§ I RICCHI - I POVERI

DISCRIMINATI DALLA TECNOLOGIA




David Landes
Docente dell'Università di Harvard



Quanto è grande il divario tra ricchi e poveri, e come sta cambiando? Oggi, grosso modo, la differenza tra il reddito pro capite della più ricca nazione industriale, la Svizzera, e il più povero Paese industriale, il Mozambico, è 400 a 1. Due secoli e mezzo fa, secondo una stima approssimativa (Paul Bairoch), era Forse di 5 a 1, e la differenza tra l'Europa e l'Asia orientale o meridionale (Cina oppure India) era circa di 1,5-2 a 1.
Ciò significa che oggi il divario sta ancora crescendo? Al limite, chiaramente sì. Alcuni Paesi non solo non vanno avanti, ma diventano sempre più poveri, in termini relativi e talora in termini assoluti. Altri si limitano a segnare il passo. Altri ancora guadagnano posizioni.
I tentativi di spiegare l'aumento di questo divario iniziano con Kuznets, il quale parla di crescita economica moderna riferendosi al passaggio da uno sviluppo basato sulla scoperta empirica e l'innovazione a uno sviluppo basato sull'impiego sistematico della scienza.
Kuznets parte da qui e poi risale, all'indietro, alla transizione tra il XVIII e il XVII secolo. All'interno di questo paradigma l'economista cerca di rendere la tecnologia un fattore endogeno: si trova (si inventa e si applica) ciò di cui si ha bisogno (o che si vuole). La tecnologia è vista come una variabile dipendente.
Il problema è: perché non tutti ce la fanno? Si tratta, in fondo, di passare dal conoscere al fare. La conoscenza è una specie di bene comune: ne approfitta chi vuole. Ma, come si è visto, le cose non sono andate cosi. Nel corso del tempo ci fu una sorta di convergenza tra Paesi in fase di industrializzazione, simile a quella che ci si aspetterebbe da un ammontare comune di risorse e fattori di conoscenza.
Gli "inseguitori" riuscirono a mettersi in pari. Ma la convergenza rimane imperfetta, e non sempre è chiaro che si tratta di una specie di fuoco (l'immagine è quella dei raggi luminosi che passano attraverso una lente). Gli inseguitori raggiungono gli altri, convergono e passano oltre, come per la Germania e la Gran Bretagna nel corso del XIX secolo.
Non solo in Germania la crescita fu più rapida e si affermò più velocemente, a dispetto delle ricadute "accidentali" dovute alla guerra, ma il progresso tecnologico tedesco fu più rapido e rivelò una padronanza (un'applicazione) maggiore della tecnica industriale di frontiera.
Questa esperienza sta al fondo dell'analisi economica del ritardo. I teorici dell'economia hanno osservato che i Paesi inseguitori spesso crescono più velocemente dei predecessori. I modelli neoclassici della crescita hanno sempre supposto che la causa fosse il rendimento decrescente del capitale. La stessa ipotesi, in forma inversa, caratterizza l'opera fondamentale di Alexandeer Gerschenkron sulle cause dell'arretratezza economica.
La conoscenza, secondo Gerschenkron, è a disposizione di tutti: una volta che il Paese è riuscito ha superare le barriere istituzionali alla crescita, è in grado di farne uso al meglio, perché può evitare gli errori commessi dai predecessori, evitando false partenze e scelte sbagliate.
La maggior parte degli studi ispirati a questi presupposti si basa sull'esperienza delle nazioni industriali avanzate e, ora, su un certo numero di Paesi di nuova industrializzazione. La tesi della convergenza e fondata su esempi di (apparente) convergenza. Eppure tra Paesi avanzati e arretrati rimane un grande, e qualcuno potrebbe dire crescente, divario. Perché?
La teoria, che si rifà essenzialmente al paradigma di Adam Smith, è che cattivi risultati economici dipendono da un cattivo governo. Ma questa è una spiegazione tuttofare per ogni sorta d'interferenza, intenzionale o accidentale, con il gioco normale, o naturale, degli interessi individuali all'interno del mercato (corruzione, guerre, pianificazione sbagliata, e così di seguito).
La difficoltà è che un cattivo governo, come un'economia inefficiente o improduttiva, non è accidentale. Non è soltanto un problema politico, come votare per il partito sbagliato. Esso riflette meccanismi istituzionali e valori di gruppo profondamente radicati. Come cinicamente si disse, la gente ha il governo che si merita.
