbliche si sostanziano in interventi - molteplici e mutevoli - adottati pressoché da tutti i Paesi del mondo grazie ai quali vengono attuati, senza che ne sia prevista la restituzione, trasferimenti di risorse dalla collettività alle imprese o sono consentite alle stesse riduzioni di costi ed altre agevolazioni (E' interessante tenere presente, in particolare, cosa significa "aiuto pubblico" per le istituzioni della Cee. Cfr., al riguardo, A. Tizzano, La nozione di aiuto pubblico in diritto comunitario, in "Europa e Mezzogiorno", n. 10, p. 9 e ss.).
In Italia la tematica degli ausilii pubblici si presenta estremamente variegata, eterogenea e frammentaria, in quanto frutto di una serie infinita di provvedimenti normativi (primari e secondari) riguardanti le più disparate branche dell'economia (agricoltura, industria, artigianato, commercio, trasporti, edilizia, turismo, pesca, ecc.), varati in epoche storiche differenti per rispondere ad istanze che traevano origine da esigenze diverse.
Le predette fonti, inoltre, non sono più esclusivamente di matrice statale, come avveniva un tempo, ma si ricollegano pure alle analoghe iniziative che le istituzioni comunitarie, a monte, e le autonomie locali, a valle, vanno assumendo con crescente determinazione in un quadro caratterizzato, per un verso, da maggiore ampiezza e, per l'altro verso, da spiccate peculiarità (In ordine alle prime, cfr., ad esempio, G. Lazzarini, Le agevolazioni dell'Europa per le imprese, Edizioni del "Sole-24 Ore", Milano, 1991. Per quel che concerne le seconde, cfr., limitatamente al settore agricolo, l'ampia "mappa" delle leggi regionali vigenti così come riportate nel periodico "Terra e Vita", n. 31/32, 1992, inserto speciale "Credito Agrario").
Alla luce di quanto precede, è agevole comprendere che un dosato discorso in tema di aiuti pubblici alle imprese non può che rifuggire da disamine particolareggiate e tendere, invece, a cogliere i principali aspetti che accomunano le varie forme di ausilii pubblici nell'attuale fase dell'economia italiana. Riteniamo utile, pertanto, proporre una confacente classificazione dei diversi tipi di incentivi perché, così facendo, si delineano significativi profili dei vari strumenti agevolativi e si gettano le basi per approfondire altri importanti aspetti dei medesimi senza dover accedere, di volta in volta, nei "vicoli" di una casistica tutt'altro che ordinata.
Ecco come, secondo i risultati dei nostri studi e con il supporto della nostra esperienza, sono configurabili le "famiglie" più rappresentative del vasto universo delle incentivazioni pubbliche al sistema produttivo.
Si può, innanzitutto, tracciare un solco fra aiuti fiscali e parafiscali, da un lato, ed aiuti finanziari e reali, dall'altro.
I primi, caratterizzati da ridimensionamento o eliminazione di obblighi, si identificano nelle agevolazioni tributarie (riduzione delle aliquote ILOR ed IRPEG, esenzione da dette imposte, ecc.) e in quelle concesse al fattore lavoro (sgravi contributivi, fiscalizzazione degli oneri sociali, ecc.) e vengono sempre più additati come strumenti da utilizzare con preferenza, alla stregua degli indirizzi comunitari (cfr. Senato della Repubblica, La politica degli aiuti alle imprese, Roma, 1990, p. 339).
I secondi, al contrario, ricorrono allorché si cerca di agevolare l'impresa sul versante del procacciamento dei fondi monetari necessari per l'attuazione dei programmi aziendali (incentivi "finanziari") o con la fornitura diretta, da parte di strutture pubbliche, di servizi utili alla gestione o alla stessa realizzazione di determinati investimenti (incentivi "reali"). Su questi temi cfr. M. D'Angelillo, I servizi reali nella transizione industriale, in "Politica ed economia", novembre 1985, p. 69 e ss.
La gamma delle agevolazioni "finanziarie", dal canto suo, si divide in agevolazioni finanziarie "con funzione erogatoria" ed agevolazioni finanziarie "con funzione di garanzia ".
