§ L'evoluzione storica della medicina

Sulla strada di Esculapio




Italo Vittorio Tondi



Nel compilare questa sintesi una premessa mi è d'obbligo.
Dopo gli accenni d'indole generale, attinenti l'evoluzione storica della Medicina, non coinvolgerò nel discorso né le consorelle Chirurgia ed Ostetricia né e branche specialistiche. Solo eccezionalmente ne varcherò i confini, per eventi di spiccata rilevanza e per personaggi di prima grandezza. Marginalmente farò riferimento sugli apporti scientifici, talora importantissimi, di autori stranieri perché il discorso si mantenga nei limiti sinottici.
Dalla medicina empirica, demonistica, animistica e magico-sacerdotale della preistoria, da quella egizio-mesopotamica ed indocinese (v. agopuntura), si pervenne alla medicina filosofica e biologicoumorale dell'era ellenica, testimonianze delle quali si ritrovano nei poemi omerici, in figurazioni e statue dell'epoca e nel culto di Asclepio (per i latini Esculapio). Fautori ed interpreti di questa medicina filosofico-biologica furono Talete di Mileto (VI° sec. a. C.), Pitagora di Samo, fondatore della Scuola Ionica, Alcmeone di Crotone, Filolao di Taranto ed Empedocle di Agrigento (V° sec. a. C.). Ma il periodo aureo della medicina greca, che coincise con quello artistico-culturale, ebbe per protagonista e sommo maestro Ippocrate di Coo (460 a.C.?), che gli epigoni ritennero e ritengono il padre della Medicina. I suoi scritti, raccolti nel Corpus hippocraticum, costituirono autentiche pietre miliari del suo sviluppo tecnicoscientifico.
Nel nobilissimo "Giuramento" egli ribadisce i doveri eticomorali cui il medico deve attenersi nell'esercizio professionale, scrivendo: "il medico, che è contemporaneamente filosofo, è simile agli Dei. Non vi è una grande differenza fra la medicina e la filosofia, perché tutte le qualità del buon filosofo devono trovarsi anche nel medico: disinteresse, zelo, pudore, aspetto dignitoso, serietà, giudizio tranquillo, serenità, decisione, purezza di vita ...".
Se prima di Ippocrate la malattia veniva attribuita all'intervento di fatti soprannaturali, egli ne riporta le cause ad eventi e fenomeni naturali che andavano indagati ed identificati, oltre che con i rilievi anamnestici, soprattutto con una attenta minuziosa osservazione del malato e la loro valutazione, ribadendo la forza guaritrice della natura.
Dopo Ippocrate emerse la figura di Aristotele (384 a.C.) filosofo e medico, giustamente ritenuto precursore della medicina biologica ed anatomo-fisiologica, per i suoi esperimenti sugli animali, per i suoi studi sulla riproduzione e sulla embriologia. Fu assertore del metodo deduttivo nel ragionamento clinico.
Varcata l'Ellade, la medicina postippocratica trovò riflessi ed interpreti in quella romana che da una fase mitologica, con il culto (di Esculapio, era passata a quella dei "metodici", che ebbe in Sorano d'Efeso il principale esponente, considerato per il suo libro Delle malattie delle donne il fondatore dell'ostetricia e della ginecologia.
Appellato "Ippocrate latino" e "Cicerone della medicina" fu l'enciclopedico ed epicureo Aulo Cornelio Celso (I° sec. d.C.). Stimato ed apprezzato, più che dai contemporanei dai posteri (epoca rinascimentale), per i suoi studi sulla eziologia e la terapia dei morbi, per quelli anatomo-chirurgici, riferiti nei libri De artibus e De rerum, nei quali viene sottolineata l'importanza del ragionamento nella formulazione diagnostica: "rationalem puto medicinam esse debere".
Tra i più illustri medici romani spicca Galeno di Pergamo (129 d.C.), che ebbe grande fortuna nell'esercizio professionale e fu profondo studioso e sperimentatore; i suoi contributi segnarono un sensibile progresso nel campo anatomofisiologico, nosografico e terapeutico. Ippocratico convinto, fu strenuo assertore della "vis naturae medicatrix".
Se per Ippocrate la medicina veniva considerata un'arte basata sui sensi, per Galeno essa è sostanzialmente fondata sul ragionamento, quindi sul metodo deduttivo e, nell'incertezza, sul criterio "ex adiuvantibus"; pensiero espresso nei suoi molti libri: Il metodo di curare; L 'arte medica; Sulla diagnosi; Manuale di logica, ecc.).
Allo splendore della medicina greco-romana fece seguito un suo lungo periodo di oscurantismo; periodo che si protrasse per quasi tutto il Medio Evo, ove si escludano la nascita della Scuola salernitana e la fioritura, pressoché contemporanea, di sedi universitarie (Bologna, Padova, Napoli, Montpellier, Parigi, ecc.), di collegi (Oxford, Cambridge ecc.) e di ospedali.
