Nelle due riunioni
di Copenhaghen e di Tokyo ho trovato conferma che è in atto
un recupero di credibilità del nostro Paese in sede internazionale.
Ho spiegato il profondo processo di rinnovamento civile e politico-istituzionale
che l'Italia attraversa: un processo che attira un altissimo interesse
negli altri Paesi. Ho sottolineato come esso si stia svolgendo con
grande compostezza civile e democratica: lo attestano l'elevato grado
di partecipazione dei cittadini alle consultazioni referendarie ed
elettorali, l'intensa attività del Parlamento, la presenza
in esso di Una pluralità di "voci".
L'azione del governo si inscrive nel programma triennale. Agli obiettivi
di riduzione del disavanzo di bilancio si uniscono precise indicazioni
di riforma della pubblica amministrazione, della gestione dei servizi
pubblici. Il programma triennale è intimamente connesso con
l'accordo sul costo del lavoro.
Nel disegnare un sistema di regole per la politica dei redditi, l'intesa
fornisce un indispensabile strumento per il raggiungimento degli obiettivi
di crescita e di stabilità monetaria. Le parti si sono impegnate
a comportamenti coerenti con gli obiettivi concordati, nella consapevolezza
che solo tale coerenza ne garantirà il raggiungimento con un'equa
ripartizione dei benefici.
La disciplina alla quale le parti sociali sapranno informare i loro
comportamenti creerà più favorevoli condizioni perché
il governo della moneta, affidato in piena autonomia alla Banca Centrale,
possa più efficacemente volgersi a facilitare la duratura espansione
dell'attività economica. Le modalità della contrattazione
stabilite nell'accordo sono compatibili con il disegno di politica
dei redditi, offrono tutela al potere d'acquisto dei salari, in un
assetto del tutto scevro di indicizzazioni.
L'accordo àncora saldamente le dinamiche retributive al tasso
di inflazione "programmato". La fissazione di quest'ultimo
diviene uno degli atti più significativi della politica economica.
Nel nuovo assetto, i comportamenti vengono concordemente orientati
a influenzare la dinamica futura dei prezzi, anche attraverso il gioco
delle aspettative, anziché passivamente adeguati, coi-ne nell'assetto
prevalso in passato, alla dinamica precedente. Dunque, politica ottima
è quella che fissa l'obiettivo di contenimento futuro dell'inflazione
al livello più ambizioso possibile, con il solo, rilevantissimo
limite che l'obiettivo sia credibile.
Lo scenario che il governo ha disegnato per gli anni 1994-'96 prevede
che il tasso di crescita sui dodici mesi dei prezzi al consumo, oggi
superiore al 4%, scenda intorno al 2,5% alla fine del '94 e si porti
al 2% alla fine del '95. L'impegno assunto di mantenere la dinamica
retributiva coerente con i tassi d'inflazione programmati fa sì
che l'effettiva realizzazione degli obiettivi su indicati sia alla
portata dell'economia italiana. La dovrebbe favorire anche l'andamento
di fattori di ordine congiunturale e strutturale, interni e internazionali.
La condizione ciclica dell'economia mondiale frena la dinamica dei
prezzi delle materie di base e dei manufatti oggetto di commercio
internazionale. L'effetto inflattivo sui prezzi all'importazione in
lire che poteva attendersi dalla svalutazione della nostra moneta
è stato in gran parte annullato dalle politiche di prezzo dei
produttori. Quelli esteri che esportano sul nostro mercato hanno cercato
di difendere le quote acquisite, anche al costo di forti compressioni
dei margini di profitto. I produttori nazionali, a loro volta, data
la bassa domanda e la concorrenza estera, hanno rinunciato a praticare
consistenti aumenti dei prezzi sul mercato interno, in ciò
facilitati da andamenti dei costi variabili che si sono rivelati sufficientemente
moderati e tali da consentire comunque qualche recupero di margini
unitari.
La pur blanda accelerazione del prezzo dei manufatti destinati al
mercato interno non si è riflessa sui prezzi al consumo, presumibilmente
anche grazie ai primi effetti delle ristrutturazioni in corso nel
settore della distribuzione all'ingrosso e al minuto, in un quadro
di ristagno dei consumi. La persistenza e l'intensità di questi
fenomeni inducono a confidare che si stia configurando un mutamento
permanente dei comportamenti.
Con questa azione, il governo ha predisposto un programma volto a
ridurre considerevolmente lo squilibrio dei conti pubblici. Nei suoi
intenti, i progressi finanziari devono essere accompagnati e sostenuti
da una profonda revisione delle modalità di funzionamento della
pubblica amministrazione. Nella definizione delle caratteristiche
delle manovre correttive, si propone di agire prevalentemente sulla
spesa. Le ragioni principali di questa scelta sono evidenti:
- nella gestione dei servizi, dei trasferimenti e degli acquisti pubblici
sono presenti ampie aree di spreco e di inefficienza che vanno al
più presto eliminate;
- le aliquote tributarie hanno raggiunto livelli che, nel complesso,
superano quelli degli altri principali Paesi occidentali.
