§ Quale 1993

Tokio vende in Usa e guadagna in Asia




Paul A. Samuelson



Il 1993 purtroppo è cominciato con tristi prospettive per l'Estremo Oriente, ormai parte importante del commercio e della produzione internazionale. Il Giappone ha un prodotto interno lordo che continua a indebolirsi. E con la fiacca domanda di importazioni da parte della potenza che domina l'area ed è la seconda del mondo, caleranno i tassi di crescita anche in Corea, a Taiwan, ad Hong Kong, a Singapore, in Thailandia.
Nessuna speranza, dunque, da queste centrali dello sviluppo economico. Perché l'Asia possa irradiare forza al resto del pianeta, deve tirare la locomotiva giapponese. Ma le attese sono poco incoraggianti.
Il Giappone, cresciuto grazie alle esportazioni, è riuscito anche nel 1992 a registrare un record negli scambi bilaterali con gli Stati Uniti. Un vero scandalo. Una società di cento milioni di persone, che ha più che beneficiato per mezzo secolo dal commercio internazionale, arricchendosi in investimenti all'estero e in riserve valutarie, rasenta il disastro politico se insiste nel restare dipendente da stimoli esterni.
C'è una via migliore. E' un mito che i governi giapponesi sappiano gestire bene le situazioni economiche. Era forse vero tanto tempo fa. Proprio perché il Sol Levante si è autoinflitto buona parte delle proprie ferite, nutro qualche speranza. Il primo ministro parla di un deficit di bilancio di ottanta miliardi di dollari. Parole al vento. Il ministero delle Finanze è gestito da burocrati pasticcioni, che non ascoltano. Il Partito Liberale resta corrotto, diviso in fazioni e incapace di agire.
E credo che tutto l'Estremo Oriente, così come l'Europa e l'America, trarrebbe benefici da un new deal in Giappone.
Se la locomotiva nipponica incominciasse a tirare davvero, invece di cercare un rimorchio gratis dagli Stati uniti, le minacciose nubi sul 1993 potrebbero lasciare il posto a cieli luminosi. Ma ho detto "se".

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