§ LUMINARI DELLA MEDICINA

VIRGILIO CHINI MAESTRO E UOMO INSIGNE




Italo Vittorio Tondi



Rievocare a dieci anni dalla morte il professore Virgilio Chini, se è compito agevole per un suo allievo, non lo è per me che allievo suo non fui, ma che alla fonte della sua saggezza ed esperienza sitibondo attinsi, operando Egli a Bari ed io a Lecce.
Se fortemente sentito è il desiderio di parlare di Lui, di tentare di tratteggiarne un sommario profilo e rievocare la sua personalità di clinico maestro ed umanista, vuol dire che frequenti ed edificanti furono i rapporti interpersonali, professionali e non, quali possono intercorrere tra un fratello maggiore, ai vertici della Medicina assunto, ed un fratello minore, neofita nella stessa disciplina.
Il mio è anche un atto dovuto per aver voluto, nel testamento spirituale, accomunarmi, nel ricordo, ai suoi tanti allievi.
Ho avuto, nel corso della mia lunga carriera, inebrianti incontri con eminenti clinici, universitari ed ospedalieri, che mi onorarono della loro simpatia e taluni anche della propria amicizia, ma, ad eccezione e alla stregua di quelli con i miei Maestri di Padova e con il professore Alberto De Blasi, nessuno mi ha procurato tanta gioia ed appagamento come Lui.
Quante volte nelle corsie ospedaliere o nelle abitazioni private, per ragioni professionali, ho avuto il piacere di udirlo disquisire sulla importanza dell'anamnesi, dell'osservazione clinica, della bistrattata semeiotica fisica, delle diagnosi differenziali, della prognosi e cura, con la raccomandazione di un moderato e mirato uso degli ausilii di laboratorio e dei mezzi tecnologici, perché integranti ma non vicarianti la clinica. E quante volte in quelle circostanze, oltre che nelle parole, ho letto sul suo volto disegnarsi perplessità diagnostiche ed amarezza per una prognosi infausta. L'ho ascoltato in assisi accademiche suadente relatore, dall'eloquio scorrevole e dalla dialettica avvincente; spesso critico, perseguendo tesi concettuali concrete, non astratte o filosofiche, alla Verità afferenti. Più volte l'ho visto magistrale moderatore in riunioni scientifiche, regionali e provinciali, e degnarmi di attenzione quando ne ero relatore.
Siamo stati più volte componenti nelle stesse Commissioni d'esami per concorsi ospedalieri, anche se nel mio primo Lo ebbi presidente del collegio giudicante.
Sollecitato una volta da un suo validissimo allievo e mio carissimo amico, che dei miei rapporti affettivi col Maestro era edotto, Lo pregai di una paterna comprensione per un suo incidente di percorso. Mi rispose, motivandone le ragioni, negativamente. Pur se deluso e molto amareggiato per l'insuccesso, ebbi nella risposta l'esatta percezione della sua severità e teutonica intransigenza, ma anche della sua adamantina dirittura morale.
In un'altra circostanza, perorando, per seri motivi economico-familiari, la causa di un laureando da Lui bocciato due volte, mi rispose che avrebbe continuato a farlo. Leggendo poi sul mio volto l'effetto della stoccata inflittami, affettuosamente aggiunse: "Tondi, se vuoi veramente aiutarlo, consigliagli di trasferirsi a (e mi indicò la sede universitaria) perché il Direttore di quella Clinica non ha mai bocciato un alunno. Il suggerimento, recepito, fu salutare; non so, però, se lo fu altrettanto per i suoi malati!