Quelle con funzione erogatoria consistono nell'acquisizione, da parte dell'impresa beneficiaria, di risorse finanziarie a condizioni di notevole favore: sono tali i contributi a fondo perduto ed i finanziamenti a tasso ridotto (ai quali si affianca l'istituto, alternativo, del "leasing" agevolato).
Invece quelle con funzione di garanzia rappresentano misure che non comportano di per sé l'erogazione di valori, ma facilitano la concessione dei relativi finanziamenti, prevedendo presidii "ad hoc" a tutela del creditore, o rendono più percorribili alcuni sentieri di approvvigionamento dei capitali: in relazione a quanto testé affermato, si faccia correre la mente ai fondi centrali di garanzia ed alla copertura pubblica dei rischi di cambio nei finanziamenti in valuta (cfr., in proposito, L. Nadotti, Sofferenze e fondi di garanzia sussidiaria negli istituti di credito mobiliare, in "Rivista Bancaria", n. 3-4, 1986, p. 13 e ss., e C. Papa, Indebitamento in valuta e garanzia statale per il rischio di cambio, in "Bollettino dell'associazione Tecnica delle Banche Popolari Italiane", n. 11-12, 1986, p. 31 e ss. Quest'ultimo lavoro da leggersi alla luce dell'art. 5 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333 convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359).
A loro volta, le agevolazioni finanziarie "con funzione erogatoria" possono assumere le sembianze di agevolazioni "contributive" o quelle di agevolazioni "creditizie".
Le agevolazioni "contributive", che è preferibile etichettare con il termine di "sovvenzioni", consentono all'impresa di utilizzare capitali pubblici senza obbligo di restituzione e di corresponsione di interessi. Le stesse si distinguono in contributi in conto capitale, se destinate a fornire all'azienda dotazioni finanziarie a titolo di capitale, normalmente per assecondare investimenti che modificano - quantitativamente e/o qualitativamente - la capacità produttiva, e contributi in conto esercizio, se deputate a migliorare i risultati economici di periodo mediante integrazione dei ricavi (Per ulteriori approfondimenti, cfr. M. Sica, I contributi a fondo perduto nell'economia e nei bilanci delle aziende, Cacucci, Bari, 1988).
Le agevolazioni creditizie, al contrarlo, sono caratterizzate da un tasso di interesse inferiore a quello di mercato, praticabile grazie a concorsi pubblici sugli oneri finanziari o ad apposite somministrazioni di fondi che i vari Organismi pubblici fanno agli istituti mutuanti (per queste ultime cfr., ad esempio, il 'Tondo centrale per il credito peschereccio" previsto dalla legge 17 febbraio 1982, n. 41, così come modificata dalla legge 28 agosto 1989, n. 302). Dette agevolazioni riguardano sia (prevalentemente) interventi a medio e lungo termine sia (ma in misura più contenuta) "accompagnamenti" di breve durata.
Un'altra classificazione molto importante,che mette a fuoco alcuni concetti già parzialmente affiorati in precedenza, è quella che distingue gli incentivi in aiuti l'agli investimenti" ed aiuti "al funzionamento".
I primi, detti anche "agli impianti" o "promozionali", consistono in sostegni di vario genere (contributi in conto capitale, finanziamenti agevolati a medio e lungo termine, ecc.) accordati per incentivare l'effettuazione dì investimenti riguardanti la struttura produttiva (nuovo impianto, ampliamento, ammodernamento, riconversione, ecc.): essi, pertanto, hanno i connotati della "straordinarietà".
Invece i secondi, denominati pure "alla produzione" o "operativi", si identificano in ausilii di differente natura (contributo in conto esercizio, finanziamenti agevolati normalmente a breve termine, ecc.) concessi per facilitare il normale andamento della gestione, senza comportare - quindi - "salti" o comunque miglioramenti strutturali nei complessi aziendali: spesso, perciò, essi imboccano il sentiero della "continuità".