Tanto accadeva mentre nell'Università di Padova eccelleva, nell'insegnamento della medicina, Pietro d'Abano (1257), dotato di vasta cultura filosofica e scientifica. Scrivono di lui Federspil e Scandellari: "Seppe riconoscere, forse per primo, la duplice natura della medicina; da un lato, infatti, questa si occupa dei singoli e perciò mostra quell'aspetto idiografico che ne fa un'arte, dall'altro consegue conoscenze generali e per tanto riveste quell'aspetto nomotetico che ne fa una vera e propria scienza". (Federspil G. e Scandellari C., in Federazione Medica; n. 7,1991).
All'Università di Bologna, quasi contemporaneamente, si stagliava la figura di Taddeo Alderotti (1223), accanito difensore e propugnatore dell'insegnamento e dei precetti ippocratici, suggeritore di misure d'igiene personale e sostenitore della grande utilità, nella pratica professionale, della casistica e statistica clinica.
All'oscurantismo medievale fece seguito l'illuminismo rinascimentale, che vide la ripresa delle ricerche e degli esperimenti, inerenti il campo anatomo-fisiologico e biologico-clinico.
Nel campo della anatomia emerse la ieratica figura di Leonardo da Vinci (1452), genio universale. Suoi disegni, pitture, bassorilievi, statue d'incommensurabile perfezione e bellezza, documentano la sua passione per gli studi anatomici. Essendosi cimentato in dissezioni cadaveriche non gli fu difficile disegnare col massimo verismo parti anatomiche inerenti la mio-osteologia, la cardio-angiologia e l'embriologia.
Notevole rinomanza, dopo Leonardo, ebbe in Europa il fiammingo Andrea Vesalio (1514), per i suoi contributi anatomici e chirurgici. Peregrino dalle Università di Lovanio, Montpellier e Parigi finì col trasferirsi a quella di Padova, ove le sue idee ed osservazioni, in aperto contrasto con quelle anatomo-animalistiche di Galeno, fino allora intoccabili e per la Chiesa dogmatiche, riscossero ampi consensi e divulgazione, pur non venendogli risparmiate, anche da parte di suoi colleghi galenisti, aspre critiche che sconfessavano apoditticamente le sue affermazioni.
Da tali critiche sopraffatto, abbandonò Padova per Madrid dove fu trionfalmente accolto nella corte dell'imperatore Carlo V. Monumentale fu considerata la sua opera, corredata da stupende incisioni: De Humani corporis fabrica.
Coi sostanziali contributi sulla circolazione sanguigna del britannico Guglielmo Harvey (1578) e dell'aretino Andrea Cesalpino (1519?) progredirono sensibilmente le ricerche e gli studi di fisiologia.
L'aristotelico Cesalpino si distinse anche per le sue concezioni filosofiche, dissonanti con quelle galeniche, che gli procurarono l'attributo di "papa dei filosofi". Cesalpino - ha scritto A. Castiglioni -ebbe la chiara visione del concetto del microcosmo nel macrocosmo. Egli ammise un principio unico fattore di tutti i fenomeni cosmici ed un principio analogo nell'uomo dal quale le funzioni della vita organica e psichica vengano dirette, principio ch'egli chiamò "anima", nel senso degli antichi filosofi". (Castiglioni A., Storia della Medicina, Ed. Arnoldo Mondadori). Visse ed operò in quel periodo l'alchimista e naturalista F. Teofrasto Paracelso (1493), di carattere irrequieto e detrattore delle idee di alcuni suoi predecessori, talora erroneamente e presuntuosamente criticate, provocando accese discussioni e riscuotendo profonde inimicizie. Egli tenne lezioni di farmacologia, anatomia patologica, patologia medica e chirurgica, fondando la sua cultura ed insegnamento sulla esperienza e sul ragionamento. Giudicato iconoclasta ed eretico pericoloso (il Lutero della medicina), errò per la Germania, finendo col ricongiungersi al pensiero ippocratico e correggendo alcuni suoi precedenti giudizi. Nella sua opera principale, Paramirum, egli si riportò infatti alle concezioni naturalistiche di Ippocrate e di Cesalpino.
Ebbe inizio, dopo di lui, la suddivisione della patologia medica in branche specialistiche: la puericultura con Giacomo Tronconi, la neuropsichiatria con Gerolamo Mercuriale (1530) e Prospero Alpino (1553), la infettivologia con l'applicazione di particolari norme igienico-profilattiche, in un periodo storico nel quale la peste, la lebbra, il vaiolo, la tubercolosi, il tifo esantematico, la sifilide e la influenza mietevano centinaia di migliaia di vittime, anche in rapporto alle invasioni degli eserciti stranieri. Sorsero anche discussioni sulla origine della sifilide, se autoctona in Europa o d'importazione dal Nuovo Mondo; fu la prima tesi a riscuotere maggior credito.
Artefice degli studi sulle malattie contagiose è da considerarsi il veronese Gerolamo Fracastoro (1478) che, oltre a riscuotere ampia stima dai suoi contemporanei, rappresentò con la pubblicazione del suo De contagione et contagiosis morbis il precursore della moderna infettivologia. Il suo pensiero sulle cause (fomites) del contagio, diretto ed indiretto, delle infezioni e la indicazione di misure igienico-profilattiche per prevenirle sono da considerarsi tuttora valide. il poema, tradotto in più lingue Syphilis sive morbus gallicus gli fu suggerito dalla convinzione che ad introdurre la malattia in Italia fossero state le soldatesche galliche.