Fascinoso ed affascinante didatta: spauracchio per gli studenti, soprattutto per i laureandi, tanto da confessare in un addio: " ... ma io non posso nel lasciarci non rivolgermi a Voi; io che sono stato tanto severo con voi quanto lo sono stato con me, perché ho sentito l'insegnamento come una religione ......
Anticonformista, talvolta polemico ed ipercritico, ma mai preconcettualmente demolitore; un po' istintivo ed introverso; dal temperamento, a seconda delle circostanze, cangiante dall'austero schivo e tenebroso nell'accattivante e sorridente, pronto a battute ironiche e mordaci. Integerrimo, esigente oltre ogni limite, a tratti autoritario; pretese ed ottenne dai suoi collaboratori il massimo dell'impegno scientifico-didattico, la scrupolosità e l'onestà della ricerca sperimentale.
In contemporaneità con gli importanti contributi della Clinica Chirurgica (dal professore Alberto De Blasi diretta), per gli apporti scientifico - sperimentali del suo "team", la Scuola barese toccò i vertici di una nazionale ed internazionale notorietà.
I due volumi di Lezioni di Clinica Medica, editi nel 1967 e 1974 (rispettivamente dalle Editrici L. Pozzi e SEU), documentano il campo vastissimo della patologia dal Chini e suoi collaboratori esplorato, arato, e seminato, con significativi risultati e riconoscimenti ufficiali.
La presentazione del primo, dal grande Maestro Cesare Frugoni per il "carissimo e valoroso allievo" redatta, è emblematica della attualità e della importanza dei temi discussi, della acutezza delle analisi dei singoli casi clinici, delle rispettive diagnosi e delle concise sintesi, nonché dell'ausilio del laboratorio e dei mezzi tecnologici, purché non comportanti, puntualizzò il grande Maestro, "l'insidia di una sopravvalutazione".
Tra quelle lezioni v'è una sulla "deontologia medica", ai laureandi rivolta. Da maestro fece una dettagliata analisi dei vari problemi inerenti alle difficoltà ed insidie dell'esercizio professionale, ricordando i doveri, gli obblighi ed i sacrifici da affrontare, in uno spirito di solidarietà umana e di una irreprensibile condotta morale. Dopo avere ricordato la bellissima commovente preghiera di Maimonide (medico ispano-moresco del XII secolo) pronunciò queste toccanti parole: " ... Forse nessun'altra professione può dare a chi la esercita godimento spirituale più elevato; sublime è sicuramente la bellezza dell'arte, ma insuperabile deve essere la gioia di avere con i nostri mezzi contribuito a ridare la vita a chi stava per perderla, a ridare il bene a chi era stato abbandonato dalla speranza.
Nel secondo volume altri casi di una variegata patologia vengono esposti ed analizzati, alcuni di accessibile ed altri di non agevole interpretazione e catalogazione.
Come si addice ad un clinico di Medicina generale, vasto fu il campo della sua Scuola, con contributi originali ed apporti sperimentali indagato. Con predilezione: le infezioni locali e le malattie reumatiche, le mesenchimo-immunopatie, le emolinfopatie (elettivamente le emopatie mediterranee), la sindrome associata coronarico-cerebrale, le enteropatie distrofico-carenziali da antibiotici, le epatiti virali, la brucellosi, ecc.
Alcuni di quegli argomenti furono da Lui e dai suoi allievi oggetto di relazioni e di apprezzati giudizi nei Congressi della Società Italiana di Medicina Interna e della Società Italiana per lo studio delle Malattie Infettive e Parassitarie.
Foltissimo il numero dei suoi allievi; alcuni ascesero a cattedre universitarie (i proff. Malaguzzi-Valeri, Perosa, Bonomo, Giorgino, Rizzon, Schiraldi), mentre altri (Ferranini, Muratore, Di Raimondo, De Vita, Di Benedetto Dell'Aquila, D'Agostino, Conese et al.) occuparono posti di primario.
Al professore Lorenzo Bonomo toccarono poi il merito ed il privilegio di insediarsi nella cattedra, che tuttora magistralmente dirige, della Clinica Medica dell'Università di Roma.
Di alcuni di quegli allievi oltre che collega fui amico, anche per rapporti di collaborazione e reciproca stima. Di essi ricordo, in particolar modo, il professore Filippo Muratore (prematuramente scomparso) perché operanti nella stessa provincia prima e nel medesimo ospedale dopo.
Se del Clinico e Maestro ho, in maniera inadeguata e riduttiva, parlato della sua cultura umanistica, dell'assillo per i problemi del Mezzogiorno, elettivamente (sulle orme letterarie e pittoriche di Carlo Levi) di quelli della Puglia e della Lucania, non posso sottacere.