La dicotomia testé abbozzata assume una notevole importanza in sede Cee, atteso che questa mentre ammette gli incentivi agli investimenti, anche se entro prefissati massimali ed a certe condizioni, è - in linea di principio -costantemente avversa agli incentivi al funzionamento, che, infatti, vengono consentiti solo eccezionalmente (cfr., sul punto, C. Papa, Aiuti agli investimenti ed aiuti al funzionamento nella normativa comunitaria, pubblicato nella rivista 'Te società nella Cee").
Spaziando ulteriormente nello scenario degli aiuti, si possono distinguere le agevolazioni "dirette", da una parte, e le agevolazioni `indirette", dall'altra.
Le agevolazioni "dirette" ricorrono quando i beneficiari immediati si identificano con i soggetti che il pubblico potere ha individuato come destinatari della misura incentivante: di norma gli aiuti si presentano sotto questa veste.
In taluni casi, tuttavia, le agevolazioni, benché accordate formalmente ad un'impresa, tendono - in sostanza - ad incoraggiare un'altra unità produttiva che viene a costituire, perciò, la vera beneficiaria dell'aiuto: siamo, allora, in presenza di agevolazioni "indirette". Esempi di agevolazioni indirette sono quelle, per la costruzione o la trasformazione di navi, concesse agli armatori ma, in effetti , destinate ai cantieri cui è affidata la commessa (cfr. Direttiva del Consiglio Cee n. 684 del 21 dicembre 1990, pubblicata nella GUCE n. L. 380 del 31 dicembre 1990: in particolare il 12° "considerando" del preambolo).
Eccoci, ora, ad una distinzione di immensa rilevanza teorica e pratica: si tratta della classificazione che configura la quaterna degli aiuti "a finalità regionale", "a finalità settoriale", "a caratterizzazione orizzontale" e "di portata generale".
Gli incentivi a finalità regionale sono predisposti per fornire sostegni alle imprese operanti con propri stabilimenti in determinate aree geografiche che, in vista delle particolari caratteristiche e degli specifici problemi che le contraddistinguono, meritano intonate forme di aiuti, indipendentemente dal settore di appartenenza delle imprese stesse.
E' chiaro, tuttavia, che il settore può assurgere ugualmente ad elemento di primo piano anche nell'ambito degli aiuti a finalità regionale, sicché l'ammissibilità ai benefici per le iniziative relative a dati settori può, a seconda dei casi, comportare maggiorazioni contributive, essere temporaneamente sospesa o venire addirittura esclusa: in tali sensi è possibile parlare di "ripercussione settoriale" sugli incentivi a finalità regionale (cfr., ad esempio, i punti 4, 5 e 6 della delibera CIPI del 16 luglio 1986 dettante direttive per la concessione delle agevolazioni finanziarie previste dalla legge I' marzo 1986, n. 64, a favore delle attività produttive localizzate nei territori meridionali. Tale delibera, peraltro, potrebbe essere modificata in base a quanto disposto dall'art. 1, comma 2, del recente D.L. 14 agosto 1992, n. 363).
Gli aiuti "a finalità settoriale", al contrario, sono concepiti per assecondare le unità operative appartenenti a settori produttivi che si ritiene di dover incoraggiare in considerazione delle vicende economiche che ne influenzano l'andamento, a prescindere dal perimetro territoriale in cui viene svolta l'attività.
Il fattore geografico, però, può talvolta incidere sulla "griglia" degli aiuti a finalità settoriale, per cui l'entità di questi ultimi finisce per dipendere anche dalle esigenze proprie delle diverse zone del Paese: siamo allora, in presenza di una "interferenza regionale" negli incentivi a finalità settoriale (Ad esempio, la disciplina del credito agevolato al commercio - di cui alla legge 10 ottobre 1975, n. 517, e successive modificazioni ed integrazioni - prevede tassi ridotti differenziati per iniziative da realizzare nei territori meridionali e montani, da un lato, e nel restante territorio nazionale, dall'altro: rispettivamente 50% e 65% del tasso di riferimento).
Vi sono, indi, le agevolazioni "a caratterizzazione orizzontale" il cui obiettivo non è né regionale né settoriale: esse, infatti, mirano ad incentivare alcuni tipi di attività (ricerca applicata, innovazione tecnologica, risparmio energetico, tutela ambientale, esportazione, ecc.) o talune categorie di imprese, soprattutto quelle piccole e medie, in vista della più modesta robustezza strutturale (Sugli incentivi alle aziende minori cfr., da ultimo, Disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese, in GUCE, n. 213 del 19 agosto 1992).