Su tale argomento un ulteriore contributo col suo libro De morbo gallico fu apportato dal padovano Nicolò Massa (1532). Il XVII° sec. più che un progresso pratico della medicina vide un risveglio del pensiero filosofico che, non collimando con le dottrine della Chiesa, ebbe, vittime della Controriforma, illustri personaggi, tra i quali Giordano Bruno, Galileo Galilei, Bruno Campanella ed altri.
Mente eccelsa, di quel periodo, fu Renato Cartesio (1596). Oltre che illuminato filosofo egli fu anatomico, naturalista, fisiologo e matematico insigne. Espresse il concetto che per arrivare alla verità era indispensabile un Metodo. Per "Metodo" - egli scrisse - "intendo regole certe e facili che, esattamente osservate, non potranno mai far scambiare per vero ciò che è falso; così chiunque, senza troppi sforzi inutili per l'intelligenza, ma gradatamente aumentando le conoscenze, giungerà alla vera conoscenza di tutte quelle cose di cui sarà capace". Col dogmatico principio del "cogito ergo sum" intese subordinare al ragionamento il valore dei sensi.
Suo contemporaneo fu Galileo Galilei (1600), medico ma soprattutto fisico-matematico insigne, che pose la matematica e l'esperimento come base per la individuazione delle cause dei fenomeni naturali. "La natura è scritta in lettere matematiche" egli sentenziò ed il suo insegnamento "ricollegandosi -come scrivono Federspil e Scandellari (ibidem) - a quello di Ippocrate, imponeva di considerare la malattia come un fenomeno naturale e di non cercarne le ragioni in entità metafisiche, ma di cercarle invece in altri fenomeni naturali direttamente sperimentabili". E per meglio studiare quei fenomeni egli scoprì il telescopio ed abbozzò un rudimentale microscopio, poi perfezionato dall'olandese Leeuwenhoek. Le sue idee copernicane lo portarono davanti al tribunale del S. Ufficio e poi in prigione. Si devono a Francesco Bacone (1591) l'introduzione e l'importanza del metodo analogico ed induttivo nello studio delle scienze naturali.
Sempre nel XVII° sec. giganteggiò la figura di Marcello Malpighi (1628), anatomico fisiologo e naturalista insigne. Egli ribadì nell'insegnamento, in sintonia con Galilei, la incontrastata ed incontrastabile priorità dell'osservazione e dell'esperimento per il progresso delle scienze mediche e naturali.
Vasto il campo scientifico che lo attrasse e basilari i suoi studi di botanica, zoologia , anatomia e fisiologia umana; questi ultimi attinenti la circolazione sanguigna, i globuli rossi, le linfoghiandole, la milza, i reni, ecc..
Ad incrementare e valorizzare la cultura filosofico-scientifica sorsero in Italia e all'estero le prime Associazioni, le cosiddette Accademie, quella dei Lincei a Roma (1603), quella dell'Accademia di Francia (1634) e la Società Reale Inglese (1662).
Risalgono a quel periodo gli studi e le ricerche, ritenute fondamentali, da parte dell'inglese Harwej (1578) sulla circolazione sanguigna e la funzione cardiaca. Con la pubblicazione del libro Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus, egli demolì le precedenti interpretazioni di Galeno, schiudendo la via ad ulteriori e realistici approfondimenti che furono, alcuni decenni dopo, eseguiti dal Malpighi. Con la creazione dei cosiddetti "teatri anatomici" nelle Università si intensificarono le ricerche di anatomia sistematica normale e patologica.
Poste le basi anatomo-fisio-patologiche ed avanzando gli studi farmacologici, la Clinica medica non poteva segnare il passo.
Staccandosi ed allontanandosi dalla medicina teorico-sperimentale e convinti della priorità dell 'osservazione e dell'esperienza, emersero i primi clinici che ebbero nell'inglese T. Sydenham (1624) il caposcuola. Demoliti i principi della iatrofisica e della iatrochimica egli, rifacendosi ad Ippocrate, ritenne doversi ricercare le cause delle malattie nella natura e nella natura trovare i rimedi. La fama e la fortuna professionale di Sydenham varcarono i confini della madrepatria, per il suo intuito diagnostico e per l'applicazione di nuovi sistemi curativi, come l'uso della china e dell'oppio, oltre ai già noti dieta, salasso e purganti.
Antesignano, in Italia, nell'insegnamento della clinica medica fu Giorgio Baglivi (1668). Dotato di profonda cultura medico-filosofica fu accanito sostenitore della grande utilità, nella diagnosi, dell'osservazione e dell'esperienza, tanto da legiferare: "sappiano i giovani che non troveranno mai un libro più dotto ed istruttivo del malato stesso".
Al Baglivi è da associare G.M. Lancisi (1654) che riscosse larga stima per gli studi sulle cardiopatie e B. Ramazzini (1633), considerato, per i suoi pregevoli lavori sulle malattie professionali, il padre della moderna medicina del lavoro. Incerta la paternità, ma certa, in questo secolo, dell'introduzione in terapia, della trasfusione di sangue, avversata o discussa in Italia, vietata in Francia.
Nel settore farmaceutico, ai già noti china e laudano, si aggiunsero i preparati mercuriali, le radici di ipecacuana e di colombo, le prime preparazioni galeniche in pillole.
