§ Filippo Bottazzi, Dante De Blasi, Alberto De Blasi

Nell'olimpo della medicina




Italo Vittorio Tondi



" L'affabilità è la chiave magica per aprire lo scrigno in cui sono custoditi i pensieri che caratterizzano la personalitá umana, che il medico deve conoscere se vuole sollevarne la sofferenza, infondendole fede e speranza "
Luigi Condorelli

Se di Filippo Bottazzi e Dante De Blasi non ebbi, per ragioni anagrafiche, diretta conoscenza, per le stesse ragioni la ebbi, e strettissima, con Alberto De Blasi, al dilà d'ogni dovuto rispetto e deferenza per il suo alto magistero e ruolo accademico.
Rievocare i proff. F. Bottazzi e D. De Blasi, oltre che soddisfare un intimo mio desiderio di farli conoscere ai colleghi di oggi e a quelli di domani per i loro studi, ricerche, insegnamenti ed umani valori etico-professionali che li contraddistinsero ed ingigantirono, per me è anche viva gioia poter rinverdire, dopo quarant'anni dalla sua morte, il culto che religiosamente mio padre ebbesempre per loro.

FILIPPO BOTTAZZI
Nato nel dicembre del 1857 a Diso (Lecce), si laureò nel 1893 in Medicina col massimo dei voti, la lode e pubblicazione della tesi. Conseguita a Firenze nel 1896 la libera docenza in Fisiologia, affinò la sua preparazione presso l'Istituto di Fisiologia dell'Università di Cambridge. Rientrato in Italia fu nominato, nel 1902, professore straordinario di Fisiologia nell'Università di Genova. Nel 1905 si trasferì a Napoli, occupando la carica di Direttore del reparto di Fisiologia nella Stazione Zoologica che mantenne fino al 1923. Come rappresentante del Governo italiano partecipò attivamente ai principali congressi nazionali e internazionali di Fisiologia. Fondò, nel 1919, l'Archivio di Scienze Biologiche e, nel 1926, la Società Italiana di Biologia Sperimentale.
Gli furono assegnati per i suoi contributi e ricerche di fisiologia, pressoché in ordine cronologico, i premi Rolli, Girolami, Corsi, Bufalini, Riberi e quello dell'Accademia dei Lincei.
Incaricato dalla R. Accademia dei Lincei, partecipò come fisiologo, durante la Prima guerra mondiale, allo studio dell'alimentazione e, poi, come delegato del Governo italiano, alla "Commission scientifique Interalliée du Ravitaillement".
Negli anni 1925-'27 membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, nel 1929 fu nominato Accademico d'Italia.
Fu presidente o membro o socio delle più importanti Accademie, Società ed Associazioni scientifiche, nazionali ed internazionali. Gli furono conferite, bonoris causa, le lauree in Legge e Filosofia, rispettivamente dall'Università di Edimburgo e dall'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Per due anni Rettore dell'Università di Napoli, per cinque Sindaco di Diso, fino all'avvento dei Podestà.
Circa trecento pubblicazioni e contributi scientifico-sperimentali, editi in italiano, tedesco, francese ed inglese, costituiscono il suo corredo ed apporto al progresso della Medicina, elettivamente della Biologia, Biochimica e Fisiologia.
Articoli in suo onore furono scritti da eminenti scienziati e ricercatori, stranieri ed italiani, in occasione del suo XXV anno di insegnamento.
Tra i suoi allievi prediletti, G. Quagliarello, A. Silvagni ed i nostri G. Bergami e M. Laporta. Tra le sue opere:
1) Lezioni di Fisiologia Sperimentale;
2) Principi di Fisiologia, in tre volumi, dedicati rispettivamente al suo Maestro, Giulio Fano, ai Medici e Studenti e al grande fisiologo Luigi Luciani.
3) Libro sui fenomeni medianici.
Di lui parlano anche l'alto magistero, la sua dottrina umanistica, la sua facondia e dialettica, la sua modestia, i suoi rapporti socievoli ed interpersonali sempre improntati ad una accattivante simpatia, l'attaccamento agli affetti familiari e al suo paese natale.
In un tragico giorno del 1941, angosciato dagli eventi bellici, volò verso un più limpido cielo.