Gli aiuti in parola sono oggi sulla cresta dell'onda poiché vengono concessi ad aziende impegnate in programmi di notevole attualità o con dimensioni non elevate che meritano particolare tutela anche indipendentemente dalle specifiche esigenze della regione o del settore di appartenenza e quindi inquadrate in un'ottica di tipo "orizzontale".
Abbiamo, infine, gli aiuti "di portata generale" (o, più semplicemente, "generali"), concessi indiscriminatamente a tutte le imprese, senza particolari motivazioni regionali, settoriali o orizzontali. Si tratta, insomma, di sostegni che "vengono incontro a generiche necessità di incentivazione o che si rivolgono alle imprese in crisi" (cfr. G. Palmeri, Gli aiuti di Stato alle attività produttive ed il loro regime comunitario, Maggioli, Rimini, 1989, p. 71, e bibliografia ivi citata).
Un'ulteriore dicotomia ci consente di catalogare gli aiuti per lo "sviluppo", da una parte, e gli aiuti contro il "declino", dall'altra.
Il regolamento Cee del 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Tondi a finalità strutturale", offre, sul versante regionale, un chiaro esempio di entrambi i suddetti tipi di incentivi. Questi trovano la loro origine rispettivamente nell'"obiettivo 1" (promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni la cui crescita è in ritardo) e nell'"obiettivo 2" (riconvertire le regioni, regioni frontaliere e parti di regioni gravemente colpite dal declino industriale): cfr., al riguardo, Commissione delle Comunità Europee, Quadro comunitario di sostegno 1989-1993 per lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo: Italia e Quadri comunitari di sostegno 1989-1991 per la riconversione delle regioni colpite dal declino industriale: Italia, editi - sia l'uno sia l'altro - nel 1990).
Naturalmente, anche sotto il profilo settoriale, gli incentivi possono tendere allo "sviluppo" delle imprese o a bloccare il loro "declino".
E' chiaro comunque che gli aiuti contro il declino, territoriali o settoriali che siano, dovrebbero avere sempre carattere congiunturale (di breve periodo) e non trasformarsi, perciò, in sostegni di natura strutturale (di lunga durata).
A seconda, poi, dell'ente che li concede, gli ausilii si distinguono in ausilii "statali", aiuti "regionali" e sostegni comunitari. La distinzione, di per sé particolarmente semplice, offre lo spunto per menzionare la problematica del "cumulo" degli interventi, ossia della possibilità o meno (e nell'affermativa entro quali limiti) di consentire che per un medesimo investimento scattino contemporaneamente tutti e tre (o anche solo due dei tre) tipi di aiuti.
L'ipotesi del "cumulo" ad esempio è prevista esplicitamente, per il Mezzogiorno, dall'art. 9, comma 2, della legge l° marzo 1986, n. 64, che ha demandato al CIPI il compito di coordinare le agevolazioni di cui sopra. Detto Comitato ha provveduto con delibera del 20 dicembre 1990 (Per un esauriente commento, cfr. C. Papa, Il cumulo delle agevolazioni finanziarie nel Mezzogiorno, in "Pratica aziendale", n. 8-9, 1991, p. 409 e ss.). Va tenuto presente, comunque, che gli ausilii substatali possono essere concessi, oltre che dalle Regioni, pure da altre Amministrazioni (Province, Comuni, ecc.).
Le modalità di concessione consistono, a loro volta, di classificare gli aiuti in aiuti `automatici" ed aiuti "discrezionali", laddove l'automaticità e la discrezionalità investono anche il livello degli incentivi.
Come è stato giustamente osservato (cfr. K. Allen, J. Bachtler e D. Yuill, Un confronto fra sistemi alternativi di incentivazione dello sviluppo regionale, in "Rivista economica del Mezzogiorno", n. 3, 1989, p. 600 e ss.), i primi presentano il vantaggio di essere altamente trasparenti e prevedibili, mentre il lato positivo dei secondi è quello di far conseguire economie di spesa pubblica, essendo possibile adattare meglio le assegnazioni alle necessità e alle caratteristiche dei beneficiari.