Sul piano infettivologico sono da ricordare le terribili epidemie di tifo, malaria, peste, vaiolo, difterite, sifilide ed influenza che provocarono in Europa milioni di morti.
Una stasi subì in quel periodo l'insegnamento universitario. Il secolo seguente (il XVIII°) vide attenuarsi le controversie e le lotte religiose ed il rifiorire degli studi filosofici e medici.
I pensieri filosofici socio-politici di Montesquieu, Rousseau, Leibinitz, Kant ecc., con l'accentuarsi dello studio delle scienze esatte, influenzarono, di riflesso, anche quello della medicina e delle scienze naturali, con l'impostazione di nuove problematiche.
Le scoperte di Galvani (1737) e di Volta (1745) prima, la classificazione delle piante (nomenclatura binomiale) di Linneo, dopo, ne sono testimonianza.
Ma è tutto lo scibile, in quest'epoca, a risvegliarsi.
Gli studi di Goethe (1749), di Spallanzani (1739) sulla generazione spontanea, di Morgagni (1682) sulla anatomia patologica, col suo volume De sedibus et causis morborum, furono e rimangono vere pietre miliari di quel risveglio.
Fu ancora nello stesso secolo che nacquero, si propagarono e si propagandarono sistemi magico-mistici e pseudoscientifici, con una fioritura di avventurieri ed impostori.
Dei sistemi medici ricordo i due più diffusi:
1) L'omeopatico, fondato da C. F. Hahnemann (1755) che, opponendosi al principio ippocratico del "contraria contraris curantur", introdusse quello del "similia similibus curantur" intendendo significare che le malattie erano da curare servendosi degli stessi agenti e sostanze che le avevano provocate.
2) Il magnetismo animale del viennese Mesmer (1734), meglio noto come "mesmerismo". Egli attribuiva ad una forza ed energia magnetica la capacità di curare e guarire le malattie, con l'imposizione delle mani sul corpo del malato. E' da considerarsi il precursore della pranoterapia.
"Anatomicorum totius Europae princeps" fu definito il forlivese G. B. Morgagni (1682), autentico gigante nell'insegnamento dell'anatomia sistematica morale e dell'anatomia patologica. Per il Maestro questa non poteva essere avulsa da quella.
Allievo, a Bologna, del Valsalva, egli esercitò l'attività didattica a Padova con tanto ingegno, metodo dialettico e dimostrativo da far convergere a quell'Ateneo allievi e discepoli italiani e stranieri. La profondità del suo pensiero ed esperienza, il desiderio di trasmettere ai discenti quanto nel suo cervello accumulato, la generosità e la semplicità del suo carattere informarono il suo magistero, elevandolo a vette supreme.
Non vi sono stati organi e visceri ch'egli non abbia sezionato, esplorato e studiato, fornendo al clinico elementi utilissimi ai fini diagnostici. Nel libro De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis profuse tutto il suo sapere e la sua esperienza e quel libro, ancora oggi, è opera di consultazione.
Dopo Morgagni emerse e si affermò la figura dell'emiliano L. Spallanzani (1729), le cui ricerche, esperimenti ed esperienze indicarono ai posteri la strada da seguire per lo studio sistematico della fisiologia. D'ingegno brillante e di cultura superiore, acuto osservatore e critico obiettivo, schivo da preconcetti, accattivante conversatore, egli estese gli studi in un campo vastissimo della macro-microfisiologia. Nelle sue opere Prodromi di un'opera sopra le riproduzioni animali e Dei fenomeni della circolazione osservata nel giro universale dei vasi, tradotte in varie lingue, egli immise tutto il suo bagaglio tecnico-scientifico.
All'antico pensiero che la generazione spontanea degli animali fosse dovuta a "sostanze putride", contrappose il suo "omne vivum ex ovo", pervenendo alla conclusione che la fecondazione non poteva avvenire senza l'incontro dello spermatozoo (maschile) con l'ovulo (femminile). Estendendo i suoi studi sulle rane e sui rospi ottenne, iniettando lo sperma di un cane nell'utero di una cagna, la fecondazione artificiale dei mammiferi. Autentico precursore dell'attuale inseminazione artificiale umana.
Sommo maestro di clinica medica fu, nel contempo, l'olandese E. Boerhaave (1668), dallo svizzero von Haller definito "communis totius Europae pracceptor". Ha scritto di lui il Castiglioni: "Il Boerhaave è forse il primo fra i medici moderni che meriti veramente di essere chiamato, ciò che egli ambiva sopra ogni cosa, seguace di Ippocrate.
Ippocratica è tutta la sua concezione della medicina e del modo nel quale il medico deve esercitare la sua arte; ippocratico il ragionamento che considera scopo precipuo della medicina la guarigione del malato, e afferma che al letto del paziente deve cessare ogni discussione teorica; ippocratica ancora è la forma del suo insegnamento e dei suoi scritti nei quali, in brevi aforismi, sono condensate preziose osservazioni e norme terapeutiche ... " (Ibidem).