DANTE DE BLASI
Nato ad Uggiano La Chiesa (Lecce) nel 1873, conseguì la maturità classica vincendo, su oltre cento concorrenti, il primo premio della Gara nazionale per lo scrivere italiano, con Carducci a capo della Commissione giudicatrice. Conseguì la laurea in Medicina nel 1899 presso l'Università di Roma, col massimo dei voti, la lode e meritandosi per la tesi il premio Girolami.
Esordì come medico nella Clinica Pediatrica della stessa Università, ma l'attrazione e la passione per la Microbiologia e l'Igiene lo plagiarono talmente da diventare assistente prima ed aiuto poi (dal 1902 al 1920) nell'Istituto di Igiene sempre a Roma. Conseguì la libera docenza in Batteriologia nel 1904, ricevendo subito l'incarico dell'insegnamento che conservò dal 1905 al 1920.
Nello stesso anno, 1920, fu nominato professore straordinario della cattedra di Igiene dell'Università di Cagliari, incarico che lasciò l'anno successivo perché chiamato alla unanimità a dirigere la cattedra di Igiene dell'Università di Napoli, dove si fermò fino al 1935, occupandosi, nel contempo, dell'insegnamento delle Malattie esotiche e tropicali. Succedendo al grande igienista Giuseppe Sanarelli, nel 1935, fu chiamato a dirigere la cattedra di Igiene dell'Università di Roma, da dove era partito; tenne la carica fino al novembre 1943, quando fu messo a riposo per limiti di età.
Come Filippo Bottazzi, anche Dante De Blasi fu presidente, membro o socio di numerose Accademie e Società Scientifiche ed Organizzazioni sanitarie, italiane e straniere. Accademico d'Italia, socio e segretario dell'Accademia dei Lincei, presidente e membro per circa un decennio del Consiglio Superiore di Sanità, presidente per la Medicina del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Direttore e collaboratore di importanti Riviste specialistiche. Per la sua opera e contributi prestati, anche durante la Prima guerra mondiale, gli furono conferite la medaglia d'argento della C.R.I., la medaglia d'oro del Ministero dell'Educazione Nazionale, la medaglia d'oro al merito della Sanità Pubblica del Ministero dell'Interno, la medaglia d'oro della Pubblica Istruzione e la medaglia Chotenius dalla Deutsche Akademie der Naturforscher, per la prima volta conferita ad uno studioso italiano.
Suoi importanti contributi di Igiene e Patologia Infettiva sono riportati nei Trattati di Igiene di Angelo Celli ed in quello di Donato Ottolenghi.
Tradusse l'opera di W. Kolle e H. Hetsch Batteriologia Sperimentale e Malattie, integrandola con due personali articoli di aggiornamento sulla "Agalassia contagiosa delle pecore e delle capre" e sul "Farcino criptococcico", due epizoozie abbastanza diffuse in Italia, augurandosi che essi fossero letti anche dai veterinari.
La sua produzione scientifica e sperimentale è documentata da oltre cento pubblicazioni e da numerosissimi articoli, attinenti i diversi settori ed aspetti dell'Igiene e della Microbiologia.
Anch'egli ha lasciato, come il Bottazzi, col bagaglio vastissimo della sua produzione scientifica e cultura umanistica, abilità didattica, col suo carattere di disponibile interlocutore, con la innata modestia, con le predizioni sul futuro dell'Igiene, una incommensurabile eredità di sapere, di etica professionale e di umana solidarietà.
Il 10 luglio del 1956 le gelide mani della morte lo strapparono ai familiari, al paese natale, ai suoi numerosissimi allievi e discepoli.
Mi sia consentito di estrapolare dal testo di una bellissima commemorazione che tenne a Lecce il 7 novembre 1956, presso la Società di Medicina e Chirurgia del Salento, il suo allievo Giovanni Mengano, le parole seguenti: "Spirito eletto nel campo della Scienza, Dante De Blasi spazio al di là degli orizzonti ristretti della pura indagine, ed ebbe visioni profetiche dei passi giganteschi che la branca dell'igiene avrebbe compiuti a pro del valore della vita umana. A tali conquiste contribuì, nella età che fu sua, la genialità dello studioso, l'ardore dell'apostolo, la scrupolosità dell'uomo, non altrimenti schiavo della verità e dell'onestà, sul terreno professionale, di quanto lo fosse nella vita comune".