Nello scenario europeo, fra gli aiuti automatici normalmente rientrano le agevolazioni fiscali e gli aiuti discrezionali di solito comprendono gli incentivi finanziari. Per quanto riguarda l'Italia, invece, la concessione di questi ultimi è per lo più legata ad un parere qualificato reso da un istituto di credito a medio termine: tale parere, che è stato definito 'giudizio di realizzabilità", si pone come elemento di mediazione tra le due contrastanti tendenze, quella dell'automaticità, da una parte, e quella della discrezionalità, dall'altra (cfr. A. Federico, L'efficienza degli incentivi finanziari, in "Economia e Credito", n. 1, 1985, pp. 149-150).
E' bene altresì rammentare che i sostegni pubblici possono essere inclusi in "schemi generali" o in "schemi individuali".
Gli schemi o "regimi" generali sono quelli che prevedono una o più azioni incentivanti a favore di tutte le imprese che rispondono a certi requisiti: per esempio, la normativa sul credito agevolato all'artigianato - che ruota intorno alla legge 25 luglio 1952, n. 949 e successive modificazioni ed integrazioni - contiene un regime generale di aiuti che si estende a tutto il territorio nazionale.
Al contrario, gli schemi o "regimi" individuali si riferiscono ad agevolazioni finanziarie dirette ad una specifica azienda (o ad un gruppo di aziende): ad esempio, gli interventi previsti per il salvataggio di una società (o di un gruppo) possono configurare uno schema individuale come innanzi delineato.
Naturalmente, i "regimi generali" di aiuti non vanno confusi con gli l'aiuti generali": invero i primi rappresentano la regolamentazione di aiuti concessi sempre a ben individuate categorie di imprese (per finalità altrettanto chiaramente indicate), sia pure in base ad una normativa comune (schema generale), laddove i secondi - come abbiamo visto in precedenza - sono sostegni "di portata generale" e quindi accordati indiscriminatamente a tutte le aziende senza alcuna motivazione regionale, settoriale o orizzontale.
Parimenti dai "regimi individuali" di aiuti, di cui si èdetto sopra, vanno tenuti distinti i "casi individuali" (o singoli) di aiuti, che costituiscono applicazioni, nella fattispecie concrete, dei regimi generali e perciò - a differenza degli altri - non si collocano, nella gamma degli incentivi, con una disciplina autonoma ma, sotto questo profilo, si agganciano alla normativa propria degli schemi generali fra i quali si inseriscono.
Come abbiamo ampiamente evidenziato in altro nostro recente lavoro (cfr. C. Papa, L'intensità degli aiuti pubblici alle imprese, di recente pubblicazione nella rivista "Economia e Credito") gli ausilii pubblici hanno bisogno di essere misurati nella loro "intensità", rapportandone la "forza" all'ammontare dell'investimento fisso iniziale cui si riferiscono: in relazione a tale esigenza, quando gli aiuti possiedono tutti i requisiti perché ciò avvenga, si dice che ci troviamo al cospetto di incentivi "trasparenti" o "misurabili", diversamente si parla di sostegni "opachi" o "non misurabi".
E' intuibile che l'eventuale "opacità" delle misure incentivanti va eliminata perché essa, da un lato, ostacola la valutazione degli aiuti nelle competenti sedi comunitarie e, dall'altro, fa sì che "i beneficiari potenziali non possono essere informati completamente o effettivamente e di conseguenza non sono in grado di adattare il loro comportamento economico nel senso che i regimi mirano ad incentivare" (cfr. Commissione delle Comunità Europee, Libro bianco sugli aiuti di Stato alle imprese, in "Rivista economica del Mezzogiorno", n. 1, 1990, p. 221). Volendo esemplificare, sarebbe non misurabile un finanziamento a tasso agevolato di cui si ignora la precisa durata (divisa in periodo di utilizzo, preammortamento ed ammortamento).