Con riferimento alla prima ragione, va rilevato che l'azione di bilancio
deve farsi progressivamente più selettiva. Scarsi sono ormai
i margini per operare tagli indifferenziati su ampie voci di spesa.
Occorre un'azione volta a riesaminare gli obiettivi e gli effetti
di tutti i vari programmi di spesa e a rivedere l'assetto organizzativo
e l'organico di tutti gli enti pubblici.
Rispetto alle questioni tributarie, è intendimento utilizzare
il gettito proveniente dal recupero di basi imponibili evase o erose
anche nella prospettiva di ridurre le aliquote legali. Siffatta utilizzazione
potrà tuttavia aver luogo solo una volta che i recuperi si
siano consolidati e la stabilizzazione del debito sia stata conseguita.
Senza questa cautela, gli sforzi compiuti nel risanamento dei conti
pubblici potrebbero essere vanificati.
Sebbene intenda procedere con la massima decisione sulla via delle
privatizzazioni, il governo ha stabilito di non appostare i loro proventi
direttamente a riduzione del disavanzo primario. Questa scelta è
coerente con l'orientamento, più generale, di non avvalersi
di misure aventi natura transitoria.
I proventi delle dimissioni patrimoniali tuttavia alleggeriranno le
occorrenze finanziarie correnti, renderanno più celere il processo
di stabilizzazione del debito.
Il dato complessivo delle dimensioni della manovra correttiva, indicato
per l'anno in corso in 31 mila miliardi, non rappresenta appieno l'entità
dello sforzo di risanamento dei conti pubblici. Va, in primo luogo,
ricordato che già il provvedimento assunto per correggere l'eccesso
di fabbisogno per il '93 ha implicato effetti riduttivi sul fabbisogno
per il '94 nell'ordine di 10 mila miliardi di lire.
Inoltre, le caratteristiche qualitative dell'intervento, incentrate
su misure dall'effetto durevole relative alla spesa più che
all'entrata, risulteranno non meno rilevanti della stretta dimensione
quantitativa che il documento programmatico quantifica secondo criteri
di opportuna prudenza.

Non meno importanti degli stessi interventi correttivi sono le azioni
concernenti il modo di operare nella gestione della spesa pubblica.
E' possibile, e da auspicare, che le misure correttive e la riforma
della pubblica amministrazione riducano la spesa in misura superiore
a quanto ipotizzato nel documento programmatico. Le eventuali maggiori
economie andranno rivolte a ridurre ulteriormente il fabbisogno pubblico.
La riduzione dei tassi di interesse potrà allora estendersi
più rapidamente dai livelli nominali a quelli reali. Ciò
non potrà che riflettersi positivamente, oltre che sugli stessi
conti pubblici, sugli investimenti e sull'occupazione.
Le vicende degli ultimi tempi hanno aperto opportunità nuove.
La dolorosa vicenda della svalutazione della lira, anziché
tradursi in una drammatica sequenza inflazionistica, si è trasformata,
per il modo con il quale ad essa si è reagito, in una occasione
di miglioramento delle condizioni di competitività della nostra
economia.
Bassa inflazione, risanamento delle pubbliche finanze, devono essere,
più che nel passato, il fulcro di una nuova strategia. Non
meno essenziale è saldare il beneficio di breve periodo della
svalutazione unita a minore inflazione, con progressi di lunga lena
nella produttività, nella capacità competitiva del sistema
economico italiano.
Dobbiamo realizzare il raccordo fra il primo e il secondo tempo dello
sforzo competitivo. Il passaggio chiave è nella ripresa di
accumulazione del capitale, e nella più ampia acquisizione
del progresso tecnologico. Non possiamo, non dobbiamo accettare un
processo di sviluppo subalterno e squilibrato, affidato ad esportazioni
che abbiano fondamento precario in un'alta disoccupazione e in bassi
salari.
La forza delle esportazioni, quale indice di competitività,
dev'essere oggi e in prospettiva ricercata negli investimenti e ne
progresso tecnico, nell'avanzamento qualitativo dell'intero sistema
produttivo, privato e pubblico. La politica economica e i comportamenti
di tutti gli operatori devono assicurare la cornice, le condizioni
a ciò favorevoli. Riequilibrio del bilancio pubblico e dei
conti con l'estero, ragionato autocontrollo nella determinazione dei
redditi nominali, ammodernamento dell'apparato produttivo, certezza
delle aspettative: sono questi i presupposti basilari da realizzare.
Possiamo riuscirvi. E' la linea di fondo in cui credo, che mi sforzo
di applicare.
Daremo così solido avvio a un processo di sviluppo stabile,
che, attraverso un più basso costo del denaro e il rilancio
degli investimenti, si estenda dalla produttività alla scala
della produzione, all'ampliamento solido dell'occupazione: l'occupazione,
dei giovani e nel Meridione soprattutto, è l'obiettivo ultimo
che la società italiana attende ed esige.