Per chi legga, riflettendo, il testo della conferenza (tenuta a Bari il 28 ottobre 1956 in una riunione del Rotary Club) dal titolo "Problemi del Mezzogiorno visti da un medico", apprezzerà con godimento spirituale, oltre alla acuta dettagliata analisi di quei problemi, i riferimenti storico-letterari di cui è pervasa. Sono pagine di uno struggente lirismo (a tinte leopardiane), appannate dalla miseria, solitudine, malinconia della gente.
Dopo essersi dilungato nella analisi 'Vi problemi - come egli precisò - che si presentano sotto aspetti poliedrici, etnici, geografici, storici, economici, sociali, ambientali, morali e sicuramente anche politici "statisti, economisti, sociologi e scrittori (elettivamente Giustino Fortunato, figlio di quelle terre) che di quei problemi, anche con affanno e fanatismo ma inanemente, si interessarono, illudendosi che l'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno avrebbe, sia pure in parte, riparato precedenti torti ed ingiustizie.
Concluse la conferenza dissertando sui rapporti di correlazione ed interdipendenza tra quei fattori ed una patologia psicosomatica e nutrizionale sempre più presente tra quelle popolazioni.
Di ritorno a Bari, in occasione della celebrazione del 50° Anniversario dell'Università (14 dicembre 1975), Egli, veneto, rivolse alla "sua" Puglia questo accorato e commosso saluto: "Terra di Puglia! Col tuo fascino misterioso e malinconico, col tuo profondo doloroso silenzio, con le tue stupefacenti bellezze, dono aperto soltanto a coloro che le vogliono cercare e sentire; e per sentirle occorre risalire lontano nella tua storia, che tu sembri aver voluto custodire soltanto per te e quasi nascondere agli altri .......
Dell'excursus studiorum del professore Chini non ho fatto cenno. E' una mia scelta, avendolo fatto in più occasioni, con specifica competenza, tanti suoi allievi
(Commemorazione del prof. Lorenzo Bonomo in Bassano del Grappa il 19 gennaio del 1984; commemorazione del prof. Riccardo Giorgino, tenuta a Bari il 13 dicembre 1983, in una riunione del Rotary Club; scritti dei suoi collaboratori dedicatiGli in occasione della intestazione al suo nome dell'edificio delle nuove Cliniche Mediche dell'Università, 6 ottobre 1986).
E della commossa commemorazione del prof. Bonomo, per 12 anni suo prezioso collaboratore, stralcio alcune toccanti parole, in parte ritraenti la figura del Maestro: "Aveva la vocazione e il talento di affrontare problemi di fisiopatologia e di clinica oscuri e difficili, sempre con una acuta visione di Clinico, partendo da una osservazione clinica e poi giungendo a risultati e conclusioni utili al malato, perché il malato era progressivamente diventato la sua vera passione, ed anche la verifica inappellabile, concreta, di ricerche e di studi che all'inizio potevano apparire molto astratti".
Aggiunse poi: "Di Lui ricordo tante cose, la passione sempre giovane per le cose nuove e difficili, l'acutezza di un giudizio in cui era quasi infallibile, l'onestà, il disinteresse, la lezione di umiltà per imparare sempre di più di fronte al malato ed alla malattia, l'impegno ad approfondire, ad andare a fondo ......
Indelebili furono il ricordo e la devozione ch'Egli ebbe per il suo primo maestro, Pietro Rondoni e, soprattutto, per il secondo, Cesare Frugoni, cui lo legarono per tutta la vita una profonda gratitudine ed un affetto incommensurabile.


Fu sempre palesemente orgoglioso di aver intrapreso ed affinato presso le Cliniche mediche delle Università di Padova e Roma, da Lui dirette, ed in compagnia di altri valorosi allievi (Messini, Meldolesi, Melli, Luisada, Coppo, Magrassi Giunchi, Serafini, tutti poi ascesi alla cattedra universitaria) la sua preparazione scientificosperimentale, tecnico-metodologica ed etico-professionale.
Fu schivo di medaglie, onorificenze e premi, pur avendone conseguiti e ricevuti, come schiva e silenziosa, quasi furtiva fu, dopo 33 anni, la sua partenza da Bari (all'atto del collocamento a riposo) per la sua città natale: Bassano del Grappa. Per ritrovare il calore degli affetti familiari, rivivere le memorie dei suoi Morti, riodorare il profumo della sua terra veneta e sognare le stelle.
Se le stelle, caro indimenticabile professore Chini, il 9 ottobre 1983 tramontarono (come da una sua poetica rimembranza) "in mezzo al mare", lo stesso giorno una fiaccola, dalla riconoscenza e dall'affetto dei suoi allievi, infermi, colleghi, amici ed estimatori, fu accesa e continua ad ardere.


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