Sempre a proposito della misurazione degli incentivi, rilevante è poi la distinzione tra aiuti misurabili l'ex ante" (cioè prima di essere concessi) ed aiuti misurabili "ex post" (ossia dopo la loro concessione).
A mo' di esempio, rientrano tra le agevolazioni misurabili anticipatamente i contributi in conto capitale ed i finanziamenti a tasso agevolato, mentre la gamma delle agevolazioni misurabili posticipatamente abbraccia le agevolazioni fiscali (sotto forma di riduzione delle aliquote ILOR ed IRPEG e di esenzione totale da tali imposte) ed i sostegni al fattore lavoro (sgravi contributivi e fiscalizzazione degli oneri sociali) allorché questi ultimi non siano quantificabili in anticipo.
Ovviamente nelle valutazioni 'la priori" è difficile pervenire a rapporti che esprimano la "vera" intensità degli incentivi, operandosi sempre su dati previsionali e quindi "stimati". Diversa è la conclusione, invece, nelle misurazioni "a posteriori", perché allora tutte le variabili in gioco perdono il carattere ipotetico, riflettendosi in elementi definitivi.
E' interessante notare, altresì, che quando una iniziativa beneficia sia di incentivi misurabili "ex ante" sia di sostegni misurabili "ex post", per il rispetto dei cosiddetti massimali di intensità trova applicazione una metodologia di natura "ibrida" (Per un'attenta analisi di tale metodologia, a suo tempo elaborata dalla Commissione della Cee - cfr. comunicazione del 21 dicembre 1978, Allegato, punto 2 - e recentemente fatta propria dal CIPI - cfr. delibera del 20 dicembre 1990 relativa agli aiuti concessi nella provincia di Frosinone - rimandiamo a C. Papa, Il Mezzogiorno tra incoraggiamenti statali e condizionamenti comunitari, in "Relazioni Sud", n. 2, 1992, p. 18 e ss.).
A mente dell'art. 93, paragrafo 3, del Trattato di Roma del 25 marzo 1957, gli Stati membri della Cee, allorché si accingono a varare progetti diretti ad istituire o modificare aiuti, sono tenuti a comunicare i progetti stessi alla Commissione delle Comunità Europee per le sue osservazioni. Ove tiri progetto non sia ritenuto compatibile con il mercato comune a norma dell'art. 92, la Commissione inizia senza indugio la procedura di cui al paragrafo 2 del citato art. 93 e lo Stato membro non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedimento abbia condotto ad una decisione finale.
Considerato quanto testé esposto, sono abbozzabili tre ultime classificazioni, e cioè:
a) aiuti "ammessi" e "vietati", ossia compatibili o incompatibili con la disciplina del mercato comune;
b) aiuti "autorizzati" e "non autorizzati", a seconda che abbiano ricevuto o meno il "placet" della Commissione;
c) aiuti "consolidati" e "precari", se le somme ricevute si ricollegano - rispettivamente - ad un aiuto autorizzato o non ancora autorizzato: naturalmente il beneficiario dell'incentivo precario potrà essere costretto a restituire quanto incassato (Cfr. comunic. della Commissione delle Comunità Europee circa il procedimento di notifica dei progetti di aiuto, pubblicata nella GUCE n. C 318 del 24 novembre 1983, e, più in generale, G. Palmeri, op. cit.).
Come si comprenderà, tali classificazioni sono alla base della regolamentazione comunitaria degli aiuti di Stato a cui l'avvento del mercato unico è destinato ad imprimere maggiore vigore.
Non è da escludere che, "spigolando" nel vasto campo oggetto della nostra indagine, altre distinzioni potrebbero essere validamente concepite, venendo così ad arricchire il quadro dianzi presentato. Per il momento, tuttavia, riteniamo di poterci fermare qui, nella speranza di aver dato un modesto contributo in materia, visto che, come è stato autorevolmente affermato, "il problema di una classificazione dei provvedimenti in favore delle imprese è lontano dall'avere trovato una soluzione soddisfacente" (T. Padoa Schioppa, Sugli aiuti statali alle imprese industriali, in "Rivista economica del Mezzogiorno", n. 1, 1990, p. 15).

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