Per di più un cattivo governo, che impedisce il progresso tecnologico e la crescita economica, introduce un fattore temporale (il ritardo), che a sua volta influisce sulle prospettive future. Qui va detta qualche parola sullo sviluppo tecnologico nel corso del tempo.
Ogni tecnologia è un'applicazione della conoscenza. Ma la conoscenza richiesta è notevolmente cambiata nel tempo.
1) Rapporto tra scienza e tecnologia: all'inizio, il know-how precedette la comprensione e la spiegazione. La gente imparò a far funzionare delle macchine "semplici" prima di conoscere le leggi del movimento. L'invenzione della macchina a vapore, nel Settecento, è un ottimo esempio di tecnologia che anticipa la scienza. Ogni progresso fu basato sulla conoscenza empirica e su tecniche di laboratorio; e le leggi della termodinamica vennero in gran parte elaborate, nell'Ottocento, per spiegare il comportamento della macchina a vapore. Ma intorno alla metà del secolo la scienza incomincia a dirigere la tecnologia, e alla sua fine gli inventori potenziali spulciavano sistematicamente la letteratura scientifica alla ricerca di idee e di suggerimenti.
2) L'inversione tra conoscenza e pratica: ebbe notevoli conseguenze per la creazione e per l'assorbimento del know-how. La tecnica, prima trasparente all'osservazione e aperta all'apprendimento attraverso l'esperienza e la pratica, è divenuta sempre più opaca, e può essere acquisita soltanto attraverso una preparazione scientifica e un addestramento formale. Questo è particolarmente vero a partire dai cambiamenti tecnologici che definiamo "seconda rivoluzione industriale": i fenomeni elettrici e chimici non si possono vedere, né imparare guardando.
3)Il progresso tecnologico non è uniforme: cambiamento genera cambiamento. Per questo ci sono periodi di progresso più o meno rapido. I più veloci consistono in grappoli a vasto raggio di invenzione/innovazione, che definiamo "rivoluzioni industriali" non perché avvengano in modo repentino, come quelle politiche, ma perché implicano profondi cambiamenti nel modo di produzione.
4)Il contenuto delle rivoluzioni industriali (tecnologiche): ogni cambiamento autenticamente rivoluzionario è collegato a un progresso fondamentale nella produzione di energia e nella sua conversione in lavoro. Il primo, la cosiddetta rivoluzione neolitica (dal decimo al settimo millennio prima della nostra era), consistette soprattutto nell'invenzione della coltivazione e dell'addomesticamento e allevamento di animali.
La rivoluzione seguente, che chiamiamo rivoluzione industriale, vide l'invenzione della macchina a vapore e l'aggiunta del carbone alle scorte di combustibile per la produzione industriale. La seconda rivoluzione industriale si basò essenzialmente sull'invenzione del motore a combustione interna e all'introduzione dei combustibili fluidi e gassosi, ai quali si aggiunse la distribuzione di energia in forma di elettricità.
La terza rivoluzione industriale, nel corso della quale viviamo, si credette fosse destinata a creare un potere basato sull'atomo.
Ma questo svolse un ruolo minore del previsto. Nel frattempo, l'invenzione del transistor e dei circuiti integrati promosse la miniaturizzazione, che a sua volta permise ingenti progressi nell'efficienza lavorativa e conseguenti risparmi di energia.
5) L'accelerazione del tempo: la rivoluzione neolitica durò alcuni millenni. La rivoluzione industriale incominciò intorno al 1770 ed era in sostanza compiuta un secolo dopo. La seconda rivoluzione industriale fu realizzata dalle due generazioni a cavallo della Grande Guerra.
L'ultima rivoluzione fu realizzata nello spazio di una generazione. Le rivoluzione tecnologiche sono sempre più frequenti e si sviluppano più rapidamente, in base alla continua produzione di conoscenza e alla ricerca sistematica di possibilità di applicazione.
Per le nazioni povere del mondo questi cambiamenti di ritmo e di intensità nel rinnovamento tecnologico sono allo stesso tempo buone e cattive notizie; ma per lo più cattive. Le nazioni ricche diventano sempre più ricche e quelle povere perdono terreno. Perché?
La risposta sembra legata in modo particolare a difficoltà nel trasferimento di tecnologie che sono generate da caratteristiche intrinseche alla tecnologia, ma anche di politiche completamente disadatte allo scopo.


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