ALBERTO DE BLASI
Segni premonitori che un giorno mi sarei incontrato con Alberto De Blasi c'erano stati. L'amicizia dei nostri genitori, entrambi medici, l'incontro al Collegio Colonna di Galatina dei suoi e dei miei fratelli, subito dopo il suo conseguimento della maturità classica; la mia frequentazione dei primi due anni universitari a Bari, quand'egli ascendeva, nella Scuola del professore Carlo Righetti, i primi gradini della carriera chirurgica. Le occasioni poi per incontrarci divennero più frequenti quand'egli assunse la direzione dell'Istituto di Patologia chirurgica e poi di Clinica chirurgica dell'Università di Bari ed io il posto di primario a Gallipoli prima ed a Lecce dopo. Altri incontri avvennero per essere stati entrambi componenti di Commissioni esaminatrici in alcuni concorsi ospedalieri, per essere presenti contemporaneamente in congressi e convegni nazionali ed assisi mediche, regionali e provinciali.
Nei periodi di più intensa collaborazione mi occorse di avere necessità di una sua consulenza; pur trovandosi in vacanza, nella sua villetta al mare, egli, sensibile come sempre al principio etico che nessuna giustificazione è plausibile quando la vita di una persona è in pericolo, accolse, con commossa mia riconoscenza, l'invito. Né potrò mai dimenticare come alla soglia della mia avventura per la libera docenza egli, pur a letto, per influenza, volle ugualmente ricevermi, ascoltare e consigliare.
Sì, ho vissuto nei rapporti col professore Alberto De Blasi momenti esaltanti e gratificanti della mia lunga carriera.
Consapevole di non potere ugualmente descrivere la sua figura e personalità, anche se familiari mi erano la bonomia, il sorriso accattivante, il carisma di uomo e professionista modesto, dotto ed onesto, la sua disponibilità con tutti al colloquio (intessuto, talvolta, con i suoi conterranei da cadenze dialettali che accentuavano la sua simpatia), sono obbligato ad attingere dalla nobile commemorazione che ne fece (8 nov. 1974) il suo prediletto collaboratore, professore Giuseppe Marinaccio, alcune frasi: "Avvicinarlo - disse il prof. Marinaccio - anche per poco bastava per essere colpiti dalla signorilità dei tratti, dalla bontà che traspariva dallo sguardo limpido e sempre dolce, dal calore della sua voce pacata e suadente, dalla profondità della mente riflessiva mai portata a gesti inconsulti o a decisioni avventate, ma ponderate e guidate da una grande generosità e dalla innata volontà rivolta sempre solo verso il bene"... e poi ancora "parlare del Clinico significa associare la sua grande preparazione scientifica e la sua grande esperienza ai tratti signorili e alla immensa bontà che lo caratterizzavano. Il suo avvicinarsi al letto del malato era di per sé una medicina per l'infermo, perché il suo sguardo dolce, la sua mano lieve, il sorriso che mai abbandonava le sue labbra, infondevano fiducia e speranza anche nei malati prossimi alla fine". Fu, quella commemorazione, il peana che l'allievo grato e commosso elevò al grande Maestro.
Sono trascorsi 22 anni dal distacco terreno, ma Alberto De Blasi vive sempre in noi; negli affetti e nel rimpianto dei famigliari e degli allievi superstiti di ieri e cattedratici e Primari di oggi, dei medici che lo ebbero prezioso e generoso collaboratore e conobbero come insuperabile chirurgo, nella inestinguibile riconoscenza dei tantissimi infermi che della sua opera si avvantaggiarono, anche salvandosi.
Sintetizzarne il "curriculum vitae" non è compito agevole ove si consideri ch'egli, oltre ad un impareggiabile chirurgo, fu un autentico caposcuola ed un estroverso, eclettico organizzatore della moderna chirurgia.
Nato a Taviano (Lecce) nel 1904, si laureò con lode nel 1928 all'Università di Genova. Dopo un approccio come interno negli Istituti di Anatomia Umana Normale prima e in quello di Clinica Medica dopo, volle affinare la sua preparazione per due anni nell'Istituto di Anatomia Patologica dell'Ospedale Wieden di Vienna, assistendo nel contempo nell'attività operatoria il grande chirurgo Hans Finsterer, acquisendone la tecnica della resezione gastrica, della quale fu antesignano in Italia. Fu un periodo quello viennese che gli permise di pubblicare interessanti articoli, prevalentemente di chirurgia oncologica.
Ritornato in Italia fu accolto nella Clinica Chirurgica dell'Università di Bari, diretta dal professore Carlo Righetti, dapprima come assistente volontario (1930) e poi effettivo (1932), perfezionandosi nel frattempo in Anatomia patologica presso l'Istituto Virchow di Berlino. Scrisse in quel periodo dei lavori monografici tra i più interessanti del tempo, tra cui uno sul morbo di Buerger (cancrena giovanile). Il 1939 lo vide aiuto del prof. Righetti, conseguendo lo stesso anno la libera docenza in Patologia Speciale Chirurgica. Fu incaricato della direzione dell'Istituto di Patologia Chirurgica nel 1944, divenendone titolare nel 1951. Nel 1966, per la morte del Clinico Chirurgo professore Redi, fu chiamato con voto unanime a ricoprirne il ruolo, che rivestii fino alla sua dipartita e mentre la sua Scuola toccava l'apice per la sua poliedrica attività. come didatta Alberto De Blasi fu propugnatore del dettame ippocratico "primum observatio deinde ratio"; dettame che non cessò di inculcare nei suoi discepoli, dispiegando che la raccolta diligente dell'anamnesi dei sintomi soggettivi e l'attenta osservazione del malato costituiscono le condizioni basilari per la formulazione diagnostica; col supporto, ove occorra o necessario, del laboratorio e dei mezzi tecnologici.