Con l'interessamento e per il mecenatismo dell'imperatrice Maria Teresa e la partecipazione di due eminenti clinici olandesi, Gerardo van Swieten (1700) e Dettaen (1704), sorse la grande Scuola medica viennese che ebbe in Leopoldo Auenbrugger (1722), scopritore della percussione digitale per i fini diagnostici, il più alto esponente. Per le sue doti di maestro richiamò a Vienna molti medici stranieri. Lo splendore e la fama di quella Scuola furono conseguiti con il contributo anche di nostri medici ivi accorsi (G.B. Borsieri; Sarcone; A. G. Testa; D. Cirillo et al.).
Conquista di portata universale, che portò poi alla eradicazione della malattia nel mondo, fu la scoperta da parte dell'inglese Edoard Jenner (1749) della vaccinazione antivaiolosa. Modestissimo e diligentissimo medico, Jenner, dopo avere studiato a lungo il vaiolo-vaccino (cow-pox) e avere constatato che chi lo avesse sofferto non avrebbe contratto il vaiolo umano, passò all'atto pratico vaccinando il piccolo James Phipps col pus prelevato dalla pustola di una donna affetta da vaiolo vaccino. il successivo innesto, nello stesso bambino, con pus prelevato dalla pustola di un vaioloso, non determinò in lui l'esplosione della infezione. Anche se molto contestata ed avversata, la scoperta di Jenner fini col convincere tutto il mondo scientifico.
Il XIX° sec. è da considerarsi forse il periodo più liminoso per il progresso delle scienze mediche. Gli studi di anatomia comparata, biologia, patologia generale e speciale, la microbiologia, lo sviluppo delle scienze naturali e della clinica medica lo caratterizzarono.
E' improbo ricordare i nomi di tutti gli autori ed attori di questo stupefacente risveglio.
All'inizio del secolo si stagliò la figura di un intelligentissimo e dottissimo medico, C. R. Darwin (1809). Nel libro Delle origini delle specie egli, demolendo precedenti tesi della immutabilità della specie, sostenne che la esistenza della specie èspiegata dalla selezione naturale di una specie preesistente. Accolto con enorme interesse nel mondo, quel libro fu poi ampiamente discusso e favorevolmente criticato.
Gli studi di Galvani sulle rane, la scoperta di A. Volta della pila elettrica, l'affermazione di A. Bassi della responsabilità di un fungo nella malattia del baco da seta, di L. Pasteur che la fermentazione era prodotta dalla presenza di organismi vivi (teoria microbica), costituirono altrettanti pilastri del progresso medico. Per gli studi e le ricerche di anatomia comparata sul cervello, sull'apparato uditivo, di istologia ed embriologia sono da menzionare rispettivamente B. Panizza (1785), L. Rolando (1773), A. Corti (1822), F. Pacini (1812) e M. Rusconi (1776).
Maestri di grande statura, per i loro studi ed esperimenti, furono considerati E Magendie (1783) che asserì di non potersi pensare ad una forza vitale unica ma che i diversi organi possiedono funzioni proprie che possono collaudarsi solo con l'esperimento; C. Bernard (1813) per le sue ricerche sul pancreas e per l'intervento del suo succo nella funzione digestiva, per la scoperta della funzione glicogenica del fegato, per gli studi del sistema nervoso; C. Matteucci (1811) che, eseguendo esperimenti sulle rane, comprovò la presenza di una carica elettrica in ogni muscolo funzionante.
Tra gli anatomopatologi spiccò C. Rokitansky (1804), della scuola viennese, che riscosse fama internazionale ed ebbe con sé un folto gruppo di allievi. La sua esperienza nel campo della dissezione e della istologia patologica fu da lui medesimo semplificata e resa esplicita nella frase pronunciata al termine del suo insegnamento: "L'anatomia patologica è stata da me presentata ai miei scolari come fondamento essenziale della fisiologia patologica e dottrina elementare per le ricerche nel campo della medicina.
Dall'anatomia patologica la conoscenza clinica è stata fondata, ampliata e completata. Essa si è approfondita nell'istologia patologica, ha segnato la via alla chimica patologica e ha chiamato in vita la patologia sperimentale".
Suo contemporaneo fu il tedesco Virchow (1821), grande estimatore del Morgagni, assertore della patologia cellulare col suo slogan "omnis cellula e cellula", demolitore della genesi umorale delle malattie, tanto da scrivere:
"L'essenza delle malattie è, secondo la mia concezione, una parte modificata dell'organismo oppure una cellula modificata o un modificato aggregato di cellule (tessuto od organo)... In realtà ogni parte malata del corpo sta in relazione parassitaria col resto del corpo sano al quale appartiene ......
Riprendendo il discorso sui clinici medici, figure di primo piano furono G. Laennec (1781) per gli studi sulle malattie dell'apparato respiratorio e sulla epatite cronica, per l'introduzione nella semeiotica dello stetoscopio, per aver ribadita l'importanza della auscultazione nella patologia polmonare; J. Skoda (1805), della scuola viennese, che insistette nella priorità, nell'esame del malato, della percussione e della auscultazione ai fini diagnostici.
Della scuola inglese emersero R. Bright (1789) per gli studi sulle malattie renali (la nefrite porta il suo nome); T. Addison (1793) per le osservazioni sulla anemia perniciosa e la patologia dei surreni.
