§ Einaudi e Menichella

Uomini del santuario laico




Gaetano Afeltra



Il Governatore è il pilota della nostra moneta; controlla il risparmio; è il sorvegliante del sistema bancario e il difensore supremo della lira sul mercato dei cambi. Spesso è costretto a fronteggiare situazioni difficili. Sa tutto della vita economica italiana e conosce tutto quello che accade nel mondo della finanza di altri Paesi.
"Nel suo studio - non si danno ordini: si discorre, si esamina la situazione, si sorvegliano i nodi intricati". Poi aggiungeva: "I consigli praticamente sono ordini... senza rumore, senza fare accorrere i giornalisti, le situazioni sono discusse ad una ad una, e per ognuna di esse si cerca la soluzione più appropriata".
La stanza del Governatore è al primo piano nobile, l'ultima d'angolo. Le grandi finestre danno da un lato su via Nazionale e dall'altro su via Mazzarino. Visto da fuori, il palazzo, progettato dall'architetto Kock alla fine dell'Ottocento, è piuttosto severo, con quelle triremi rostrate che sporgono dalla facciata. All'interno, grandi scaloni,
lunghi corridoi, porte alte di mogano lucido, soffitti a cassettoni dorati: i muri trasudano austerità e riservatezza. E' una specie di Vaticano minore della moneta.
Einaudi vi entrava alle otto e ne usciva alle tredici. Nel pomeriggio restava nel suo appartamento, situato nel palazzo stesso, avendo egualmente tutto e tutti a portata di mano. Al mattino, la prima persona che vedeva era il suo segretario particolare che recava in una cartella la corrispondenza personale e i cataloghi già annotati di antiquariato librario. Poco dopo sopraggiungeva il direttore generale, Donato Menichella. Fu un tandem eccezionale quello Einaudi-Menichella, negli anni magici del risanamento della lira.
La verità è che i due uomini, che la buona sorte accoppiò, erano della stessa pasta. Poi, quando De Gasperi, nel maggio del 1947, volle Einaudi con sé come vice-presidente del Consiglio e ministro del Bilancio, fu Menichella ad assumere le funzioni di Governatore, ma la nomina a Governatore a pieno titolo l'accettò solo dopo che Einaudi divenne presidente della Repubblica.
Un atto di delicata sensibilità verso il maestro, di cui non volle mai occupare la stanza, restando in quella che aveva come direttore generale. L'obbedienza ai supremi interessi del Paese fu il suo unico dogma. La sua strategia era lineare. Banchiere avveduto e geniale, negoziatore paziente, conoscitore di uomini, scettico e scaltro, era considerato un tecnico di assoluta competenza e di grande intelligenza. Nelle riunioni della Banca dei Regolamenti internazionali di Basilea, pur conoscendo inglese e francese, era l'unico a godere del privilegio di parlare nella propria lingua: l'incisività del modo di esprimersi permetteva anche a coloro che ignoravano l'italiano di avvertire la forza dei suoi argomenti.
De Gasperi, avverso a tutto ciò che aveva a che fare con i numeri, quando presentava i bilanci della Camera confondeva a volte i milioni con i miliardi. Per questo, quando gli presentavano piani di stanziamento, prima di decidere chiamava Menichella e si faceva spiegare ogni particolare.

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