Rimanendo nel campo dei suo magistero, egli sensibile e solidale coi sofferenti fu sostenitore della umanizzazione dell'assistenza e cura dei malati, diversi per patologia, ceto socio-culturale, psicologia e note caratteriali. Tale suo comportamento mi consente di rievocare le nobili parole del grande clinico Cesare Frugoni: "Dobbiamo essere consapevoli che per quanto ci si prodighi per i nostri malati non faremo mai abbastanza e che nessuna professione e missione ha, come la nostra, tanto contenuto ideale di bontà, di umanità, di nobiltà, perché è divino rialimentare la fiamma della speranza, trasformare il pianto in sorriso, la disperazione in fede e arrestare la morte per ridonare la vita". All'insegnamento del Frugoni Alberto De Blasi religiosamente si attenne, trasmettendolo ai suoi discepoli.
Accennare alla produzione scientifico-sperimentale e agli apporti chirurgici potrebbe essere superfluo non essendovi stato campo della Patologia chirurgica generale e specialistica dalla sua Scuola rimasto inesplorato. Ma il diapason del successo e del riconoscimento ufficiale suonò, per la Scuola di Alberto De Blasi, al 57° Congresso della Società Italiana di Chirurgia con la relazione sulle "Sindrorni da iperfunzione surrenale dal punto di vista chirurgico", che riscosse una tale messe di congratulazioni ed applausi che ancora, a me presente, ne riecheggia l'eco.
Uguali ed unanimi consensi raccolsero anche le altre due relazioni, esposte nel 60° e 74° Congresso sempre della Società Italiana di Chirurgia, rispettivamente sui "Tumori della testa, del pancreas e della papilla di Vater" (in collaborazione con Castiglioni) e sulla "Chirurgia del simpatico, dei visceri addominali e della ipertensione essenziale". Scrisse l'insigne clinico spagnolo G. Maragnon: "L'evoluzione della medicina rivela ed accentua il fatto paradossale per cui, a mano a mano che la necessità della specializzazione si fa più manifesta ed efficace, si rende contemporaneamente più sentita la necessità che ogni medico ed ogni specialista abbiano una base di orientamento eclettico, generale, che raggiunga tutti i rami dell'arte nostra".
Alberto De Blasi, come organizzatore ed antesignano dell'utilità e pluralità specialistica, in sintonia con Maragnon, pretese che ogni branca specialistica fosse figlia della chirurgia generale e non da essa avulsa. Con tali concetti e progetti, appena poté disporre, grazie all'esperienza acquisita in Inghilterra dal suo collaboratore, professore Sebastiano De Blasi, della anestesia oro-tracheale a circuito chiuso, fu pioniere in Italia della chirurgia polmonare a torace aperto, e lo fu poi, con l'apporto del professore Testini, perfezionatosi presso l'Hopital Broussais di Parigi, anche della cardiochirurgia, campo che particolarmente lo attrasse.
Nel prosieguo degli anni la chirurgia generale nell'Università di Bari fu integrata da altre 14 specialità che furono assegnate, dopo perfezionamento nei rispettivi ruoli nelle più prestigiose sedi universitarie ed ospedaliere euro-americane, ad altrettanti suoi assistenti.
Per i suoi contributi scientifico-chirurgici, per l'alto magistero ed il ruolo di caposcuola, gli furono conferite la medaglia d'oro della Pubblica istruzione, la Targa dell'amicizia e la Margherita d'oro. Ma Alberto De Blasi fu schivo di premi e prebende quanto lo fu ambizioso dei risultati professionali, dei contributi tecnico-scientifici dei suoi collaboratori e, soprattutto, del sorriso riconoscente e gratificante dei suoi pazienti.
Abbarbicato alla sua terra, alla sua Taviano e fedele a Bari (che lo ospitò per circa 40 anni), Alberto De Blasi non volle mai accedere alle reiterate richieste di trasferirsi in più prestigiose sedi universitarie.
Nel suo pieno vigore fisico-mentale e fervore per l'attività didattica e chirurgica un atroce destino, all'età di 67 anni, lo carpì, lasciando nell'angoscia e nel rimpianto più profondi i suoi cari, i suoi collaboratori, i tantissimi infermi operati e sopravvissuti, i medici che lo conobbero, lo apprezzarono e, riconoscenti, lo amarono.
Filippo Bottazzi, Dante De Blasi ed Alberto De Blasi: tre conterranei, astri di prima grandezza in branche diverse dello scibile medico, occupano un posto nell'Olimpo della Medicina del XX secolo.
Aule universitarie, reparti ospedalieri, piazze e strade d'Italia, busti bronzei e marmorei, lapidi murarie riportano i loro nomi, perpetuandone la memoria.


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