§ Mafia & mafia / Testimonianze

Supercarcere e legami mafiosi




Nicolò Amato
Presidente dell'Amministrazione penitenziaria



Neppure negli incubi peggiori avremmo potuto immaginare le tragedie di Capaci e di Palermo.
Preoccupano e sconvolgono il controllo che la mafia riesce ad esercitare sul territorio, la sua capacità di scegliere e colpire con implacabile precisione militare gli obiettivi più alti, il significato di estrema destabilizzazione delle sue imprese criminali, che sembrano obbedire ad una strategia lucida e cinica, l'imprendibilità che circonda i suoi capi da anni, il muro di omertà di cui essa riesce a circondarsi con le intimidazioni, le minacce, le violenze.
Avvertiamo veramente, con angoscia, che la Repubblica è in pericolo, che sono in pericolo il nostro assetto istituzionale, la nostra convivenza civile, i valori di libertà, giustizia e democrazia che la guerra di resistenza ha conquistato al Paese.
Le parole non hanno ormai più senso, se non per dire, ancora una volta , e speriamo che infine basti, che è ormai il momento dei fatti, dei gesti, delle cose da fare e che avrebbero dovuto essere fatte prima.
E' necessario che, messe da parte le incomprensioni, le polemiche ed i veleni, le istituzioni si mobilitino e ritrovino l'unità fra di loro e con la società civile. In questa guerra contro la mafia il carcere deve e vuole essere in prima linea, per fare tutta intera la sua parte, per dare tutto il suo contributo.
Nella puntuale applicazione della normativa vigente e degli ultimi opportuni decreti legge, il carcere intende esprimere e realizzare, con rafforzata determinazione, particolarmente rispetto ai detenuti mafiosi, un principio di serietà e certezza della pena ed un principio di legalità, nel senso che deve essere chiaro, molto chiaro a questi detenuti che, all'interno degli istituti di pena della Repubblica, valgono soltanto la legge e la volontà dello Stato.
Noi sappiamo bene che questi detenuti pongono un problema interno alle carceri e un problema esterno ad esse.
All'interno delle prigioni l'impegno da sempre (ed oggi ancora di più) è di impedire, attraverso opportune collocazioni nei vari istituti e nelle varie sezioni di essi e con le conseguenti separazioni, che i mafiosi possano fare proseliti fra gli altri detenuti, o possano strumentalizzarli, o possano stabilire rispetto ad essi posizioni di supremazia, sopraffazione o privilegio. Più delicato è il problema esterno, posto che la vigente normativa accorda a tutti i detenuti due momenti di comunicazione con l'esterno sottratti al controllo del nostro personale.
Innanzi tutto la corrispondenza, che i detenuti possono liberamente inviare all'esterno e ricevere dall'esterno, senza alcuna possibilità di controllo, se non in presenza di uno specifico e motivato provvedimento di un giudice.
In secondo luogo, i colloqui con i congiunti ed i familiari - almeno quattro al mese -, che sono sottratti al controllo auditivo del personale penitenziario.
L'allontanamento dei detenuti mafiosi dagli istituti delle loro città e regioni - una regola che l'Amministrazione penitenziaria ha sempre seguito, specie rispetto agli esponenti di maggiore rilievo, salve, naturalmente, le esigenze processuali, e che di recente ha ritenuto di applicare con più rigore - mira appunto a rendere più difficili i contatti tra mafiosi in carcere ed ambienti criminali esterni. Tale allontanamento, inoltre, colpisce il cosiddetto prestigio criminale dei boss.
Il decreto legge dell'8 giugno '92 ci fornisce, altresì, utili strumenti, consentendoci di incidere con maggiore efficacia sui controlli della corrispondenza e sulla limitazione dei colloqui.
Nell'angoscia di questi tempi io voglio però formulare una speranza, che è una mia radicata certezza. Per quanto sangue innocente la mafia abbia potuto o possa versare, lo Stato e la società civile certamente la sconfiggeranno e la distruggeranno, perché sempre il diritto finisce con il prevalere sul delitto e la civiltà finisce con il prevalere sulla barbarie.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000