Clinici italiani insigni non ebbe ad annoverarne quel periodo storico. Anche se non clinico medico ma ostetrico, eccelse invece la figura dell'ungherese I. F. Semmelweis (1818) che, esercitando in un ospedale viennese, si convinse (pur non riuscendo a convincere i suoi critici e detrattori) che la febbre puerperale fosse provocata da sostanze organiche decomposte o in via di decomposizione, provenienti sia dal cadavere che dal vivente, affetto da morbi producenti sostanze organiche in disfacimento. L'avere identificato in una infezione sistemica ed in contagio diretto o indiretto, attraverso soluzioni di continuo, l'origine della sepsi puerperale e l'aver previsto un minor rischio di contagio, con la disinfezione delle mani e degli strumenti da parte dell'ostetrico e del personale di assistenza, confermarono la sua lungimiranza e la utilità dell'antisepsi. Il suo libro su L'etiologia, il concetto e la profilassi della febbre puerperale èancora oggi un'opera interessante da leggere. Extrapolando dal campo della clinica meemersero nel settore della neuro-psichiatria: l'italiano C. Lombroso (1836), considerato per i suoi studi antropologici il padre della criminologia forense ed i cui libri Geni e follia e L'uomo delinquente furono e sono ancora oggi oggetto di riflessione e consultazione; il francese G. M. Charcot (1825) a ragione ritenuto uno dei più insigni neurologi d'ogni tempo. I suoi studi e ricerche, su più settori della patologia neurologica, le sue lezioni sull'isterismo, sulla sclerosi laterale amiotrofica (malattia di Charcot), sulla sclerosi multipla e sulla paralisi agitante ed il suo manuale Leçons sur le maladies du systeme nerveux faites à la Salpêtrière lo elevarono a principe della neurologia.
Se nella prima metà del secolo lo sviluppo della medicina clinica e di alcune sue branche segnarono il passo, in contrapposto esso ebbe, nella seconda metà, una eccezionale floridezza, con l'acquisizione di nuove cognizioni tecniche e risultati pratici.
Alle intuizioni di A. Bassi in campo microbiologico, di Virchow nella patologia cellulare, di C. Bernard in fisiologia, seguirono progressi in più settori dello scibile, di cui non è possibile trattare in extenso.
Schematizzando, ricordo che alla concezione di Darwin sulla discendenza dell'uomo dall'animale seguì lo studio della costituzione della cellula (Bizzozzero), considerata elemento basilare di ogni organo. Venne acquisito che essa è costituita da un protoplasma, di natura colloidale, e da un nucleo, circondato da una membrana e dotato di un carioplasma contenente granuli di cromatina. Al nucleo fu riconosciuta la proprietà di entrare nel processo di moltiplicazione cellulare. "L'omnis cellula e cellula" di Virchow fu pertanto sostituito dall'"omnis nucleus e nucleo" da W. Fleming.
Per gli studi istologici sul sistema nervoso e le tecniche istologiche di colorazione, l'italiano Camillo Golgi e lo spagnolo S. Ramon
J. Cajal furono, contemporaneamente, insigniti del premio Nobel.
Ebbero poi enorme importanza la scoperta delle piastrine (Bizzozzero), l'identificazione del fascio cardiaco atrio-ventricolare (His), le prime registrazioni elettrocardiografiche (A. Waller e W. Einthoven).
Anche la biochimica fece passi avanti con l'istituzione di appositi laboratori, atti a collaborare con i clinici nell'accertamento diagnostico.
L'anatomia ed istologia patologica, col miglioramento della tecnica microscopica, la patologia sperimentale, lo studio della tubercolosi, della sifilide, delle cardiopatie congenite, dell'arteriosclerosi, delle infezioni, ecc. ebbero notevole accelerazione.
Fu però la microbiologia che più si avvantaggiò del progresso tecnico-scientifico passando, metaforicamente, dalla età della pietra e del bronzo a quella dell'oro.
Acquisito e confermato il principio che a determinare le infezioni fossero piccoli esseri patogeni, due personaggi, che riscossero fama e riconoscenza universale, fecero ingresso nello scenario medico del tempo, il francese Louis Pasteur ed il tedesco Robert Koch.
Pasteur, partendo da precedenti ricerche sulla fermentazione, sostenne che le malattie infettive erano provocate da germi con diverse qualità morfo-biologiche. Successive indagini lo portarono alla scoperta e all'isolamento del bacillo del carbonchio, dello streptococco piogeno e alla introduzione della cura antirabbica. Stabilì inoltre che alcuni germi vivono anche in assenza di ossigeno (batteri anaerobi) e che era possibile la eliminazione di una flora batterica con l'aumento graduale della temperatura calorica (pasteurizzazione), indenni restando le vitamine e le qualità organolettiche degli alimenti.
Fu il fondatore dell'Istituto Pasteur di Parigi, che fu ed è faro di richiamo di microbiologi di ogni parte del mondo. Con le sue scoperte ebbero risonanza anche quelle dei suoi allievi: E. Metchnikoff per gli studi sulla fagocitosi; E. Roux; G. A. Yersin per la scoperta del bacillo della peste; ed A. Calmette.
