§ Quale 1993

Ma in Usa sarą miracolo?




James Tobin



Ringalluzziti dai segnali di un'economia in ripresa - prodotto nazionale lordo cresciuto del 3,1 per cento nell'ultimo quadrimestre '92, tasso di disoccupazione calato di sei decimi rispetto a metà anno, buone vendite di fine anno - gli analisti prevedono in generale per il 1993-94 una crescita del Pil tra il 2,5 e il 3,25 per cento. Credo invece che il pronostico abbia una probabilità su due di avverarsi.
Basti pensare che un tasso di crescita del 2,5 per cento negli Stati Uniti può solo assorbire il normale incremento di produttività e impedire che la disoccupazione aumenti. Ci vogliono, ad esempio, otto milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro per tornare, nel 1996, ai livelli di prima della recessione.
All'inizio dell'era Clinton ci sono dunque segnali positivi e negativi. Di buono c'è che le imprese e le famiglie non si sentono più scoraggiate e pessimiste. Hanno ridotto i debiti rispetto agli introiti. Prezzi e salari si comportano così bene che la Riserva Federale non potrà prendere a pretesto l'inflazione per alzare i tassi di interesse. Sul versante opposto, le esportazioni dovevano essere il motore dell'espansione, ma la crisi economica diffusa all'estero e l'apprezzamento del dollaro hanno distrutto questa speranza. I governi degli Stati e quello Federale sono così a corto di fondi, che tagliano le spese e aumentano le tasse. Le offerte di lavoro sono straordinariamente scarse. I tagli alla difesa e il ridimensionamento dei grandi gruppi, come la General Motors e l'Ibm, distruggono posti di lavoro per sempre. I tassi d'interesse a lungo termine sono ancora irrazionalmente alti.
E non credo che ci saranno iniziative politiche per aiutare la ripresa. La Fed è paga. Il nuovo presidente, spaventato dai falchi del suo team economico a favore della riduzione del deficit e sollevato dalla possibilità che l'economia riesca a decollare da sola, non chiederà al Congresso stimoli economici, se non esenzioni fiscali per gli investimenti industriali.

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