§ Scenari 2000

Oggi nessuno puņ camminare da solo




Javier Perez de Cuellar



Questo secolo è già abbastanza doloroso per aggiu7ngervi altri pesi, lasciando credere che avrebbe inventato la crisi economica, lo sfruttamento della manodopera e dei mercati, l'egoismo del capitale e il capriccio dei flussi commerciali, lo spreco delle risorse naturali e l'inquinamento dell'ambiente, la malnutrizione e la carestia. Anche se questi precedenti nefasti lasciano poca possibilità di presagire un XXI secolo più ugualitario, come non concludere cinicamente che l'ineguaglianza attraversa il XX secolo da cima a fondo perché ne è il vero apparato respiratorio e perché è l'unico aspetto del mondo moderno che sia durato così a lungo, a dir poco dal 1492?
Jean Pierre Rioux

Il mondo sta vivendo un momento storico caratterizzato da relazioni internazionali in rapido cambiamento. Questa nuova fase, iniziatasi nel 1985, con l'avvio della fine della guerra fredda, ha vissuto la svolta più impressionante nel 1990, con l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq. La guerra del Golfo - così come la spaventosa situazione in cui si trova l'ex Jugoslavia - ha dimostrato ancora un volta che i conflitti "regionali" possono mettere in pericolo la pace globale se toccano elementi di rilievo generale.
La fine della guerra fredda, quindi, non ha significato la fine delle guerre guerreggiate, e l'invasione irachena del Kuwait ne è stata la dimostrazione: per la prima volta da quando esistono le Nazioni Unite, uno Stato di media grandezza e militarmente potente ha l'inghiottito", con un vero e proprio atto di aggressione, un vicino più debole; in altre parole, per la prima volta un Paese membro dell'Onu è stato conquistato con la forza da un altro Paese membro. Tutto ciò è servito a dimostrare quanto pericolosi e precari fossero (e in parte siano ancora) gli equilibri mondiali nonostante il miglioramento dei rapporti fra Est e Ovest. Ma la guerra del Golfo ha rappresentato anche il primo test, nel dopo-guerra fredda, per vanificare le capacità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di far fronte al suo compito principale: il mantenimento della pace e della sicurezza. In effetti il Consiglio di Sicurezza in quell'occasione ha agito con forza, in una maniera che sarebbe stata impensabile in altri momenti della sua storia, imbrigliata nella logica della guerra fredda. Alla fine gli invasori sono stati cacciati dal territorio del Kuwait grazie a una coalizzazione di Paesi occidentali e arabi. La comunità internazionale ha il diritto di aspettarsi che, con un precedente di tal genere, il Consiglio di Sicurezza adotti lo stesso criterio in casi analoghi di violazione dei princìpi della Carta delle risoluzioni delle Nazioni Unite. E comunque dobbiamo anche prendere atto del fatto che l'invasione irachena del Kuwait e gli eventi che ad essa sono seguiti hanno presentato il fallimento della diplomazia. Non si può permettere che un tale fallimento si ripeta.
Da diplomatico quale sono, non posso fare a meno di sottolineare che la diplomazia non può fare miracoli quando anche una sola delle parti in conflitto ritiene di poter trarre benefici dall'uso della forza. Le potenzialità, che pure l'Onu ha nel raggiungere e mantenere la pace, vanno pienamente dispiegate "prima" che la situazione degeneri ed è in quella delicata fase che vanno mobilitati tutti i contatti, le influenze, le capacità di persuasione per prevenire la guerra.
in breve, le Nazioni Unite devono tenere sotto stretto controllo - come hanno fatto per anni - tutti i punti "caldi" del Globo e applicare i principi della Carta con coerenza, indipendentemente dalle modificazioni negli schieramenti politici. E' quella che si suole chiamare la "diplomazia preventiva", che però può avere pieno successo solo se c'è una perfetta cooperazione fra tutti i membri del Consiglio di Sicurezza e fra il Consiglio stesso e il Segretario generale. il loro lavoro comune è stato alla base dei successi dell'Onu negli ultimi sei anni, nel corso dei quali il Consiglio di Sicurezza ha lavorato proprio come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite.
Le situazioni di conflitto con cui l'Onu ha a che fare in molti casi non sono, quindi, quelle previste dagli estensori della sua Carta costitutiva. Le tensioni hanno sempre più origini sociali e spesso esplodono all'interno dei confini di uno Stato. Prevenirle o mettere fine ad esse richiede nuovi criteri di approccio ai problemi. Mantenere la pace ora significa mantenere il controllo sul regolare svolgimento di elezioni, sui processi di avvio di amministrazioni civili, sul disarmo e sui processi di riconciliazione, oltre a sostenere il mantenimento della pace fra Paesi ostili.
Mentre cerca di mantenere la pace nell'era post-guerra fredda e mentre cerca di portare assistenza umanitaria in luoghi in cui la popolazione è vittima di guerre intestine, l'Onu deve tenere ben presente l'ipersensibilità di ogni governo nei confronti di ogni violazione della propria sovranità. Una delle sfide più impegnative che dovrà fronteggiare sarà il mantenimento di un equilibrio fra il rispetto della sovranità nazionale e la necessità di preservare la pace e, intanto, affrontare urgenti problemi umanitari all'interno dei confini di uno Stato. La Namibia, i Paesi dell'America Centrale, l'ex Juvoslavia, la Cambogia, sono tutti esempi dei grandissimi e vari problemi affrontati dall'Organizzazione mondiale negli ultimi sei anni.
Abbiamo ora la possibilità di vedere più chiaramente che la sicurezza - la sicurezza internazionale - comporta ben più della forza militare. La pace deve essere costruita su basi di giustizia sociale e di sviluppo economico e richiede organizzazioni forti e realmente multilaterali, sia a livello globale sia a livello regionale in grado di promuovere la cooperazione e di incoraggiare la fiducia fra gli Stati e il reciproco rispetto fra i popoli.
Organizzazione multilaterale significa, quindi, cooperazione e solidarietà internazionali. Nessun Paese, né del Nord né del Sud, né dell'Est né dell'Ovest, può risolvere da solo i propri problemi, perché tutti stiamo diventando sempre più interdipendenti sia sul piano economico sia su quello politico.


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