Quanto apprezzato ed amato nel mondo scientifico Pasteur, altrettanto lo fu Robert Koch. Memorabile ed incancellabile è rimasto nella storia della medicina l'anno 1882 quando, alla Società Fisiologica di Berlino, egli cominciò la scoperta e l'isolamento del bacillo tubercolare. A quella scoperta sensazionale seguì quella del micrococco tetrageno, del vibrione colerigeno, del microrganismo dell'oftalmia degli egiziani. Fu per le sue grandi scoperte onorato del premio Nobel.
Tra i suoi molti valorosi collaboratori il più noto fu F. Loeffler per la scoperta del bacillo difterico.
Alle conquiste microbiologiche seguirono quelle immunitarie, precursore delle quali, come si è detto, era stato Jenner con l'introduzione della vaccinazione antivaiolosa.
La identificazione della fagocitosi, delle batteriolisine, agglutinine, precipitine, citolisine ed antitossine ne sono testimonianza. Quest'ultima per merito di von Behring (1854), precursore della sieroterapia antidifterica, antitetanica ed anticarbonchiosa. Ma è anche l'epoca in cui alla immunizzazione passiva si affiancherà la vaccinoprofilassi specifica (immunizzazione attiva) con l'impiego di preparati con germi patogeni vivi o attenuati.
Fu nello stesso periodo che iniziarono e si approfondirono gli studi sulla malaria.
Conosciuta sin dai tempi antichissimi, la malaria (febbre palustre) ebbe, solo nel 1882, in Laveran lo scopritore del parassita responsabile (il plasmodio). Subito dopo i nostri Marchiafava e Celli ne confermarono l'etiologia, integrando la scoperta con la identificazione delle fasi di sviluppo del parassita. A Golgi spettò il merito di avere intuito che alla sua sporulazione erano dovuti gli accessi febbrili intermittenti. In questi studi la Scuola romana, con Baccelli, si distinse per avere sperimentalmente riprodotto la malattia e per avere somministrato per vena il chinino. Furono poi G. B. Grassi, A. Bignami e G. Bastianelli ad identificare in tre i parassiti malarigeni, rispettivamente responsabili della terzana benigna, della quartana e della estivo-autunnale (o terzana maligna), riuscendo a ricostruire le due fasi di sviluppo del loro ciclo vitale, verificantesi l'asessuata nell'uomo e le sessuata nella zanzara anopheles.
Le ulteriori ricerche e terapie interessarono il secolo seguente che esula da questa sintesi.
Di questo straordinario progresso non Potevano non essere autori ed attori i patologi e i clinici medici.
Solo di alcuni, purtroppo, segnalerò i nomi, le precipue qualità ed i meriti salienti.
Con Achille De Giovanni, dell'Ateneo patavino, nacque in Italia la "medicina costituzionalistica" che attribuiva ad una eredo-predisposizione e al biotipo corporeo una parziale responsabilità nell'insorgenza di determinate malattie. Il suo allievo G. Viola con la "legge" degli errori, tracciò una classificazione dei biotipi.
Nel campo della clinica medica rifulsero:
1) Guido Baccelli (1832), dotato di vastissima cultura classica e filosofica, espresse nel campo medico ed in quello socio-politico il meglio del suo sapere e delle sue capacità. Nell'insegnamento eccelsero le sue doti di semeiologo, di patologo e sommo clinico. Nell'Ateneo romano, dove egli insegnava, accorsero numerosissimi allievi e studenti e dalla sua Scuola presero l'avvio altri illustri clinici (A. Murri; V. Ascoli; F. Schupfer et al.). Molto apprezzate furono le sue pubblicazioni: La patologia del cuore e dell'aorta (in quattro volumi) e le Lezioni cliniche sulla malaria. La malaria costituì per lui un assillante ed urgente problema da risolvere. Come parlamentare e ministro della Pubblica Istruzione si interessò ed accelerò i lavori per la bonifica delle paludi pontine.
2) Mentre a Roma rifulgeva l'astro Baccelli, nella Scuola napoletana brillava quello di Antonio Cardarelli (1831), le cui doti di profondo semeiologo, clinico e limpidissimo didatta gli valsero l'ammirazione e la stima di moltissimi allievi, che alla sua fonte andarono ad attingere.
Nello slogan "observatio deinde ratio", di ippocratica osservanza, egli compendiò il suo lunghissimo magistero, ammonendo i suoi discepoli "che i malati, i congiunti dei malati, l'umanità tutta, sono disposti a perdonare al medico, specie giovanissimo, ogni errore diagnostico se ha osservato attentamente, ma non sogliono mai perdonarlo quando non ha compiuto una diligente osservazione ......
Apprezzatissimi i suoi contributi nello studio delle malattie e degli aneurismi dell'aorta, della sifilide, delle malattie del fegato, dei tumori addominali, magistrali le Lezioni scelte di clinica medica, ancora oggi lette con grande interesse.
3) Sempre della Scuola napoletana, e contemporaneo di Cardarelli, fu Pietro Castellino (1846), ingegno acuto e versatile, dotato di vasta cultura umanistico-filosofica, vivace didatta e polemista. Si distinse come patologo, pubblicando dei volumi di particolare interesse e riflessione: Patologia del cuore e della circolazione e Sistema nervoso vegetativo. Importanti i suoi contributi sulla clorosi e a lui si deve la introduzione in terapia dei preparati di fegato.
4) Proveniente dalle cliniche parigina e viennese, occupò la cattedra di clinica medica dell'Ateneo fiorentino Pietro Grocco (1856) che, per la chiarezza delle sue lezioni dello studio fisico del malato e dell'acume diagnostico, attrasse in quella sede un folto gruppo di discepoli, tra i quali emerse il genio luminoso ed illuminante, nel secolo seguente, di Cesare Frugoni. Molti i suoi contributi clinici attinenti, elettivamente, l'apparato circolatorio, il sistema nervoso e la tubercolosi. Richiamò l'attenzione sulla importanza dello stato immunitario e dell'abito costituzionale nel contagio tubercolare, preconizzando l'impiego, ai fini profilattici, della vaccinazione specifica con preparati di germi morti.
5) Insegnante nell'Ateneo pavese, sempre nello stesso periodo, fu Enrico Forlanini (1848), la cui attenzione e riflessione furono rivolte prevalentemente allo studio e alla cura della tubercolosi; preoccupandosi soprattutto di quest'ultima ideò e applicò, anche se da molti avversato, il pneumotorace artificiale, che ebbe larghissimo ed utile impiego fino all'avvento della terapia chemio-antibiotica.
6) Clinico medico ed acuto studioso delle malattie cardiovascolari, renali della tubercolosi e della patologia delle malattie professionali fu Luigi Devoto (1864) che tenne la cattedra nell'Ateneo milanese, istituendovi la clinica delle malattie del lavoro.
Documentatissimo ed apprezzatissimo il suo Trattato italiano della tubercolosi, edito in più volumi.
7) Nella costellazione dei Maestri di clinica medica del XIX° sec. rifulse, nella "dotta Bologna", l'astro di prima grandezza Augusto Murri (1841). Dopo avere approfondito la sua cultura filosofico-umanistica e tecnico-scientifica nelle cliniche francesi e tedesche rientrò in patria, inserendosi nel gruppo della Scuola romana del Baccelli. Insediatosi nella cattedra felsinea furono tali il valore la profondità ed il fascino del suo magistero che verso Bologna calamitarono adepti da ogni parte d'Italia e, anche, dall'estero. La vastissima cultura, l'ingegno e l'intuito clinico eccezionali, il ragionamento analitico, la spietata etero-autocritica, non disgiunta da una vis polemica, le riflessioni sulla fisiopatologia delle malattie, le raccomandazioni ai suoi allievi, atte ad evitare errori diagnostici, in un contesto caratteriale, apparentemente ombroso ed immodesto ma di grande umanità, elevarono Augusto Murri sul più alto piedistallo della clinica medica italiana del XIX° secolo.
Estesissimo il campo di studio della patologia e della clinica da lui arato e coltivato; memorabili le Lezioni di clinica medica, che è tuttora un piacere leggere e riflettere. Da una di esse stralcio un periodo, attinente ai rapporti che deve legare il medico al paziente: "Se ci mancasse questo vincolo d'amore, che stringe tutti gli uomini, se ci mancasse questo sentimento, che c'ispira pietà per la sorte comune, se ci mancasse questa aspirazione di dare il meglio di noi per rendere la vita umana sempre più nobile e meno infelice, quali attrattive ci fermerebbero più a sopportare le angosce dell'esistenza?".
Pur se nel novero dei Clinici illustri mancano i nomi di altri ugualmente insigni, ritengo che la sintesi esaudisca il mio scopo di fornire ai giovani colleghi una lettura scorrevole, quasi romanzata, delle epoche, degli eventi, dei personaggi, delle loro idee, dottrine ed insegnamenti che, maggiormente e più indelebilmente, hanno influenzato e caratterizzato l'evoluzione storica della Medicina.
Chiusero il diciannovesimo secolo due stupefacenti scoperte, d'incommensurabile importanza e portata, che ne onorarono la fine:
a) la scoperta del radio da parte dei coniugi francesi P. e M. Curie (1898);
b) la scoperta dei raggi X per merito del tedesco W. Roentgen (1895).
I frutti delle loro applicazioni, in campo diagnostico-terapeutico, sono stati raccolti nel secolo che viviamo.
Secolo che sta per concludersi dopo aver assistito e beneficiato di eventi e progressi di straordinaria, stupefacente rilevanza in tutti i campi dello scibile medico, tecnologico e scientifico.
Di questo progresso, che spazia dalla etiologia delle malattie alla diagnostica e alla terapia, dalla microbiologia alla farmacologia, dalla biochimica alla patologia molecolare, dalla immunologia ai trapianti d'organo, dalla inseminazione artificiale alla fecondazione in vitro, dalla bioingegneria alle manipolazioni genetiche, l'Uomo chiede e vuole essere beneficiario e non vittima.
"Si ha paura della bomba atomica ma non ci si rende conto della bomba biologica", scrive F. Introna e P. Larizza soggiunge: "E' solo da augurarsi che l'uomo ritrovi la sua antica saggezza, sappia imporre dei limiti alla sua stessa ansia di sapere e si arresti dinanzi al santuario della vita, senza violarne i confini e profanarne i misteri".
Non si può dissacrare la bioetica ed affidarsi al destino!

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